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Una perla rara: Harmony Collezione
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Una perla rara: Harmony Collezione
E-book171 pagine3 ore

Una perla rara: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un gioiello di rara bellezza...

Stephen Haviland non è interessato alle donne che sfoggiano luminosi diamanti per sembrare ancora più belle, o a quelle che ostentano preziosissimi rubini per farsi notare. No, a catturare il suo sguardo è di solito una bellezza più naturale, come quella di Sophia Jordan.

La dolce Sophia viene travolta dagli eventi, e quasi senza accorgersene si ritrova a spasso per Venezia al fianco dell'elegante e sensuale Stephen. L'unica cosa che riesce a intuire, nel turbinio di quei concitati momenti, è che quell'uomo rappresenta la chiave del mistero che si cela dietro la sua nascita e alle famose e inestimabili Perle di Padova.
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2019
ISBN9788830504295
Una perla rara: Harmony Collezione
Autore

Lee Wilkinson

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una perla rara - Lee Wilkinson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Padova Pearls

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2007 Lee Wilkinson

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    HHarlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-429-5

    1

    La sera dei primi di giugno era umida e nuvolosa, precocemente buia. Sophia Jordan, con una borsa di plastica in mano e l’impermeabile stretto dalla cintura, si stava affrettando verso casa, l’appartamento al piano terra di Roleston Square, che aveva diviso con il suo defunto padre, Peter.

    La casa vuota la riempiva ancora di tristezza al pensiero di suo padre, della sua lunga malattia e della sua morte, un paio di mesi prima, che l’aveva lasciata sola e sconsolata.

    L’anziana vedova che possedeva l’immobile e viveva con la nipote nell’appartamento all’altro capo dell’atrio aveva capito il suo stato d’animo ed era stata molto gentile.

    Proprio quella mattina, quando Sophia aveva bussato alla sua porta per chiederle se le occorreva qualcosa al supermercato, la donna un po’ curva dai capelli grigi, allegra nonostante l’artrite, le aveva sorriso.

    «Vieni qui dopo il lavoro e ceniamo insieme. Eva è via per quel corso di formazione» aveva aggiunto. «Ho paura che dovrai cucinare tu. Ti dispiace?»

    «Non mi dispiace affatto. C’e qualcosa di particolare che desidera?»

    «Potresti preparare la paella

    Sophia stava accarezzando il gatto rossiccio che le si strofinava sulle caviglie. «Certo, nessun problema!»

    «Magnifico!» aveva esclamato la donna, entusiasta. «Non mangio la paella da quando il mio Arthur mi ha portata in Spagna in vacanza. A Eva non piace il riso...»

    «Mi fermerò a fare la spesa tornando a casa e verrò qui da lei.»

    «Ti farò trovare la tavola pronta» aveva risposto la signora Caldwell tutta contenta.

    Le aveva dato una lista e alcune banconote. «Sarà bello avere la tua compagnia e una cena cucinata in casa.»

    Quando aveva saputo dei progetti di Sophia per la serata, David Renton, mercante d’arte internazionale e proprietario della À Volonté, la prestigiosa galleria in cui lavorava, le aveva suggerito di andare a casa mezz’ora prima. Joanna se la poteva cavare da sola, e lei aveva accumulato un mucchio di ore di straordinario per organizzare la mostra di suo padre.

    Peter Jordan era stato un pittore amatoriale di grande talento.

    «Il suo lavoro è davvero brillante. È un peccato che fosse troppo modesto per permettermi di esporre i suoi quadri. Ho cercato di persuaderlo spiegandogli che, vedendo i suoi lavori, molti giovani artisti ne avrebbero tratto ispirazione. Ma non ha mai acconsentito» le aveva detto David, suo amico da sempre, dopo la sua morte.

    «Credo che ci stesse pensando» gli aveva risposto Sophia. «Ne stava parlando qualche giorno prima di morire.»

    «Allora perché non fare una mostra in sua memoria? Una celebrazione della sua vita? Se includiamo anche le miniature, potremmo riempire la galleria.»

    Sophia aveva trovato l’idea fantastica. Aveva raccolto tutti i quadri, eccetto una tela che teneva appesa in camera sua.

    Era il ritratto a mezzobusto di un bell’uomo con i capelli e gli occhi chiari che, con le sue labbra a metà tra il sensuale e l’ascetico, l’aveva sempre colpita. Fin da bambina quel viso l’aveva affascinata e da adolescente ne aveva fatto l’oggetto dei suoi sogni romantici. Sapendo quanto le piacesse, suo padre glielo aveva regalato per il suo sedicesimo compleanno.

    In effetti, lui dipingeva per il gusto di farlo e aveva poca considerazione per il proprio talento tanto che, terminati i ritratti, spesso li regalava ai suoi modelli. In una vita di lavoro doveva averne fatti a decine.

    Comunque, David aveva raccolto tutti quelli che aveva trovato e li aveva portati alla galleria.

    Sophia aveva lavorato molto per collocarli sulle pareti nel modo migliore, stilare il catalogo e organizzare la campagna pubblicitaria. Ora, la mostra personale era pronta per essere inaugurata, la mattina seguente.

    Sicura di aver fatto un buon lavoro, aveva accettato la gentile offerta di David, era uscita dalla galleria alle sei e mezzo e si era fermata al supermercato per fare la spesa.

    Era venerdì sera e il supermercato era affollato. Facendo lo slalom tra i carrelli che ostruivano ogni corsia, si era smagliata una calza e lo chignon aveva cominciato ad allentarsi, liberando qualche ciocca ribelle. Quando cercò di fissare meglio il fermaglio, si rese conto che non c’era più.

    La coda alla cassa le era sembrata interminabile e quando finalmente era uscita dal supermercato si era accorta che nel frattempo aveva cominciato a piovere.

    Con un sospiro aveva sollevato il colletto dell’impermeabile infilandoci alla meglio la massa scura dei lunghi capelli.

    Solo quando aveva iniziato a camminare, lasciandosi alle spalle Il regno della convenienza, si era resa conto che avrebbe fatto meglio a dividere la spesa in due sacchetti. Passava da una mano all’altra la pesantissima borsa di plastica, che le stava segando la mano, fermando la circolazione del sangue.

    Stava cambiando mano per l’ennesima volta, quando uno dei due manici cedette, spargendo il contenuto del sacchetto ai piedi di un uomo alto e biondo che camminava qualche passo dietro di lei.

    Mentre gli altri passanti si allargavano intorno alla sua spesa per non calpestarla, come acqua intorno a una roccia, l’elegante sconosciuto dai capelli biondi, inumiditi dalla pioggia, si fermò e, con grande efficienza, cominciò a raccogliere i vari articoli, rimettendoli in ciò che restava del sacchetto.

    All’improvviso l’uomo scoppiò a ridere. «Per fortuna non ha comprato delle uova.»

    La sua voce era piacevole e profonda, con una strana inflessione che Sophia non riuscì a identificare.

    Afferrò con una mano il sacchetto, reggendo il fondo con l’altra, e si alzò, sovrastandola di tutta la testa.

    Sollevando lo sguardo sul suo viso, Sophia rimase impietrita dalla sorpresa.

    Mentre il suo cervello continuava a ripeterle che non poteva essere lui, la sua mente e il suo cuore insistevano nel dire il contrario.

    Anche se non riusciva a spiegarselo, il bellissimo viso di quell’uomo dai lineamenti perfetti, con profondi occhi grigi e una bocca stupenda che sembrava cesellata da un artista, le era familiare come il suo stesso viso. Si sentì riempire da una gioia irrazionale, come se avesse aspettato per tutta la vita quell’incontro. Come se fosse stato scritto nel suo destino.

    Mentre lei lo fissava, lui continuò a parlare. «Temo proprio che questa borsa stia per cedere definitivamente. Deve andare molto lontano?»

    Disorientata da ciò che stava accadendo, Sophia ci mise un attimo prima di rispondere. «N... no, non è lontano. A un paio di isolati, sulla Roleston Road.»

    «Mi fa strada?» le domandò l’uomo, stringendo più forte il sacchetto.

    Le sue buone maniere riemersero da quel tumulto di sensazioni. «Non si disturbi, la prego. Non voglio portarla fuori strada» disse, restando in attesa della sentenza con una certa apprensione. Se lui le avesse messo in braccio la spesa e si fosse allontanato, non l’avrebbe rivisto mai più.

    Ma non andò così.

    L’uomo sorrise. «Si dà il caso che io stia andando nella stessa direzione.»

    L’eccitazione al pensiero di stare ancora un po’ con lui e il calore del suo sorriso candido cancellarono dal suo cuore la tristezza, che era stata la sua unica compagna nelle ultime settimane.

    Dopo qualche istante ritrovò il fiato per parlare. «Be’, se è sicuro che non sia un disturbo...»

    «Ne sono sicurissimo.»

    Sophia ricambiò il sorriso, certa che fosse appena accaduto qualcosa di importante, e cercò di controllare quel senso di eccitazione, così insolito per lei.

    Col cuore in tumulto, si incamminò con lo sconosciuto, che nonostante le sue strane sensazioni era certa di non aver mai incontrato prima. «Quindi lei vive a Roleston Road?»

    «Sì, all’angolo con Roleston Square. Ho un appartamento al pianterreno, che si affaccia sui giardini della piazza.»

    Lui la guardò in modo strano. «Vive sola?»

    «Sì.»

    «È molto giovane per vivere sola.»

    «Non sono poi così giovane» rise lei di rimando.

    L’uomo osservo il visetto ovale dai grandi occhi verdi, il naso piccolo, la bocca generosa e le tenere ciocche di capelli neri che sfuggivano dal colletto dell’impermeabile. «Dimostra sedici anni.»

    «Grazie, ma ne ho venticinque.»

    «Venticinque...» ripeté lui, come se quella notizia gli facesse un gran piacere. «È da molto che vive sola?»

    Nella voce di Sophia riaffiorò il dolore. «Da quando è morto mio padre, pochi mesi fa.»

    Lui intuì la sua sofferenza. «È stata una perdita improvvisa?»

    «In un certo senso, sì. Era malato da tempo, ma è peggiorato di colpo e la fine è arrivata molto prima del previsto.» Di nascosto, Sophia cancellò una lacrima con un rapido gesto della mano.

    «E sua madre?» le chiese con dolcezza.

    «È morta quando avevo circa sette anni.»

    «Non ha fratelli o sorelle?»

    «No, sono figlia unica.»

    «Suo padre non doveva essere molto anziano.»

    «No, aveva solo sessantadue anni.»

    «E non si è mai risposato?»

    «No» rispose Sophia, scuotendo la testa. «Non ho mai capito il perché. A parte il fatto che era un uomo bello e pieno di talento, era gentile e sensibile. Una persona stupenda, con un fantastico senso dell’umorismo.»

    «Talento per cosa

    «Dipingeva» rispose lei con un sorriso triste.

    «Era la sua professione?»

    «No. Lui era un diplomatico, ma ha sempre avuto l’hobby della pittura. Poi, quando si è ritirato dalla diplomazia, è diventato qualcosa di più.»

    «Dipingeva paesaggi?»

    «Sì, anche, ma era prevalentemente un ritrattista. Ha fatto un ritratto che le somiglia molto.»

    L’uomo le lanciò uno sguardo interrogativo e lei avrebbe voluto mangiarsi la lingua.

    Ma perché diavolo se ne era uscita con quella frase? Perché è la verità, si disse.

    «Mi somiglia?» Sembrava divertito.

    «Sì.»

    «Davvero? Il suo era un buon lavoro?»

    «L’ho sentito definire anche brillante» gli rivelò Sophia con orgoglio.

    Interpretò come scetticismo l’ombra che passò sul viso del suo compagno di strada, e si mise subito sulla difensiva. «Ci sarà una mostra personale dei suoi quadri, nella galleria in cui lavoro.»

    «In quale galleria?»

    «À Volonté.»

    «Quindi è un’artista anche lei?»

    Sophia scosse la testa. «Avrei voluto. Ho frequentato la scuola d’arte, ma non ho ereditato il suo talento...»

    «Cosa fa alla galleria?»

    «Oltre ad aiutare le vendite, faccio le valutazioni, organizzo le mostre, curo i cataloghi ed eseguo la pulizia e il restauro delle tele, se necessario.» Lui sollevò le sopracciglia, colpito. «Prima di arrivare alla galleria, ho lavorato due anni in un museo, ripulendo e restaurando dipinti a olio danneggiati. Ho scoperto di esserci portata, e amo molto il mio lavoro.»

    «Una professione notevole.»

    «Lo pensava anche papà.»

    «Deve mancarle molto.»

    «Sì, è così» sussurrò con un nodo alla gola. «Non mi sono ancora abituata a stare sola.» Quelle parole le sfuggirono dalle labbra, incontrollate. Di solito era molto riservata, anche con gli amici. Perché stava aprendo il suo cuore a un perfetto sconosciuto?

    Ma lei lo conosceva. Lo aveva sempre conosciuto.

    «Avrà sicuramente un fidanzato.»

    «Non ora. Ero fidanzata, ma quando papa è peggiorato non volevo lasciarlo solo la sera e questo ha messo la parola fine alla mia relazione.»

    «Deve essere stata dura per lei.»

    «Non quanto avrebbe dovuto» ammise onestamente. «Quando mi ha lasciata, mi sono resa conto di non averlo mai amato davvero.»

    «E da allora, nessun altro?»

    «No.»

    «Strano. Dalla quantità di spesa che ha fatto, credevo dovesse dar da mangiare a un piccolo esercito.»

    Sophia sorrise. «È per l’anziana padrona di casa, che abita nell’appartamento davanti al mio. È sola in questo momento e mi ha invitata a cena.»

    «Non ha nessuna possibilità di rimandare? Anche io stavo per invitarla a cena.»

    Il cuore di Sophia volò alto...

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