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Emily... non so più che profumo abbiano i fiori...
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E-book337 pagine4 ore

Emily... non so più che profumo abbiano i fiori...

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Info su questo ebook

Emily, antiquaria, vive a Roma, è sposata ed ha un’unica figlia: Monique. Monique, deliziosa ragazza, desidera inseguire i suoi sogni e diventare stilista, si trasferisce a Parigi e frequenta l’Esmod: scuola di Moda e Design. è entusiasta, la vita le arride, l’amore, il suo primo impiego presso la Francesca Liberatore, un sogno che le pare quasi raggiunto. Verrà ritrovata morta, nell’appartamento che affitta con una sua coetanea italiana. Un dramma per la famiglia, il cui cuore infranto chiede giustizia. La Polizia francese non riesce a risolvere l’enigma. Viene assassinato un avvocato, anch’egli assiduo frequentatore dell’ambiente della Fashion Mode. Che i due delitti possano avere qualcosa in comune?. Un susseguirsi di colpi di scena, sorprenderanno i lettori. 
I genitori di Monique decidono di assumere un detective privato: Max il londinese che collabora con la National and Intercontinental Security Service and Crime. Un intersecarsi di eventi metterà a dura prova la Polizia francese e Max il londinese.
Emily e Lorenzo non trovano pace, stroncare in quel modo così assurdo la vita della loro unica figlia, diventa loro difficile: sentire ancora il profumo dei fiori, il profumo della vita.

Silvia Sterpone, autrice italiana, ha pubblicato nel 2014 un fantasy dal titolo: Quel Viaggio nell’Ignoto oltre la Terza Dimensione; nel 2018 un libro Storico Thriller dal titolo: Robert Stuart e l’infausto, prezioso, ritrovato Scrigno. Nel 2020 si presenta con il libro giallo dal titolo: Emily… non so  più che profumo abbiano i fiori…
I suoi libri hanno ricevuto diversi riconoscimenti letterari.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2020
ISBN9791220100281
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    Emily... non so più che profumo abbiano i fiori... - Silvia Sterpone

    emily-piatto.jpg

    Silvia Sterpone

    Emily... non so più che profumo abbiano i fiori...

    EDIFICARE

    UNIVERSI

    © 2020 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it

    I edizione elettronica maggio 2020

    ISBN 979-12-201-0028-1

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri

    Dedico questo mio libro a tutti i genitori

    che hanno lasciato che i propri figli inseguissero i loro sogni,

    trasferendosi per studio o lavoro all’estero e le cui vite,

    senza parvenza alcuna di logicità e giustificazione,

    siano state ignobilmente stroncate,

    come per la morte di Giulio Regeni.

    La vita è

    la magia di un arcobaleno,

    un tiepido raggio di sole che riscalda le mie gote.

    Dietro le nuvole, c’è sempre il sole

    Volgo un pensiero ai miei figli

    Sara e Ivan, alla piccola Elettra e famiglia tutta

    con infinito amore.

    Agli amici, che sono rari e preziosi.

    PREFAZIONE

    È una calda giornata di giugno.

    Che bella cosa l’automatismo della serranda del negozio, pensò Emily, mentre con il telecomando in mano provvedeva a chiudere il suo esercizio.

    Emily abita a Roma ed è titolare di un rinomato negozio di antiquariato che ha ben tre vetrine, sito nella zona centrale della città. È orgogliosa della sua attività; il suo sguardo per un attimo si posa compiaciuto sul particolare portoncino vetrato, il portoncino d’ingresso, che ha fatto creare lei stessa con appositi prestigiosi intarsi in legno e l’insegna, molto ben abbinata, in stile ‘900.

    Il suo negozio, conosciuto ed apprezzato da molti, non dista molto dalla sua abitazione.

    Sorrise, pensando al marito.

    Quel giorno suo marito le aveva fatto una sorpresa meravigliosa! Era arrivato nel pomeriggio in negozio con un bellissimo mazzo di fiori dagli svariati colori. Ecco perché amava suo marito, era imprevedibile e dopo tanti anni che erano sposati riusciva ancora a stupirla!

    «Per la mia amata.» le disse sporgendole i fiori.

    «Lorenzo, non abbiamo nessun anniversario da festeggiare, ho dimenticato qualcosa?» lei domandò, compiaciuta, sorridendo.

    «Sì, ti dimentichi che… ti amo.» rispose lui aggiungendo «Non ho resistito. Il sole è alto nel cielo, ho una donna meravigliosa, nostra figlia lo è ancor di più ed io avevo voglia di farti un regalo; voglio gioire insieme a te dei profumi della vita!»

    «Ti metti a fare anche il poeta?» rispose lei abbracciandolo e baciandolo dolcemente.

    Lui ricambiò dolcemente il suo abbraccio, ed esclamò: «Ora vado, ho delle commissioni da fare.»

    «Non avrai qualcosa da farti perdonare?» domandò lei ironicamente, aggiungendo «Stasera non rientrare troppo tardi dalla partita di tennis, lo sai che abbiamo ospiti dopo cena.»

    Lui l’avvolse sorridendo in un tenero abbraccio «Tranquilla. Ci vediamo stasera a casa.»

    «Sì.» rispose lei, salutandolo e disponendo in bella vista i fiori.

    Effettivamente il loro profumo era meraviglioso considerò. Suo marito sapeva bene quanto lei amasse i fiori.

    Le piaceva come suo marito, nonostante i tanti anni di matrimonio, riuscisse ancora a stupirla!

    È contenta, è estate, la giornata volge verso il preludio serale ma il sole è ancora alto nel cielo.

    Terminata la giornata lavorativa, finalmente avrebbe potuto pensare un po’ a se stessa. Sarà già a casa Lorenzo? pensò.

    Volse il suo viso al sole, rilassandosi ed assaporandone appieno il caldo tepore dei raggi sulla sua pelle.

    Roma sa essere affascinante e magica. Per un attimo pensò alla frase citata dal marito… il profumo della vita!; quasi si pentì di aver lasciato in negozio i fiori, ma stavano così bene dove li aveva collocati!

    Un sorriso spuntò sulle sue labbra, Lorenzo l’aspettava a casa.

    Nonostante ciò, nella sua testa ronzavano i soliti pensieri e preoccupazioni.

    Cercò di distogliere la sua mente, concentrandosi su altro.

    Fortuna che il mio negozio è vicino a casa, considerò; d’altronde l’aveva cercato lei stessa in quella zona anche perché muoversi in macchina nel traffico caotico di Roma, di certo, non è rilassante e le metrò talvolta così affollate la indisponevano anche se era solita farne uso.

    Si sentiva soddisfatta, l’attività era abbastanza redditizia e poteva consentire a lei e alla sua famiglia una vita agiata. A Roma molte persone facoltose, nonché vari turisti, si soffermavano alla sua bottega alla ricerca di mobili pregiati, oggettistica d’antiquariato, quadri di un certo rilievo e quant’altro.

    Soddisfatta, sì, ma indispettita! Con un negozio d’antiquariato così ben avviato… la figlia doveva mettersi a studiare come stilista, realizzarsi nel campo della moda! Questa era una cosa che la indisponeva e l’innervosiva proprio!

    Hanno un bellissimo negozio in Via Boccaccio, dalle parti della Galleria d’Arte antica e Palazzo Barberini proseguendo sulla destra e la Fontana di Trevi posta a sinistra e il suo negozio era diventato, nel tempo, notevolmente rinomato e apprezzato… e la figlia voleva perseguire altra strada nella sua vita, diventare stilista!, si ritrovò a pensare con sconforto Emily.

    Forse avevano sbagliato loro, pensando o dando per scontato che la figlia sarebbe subentrata nella sua attività? Oltretutto il lavoro era piacevole davvero poiché induceva a frequenti viaggi all’estero, alla ricerca di qualche piccolo gioiello d’antiquariato che potesse soddisfare le svariate richieste della sua apprezzabile clientela.

    Emily in cuor suo cercava di prendere il tutto con filosofia; a confortarla il marito, Lorenzo, nonché le sue due cugine anch’esse residenti a Roma e con le quali era solita confidarsi.

    Gli amici che attorniavano la loro famiglia erano molti, d’altronde con un’attività come la loro era semplice tessere amicizie. Talune volte si venivano a creare piacevoli cene di lavoro durante le quali autorevoli persone spiegavano a lei il mobile, l’oggetto, il quadro, le porcellane o quant’altro avrebbero desiderato e lei, che sapeva muoversi e bene nel settore, contattava altri antiquari e cercava di trovare l’oggetto giusto per il suo cliente. Soleva progettare, su richiesta, arredamenti o trovare soluzioni per impreziosire ambienti, case o uffici. Dopo ben trent’anni di esperienza nel settore era difficile che lei non riuscisse a soddisfare le richieste della sua clientela, a volte era soltanto questione di tempo: qualsiasi ricerca doveva essere effettuata con capacità e metodo; collaborava con i migliori rivenditori di antiquariato!

    Chiuse le serrande del negozio e le allarmò, poi si diresse verso Via del Tritone.

    Quasi all’angolo con Piazza Poli vi è il negozio di Coiffeur della cugina Aurora.

    Emily si affacciò alla porta del negozio, l’ultima cliente stava accingendosi ad uscire.

    «Ciao Aurora, tutto bene? Ti aspetto dopo cena per il caffè?» domandò Emily.

    «Caffè a casa tua, o scendiamo per le vie di Roma in un qualche Bar?» domandò lei.

    «Stasera dovrebbe passare da casa mia Serena, una mia amica, la conosci anche tu, ricordi? Proporrei serata tranquilla a casa mia, che ne dici?» propose Emily stanca dopo l’impegnativa giornata lavorativa.

    «Ok», rispose Aurora aggiungendo, «Ci vediamo verso le 21.15? Giusto il tempo di passare da casa per una veloce doccia e mangiare qualcosa. C’è anche Lorenzo?»

    «Stasera Lorenzo andrà a giocare a tennis, arriverà più tardi.» rispose, aggiungendo «Ti aspetto, prendo del gelato.»

    Emily uscì dal negozio salutando la cugina Aurora, indaffarata nel riordinare il locale prima della chiusura.

    Aurora, separata con due figli grandi, non ha avuto, al momento, la fortuna di rifarsi una vita. A volte sembra che si abbiano chissà che pretese o, forse, è semplicemente difficile, ad una certa età, formatosi ognuno il proprio carattere, trovare una persona con carattere ed interessi similari ai nostri? È la vita stessa che talune volte decide per noi?

    Era contenta Aurora di rivedere Serena, una loro comune amica, rientrata da poco da un viaggio in Russia con il marito e suo figlio Marco.

    Emily riprese ad avviarsi verso casa.

    è giugno, la figlia di Emily, Monique, è all’estero, ospite a Parigi di una sua amica presso la quale avrebbe dovuto fermarsi un mese o poco più.

    Monique: felicità e disperazione, ma anche motivo di orgoglio.

    è così testarda, così assetata della vita stessa, irrequieta, sempre alla ricerca del meglio che la vita stessa possa offrirle si ritrovò a pensare Emily.

    Emily Boccacio, nata a Roma per casualità. Il padre era musicista d’orchestra e la moglie partorì Emily a Roma, durante uno dei tanti tour del marito. Sembrò ai genitori di buon auspicio, dar alla luce la loro primogenita a Roma e qui, decisero di trasferirsi.

    I primi anni, in realtà, la madre, Giulia, era sovente sola con la piccola Emily e di questo ne soffriva; il marito, Ludovico, era spesso in tour per concerti in tutta Europa. Con il trascorrere degli anni il padre di Emily ebbe una cattedra per insegnare musica, pianoforte, al Conservatorio Santa Cecilia di Roma e i suoi concerti, nel tempo, furono più radi ed ebbe così modo di star più vicino alla moglie Giulia e alla figlia: la dolce Emily che tanto amava. Fu una scelta sofferta, Ludovico avrebbe preferito continuare a suonare in un’orchestra ma ne avrebbe comunque patito poiché, con la lontananza, non sarebbe riuscito a vivere la sua famiglia come avrebbe desiderato.

    Quanti anni erano trascorsi dalla sua infanzia e dalla sua gioventù? Ogni angolo di Roma le sembrava parlasse della sua vita.

    Come scorre velocemente il tempo Emily si ritrovò a pensare.

    Emily è una signora di 55 anni, capace e determinata; rimase l’unica figlia della coppia, con suo stesso dispiacere.

    La sua vita non fu propriamente facile; a soli 33 anni perdette entrambi i genitori in un incidente stradale dal quale lei si salvò, ma ebbe bisogno di molte cure e di apposita riabilitazione.

    La vita a volte sembra darci il mondo nelle nostre stesse mani e, talune volte, ci fa vivere prove veramente ardue e difficili.

    Dopo un periodo sfortunato, finalmente la luce: conobbe Lorenzo. Nacque tra i due, all’istante, un’ottima intesa che si trasformò in un rapporto profondo e dolce; si sposarono dopo poco più di un anno.

    Stasera sentirò Monique; ha detto che sarebbe passata a trovarci, prossimamente pensò.

    Emily quella sera non aveva voglia di cucinare e si fermò presso una gastronomia a prendere un paio di piatti già pronti. Oltre la gastronomia, una rinomata gelateria ove acquistò del gelato.

    Proseguì per Piazza di Spagna sino ad imboccare Via Borgognona; risiedeva proprio lì, al n. civico 39.

    Comprare al giorno d’oggi un alloggio in quella via, propriamente una traversa che porta direttamente su piazza di Spagna nonché a Trinità dei Monti, sarebbe stato arduo per il prezzo! La sua fortuna fu che quell’alloggio lo comperarono i suoi genitori, negli anni ‘70 circa, lei lo ristrutturò successivamente facendolo diventare un vero gioiellino: un alloggio di circa 110 mq con una terrazza, volta verso il cortile interno, di ben venti metri quadri.

    Un’attività così ben avviata, un alloggio che tanti amici le invidiavano e la figlia voleva trasferirsi a Parigi, si ritrovò a pensare, con disappunto. Potremmo provare ad aprire la nostra attività a Parigi, i negozi di antiquariato sono apprezzati anche là. Io e Lorenzo trasferirci a Parigi? Quella poi chissà se si trasferirà ancora… e dove? No, non può funzionare. Di certo questo alloggio io non lo venderò mai!, pensò con decisione e rabbia.

    Aprì il Portone d’ingresso, prese l’ascensore, aprì l’uscio di casa ed entrò.

    «Lorenzo, sei in casa?» esclamò.

    «Sì, sono sotto la doccia.»

    «Ceni a casa o al circolo del tennis?» domandò la moglie.

    «Ceno al circolo con Giuliano e Mario.» egli rispose.

    Emily posò la spesa sul tavolo in cucina, e nel freezer il gelato. Ripose la sua stola e la sua borsa nel mobile in entrata poi si diresse nella sua camera, tolse le scarpe, indossò le comode ciabatte e iniziò a preparare la sua cena. Si osservò sfuggevolmente nello specchio e si compiacque, la piega che le aveva fatto sua cugina Aurora due giorni prima era ancora soddisfacente. Il suo gatto, sdraiato nel salotto, sul divano, emise un semplice miagolio quasi a voler salutare la sua padroncina appena rientrata. «Comoda la vita così!» esclamò Emily, sorridendo al gatto, lasciandosi la cucina alle spalle e riattraversando l’entrata per recarsi nel salotto e fare due coccole al suo delizioso gattino.

    Il gatto si lasciò accarezzare, emettendo dolci fusa. Effettuate le dovute attenzioni al suo micio, rimasto in casa da solo tutto il giorno, decise che aveva un po’ di tempo per sé e si gettò sul letto a rilassarsi un po’.

    Squillò il telefono.

    «Ciao mamma, come state?» chiese l’allegra voce di Monique.

    «Tutto bene, sono soltanto un po’ stanca.» rispose lei.

    «Domani ho un colloquio presso una Casa di Moda; pare che cerchino nuove idee, nuovi stilisti.» entusiasta comunicò la figlia.

    «Lo sai come la penso. Proprio a Parigi devi pensare di trasferirti? È sempre così, quando si ha troppo… si deve andare alla ricerca di qualcos’altro ancora!»

    «Dai mamma, non fare così, lo sai che per me è importante questa esperienza! Ti prego, non mi contrariare troppo! Non è detto che mi trasferirò per sempre a Parigi, forse soltanto per un breve periodo.» E aggiunse come a voler cambiare discorso: «Come sta papà?»

    «Ma cosa vuoi che ti dica? Ti debbo anche dare la mia benedizione? Mi sembrerebbe un po’ troppo. Voi giovani pensate sempre e soltanto a voi stessi» esclamò la madre con tono contrariato aggiungendo, «Comunque tuo padre sta bene, sta facendo una doccia, stasera va a giocare a tennis.»

    «Guarda che se le cose funzionano come spero, potreste trasferirvi anche voi, qua, a Parigi.» propose la figlia.

    «A me piace Roma! Ma non hai altro da propormi? Alla mia età dovrei vendere il mio negozio ben avviato a Roma, nonché il mio alloggio, per trasferire la mia attività in Francia, a Parigi? Comunque valuteremo il tutto, non è il caso di litigare adesso, non sappiamo nemmeno se ti assumeranno né per quanto tempo!» concluse con tono conciso la madre.

    «Mamma, sai, ho conosciuto un certo Françoise, è un ragazzo davvero interessante; lavora come fotoreporter e viaggia molto.» esclamò contenta la figlia, cambiando discorso.

    «Sii saggia, mi raccomando. Che tipo è? Quand’è che rientri a casa?» domandò Emily.

    «È un ragazzo davvero simpatico, tranquilla, al momento siamo soltanto amici. Dovrei rientrare per i primi di luglio; dai mà, quindici-venti giorni passano in fretta, poi sarò nuovamente lì con voi.»

    «E questa volta per quanto ti fermerai? Ci onorerai della tua presenza per quanti giorni? Normalmente come arrivi già pensi al tuo rientro a Parigi, se non a partire per altra destinazione!»

    «Mamma, non fare così, nei prossimi giorni ho un colloquio. Se riesco a superare il colloquio per fine agosto, massimo primi di settembre, mi diranno se è mio il posto per aiuto-Designer, per un anno a tempo determinato.»

    «Che vuoi che ti dica figlia mia? Lo sai ne sono scocciata e contrariata, così pure tuo padre, ma tanto tu devi costruirti la tua vita.» dopo una breve pausa Emily aggiunse: «Segui la tua strada, sii felice.»

    «Non fare così; un paio di settimane o poco più e sarò da voi, ne parleremo con un più calma.»

    «Ok. Mi raccomando, con questo Françoise

    «Tranquilla, piacerà anche a te, ora debbo andare stasera ho un invito a cena. Abbraccia papà da parte mia.» esclamò la figlia concludendo la telefonata.

    Emily, nel suo letto, socchiuse gli occhi; meglio non pensare alla figlia, a Parigi o quant’altro, desiderava soltanto rilassarsi.

    «Come stai? Era Monique al telefono?» domandò il marito, il quale si presentò a lei con un asciugamano avvolto sul fianco.

    «Sì, era lei. Dovrebbe rientrare da Parigi tra quindici-venti giorni, così ha detto. Viene a trascorrere qualche giorno a Roma. Ha conosciuto un certo Françoise… speriamo in bene, è così giovane, ha soltanto 22 anni! Saperla distante mi crea una continua ansia.» rispose Emily.

    «Beh! Ha ventidue anni, non è propriamente una bambina, forse dovremmo essere più fiduciosi. Comunque anch’io sono preoccupato eppure è la sua vita, come fare a impedirle di viverla come lei vuole?» rispose a lei il marito.

    «Scusa ma debbo pensare ad altro, non voglio rovinarmi la serata. Rientri abbastanza presto stasera?» domandò lei.

    «Sì, certo, tieni da parte per me un po’ di gelato, ok?» rispose il marito, chinandosi ad abbracciare la moglie e baciando dolcemente il suo viso. Lacrime presero a solcare il viso di Emily, un’unica figlia e quante preoccupazioni!

    Lorenzo provò a tranquillizzarla, avrebbero provato a parlare insieme alla loro figlia quando sarebbe rientrata ma esclusivamente sua era la scelta sul lavoro che desiderava intraprendere e il suo futuro. Avrebbe potuto cercare di inserirsi nel campo della moda in Italia, ma probabilmente si sarebbe trasferita a Milano o a Firenze. Monique, la loro unica figlia… avrebbero desiderato averla vicina a loro.

    Di lì a poco Lorenzo uscì, gli amici del tennis lo stavano aspettando.

    Emily si alzò dopo poco; la cena che aveva acquistato era lì, sul tavolo, la stava aspettando. Apparecchiò velocemente il tavolo, aveva comprato del sushi del quale lei ne era propriamente ghiotta, preparò velocemente un’insalata e la cena era già servita in tavola. Degustò velocemente la sua cena, terminò con una macedonia di frutta, e si mise subito a riordinare. Attendeva gli ospiti.

    Per un attimo pensò alla figlia: Françoise… chissà come e chi sarà questo Françoise…

    Probabilmente la morte dei genitori avvenuta in modo così tragico, prematuro, in un incidente stradale nel quale lei stessa rischiò la vita all’età di soli trentatré anni, le aveva causato uno stato d’ansia generico.

    Si distolse dai suoi pensieri. Giulia e Serena sarebbero passate a trovarla, avrebbero trascorso una piacevole serata in compagnia.

    La solare giornata volgeva al termine, un raggio di sole si rifletté sulla sua terrazza quasi a non voler lasciare il passo all’imbrunire.

    Suonò il campanello di ingresso.

    «Sono Serena.» rispose una voce al citofono.

    Emily aprì il portone.

    «Sei sola? Tuo marito?» domandò Emily all’amica.

    «Luca in questi giorni ha un torneo di basket, l’ultimo della stagione; Marco l’accompagna, passeranno da qui più tardi a prendermi.» disse, entrando in casa dell’amica.

    «Bene, una serata tra donne, tutta volta ai nostri velenosi pettegolezzi!» disse ridendo Emily, poi aggiunse: «Dovrebbe arrivare mia cugina Aurora.»

    Ebbe appena terminato la frase che il campanello di casa trillò nuovamente; andò ad aprire, tempo pochi minuti e Aurora si unì alle due donne.

    «Ci mettiamo in terrazza?» propose Emily.

    «Certamente.» rispose Aurora.

    La serata volse serena, quattro chiacchiere in compagnia e gli aggiornamenti sulle varie vicissitudini familiari nonché qualche pettegolezzo riferito a personalità politiche. Emily sfogò le sue preoccupazioni nei confronti della figlia che voleva trasferirsi a Parigi per lavoro; Serena si lamentò che il marito era un po’ troppo spesso fuori casa per lavoro; Aurora era preoccupata perché suo figlio, il maggiore, che si era diplomato geometra, non riusciva a trovare un impiego.

    Si consolarono degustando il gelato che Emily offrì, accompagnato da qualche tartina salata e bibita.

    «E George? Lo vedi ancora?» domandò Emily alla cugina.

    «Certamente.» rispose lei.

    «Ma è nata una storia?» domandò Serena, con fare ammiccante.

    «In realtà non è che sia propriamente una storia la nostra, siamo diventati molto amici, passa quotidianamente nel mio negozio, trascorriamo insieme parecchio tempo; ci piacciono i concerti e talune volte mi porta in qualche ristorantino un po’ particolare dove degustiamo piatti veramente deliziosi!» rispose lei.

    «Allora mangeremo presto… confetti?» Emily bisbigliò sottovoce, sorridendo alla cugina. Serena e Aurora, ammiccando, si misero a ridere.

    «Di certo non penso affatto al matrimonio ma tra di noi sta nascendo una sincera, profonda amicizia. Tant’è vero che quando rientrerò a casa mia lo chiamerò al telefono, siamo soliti sentirci ogni sera anche soltanto per la buonanotte!»

    «Profonda… ma quanto? Che dolci che siete! Ma…. siete già andati al dunque?» domandò Serena, con fare curioso e impertinente.

    «Curiose e pettegole? Non vi darò soddisfazione a rispondere a queste sciocche vostre domande!» rispose Aurora indispettita e divertita nel contempo. Le amiche cambiarono argomento.

    Di lì a poco qualcuno suonò al citofono.

    «Siamo Marco e Luca»

    «Salite, vi stiamo aspettando» rispose cordialmente la padrona di casa.

    Marco e Luca raggiunsero le tre donne, si unirono a loro e chiacchierarono allegramente. Luca degustò un maxi gelato: le energie spese nella partita andavano riacquistate.

    «Com’è andata la partita?» domandò Serena al figlio.

    «Abbiamo vinto 85 a 73, è stata una partita combattuta davvero! Io ho realizzato 13 punti.»

    «Si è mangiato due canestri in contropiede, solo sotto il tabellone, e almeno 3 tiri da piazzato!» lo criticò il padre.

    «Ci sono giornate migliori ed altre un po’ meno, comunque non è andata male!» rispose il figlio.

    «Non è andata male ma dovresti concentrarti maggiormente ed essere più preciso e sicuro di te. Non puoi mangiarti un tiro, solo, sotto canestro!» aggiunse stizzito Marco.

    Si sentirono le chiavi girare nella toppa della serratura: Lorenzo era arrivato.

    «Ciao Lorenzo, finalmente, pensavi di lasciarmi da solo con queste tre pettegole arpie?» domandò Marco, sorridendo all’amico.

    «Ciao Lorenzo.» disse Aurora andandogli incontro.

    «Com’è andata la partita?» domandò Emily.

    «Fortunatamente è arrivato Silvio così abbiamo giocato in coppia, due contro due. Ho giocato con Silvio e abbiamo vinto i primi tre set; ne abbiamo giocato un quarto, lì ci hanno stesi! Abbiamo vinto ma al quarto set ci hanno proprio polverizzati

    «Anche noi abbiamo vinto! 85 a 73 contro la Viterbo.» esclamò contento Luca.

    Si intrattennero ancora un po’ a chiacchierare animatamente, poi il gruppo si congedò.

    CAPITOLO I

    Monique, dolce e bella ragazza di 22 anni, con molti sogni nel cassetto che vorrebbe realizzare.

    Sin da piccola manifestò la sua estrosità, creando lei stessa i vestiti per le sue bambole.

    Iniziò con le bambole di carta, quelle da ritagliare, per le quali le piaceva realizzare i vestiti disegnandoli, colorandoli e poi ritagliandoli. Successivamente, crescendo, iniziò a creare i suoi primi vestiti di stoffa per le sue Barbie. I primi vestiti, in realtà, lasciavano un po’ a desiderare come fantasia.

    Monique era solita chiedere alla zia Barbara, lei soleva chiamarla zia anche se erano cugine poiché cugina della mamma, l’aiuto nel cucirli; era capace di trascurare i giochi con i coetanei per divertirsi a ritagliare stoffe, cucire e realizzare con estro, insieme alla zia, capi di abbigliamento per le sue bambole. Altro non poté la madre se non accondiscendere che la figlia studiasse ciò che propriamente l’appassionava. Effettuò a Roma presso la prestigiosa sede dell’Accademia Costume & Moda, con vista mozzafiato su Castel Sant’Angelo, il corso triennale in Design nonché il Master di Alta moda; scuola alla quale si può accedere solo dopo aver conseguito un diploma. Fondata nel 1964, l’Accademia Costume & Moda si era qualificata negli anni come polo d’eccellenza per la sua offerta e qualità didattica; ad oggi può vantare di essere stata riconosciuta come l’undicesima migliore scuola di moda nel mondo, nonché la seconda in Italia, nella classifica di Business of Fashion.

    Le capacità dimostrate da Monique risultarono davvero notevoli; alla fine del suo terzo anno fu scelta tra i migliori studenti della scuola, per partecipare con modelli da lei stessa creati alla settimana dell’Alta Moda a Roma. Un traguardo che iniziò a fungere un po’ da trampolino: iniziarono i primi contatti con l’ambiente degli stilisti, le si stava aprendo la porta su di un mondo nuovo da lei tanto sognato. Monique: orgoglio dei genitori.

    La Liu Jo la contattò per uno stage, lei ne fu davvero felice. Concluse il triennio e si trasferì a Carpi, in provincia di Modena, ove per sei mesi ebbe modo di fare un’esperienza davvero importante ma altra era la sua aspirazione: volgeva il suo sguardo a Parigi.

    A fare di Parigi la capitale incontrastata dell’alta moda basterebbe la sua storia; bisognerebbe tornare indietro di due secoli, o poco più, per risalire all’anno di nascita dell’Haute Couture quando un certo Charles Frederick Worth s’inventò la figura dello stilista distinguendo gli abiti in base alle stagioni e prendendo l’abitudine di firmare i propri capi, nati da bozzetti e poi provati su mannequin sotto lo sguardo attento del cliente. Stilista inglese, che per realizzare il suo innovativo approccio verso la moda scelse Parigi. Poi iniziò il ‘900 e sulla Senna andò in scena il lusso sfrenato della Belle Époque; quindi aprirono i loro atelier stiliste come Madeleine Vionnet, Elsa Schiaparelli e Coco Chanel, seguite negli anni ’40 e ’50 da Christian Dior, Pierre Cardin, Hubert De Givenchy e Yves Saint Laurent.

    Parigi ha da sempre un’influenza predominante nella Fashion mode.

    A Parigi si decide lo stile, il taglio e i colori degli abiti di ogni stagione; ed è sempre nella capitale francese che accorre chiunque sogni di lavorare nel settore, anche soltanto per accrescere la propria esperienza. Qui hanno luogo le sfilate più importanti e nascono storiche riviste di moda. In poche parole Parigi attrae come una calamita ed è musa ispiratrice per molti dei più grandi stilisti.

    Certamente il periodo della Belle Époque è terminato; ormai, pur restando Parigi fulcro e musa ispiratrice nonché origine della moda, molte sono le città non prettamente francesi che competono con ritmo incalzante, a tutt’oggi, nel campo della moda contraddistinguendosi con fashion eleganza e savoir-faire.

    Monique è felice; è riuscita ad iscriversi ad un corso

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