Toboga. Uno sbiadito tono di giallo
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Anteprima del libro
Toboga. Uno sbiadito tono di giallo - Lorena Grattoni
Lorena Grattoni – Gabriele Giardini
TOBOGA. Uno sbiadito tono di giallo
Prima Edizione Ebook 2022 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868104597
La foto di copertina è su licenza Adobestock.com
Damster Edizioni è un marchio editoriale
Edizioni del Loggione S.r.l.
Via Piave 60 - 41121 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
catalogo su
www.librisumisura.com
img1.pngLorena Grattoni – Gabriele Giardini
TOBOGA
uno sbiadito tono di giallo
Romanzo
INDICE
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20.
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29.
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33.
CAPITOLO 34
CAPITOLO 35
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
GLI AUTORI
CATALOGO
CAPITOLO 1
Alice ha una fiducia inesauribile nell’amore: per lei non esiste niente di più potente dell’amore, e il suo attuale amore si chiama Aldo.
Desiderava trascorrere con lui ogni momento. Ne era talmente presa che ogni minuto, ogni secondo che la separavano da lui sembravano rubarle un poco di vita.
La condizione dell’amante, però, le pesava parecchio: inventare ogni volta una scusa plausibile per giustificare le assenze o i ritardati rientri a casa, l’arrivare sotto casa di lui in orari serali per non essere notata o riconosciuta la gettavano in uno stato d’ansia tale da farle tremare le ginocchia.
Per incontrarlo sceglieva quasi sempre l’ora di cena, durante il pasto serale era meno probabile che vicini curiosi si affacciassero alla finestra o spiassero dall’occhio magico sul pianerottolo: davanti a una minestra fumante e alla televisione non avevano interesse a occuparsi di loro due. Lo considerava un buon deterrente.
Era sua cura parcheggiare l’auto non proprio sotto casa; un paio di incroci prima erano sufficienti a velare la propria presenza, complice la notte. Certo, un imprevisto poteva sempre verificarsi, come quella volta che aveva incontrato una vecchia compagna di scuola che non si capacitava di averla rivista dopo tanti anni e continuava a sciorinare vecchi ricordi di questa e di quello, ma che fortunatamente aveva un impegno improrogabile e non poteva dedicarle altro tempo. Non ricordava quale bugia le avesse raccontato per sviare eventuali sospetti, forse di non essere neppure sposata. Mah! Per fortuna non l’aveva più rivista.
Arrivata al portone apre con la sua chiave e a passo di danza risale le rampe di scale fino al quarto piano, quasi sfiorandole, badando bene di non attirare l’attenzione del cane della vicina all’ammezzato, e suona il campanello, con il fiato corto, ma con un sorriso spianato. Sente i passi di lui arrivare e quando la porta si apre il suo sguardo stupito le è già entrato nel cuore.
«Ciao, non ti aspettavo così presto.»
«Spero non ti dispiaccia.»
Alice avverte un irrefrenabile desiderio di baciarlo. Dopo un bacio lunghissimo fatica a sciogliersi dall’abbraccio di Aldo che la trascina all’interno dell’appartamento.
Casa.
Profumo di sandalo, il suo profumo; le tende, i cuscini, le pareti, tutto attorno la rimanda alla sua fragranza. Aldo le accarezza i capelli, il viso, la bacia sul collo, la libera della giacca e la stringe forte…
CAPITOLO 2
L’appartamento che divide con Goffredo, per anni il suo nido, ora le si presenta come l’ultimo avamposto prima dell’inferno. Indugia davanti all’uscio di casa, fissando la targhetta che riporta il cognome: VISCARDI.
Lui si era appropriato della sua vita, derubandola di tutto. Alice Viscardi, la moglie di Goffredo, doveva esserne orgogliosa, e un tempo lo era stata.
Sopraffatta dagli ormoni di fronte a quell’anonima placca in ottone incisa, non trova la forza di girare la chiave nella toppa, restando immobile sullo stuoino. Chi, o meglio, cosa era diventata? Una squallida moglie, costretta a una doppia vita triste e bugiarda: lo odiava per averle fatto questo.
A quel pensiero le si riempiva il petto di una rabbia incontenibile che la feriva, anzi la straziava.
Da quando era cominciata la discesa aveva smesso di ascoltarlo, parlargli, confidarsi, desiderarlo, amarlo: ma perché per tutto ciò continuava a colpevolizzarsi?
Quale era stata l’ultima volta che il marito l’aveva desiderata, che l’aveva stuzzicata per farla sentire, come un tempo lontano, bella, sensuale?
La colpa era solo di Goffredo. Sì, lui era il responsabile del suo degrado. Solo lui!
Era come una pentola a pressione, pronta a gettargli in faccia tutti i suoi malumori, eppure, ritta davanti all’ingresso di casa, non riusciva nemmeno a infilare la chiave nella toppa, la mano le tremava talmente forte da impedirle di centrare la serratura.
Il battente si aprì di scatto e un braccio forte e prepotente la trascinò all’interno dell’appartamento.
«Dove sei stata?» sibila Goffredo.
«Ancora alzato? – risponde lei, fissandolo. – Lo sai benissimo, al concerto con Karen.»
Senza attendere la replica dell’uomo, estrae il cellulare dalla tasca della giacca e compone velocemente un numero: «Parlaci, così ti manda anche al diavolo per averla svegliata» mormora, con tono secco.
A una decina di isolati di distanza, il trillo insistente del telefono sveglia di soprassalto una donna sprofondata fra il guanciale e le lenzuola. Sbattendo gli occhi per riprendere contatto con la realtà, accende la luce sul comodino, guarda la sveglia, le due del mattino. Meccanicamente, inforca gli occhiali.
«Pronto?... Ah… Sei tu? Come?… No, non ti preoccupare, passamelo – articola, con voce impastata. – Ciao tesoro come stai… no non disturbi ci mancherebbe… sì, un concerto tremendo, musica sperimentale, di quella che piace a tua moglie. Scusami se te lo dico, ma non pensi che dovresti cominciare a credere un po’ di più a quello che Alice dice... No, è sempre un piacere sentirti, figurati. A proposito, ricordale che mi ha lasciato il suo accendino, sì lo zippo, quando ci vediamo glielo rendo… anche a te, buonanotte.»
La donna riattacca e l’uomo che le dorme accanto si rigira verso di lei, con aria risentita per essere stato distolto dal sonno: «Quando smetterai di raccontare tutte queste balle, amore? Piantala di coprirle il culo ogni volta che va a divertirsi.»
Karen lo guarda con fare annoiato, si toglie gli occhiali riponendoli sul comodino e gli risponde gelida, voltandogli le spalle: «Non mi stressare, lasciami dormire e buonanotte. AMORE.»
CAPITOLO 3
Tre lunghissime interminabili giornate e altrettanti notti a cullare quella passione appena sbocciata, a chiedersi cosa lui stesse facendo o pensando; immaginarlo al lavoro, mentre mordicchia una penna o appunta le prime bozze di un nuovo progetto sul taccuino. Lo pensa seduto di fronte alla grande finestra affacciata sulle colline, baciato dal sole, mentre sorseggia dalla tazza comperata durante una breve fuga a Firenze il caffè del dopo pranzo.
Lo divora, mentre assopito sul divano, il braccio abbandonato come nel ritratto della morte di Marat, lo deve lasciare dopo una battaglia amorosa.
Pensarlo nudo la eccita, il suo mordersi il labbro inferiore quando sublima il piacere è la punta dell’iceberg del suo desiderio, e immaginarlo la fa letteralmente impazzire.
Come d’abitudine parcheggia l’auto lontano da casa, un paio di isolati sono ampiamente sufficienti per non destare sospetti, complici la notte e la luce fioca dei lampioni. Percorre leggera la distanza che la separa dalla sua destinazione, infilandosi con la consueta discrezione nel portone, quindi affronta le rampe sempre avendo cura di non attirare l’attenzione; nonostante il fiato corto, il sorriso le spiana fronte e labbra. Suona il campanello, il suo rito. Ama ascoltare e contare i passi che le arrivano all’orecchio attraverso la porta: poi la sagoma di Aldo, il suo bellissimo viso, le si para di fronte.
Le piace tutto di lui, l’abbraccio, lo sguardo, il modo con cui l’accompagna dentro casa. A volte la prende subito, lì sul divano, ancora vestita, perciò ha preso il vezzo di non indossare le mutandine o sfilarsele prima di scendere dalla macchina.
Altre volte la accarezza per ore, oppure cucina per lei, ogni boccone un bacio, o ancora fanno un bagno insieme, mentre lui, da sapiente amante, sa aspettare fino a che i due corpi non si fondono in un unico orgasmo.
Era facile inventare con Aldo nuove fantasie, oltrepassare nuovi limiti, e Alice scopriva sempre in se stessa qualcosa di nuovo che le scaturiva dal profondo del cuore.
Il momento meno piacevole giungeva quando doveva rientrare a casa.
Come altre sere, si costringe ad abbandonare l’amante, accingendosi a ripercorrere a ritroso la strada che la separa dalla propria autovettura. Giunta in prossimità del mezzo, sotto la luce sbiadita dei lampioni che fende la nebbiolina notturna, nota qualcosa infilato fra il parabrezza e il tergicristallo. Allungandosi verso il vetro per guardare meglio, si accorge che è un pezzo di carta ripiegato, quindi lo sfila e lo apre.
Sul biglietto, a caratteri incerti, è scritto PUTTANA
.
Alice rimane interdetta, quasi fulminata; non trova nemmeno la forza di guardarsi intorno, mentre l’euforia che l’aveva pervasa fino a pochi istanti prima svanisce di colpo per lasciare il posto a due lacrime, bollenti, che le rigano le guance. Nonostante la reazione emotiva, la donna è cosciente che non deve rimanere troppo allo scoperto, per cui si scuote, entra velocemente in macchina, mette in moto e si allontana, non accorgendosi che una sagoma scura, ferma sul marciapiede all’angolo del palazzo di fronte, l’ha osservata fino quel momento.
CAPITOLO 4
Alice. Alice, cara Alice.
«…Alice guarda i gatti e i gatti dormono nel sole, mentre il sole fa l’amore con la luna…» canticchia Aldo intento a riordinare la cucina, stordito come un ragazzino alla sua prima cotta.
Lei se ne era appena andata, ubriaca di sesso, promettendogli che sarebbe tornata l’indomani, e lui si chiedeva se sarebbe stato capace di resistere all’attesa.
Il suo corpo trasmette al cervello una serie di sensazioni piacevolmente dolorose. Mai come quella notte lei era stata sfacciata, avvolgendosi a lui