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Fenice citoplasmatica
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E-book55 pagine40 minuti

Fenice citoplasmatica

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Fantascienza - racconto lungo (36 pagine) - Genetica, medicina, terapia nel futuro prossimo nel racconto lungo di una delle promesse della fantascienza italiana


Se vi immaginate il futuro come una civiltà uniforme – la distopia di un soffocante controllo totale, oppure l’utopia sostenibile in cui non esistono più conflitti – siete lontani dalla verità. C’è la revolución verde, certamente, con le intuizioni floreali della bioarchitettura, ma c’è anche l’incidente alla centrale nucleare di Bushehr sul Golfo Persico, e le mutazioni genetiche che ha provocato sulle creature viventi. Andrea ha studiato e collaborato con le migliori menti della biotecnologia, cervelli da premio Nobel, e adesso ha accettato un lavoro in una divisione all’avanguardia della ricerca medica a Teheran, nella Seconda Repubblica Islamica. Ma tutte le sue conoscenze e relazioni, e tutti i mezzi dell’ingegneria genetica avanzata sembrano impotenti contro il cancro che sta per mangiare viva sua figlia. Qual è la soluzione, quale la via della speranza? Chi lo aiuterà? L’americano Jack King, che lavora nella zona radioattiva di Bushehr? I risultati sull’embriogenesi raggiunti da Rosselli alla Kromanthea, l’azienda biogenetica chiusa trent’anni fa? La sua ex insegnante Ricci, che si dice lavori sull’Alzheimer e il Parkinson, e sulle cui ricerche l’amico Ivano, il genio della neurologia, sopravvissuto a un coma, si è lasciato scappare: “Tu non hai idea di…”?


Irene Drago è nata a Genova nel 1990. Ha iniziato a scrivere da adolescente, con articoli per il giornalino del liceo “Andrea D’Oria”, Dragut. Ha pubblicato per La Ponga Edizioni, Altrimedia Edizioni, Delos Digital, Kipple Officina Libraria e Watson Edizioni, mentre sotto lo pseudonimo di Oskar Felix Drago ha scritto racconti per Cordero Editore, Delmiglio Editore, Liberodiscrivere, Edizioni Tabula Fati, Edizioni della Sera. Sempre sotto pseudonimo ha collaborato a Guida alla letteratura fantastica e Guida alla letteratura esoterica (Odoya Edizioni), entrambe a cura di Claudio Asciuti, e a Io scrivo per voi, iniziativa dello scrittore Andrea Franco dedicata alle popolazioni colpite dal terremoto del 24 agosto 2016, alle quali sono stati devoluti tutti i fondi raccolti. Con il suo vero nome, infine, ha scritto per Thrillernord e PULP Libri. Medico, vive a Genova: il suo sito internet, dedicato a libri, film e serie tv, si chiama I gatti di Ulthar.

LinguaItaliano
Data di uscita25 mag 2021
ISBN9788825415827
Fenice citoplasmatica

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    Fenice citoplasmatica - Irene Drago

    9788825412512

    1

    Ricordo questi stanzoni, all’Istituto, lunghissimi fossili di vecchi ospedali a padiglioni; tavoli di metallo, formica sgretolata, letti, attacchi per l’ossigeno, cassetti delle scrivanie che straripavano di pinzatrici rotte, prontuari, rubriche ancora scritte a mano, con i numeri quasi cancellati, e i telefoni che suonavano a vuoto. A girare da solo, per quei corridoi, saliva lungo la schiena un brivido irrazionale: le scarpe guagnolavano sulle piastrelle, ti perdevi nel seguire le crepe dell’intonaco che cadeva a pezzi e dopo qualche tempo potevi giurare di sentire un’eco distorta, alle tue spalle, oltre l’angolo che avevi appena svoltato, tra i busti dei vecchi professori e le targhe commemorative di qualche ricercatore meritevole e dimenticato. Di notte era un posto tetro, deserto, soprattutto gli ultimi anni: quando io finivo il master, già non si accettavano più post-doc e pure gli specializzandi venivano smistati altrove fin da subito. La migrazione verso la nuova sede del Dipartimento passò attraverso un limbo di neon di merda, computer impallati ogni tre per due, microonde rubati dalla vicina Microbiologia: ebbi la grande sfortuna di vivermeli tutti, quei piccoli morsi alla carcassa dell’Istituto… piccole cose, manutenzioni mai eseguite, uffici dislocati, inaugurazioni di bioarchitetture prestigiose che facevano bella mostra di sé nei curriculum dei nuovi archi-star, mentre quella che era stata casa mia s’ingrigiva, la vernice delle imposte si scrostava, sfarinata sui davanzali disegnati dal muschio e le finestre erano solo orbite vuote.

    – Andrea? – Nello scheletro di cemento armato, le pareti di cartongesso erano le membrane sottili di un vecchio anfibio e lei non aveva neanche bisogno di alzare la voce, per chiamarmi.

    – Dimmi, prof. – Andavo lì ogni tanto, giusto per mantenere un piede all’Università, anche se Teheran non vedeva la cosa di buon occhio.

    – Parti o arrivi? – Lasciai la borsa in un angolo e feci capolino dalla mia stanza: la sua porta era sempre socchiusa e a volte, in controluce, avrei potuto giurare di vedere il fumo della sigaretta farsi strada lungo il corridoio.

    – Bello fresco dall’aeroporto. Hai bisogno? – Ero abituato a parlarle fissando il vuoto, in piedi, e a non entrare senza un invito: retaggi universitari.

    – Vieni, non riesco a far funzionare questa roba.

    Il suo studio era straordinariamente spoglio, scaffali di metallo, due rachitiche poltroncine per gli ospiti, il posacenere di alabastro assediato da cenere e filtri mangiucchiati. Notai che la sua scelta di smettere di tingersi i capelli stava dando risultati inaspettati.

    Ricambiò il mio sguardo: – Sembro uno spaventapasseri?

    – Ma no – mentii. Allungai una mano per prendere la scatola che aveva stracciato, come suo solito.

    – Più un coyote – azzardai. Ridacchiò. – Questa è roba di lusso, non dovresti aprirla con i denti. – Estrassi il visore e cercai di connetterlo alla base che pigolava davanti al suo Iri-S.

    – Le istruzioni?

    Indicò un ologramma più simile a un’ellissi che a un testo: sconsolato, sospettai che le boccate di nicotina avessero mandato in tilt i sensori. – L’inglese è maccheronico.

    Regolai le lenti e scelsi una lingua a me più congeniale: inchiodato dal suo sguardo severo, mi venne quasi da scusarmi per il ritardo mentre almanaccavo con gli input – l’arabo era approssimativo quanto l’inglese. Mi tormentai la catenella con la KeLid

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