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Partita bollente (eLit): eLit
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E-book360 pagine4 ore

Partita bollente (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Un corpo strepitoso unito a un potere che ti spinge tra le lenzuola? Sì, Hayden Houston sta cercando questo, per rompere col suo passato da brava ragazza. E l'uomo giusto è proprio Brody Croft, celebre star dell'hockey. Quando incontra la sexy brunetta, lui rimane letteralmente di sasso. È pronto a togliersi gli abiti da cattivo ragazzo e a mettersi comodo. Dopo una notte strabiliante, capisce che lei è unica e che la storia tra loro non può finire lì.
LinguaItaliano
Data di uscita29 dic 2017
ISBN9788858979518
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    Anteprima del libro

    Partita bollente (eLit) - Elle Kennedy

    ELLE KENNEDY

    Partita bollente

    Capitolo 1

    «Ho bisogno di andare a letto con qualcuno» confessò Hayden Houston sospirando. Con un gesto elegante si portò il bicchiere di vino alle labbra e bevve un sorso del liquido rosso e amarognolo che non servì a placare la frustrazione che provava.

    Le fotografie appese alle pareti dell’Ice House Bar non le erano d’aiuto. Si trattava perlopiù di istantanee scattate nel mezzo dell’azione ai giocatori di hockey e ritratti della squadra dei Chicago Warriors. Lo sport la perseguitava. Del resto era la figlia del proprietario di una squadra di hockey, perciò lo sport faceva parte della sua vita, ma di tanto in tanto le sarebbe piaciuto concentrarsi su qualcosa di diverso. Come il sesso, per esempio.

    Seduta di fronte a lei, Darcy White sorrise. «Non ci vediamo da due anni e questo è tutto quello che hai da dire? E dai, prof, nessun aneddoto simpatico sulla vita universitaria a Berkeley? Nessun interessante approfondimento sull’arte impressionista?»

    «Lascio gli approfondimenti sull’arte ai miei studenti. E per quanto riguarda gli aneddoti nessuno tratta di sesso, quindi evitiamo di perdere tempo con chiacchiere inutili.»

    Hayden si passò una mano tra i capelli, scoprendo che le onde che aveva cercato di imporre alla sua chioma prima di uscire di casa erano scomparse. Al diavolo la nuova mousse volumizzante. Niente riusciva a far assumere ai suoi capelli dritti e castani un aspetto neanche lontanamente ondulato.

    «Va bene, ma come mai non fai che pensare al sesso?»

    «Forse perché non ne faccio mai?»

    Darcy sorseggiò il suo daiquiri alla fragola. Lo detestava, ma continuava a berlo perché aveva sentito dire che gli uomini trovavano sexy le donne che lo ordinavano. «Ma non esci con qualcuno in California? Dan? Drake?»

    «Doug» la corresse Hayden.

    «Da quanto tempo state insieme?»

    «Due mesi.»

    «E non siete ancora andati a letto insieme?»

    «No.»

    «Stai scherzando? Il ragazzo ha qualcosa che non va?»

    «Semplicemente vuole che ci conosciamo meglio prima di farlo o, come dice lui, prima di attraversare il ponte dell’intimità.»

    «Il ponte dell’intimità? A me sembra uno sfigato. Mollalo subito, prima che tiri fuori di nuovo il ponte dell’intimità.»

    «In effetti non stiamo più insieme al momento» ammise Hayden. «Prima di partire gli ho detto che avevo bisogno dei miei spazi.»

    «Spazi? Secondo me quello di cui hai bisogno è un nuovo ragazzo.»

    Per carità! Quella era l’ultima cosa che Hayden voleva. Ricominciare a frequentare qualcuno con l’idea di instaurare una relazione sentimentale duratura? No, grazie. Dopo tre storie finite male in cinque anni, aveva deciso di smettere di innamorarsi dei cattivi ragazzi e di focalizzare l’attenzione su quelli bravi. E Doug Lloyd era sicuramente un bravo ragazzo. Teneva un corso sul Rinascimento alla Berkeley, era intelligente e simpatico e, come lei, dava valore all’amore e all’impegno reciproco tra due persone. Essendo cresciuta con un padre single, Hayden desiderava trovare un partner con cui farsi una famiglia e con cui invecchiare serenamente.

    Sua mamma era morta in un incidente d’auto quando lei era ancora molto piccola e per vent’anni suo padre aveva rinunciato a cercare un nuovo amore, optando per un coinvolgimento totale nella carriera di allenatore e poi di proprietario di una squadra di hockey. Si era risposato solo tre anni prima, forse più per evitare la solitudine che per amore. Altrimenti per quale motivo avrebbe sposato una donna che frequentava da appena quattro mesi e che aveva ventinove anni meno di lui? Un donna da cui ora stava divorziando.

    Be’, Hayden non aveva nessuna intenzione di seguire l’esempio di suo padre. Non avrebbe trascorso decenni da sola per poi sposarsi in tutta fretta con una persona totalmente inadatta a lei.

    Doug la pensava nello stesso modo. Era un tradizionalista e mai e poi mai si sarebbe lanciato in un matrimonio senza prendersi tutto il tempo necessario per riflettere e per conoscere a fondo l’altra persona. Inoltre aveva un corpo da dio greco che la faceva impazzire. Una volta le aveva perfino permesso di toccarlo. Erano seduti sul divano del suo appartamento a San Francisco e si stavano baciando quando lei aveva fatto scivolare la mano sotto la sua camicia. Accarezzando il suo torace possente aveva mormorato: «Spostiamoci in camera da letto».

    Era stato allora che Doug aveva sganciato su di lei la bomba della non-intimità. Le aveva assicurato che era molto attratto da lei, ma purtroppo era anche convinto che non bisognasse bruciare le tappe. Voleva che la loro prima volta fosse speciale.

    E nessun genere di carezza o strofinamento lo aveva convinto a desistere dal suo nobile proposito.

    Con il tempo però il suo atteggiamento era diventato un problema. Doug era davvero troppo gentile e carino. In un primo momento Hayden aveva deciso che l’idea di aspettare fosse molto dolce. I due mesi successivi, però, aggiunti agli otto di astinenza che aveva praticato prima di conoscerlo, avevano spinto la sua frustrazione a livelli pericolosi.

    Lei apprezzava il fatto che Doug fosse un gentiluomo, ma, accidenti, c’erano dei momenti in cui una ragazza aveva bisogno più semplicemente di un uomo.

    «Questo Damien mi sembra proprio un imbranato» commentò Darcy distogliendola dalle sue elucubrazioni.

    «Doug.»

    «Quello che è» replicò Darcy accompagnando le parole con un gesto vago della mano e scostandosi poi una ciocca dei lunghi capelli rossi dal viso. «Al diavolo il ponte dell’intimità. Se Justin non vuole fare sesso con te, trovati qualcuno che lo voglia fare.»

    «Sono tentata, credimi.»

    In realtà Hayden era molto più che tentata. I due mesi successivi sarebbero stati un inferno. Era tornata a casa dopo l’ultima sessione di esami per sostenere suo padre durante il divorzio e per comportarsi da figlia modello in una situazione che non le piaceva neanche un po’.

    La sua matrigna era decisa a spremere a suo padre fino all’ultimo centesimo e di centesimi lui ne aveva tanti. Benché avesse trascorso la maggior parte della vita a fare l’allenatore, Presley Houston aveva sempre sognato di avere una squadra sua, obiettivo che aveva finalmente raggiunto sette anni prima. Grazie alla somma che aveva incassato dall’assicurazione dopo la morte della madre di Hayden e i saggi investimenti in una ditta farmaceutica, era diventato milionario nonché felice proprietario della squadra dei Chicago Warriors. Negli anni aveva continuato a investire per aumentare la sua fortuna, ma la sua priorità era sempre stata la squadra. Non pensava ad altro e questo era uno dei motivi che rendevano ogni volta difficile il ritorno a casa di Hayden.

    La sua infanzia era stata a dir poco caotica per via dei continui spostamenti da uno stato all’altro insieme a suo padre. Aveva vissuto per due anni in Florida, mentre lui era impegnato ad allenare gli Ace che aveva portato alla vittoria del campionato, per cinque anni in Texas e per tre in Oregon. Era stata dura, ma il rapporto stretto di Hayden con suo padre aveva reso sopportabili i continui cambiamenti. Presley aveva sempre dimostrato grande attenzione per lei e per quello che faceva. La ascoltava quando tesseva le lodi dei suoi artisti preferiti e aveva trascorso ore e ore con lei nei musei.

    Ora però che era adulta e che lui era impegnato con la squadra, non sembrava più curarsi di trovare il tempo per stare con lei. Il suo unico interesse erano i Warriors. Per quel motivo tre anni prima Hayden aveva deciso di accettare la posizione di docente che le aveva offerto l’università di Berkeley, benché ciò significasse doversi spostare sulla West Coast. Aveva sperato che non avendola più accanto suo padre avrebbe sentito la sua mancanza, rendendosi conto che l’hockey non poteva essere tutto, ma non era andata così.

    Perciò era tornata per sostenerlo durante la fase più difficile del divorzio con la speranza di potersi riavvicinare a lui.

    «Sei diventata una ninfomane da quando sei partita?» le chiese Darcy. «Non ne hai fatto cenno nelle e-mail.»

    Hayden si sforzò di concentrarsi sull’amica e di smettere di pensare ai problemi con suo padre. «Non sono diventata una ninfomane. Sono solo un po’ stressata e ho bisogno di rilassarmi. Mi biasimi per questo?»

    «Niente affatto. La matrigna cattiva ha sparso mele avvelenate dappertutto, non è così?»

    «Hai letto i giornali stamattina?»

    «Sì. Bella rogna.»

    Hayden si passò una mano tra i capelli. «Una rogna? È una vera e propria catastrofe.»

    «Ma c’è qualcosa di vero?»

    «Certo che no! Papà non farebbe mai niente del genere» reagì Hayden sforzandosi di non usare un tono frustrato. «Ma non parliamo di questo. Stasera voglio dimenticarmi di mio padre, di Sheila e delle loro questioni.»

    «Perfetto. Vogliamo tornare a parlare di sesso?»

    Hayden sorrise. «Io preferirei farlo.»

    «E allora fallo. Questo posto è stracolmo di uomini. Scegline uno e vai a casa con lui.»

    «Per l’avventura di una notte?»

    «Be’, sì.»

    «Non saprei. Mi sembrerebbe un po’ strano andare a letto con qualcuno e poi non vederlo più.»

    «Non è strano. Io lo faccio regolarmente.»

    Hayden scoppiò a ridere. «Certo, tu hai il terrore dei legami.»

    Darcy cambiava uomini come se fossero calzini e alcuni dettagli che aveva condiviso con lei via e-mail l’avevano lasciata a bocca aperta. Per quanto la riguardava non aveva mai sperimentato sette orgasmi in una notte e non era mai nemmeno stata a letto contemporaneamente con due vigili del fuoco conosciuti a un falò illegale nel Lincoln Park di Chicago.

    Darcy inarcò un sopracciglio, lo sguardo azzurro carico di sfida. «Be’, secondo te è più divertente provare una serie di orgasmi da urlo con un uomo che forse non rivedrai più o ciondolare sul ponte dell’intimità con Don?»

    «Doug.»

    Darcy si strinse nelle spalle. «Sappiamo entrambe che la strada che ho imboccato io è meglio di un’autostrada o forse avrei dovuto usare la metafora del ponte? Scusa, ti prometto che per il resto della serata non parlerò più di ponti.»

    Hayden non rispose, impegnata a riflettere sul suggerimento di Darcy. Non si era mai concessa un’avventura prima. Per lei il sesso era irrimediabilmente legato a una relazione sentimentale seria, all’uscire a cena insieme al proprio partner e a dirsi ti amo per la prima volta.

    In fondo però non era detto che il sesso dovesse sempre essere accompagnato dall’amore. Poteva diventare puro svago, scevro da qualsiasi genere di impegno e di aspettativa.

    «Non saprei» mormorò. «Riuscirei ad andare a letto con uno sconosciuto quando la settimana scorsa ero ancora con Doug?»

    «Gli hai chiesto spazio per una ragione ben precisa» le fece notare Darcy. «Tanto vale approfittarne.»

    «Andando a letto con un altro?» Hayden bevve un sorso di vino.

    «Perché no? Ascolta, hai passato anni a cercare un uomo con cui formare una famiglia, forse adesso dovresti cercarne uno che riattivi la tua libido. Per come la vedo io, hai bisogno di spassartela.»

    Hayden si lasciò sfuggire un lungo sospiro. «Forse hai ragione.»

    «Ci stai pensando davvero, non è così?» chiese Darcy con un bel sorriso stampato in faccia.

    «Se dovessi vedere qualcuno che mi piace, potrei anche farci un pensierino.»

    Hayden rimase sorpresa dalle sue stesse parole, che tuttavia avevano un senso. Che cosa c’era di tanto male a concedersi un’avventura con uno sconosciuto? La gente fa cose strane di continuo e forse era arrivato il momento che anche lei si concedesse una piccola follia.

    Darcy mescolò il daiquiri con la cannuccia. «Che pseudonimo userai?»

    «Pseudonimo?»

    «Sì, se vuoi davvero passare la notte con uno sconosciuto che poi non rivedrai più, devi farlo mantenendo l’anonimato. Per una notte sarai un’altra persona. Che cosa ne dici di Yolanda?»

    «Anche no» obiettò lei ridendo. «Preferirei essere me stessa.»

    «Come vuoi tu» annuì Darcy delusa.

    «Mi sembra comunque che stiamo correndo troppo. Non dovrei scegliere il soggetto prima?»

    Gli occhi di Darcy si riaccesero d’entusiasmo. «Ottima idea. Giriamo la ruota degli uomini e vediamo su chi si ferma.»

    Trattenendo una risatina, Hayden imitò l’amica passando in rassegna gli uomini seduti davanti al bancone del bar. Ce n’erano di alti, di bassi, di belli e di meno belli, ma nessuno di particolarmente interessante.

    Poi lo vide.

    In piedi, con la schiena rivolta verso di loro, c’era il vincitore del concorso. Hayden riusciva a vedere solo la testa dai capelli castani arruffati, la schiena possente, coperta da un maglione blu e due gambe lunghe ricoperte da un paio di jeans. Le natiche erano il suo punto di forza.

    «Ottima scelta» la punzecchiò Darcy, seguendo il suo sguardo.

    «Non riesco a vederlo in faccia» si lamentò Hayden, trattenendosi dall’allungare il collo.

    «Pazienza, cavalletta.»

    Trattenendo il respiro, Hayden osservò l’uomo appoggiare un paio di banconote sul bancone di mogano e accettare il boccale di birra che il barista gli aveva servito. Quando si voltò, Hayden si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa. L’uomo aveva il viso di un dio greco. I lineamenti decisi, gli occhi blu dallo sguardo intenso e le labbra carnose lo rendevano più che appetibile. Nel complesso aveva una presenza imponente. Di spalle non le era sembrato così massiccio, ma ora che riusciva a vederlo in tutta la sua gloria calcolò che doveva essere alto più di un metro e ottanta. Il suo torace, poi, era del genere sul quale a una donna sarebbe piaciuto appoggiare la testa. I muscoli che lo rivestivano erano ben visibili sotto il maglione.

    «Wow!»

    Un brivido di anticipazione le attraversò la schiena all’idea di trascorrere la notte con lui.

    Con il boccale in mano, l’uomo si diresse verso il tavolo da biliardo. Con gesti sicuri appoggiò il boccale su una mensola, afferrò una stecca e sistemò le palle sul panno verde. Un ragazzo alto e dinoccolato lo raggiunse, scambiò con lui poche parole, prese a sua volta una stecca e si posizionò davanti al tavolo.

    Hayden si voltò verso Darcy, che teneva gli occhi sollevati al cielo. «Che cosa c’è?» le chiese sulla difensiva.

    «Che cosa aspetti?»

    Hayden guardò di nuovo la divinità del sesso dai capelli scuri. «Dovrei raggiungerlo al tavolo da biliardo?»

    «Se stasera intendi davvero comportarti da cattiva ragazza, sì, devi raggiungerlo al tavolo da biliardo.»

    «E poi?»

    «Chiedigli di poter giocare. Parla. Sii civettuola. Sai che cosa intendo: è consigliabile guardare sotto il cofano prima di comperare l’auto.»

    «Non si tratta di un’auto, Darcy.»

    «Sì, ma se lo fosse, sarebbe un veicolo pericolosamente sexy, come un Hummer.»

    Hayden scoppiò a ridere. Darcy era unica.

    «Avanti, vai» la incoraggiò l’amica.

    Hayden deglutì a fatica. «Adesso?»

    «No, la prossima settimana.»

    Per farsi coraggio Hayden bevve un sorso di vino. La salivazione le si era azzerata.

    «Non dirmi che sei nervosa! Da quando sei diventata così timida? Tieni lezioni davanti a centinaia di studenti e lui è da solo.»

    Hayden tornò a guardare lo sconosciuto e notò come i muscoli della sua schiena si erano gonfiati nel momento in cui aveva appoggiato i gomiti sul biliardo. La vista era davvero invitante.

    Lui è da solo, si ripeté cercando di calmare i nervi tesi. Bene. Un uomo solo. Alto. Sexy. Maschio. Sarebbe stato un gioco da ragazzi.

    Brody Croft aggirò il tavolo da biliardo, lo sguardo concentrato sulle palle. Annuendo con un cenno del capo ne indicò una. «La tredici nella buca di destra.»

    Il suo giovane compagno di gioco, che indossava una maglietta hawaiana dai colori troppo sgargianti, inarcò un sopracciglio. «Sicuro? È un colpo difficile.»

    «Ce la posso fare.»

    E così fu. La palla scivolò nella buca, strappando al ragazzo un borbottio risentito.

    «Ottimo, davvero notevole, amico.»

    «Grazie.» L’uomo si stava preparando per il colpo successivo quando notò che il suo avversario lo stava fissando. «Che cosa c’è?»

    «Ma tu... tu sei Brody Croft?» gli chiese il ragazzo, imbarazzato.

    Brody trattenne a stento un sorriso. Si era chiesto quanto ci avrebbe impiegato a riconoscerlo. Non che fosse così arrogante da pensare che tutti sul pianeta sapessero chi era, ma dal momento che i proprietari del locale erano Alexi Nicklaus e Jef Wolinski, due componenti della squadra dei Warriors, immaginava che la maggior parte dei clienti fossero appassionati di hockey.

    «Ai tuoi ordini» rispose tendendo la mano.

    Il ragazzo gliela strinse con forza, come se si trovasse nelle sabbie mobili e la mano di Brody fosse la sua unica possibilità di salvezza. «Che storia! A proposito, io sono Mike.»

    Lo sguardo di pura adorazione di Mike provocò in Brody un certo disagio. Gli piaceva conoscere i suoi tifosi, ma non quando l’adorazione diventava eccessiva.

    «Che cosa dici, continuiamo a giocare?» suggerì indicando il biliardo.

    «Sì, certo! Giochiamo» confermò Mike con gli occhi sgranati. «Non vedo l’ora di dirlo ai miei amici. Ho giocato a biliardo con Brody Croft.»

    Non sapendo che cosa rispondere, Brody si limitò a cospargere di gesso la punta della stecca. Il colpo successivo era ancora più difficile del precedente, ma anche questa volta ce la poteva fare. Aveva lavorato in un bar come quello all’epoca in cui giocava per la squadra di hockey della fattoria e guadagnava talmente pochi soldi da non riuscire nemmeno a sfamare il suo pesce rosso. Dopo il lavoro al bar giocava con gli altri camerieri e alla fine aveva sviluppato una vera e propria passione per il biliardo. Ora però, con tutti gli impegni che aveva, raramente riusciva a trovare il tempo di usare la stecca.

    Era anche vero che con tutte le voci che circolavano su una serie di indagini da parte della Lega Hockey, a causa delle accuse rivolte, durante un’intervista, al proprietario della squadra da parte della sua futura ex moglie, presto Brody si sarebbe potuto godere più tempo libero di quanto ne desiderasse in realtà. A quanto pareva la signora Houston aveva le prove che suo marito aveva comprato almeno un paio di giocatori perché facessero perdere la squadra per piazzare scommesse cospicue sulle partite manovrate.

    Probabilmente erano solo voci infondate, ma Brody era ugualmente preoccupato.

    Qualche anno prima uno scandalo simile aveva colpito i Colorado Kodiaks. Alla fine si era scoperto che solo tre giocatori erano coinvolti, ma purtroppo anche quelli innocenti avevano subito conseguenze, in quanto le altre squadre si erano dimostrate riluttanti a sceglierli per inserirli nella loro rosa di punta.

    Per quanto lo riguardava non avrebbe mai e poi mai accettato mazzette per perdere una partita e non aveva nessuna intenzione di essere messo nel calderone con quelli che lo avevano fatto. Il suo contratto scadeva alla fine della stagione, il che significava che la sua reputazione doveva restare immacolata per permettergli di firmare con un’altra squadra o per rimanere ai Warrior.

    Si ripeté che il giornale di quella mattina non riportava altro che illazioni, quindi non era il caso di preoccuparsi fino a quando Sheila Houston non fosse stata in grado di fornire delle prove concrete e schiaccianti nei confronti del quasi ex marito. Per il momento doveva concentrarsi e giocare al meglio in modo che i Warriors vincessero i primi play-off e passassero al turno successivo.

    Brody si posizionò per colpire la palla. Con la coda dell’occhio notò la figura di una donna dal fisico provocante che si avvicinava. La distrazione gli fece scivolare la dita nel momento in cui assestava il colpo. La palla attraversò il biliardo evitando tutte le altre e si arrestò solo in prossimità della buca più lontana.

    Maledizione.

    Indispettito, sollevò la testa per identificare la fonte della distrazione.

    «Puoi ripetere il tiro» gli concesse Mike recuperando la palla e sistemandola di nuovo nel punto da cui era partita. «Si chiama mulligan o qualcosa del genere, vero?»

    «No, quello c’entra col golf» precisò Brody, lo sguardo incollato alla ragazza dai capelli castano scuro che si muoveva verso di lui.

    Qualche anno prima un giornalista di Sports Illustrated gli aveva chiesto di descrivere il tipo di donna da cui si sentiva attratto e lui aveva risposto: bionde con le gambe lunghe. L’esatto opposto della donna che si era fermata davanti a lui. Ciononostante il suo corpo reagì in modo inequivocabile. I capelli lucidi erano del colore del cioccolato e le scendevano sulle spalle, gli occhi verdi, dallo sguardo acceso, avevano lo stesso colore delle foreste pluviali e il fisico minuto aveva più curve di quante il suo cervello riuscisse a registrare.

    Quando i loro sguardi si incrociarono, l’aria gli si bloccò nei polmoni e l’accenno di sorriso che le incurvò le labbra agli angoli gli provocò un’erezione. Però. Non ricordava quando era stata l’ultima volta che un semplice sorriso aveva innescato una risposta così prorompente in lui.

    «Mi piacerebbe sfidare il campione.» La sua voce roca intensificò la reazione fisica di Brody che respirando a fondo si impose di ricordarsi che non era un adolescente, ma un uomo adulto di ventinove anni in grado di controllarsi.

    «Prendi pure il mio posto» le suggerì Mike, porgendole la stecca, lo sguardo fisso sulla scollatura della ragazza prima di voltarsi e strizzare l’occhio a Brody mentre si allontanava. «Divertiti, amico.»

    Brody deglutì a fatica fissando lo sguardo sulla ragazza minuta che era riuscita a eccitarlo con un semplice sorriso.

    Non sembrava il genere di donna che frequentava i bar sportivi. Nonostante il corpo da sballo, qualcosa in lei richiamava alla mente l’immagine dell’innocenza. Forse erano le efelidi che le ricoprivano il naso o forse il modo in cui si mordicchiava il labbro inferiore.

    Immediatamente il suo cervello traditore evocò l’immagine di quella ragazza che mordicchiava una parte specifica della sua anatomia e la sua erezione minacciò di uscire dai jeans.

    Pensare che andava in giro a vantarsi di avere un bel controllo sui suoi ormoni.

    «Immagino che tocchi a me» mormorò lei, rivolgendogli un altro sorriso irresistibile. «Dal momento che hai appena sprecato un tiro.»

    Brody si schiarì la voce. «Già.»

    Svegliati, amico!

    Doveva trovare il modo di ricomporsi. Era un giocatore di hockey, ma da un po’ di tempo aveva smesso di giocare con le donne. Le avventure di una sola notte facevano parte del passato. Non ne poteva più delle ragazze che lo osannavano perché era un atleta famoso. Gli bastava entrare in un locale di qualsiasi genere e subito si trovava al fianco una ragazza calda e disponibile, pronta a saltargli addosso. Sarebbe stato ricco se avesse avuto un centesimo per tutte le volte che gli avevano detto ti piace giocare duro anche fuori dalla pista?

    Al diavolo. Aveva approfittato alla grande della situazione, se l’era spassata segnando punti fuori dalla pista tanto quanto dentro, ma ora aveva scelto di seguire un percorso diverso. Nel suo letto voleva una donna a cui importasse davvero di lui e che non fosse attratta unicamente dalla sua fama e dalla possibilità di vantarsi in un secondo momento delle sue imprese con le amiche.

    L’annebbiamento dei sensi in cui lo aveva gettato la donna minuta scomparve lasciandolo lucido e all’erta. Se la sconosciuta pensava di segnare dei punti contro il signore dell’hockey, si sbagliava di grosso.

    «Mi chiamo Hayden» si presentò lei lanciandogli uno sguardo incerto.

    «Brody Croft» rispose lui in tono asciutto, aspettando la reazione di riconoscimento che però non si manifestò.

    «Piacerei di conoscerti, Brody» annuì lei rivolgendo l’attenzione al panno verde. Dopo un veloce esame si posizionò davanti alla palla che lui non era riuscito a gestire come avrebbe voluto e la colpì con la stecca.

    Era possibile che non lo avesse riconosciuto? Che lo avesse scelto a caso?

    «Hai visto la partita ieri sera?» le chiese lui con fare noncurante.

    Hayden lo guardò perplessa. «Quale partita?»

    «Quella dei Warriors contro i Vipers. Da non perdere, a mio parere.»

    Hayden si incupì. «Ah... Mi dispiace, ma non seguo l’hockey. In realtà non seguo lo sport in generale, tranne forse la ginnastica artistica alle Olimpiadi?»

    Brody atteggiò le labbra a un sorriso. «È un’affermazione o una domanda?»

    «Un’affermazione» specificò lei rispondendo al sorriso. «Immagino che il fatto che segua lo sport solo ogni quattro anni la dica lunga in proposito.»

    Brody decise che gli era piaciuto il tono asciutto della sua voce quando aveva dichiarato di non amare lo sport. Tutte le donne che aveva conosciuto fino a quel momento si erano dichiarate amanti dell’hockey come se condividere un interesse con lui le avrebbe rese più appetibili.

    «Però il biliardo mi piace parecchio» aggiunse sollevando in alto la stecca. «Dici che conta come sport?»

    «Certo.»

    Hayden annuì, poi si concentrò sulle palle disposte sul tavolo, si protese e ne colpì una.

    Brody gradì la vista della sua scollatura e ammirò il seno pieno, coperto da un reggiseno leggero sotto il top giallo.

    Il colpo lo impressionò. La ragazza era davvero brava.

    «Dove hai imparato a giocare così?» le chiese quando trovò la voce per parlare.

    Hayden incrociò brevemente il suo sguardo. «Mi ha insegnato mio padre» rispose lei sorridendo. Quelle labbra carnose erano fatte per essere baciate. «Avevo nove anni la prima volta che mi sono avvicinata a un tavolo da biliardo. Giocavamo fianco a fianco in cantina tutte le sere prima di andare a letto.»

    «E lui gioca ancora?»

    «No. È troppo impegnato con il lavoro.» Hayden si raddrizzò. «Palla otto, buca d’angolo.»

    A quel punto Brody aveva perso interesse per il gioco. A

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