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Compendio di DIRITTO di FAMIGLIA Matrimonio, separazione e divorzio: Aspetti sostanziali e processuali
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Compendio di DIRITTO di FAMIGLIA Matrimonio, separazione e divorzio: Aspetti sostanziali e processuali
E-book255 pagine3 ore

Compendio di DIRITTO di FAMIGLIA Matrimonio, separazione e divorzio: Aspetti sostanziali e processuali

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L’opera analizza, in maniera organica, gli aspetti giuridici – sostanziali e processuali – della famiglia: matrimonio (senza tralasciare le recenti questioni in tema di unioni civili e convivenze di fatto), separazione e divorzio.
Il testo, dallo stile espositivo fluido e sintetico, analizza i singoli istituti trattati a partire dal dato normativo rilevante ed alla luce dei principali orientamenti interpretativi sviluppatisi in giurisprudenza e dottrina (con numerosi riferimenti bibliografici riportati in nota).
Piano dell’opera: introduzione al matrimonio; separazione personale dei coniugi; regole sull’affidamento dei figli; divorzio dei coniugi; fase presidenziale nei procedimenti di separazione e divorzio; mediazione familiare; diritto di visita dei nonni.
Il volume è aggiornato alle recenti questioni connesse al diritto alla bigenitorialità ai tempi del Covid-19.
Adriana SCAMARCIO
Abilitata alla professione forense, si occupa di diritto di famiglia sia in ambito civile che penale. Collabora con varie Riviste e portali giuridici; ha scritto anche per la Rivista La Nuova Procedura Civile.
LinguaItaliano
Data di uscita24 lug 2020
ISBN9788835868620
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    Compendio di DIRITTO di FAMIGLIA Matrimonio, separazione e divorzio - Adriana Scamarcio

    separazione

    PRESENTAZIONE

    L’opera analizza, in maniera organica, gli aspetti giuridici – sostanziali e processuali – della famiglia: matrimonio (senza tralasciare le recenti questioni in tema di unioni civili e convivenze di fatto), separazione e divorzio.

    Il testo, dallo stile espositivo fluido e sintetico, analizza i singoli istituti trattati a partire dal dato normativo rilevante ed alla luce dei principali orientamenti interpretativi sviluppatisi in giurisprudenza e dottrina (con numerosi riferimenti bibliografici riportati in nota).

    Piano dell’opera: introduzione al matrimonio; separazione personale dei coniugi; regole sull’ affidamento dei figli; divorzio dei coniugi; fase presidenziale nei procedimenti di separazione e divorzio; mediazione familiare; diritto di visita dei nonni.

    Il volume è aggiornato alle recenti questioni connesse al diritto alla bigenitorialità ai tempi del Covid 19 .

    CAPITOLO I - Introduzione al matrimonio

    1. Il matrimonio nel sistema del diritto canonico

    L’essenza del matrimonio cattolico, regolato dai codici canonici, rappresenta un sacramento (can. 1012 del codex del 1917 e can. 1055 del codex del 1983, quello attualmente vigente).

    Il diritto canonico a differenza di quello laico ha come punto di riferimento la salute delle anime e il rimedio al peccato, considerando i rapporti tra uomo e donna in modo differente, mediato da Dio [1] .

    Fatta questa premessa, la dottrina canonistica trae la sua origine dal principio del matrimonio come solidarietà piuttosto che come conflittualità [2] .

    La natura del matrimonio, però, risiede negli ordinamenti laici, in un atto di stato civile alla pari di quello di nascita, di morte, acquisto e perdita della cittadinanza.

    L’atto di matrimonio dà luogo allo stato di coniugato, un complesso di diritti ed obblighi, interni ed esterni alla coppia che lo contrappone allo stato libero e viene pubblicizzato oltre che nei registri di stato civile (art. 450 c.c.), nei documenti di identità, alla voce di stato civile, mentre per il matrimonio canonico è possibile effettuare una celebrazione in forma segreta, con annotazione dello stesso nel registro della curia vescovile, anch’esso segreto.

    Già sotto questo aspetto si può notare la differenza tra il matrimonio civile e quello canonico.

    Altra differenza è possibile rinvenirla nell’annullamento o nullità dello stesso, mentre il matrimonio civile non può essere annullato automaticamente, ma occorre l’impugnazione di un legittimato, il matrimonio canonico non conosce questa forma di invalidità attenuata del matrimonio civile, ma solo la nullità.

    Va specificato, inoltre, che il matrimonio canonico, oltre ad avere un carattere sacramentale, ha anche un carattere contrattuale, ed infatti, secondo il diritto canonico " il matrimonio è creato dal consenso delle parti legittimamente manifestato, che non può essere sostituito da nessuna potestà umana", completamente differente dal principio espresso dal codice civile.

    Altre differenze importanti sono rappresentate dal fatto che, la disciplina del matrimonio canonico non prevede la possibilità di nullità insanabili come quelle di cui agli artt. 117 e 124 del c.c., le azioni di nullità del matrimonio canonico non sono soggette a prescrizione, le sentenze su cause di nullità matrimoniali non passano mai in cosa giudicata (can. 1643).

    Ed inoltre, a differenza del codice civile che non dà una definizione di matrimonio, il codice canonico previgente contiene diverse definizioni di matrimonio [3] .

    In primo luogo, il can. 1012 del codex del 1917 si limitava a definire il matrimonio come quel contratto elevato a dignità sacramentale da Gesù Cristo, mentre il successivo, can. 1013, proclamava come fine primario del matrimonio la procreazione e l’educazione della prole e come fine secondario il rimedio alla concupiscenza e indicava quali proprietà essenziali l’unità e l’indissolubilità del matrimonio [4] .

    Il codice vigente, invece, ha confermato queste proprietà aggiungendo altri parametri:

    il matrimonio tra battezzati, elevato da Cristo a dignità sacramentale, nasce da un patto associativo col quale l’uomo e la donna costituiscono un totius vitae consortium;

    scompare dall’elencazione dei fini il rimedio alla concupiscenza;

    costituisce fine del matrimonio, per sua natura, oltre alla generazione della prole, anche il bene dei coniugi ( bonum coniugum).

    Altra novità è data dal can. 1057 il quale recita " il consenso matrimoniale è un atto di volontà col quale l’uomo e la donna, con un patto irrevocabile, si danno e ricevono reciprocamente in dono per costituire il matrimonio" [5] .

    Secondo la dottrina e la giurisprudenza più recente, il bonum coniugum tende a sottrarre i coniugi all’isolamento e ad immetterli nel totus vitae consortium, ma non si traduce in un obbligo essenziale del matrimonio.

    La dottrina più recente, inoltre, afferma che, accanto al principio di irrevocabilità, vada affiancato anche quello della fedeltà [6] tra i coniugi, noto come il primo dei doveri su cui si basa il negozio stesso.

    Anche nel diritto canonico, così come negli ordinamenti laici, la contrazione del matrimonio costituisce attuazione di un diritto di libertà che si realizza attraverso un complesso procedimento [7] .

    Il diritto di libertà, denominato ius connubii, è caratterizzato sin dal decreto di Graziano come principio fondamentale dell’ordinamento canonico del matrimonio [8] , fondato sulla complementarietà tra l’uomo e la donna e limitato all’unione eterosessuale [9] .

    Secondo il can. 1035 del codice del 1917, tutti possono contrarre matrimonio che non sia proibito dal diritto, il testo can. 1058 del 1983 è identico.

    Solo nel 1971 viene modificata la parte relativa alle condizioni generali dedicate alla definizione di matrimonio, le sue proprietà essenziali e il valore relativo al consenso.

    Viene confermato il diritto della Chiesa, che ha sempre protetto lo ius connubii come libertà di contrarre matrimonio, fermo restando che si tratta di un diritto fondamentale della persona, anche per il non fedele e per i battezzati.

    Per questo motivo ne discende l’inalienabilità, irrinunciabilità e irripetibilità del vincolo come è anche possibile l’astensione del suo esercizio [10] .

    I limiti al contenuto sono rappresentati dalla tutela dei valori superiori come la fede, la vita e la libertà.


    [1] CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, 2 ed, Roma, 1951, 73 ss.

    [2] FEDELE, Diritto canonico, Enc. Dir., XII, Milano, 1964, 877 s.

    [3] Comentario Cann. 1729-1731, in Instituto Martina De Azpilcueta _ Facultad de derechocaninico – universidad de Navarra, Comentarioexegético al Código de DerechoCanónico, Obra coordinada y dirigi.

    [4] MONETA, Matrimonio canonico, 3 ed, Genova, 1998, 35s.

    [5] LO CASTRO, Matrimonio diritto e giustizia, Milano, 2003, 69. Ss.

    [6] BONNET, Matrimonio Canonico, Cedam, Milano,1976, 533.

    [7] FRANCESCHI, Riconoscimento e tutela dello ius connubi nel sistema matrimoniale canonico, Milano, 2004, 13 ss.

    [8] FRANCESCHI, Ius connubii, Giuffrè, Roma, 2004, 392 ss.

    [9] BANARES, Commentario al can. 1058, Commentario esegetico al Codigo de Derecho Canonico, Pamplona, 1996,1065 s.

    [10] FRANCESCHI, Ius connubii , Giuffrè, Roma, 2004, 387 ss.

    2. Il matrimonio canonico: pubblicazioni, celebrazione e trascrizione

    Secondo quanto disposto dall’art. 8 dell’Accordo di revisione dei Patti Lateranensi, il matrimonio contratto secondo le norme del diritto canonico ha effetti civili solo nel momento in cui viene trascritto nei registri di stato civile, previe le pubblicazioni nella casa comunale.

    Si tratta, in realtà, di un vero e proprio procedimento amministrativo, costituito da una serie di adempimenti a catena di cui ognuno rappresenta il presupposto del successivo e condiziona la validità dell’intera procedura.

    Il procedimento, quindi, si snoda in tre parti, il primo antecedente la celebrazione del matrimonio, il secondo rappresentato dall’atto della celebrazione e il terzo costituito dalla trascrizione.

    Il primo atto di questo procedimento è rappresentato dalle pubblicazioni, termine con il quale si intende la richiesta fatta dai nubendi (o dalla persona che ha da questi ricevuto incarico, ai sensi dell’art. 96 c.c.), oltre che dal parroco davanti al quale dovrà essere celebrato il matrimonio, all’ufficiale dello stato civile del luogo di residenza di uno dei due nubendi il quale, una volta accertata l’esattezza delle dichiarazioni a lui rese, provvede alla relativa affissione attraverso cui si rende pubblica l’intenzione degli stessi di voler contrarre matrimonio e del quale si vuole la produzione di effetti civili.

    Successivamente, dopo tre giorni dall’avvenuta pubblicazione, se non vengono riscontrate opposizioni in merito, si può procedere alla celebrazione del matrimonio; questo è reso possibile attraverso il rilascio da parte dell’ufficiale di stato civile di un certificato in cui dichiara l’assenza di cause che si oppongono alla celebrazione del matrimonio valido agli effetti civili (art. 7, 1° co. l. matrimoniale).

    Il rilascio di tale certificato rappresenta l’atto conclusivo delle pubblicazioni, le quali costituiscono una forma di pubblicità della notizia, ed assicura alle parti la certezza che il matrimonio possa essere trascritto e che possa produrre effetti civili.

    La predetta trascrizione avverrà anche nel caso in cui emerga un impedimento civile non derogabile o non derogato (art. 11 l. matrimoniale) successivo al rilascio del certificato in questione [1] .

    Il secondo momento del procedimento consiste nella celebrazione del matrimonio a cui assiste il ministro di culto che, da un lato dovrà osservare e far rispettare le norme canoniche relative alla celebrazione del matrimonio religioso e dall’altra è investito di un munus publicum e quindi dovrà espletare una serie di adempimenti previsti dalle leggi italiane che vanno dalla spiegazione che il vincolo oltre che religioso produce anche effetti civili alla lettura del testo degli artt. 143, 144 e 145 c.c., riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi, alla redazione del doppio originale e con tutte le indicazioni previste dalle leggi dello stato del certificato di avvenuto matrimonio, uno dei quali verrà trasmesso entro cinque giorni dall’avvenuta celebrazione, a cura del ministro di culto, all’ufficiale dello stato civile del luogo ove il matrimonio è stato celebrato [2] .

    Secondo quanto previsto dall’art. 8 dell’Accordo di revisione, inoltre, nell’atto potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile ( ad esempio la scelta del regime patrimoniale, ai sensi dell’art 162, 2° co. c.c., il riconoscimento di un figlio naturale, art. 254, 1° co. c.c.), che ovviamente saranno efficaci in un momento successivo alla trascrizione dell’atto [3] .

    L’atto conclusivo del procedimento è, come già detto in precedenza, rappresentato proprio dalla trascrizione dell’atto di matrimonio, redatto in secondo originale, da parte dell’ufficiale di stato civile che ha ricevuto la richiesta da parte dell’autorità confessionale e che provvede, entro le successive ventiquattrore, a formalizzare nei registri dello stato civile la richiesta stessa.

    Con l’avvenuta trascrizione, il matrimonio canonico produce gli effetti civili, potendosi qualificare come fatto costitutivo avente efficacia retroattiva con decorrenza dal giorno della celebrazione del matrimonio, in particolare, la trascrizione rappresenta un atto di pubblicità costitutiva essenziale, nel senso che è dichiarativa circa l’esistenza del matrimonio religioso ed è costitutiva circa la documentazione e circa l’efficacia che lo stesso esplica nell’ordinamento dello stato [4] .

    Secondo parte autorevole della dottrina, tale disciplina si riferisce solo a quei matrimoni che vengono celebrati nel territorio della Repubblica italiana e non anche quelli celebrati all’estero [5] .

    Un altro orientamento dottrinale, invece, distingue il matrimonio canonico celebrato all’estero o comunque in un Paese che riconosce tal celebrazione valida a produrre effetti civili come efficace in Italia, dal matrimonio canonico celebrato all’estero, in un Paese che non riconosce la validità di tale celebrazione a produrre effetti civili in maniera automatica ma trascrivibile secondo la disciplina concordataria [6] .


    [1] FINOCCHIARO, Diritto ecclesiastico, cit. 430, Zanichelli, Bologna, 2017.

    [2] COLELLA, Il matrimonio celebrato davanti ai ministri del culto cattolico e delle confessioni religiose acattoliche, a cura di RESCIGNO , cit. 545 s., Padova, 1988.

    [3] Cassazione Civile, Sez. VI-1, 13 marzo 2017, n. 6430.

    [4] COLELLA, Il matrimonio celebrato davanti ai ministri del culto cattolico e delle confessioni religiose acattoliche, a cura di RESCIGNO , cit. 546 s., Padova 1988 cit. pag. 546.

    [5] FINOCCHIARO, Diritto ecclesiastico, cit. 441 s, Zanichelli, Bologna, 2017.

    [6] MONETA, Matrimonio canonico, terza edizione, ECIG, Genova, 1998.

    3. La riforma del 1975

    Prima della riforma del 1975 la famiglia era una società gerarchicamente organizzata: aveva un capo, il marito, investito della potestà maritale sulla moglie, cui corrispondeva il dovere di mantenere la stessa, e titolare della patria potestà sui figli [1] .

    Ciascun coniuge aveva la proprietà esclusiva dei propri beni, in regime di assoluta separazione, salva l’esistenza di particolari condizioni, come quella che istituiva la dote.

    Con la riforma, si è attuato il principio costituzionale che sancisce l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi i quali devono entrambi esercitare la potestà genitoriale così come prevista dall’art. 316 c.c.

    Il regime patrimoniale pertanto, è passato da separazione a comunione dei beni.

    Secondo la legge precedente, infatti, la famiglia veniva considerata come una società dove i coniugi rappresentavano i soci, proprietari ciascuno del 50% delle quote.

    La realtà matrimoniale odierna è un po’ diversa, non vi è più la presenza del capo famiglia e la visione di quest’ultima è diventata più armoniosa.

    I coniugi uniti in matrimonio dovrebbero dar luogo ad un’intensa comunione materiale e spirituale, questo comporta non solo la condivisione della mensa e del talamo ma anche l’obbligo gravante su entrambi della fedeltà, dell’assistenza morale e materiale e l’obbligo della collaborazione nell’interesse della famiglia.

    Ciascuno di questi obblighi deve essere inteso in senso ampio.

    Ad esempio, l’obbligo della fedeltà, deve contenere il divieto di adulterio oltre che al divieto del rapporto con terzi.

    La parola fedeltà indica non solo contenuti amorosi, si deve ritenere che l’obbligo possa essere violato anche da scelte di vita, ad esempio amicali, che privilegiano altri in luogo del coniuge, il quale si vedrebbe attribuire un posto secondario rispetto ad altre persone.

    Quando la comunione spirituale tra i coniugi si incrina, l’attuale normativa, diversamente da quella precedente, che sanciva la natura del sacrificio e della sopportazione legata al concetto di indissolubilità, propone il rimedio della separazione e del divorzio.

    La legge, attraverso i vari tentativi di conciliazione, in costanza di separazione, esprime un favor per la prosecuzione del matrimonio [2] , ma al tempo stesso, proprio attraverso l’elevato numero di prescrizioni, fornisce un modello di unione non facile da realizzare e da mantenere.

    Quando la coppia entra in crisi, smarrisce lo stato di effettiva comunione e viene meno il modello proposto di famiglia innanzi descritto che, dopo un periodo di tempo, porta inevitabilmente alla separazione e al divorzio.

    In Italia, le statistiche sul divorzio sono in costante aumento, non sono disponibili dati sul numero delle conciliazioni ma sono sempre più frequenti le separazioni che sfociano in divorzi.


    [1] Il testo originale dell’art. 144 c.c. recitava il marito è il capo della famiglia, la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo ovunque egli creda opportuno di fissare la residenza.

    [2] Il favor è fondato sull’art. 29 della Costituzione.

    4. Il matrimonio secondo il codice civile

    Il termine matrimonio nel diritto civile può avere due tipi di accezioni: con la prima si intende il matrimonio come atto, ovvero come negozio giuridico con il quale un uomo ed una donna decidono con le dovute formalità di prendersi come marito e moglie formando una famiglia [1] .

    Con la seconda si intende il matrimonio rapporto, comprensivo di tutti gli effetti personali e patrimoniali che scaturiscono dalla celebrazione del negozio matrimoniale.

    L’art. 29 della Costituzione riconosce il matrimonio come fondamento della famiglia, esso, infatti, rappresenta l’atto con cui l’uomo e la donna decidono di costituire uno stato coniugale incentrato sulla comunione di vita spirituale e materiale.

    Per il diritto romano, il matrimonio era basato essenzialmente sulla monogamia ed era inteso alla base dell’istituto familiare o comunque della società romana mentre per il diritto canonico esso è un sacramento ed un contratto.

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