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All I am. La storia di Drew
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E-book147 pagine2 ore

All I am. La storia di Drew

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Info su questo ebook

This Man Series 3.5

Pensavo di avere il controllo. Mi sbagliavo di grosso...

Non ho bisogno di una relazione. Ho l'Hux, un club decadente in cui soddisfare qualsiasi desiderio. Prendo piacere e lo do - senza complicazioni. Così quando Raya Rivers entra in cerca di un uomo freddo, perverso e senza emozioni... beh, sono l'uomo perfetto per lei. Solo che Raya è diversa. Vulnerabile. E porta con sé un profondo dolore che supera tutte le mie barriere costruite con cura e inspiegabilmente mi fa venire voglia di occuparmi di lei. Ora sono posseduto dal desiderio. Il ghiaccio ha lasciato il posto a un bisogno bollente. Ma Raya non immagina neppure che io abbia un'altra vita - la mia vera vita. Non sa che ho una bambina adorabile. I miei due mondi stanno per scontrarsi con la forza di una supernova. Quando Raya scoprirà la verità, sarà in grado di accettare ciò che sono?
Jodi Ellen Malpas
è nata e cresciuta a Northampton, in Inghilterra, e oggi si dedica a tempo pieno alla scrittura anche se fino a qualche anno fa lavorava con il padre in un’impresa di costruzioni. Ha intrapreso la carriera da scrittrice mettendo online il primo volume della trilogia This Man (composta da La confessione, La punizione e Il perdono), che ha riscosso un enorme e inaspettato successo ed è diventato un bestseller internazionale, pubblicato in Italia da Newton Compton. La serie successiva, One Night Trilogy, è composta dai romanzi Per una sola volta, Tutte le volte che vuoi e Ancora una volta.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2017
ISBN9788822712578
All I am. La storia di Drew
Autore

Jodi Ellen Malpas

Jodi Ellen Malpas‘ Romane wurden in über 20 Sprachen übersetzt und erobern die Bestsellerlisten weltweit. Ein Erfolg, den die bekennende Tagträumerin nicht für möglich gehalten hätte. Seitdem ist das Schreiben von ebenso spannenden wie leidenschaftlichen Geschichten zu ihrer Passion geworden.

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    Anteprima del libro

    All I am. La storia di Drew - Jodi Ellen Malpas

    1739

    Titolo originale: All I Am: Drew’s Story

    Copyright © 2017 by Jodi Ellen Malpas

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Giuseppe Veltri

    Prima edizione ebook: agosto 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1257-8

    Realizzazione a cura di The Bookmakers Studio editoriale, Roma

    www.newtoncompton.com

    Jodi Ellen Malpas

    All I Am

    La storia di Drew

    This Man Trilogy 3.5

    Newton Compton editori

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Epilogo

    Ringraziamenti

    Per Kate

    Capitolo 1

    Questo club ha qualcosa di squallido. Qualcosa che il Maniero, il mio club di prima, non aveva. Quel vecchio posto sulle colline del Surrey mi dava la sensazione di essere a casa. I pavimenti sontuosi, l’arredamento raffinato, l’ambiente sociale. Lo percepivo come un’estensione della mia vita, e lo era davvero. L’Hux invece è solo un posto dove vengo a scopare.

    È sempre immerso in una soffusa luce erotica e la nube di gemiti che ti segue a ogni passo mette radici nella tua testa, dove indugia a lungo anche dopo che te ne sei andato. Qui tutto accade al rallentatore. La gente che cammina e che conversa, le bocche che si muovono così lentamente che puoi praticamente leggere il labiale di ogni singola parola. Parlano di fantasie, di intenzioni e dei loro segreti più oscuri e profondi. Da queste parti non c’è nulla di sacro, niente misteri né intrighi. Quando oltrepassi quella soglia che si affaccia su una stradina secondaria di Londra sai perfettamente a cosa stai andando incontro. Al sesso, al sesso più perverso che ci sia. Questo ambiente così privo di emozioni è perfetto per me. Non ho tempo per le relazioni complicate.

    In piedi dietro la sua sagoma accucciata, le passo le catene intorno al collo e stringo, solo un po’, finché il suo respiro si fa ancora più affannoso di quanto non lo sia a causa dell’orgasmo. Mi chino e accosto il viso al suo. «Grazie per aver giocato», le sussurro all’orecchio, poi sposto la bocca più in basso e le mordo una guancia. Lei si volta e mi fissa, nei suoi occhi si annida ancora una fame insaziabile. Ha fame di me.

    La libero, la lascio lì in ginocchio e vado nel bagno accanto a farmi una doccia che lavi via il potente odore del sesso. Dopo essermi asciugato mi guardo allo specchio, i miei occhi azzurri sono stanchi, i capelli scuri mi ricadono flosci sulla fronte, coprendo le poche rughe che si sono formate negli ultimi anni. Però almeno ho evitato il temutissimo grigio. «Non male per un trentanovenne, Drew».

    Indosso di nuovo il mio completo e mi faccio largo nel club, scorrendo le notifiche sul cellulare per sapere dove sono i ragazzi. Ora che mi sono sfogato ci vuole una birra.

    «Ehi, Drew».

    Rallento e mi volto, e vedo il proprietario di questa decadente oasi di piacere, Cole Hux, che si tira su la lampo dei pantaloni. È a petto nudo e la curva dei suoi bicipiti coperti di sudore scintilla sotto le luci soffuse. «Che succede, Cole?»

    «Guarda». In un paio di passi porta la sua imponente figura alta due metri davanti a me. Ha in mano un pezzo di carta.

    «Cos’è?», chiedo mentre lo prendo, un po’ esitante.

    «Una nuova». Si volta e va verso il suo ufficio. «Ha detto che vuole qualcuno che sia freddo, depravato e privo di emozioni».

    «E tu hai pensato a me», dico a mezza bocca, mentre guardo il nome e il numero di telefono. «Raya», mormoro infilandomi in tasca il biglietto e avviandomi verso la macchina. Posso essere freddo, depravato e privo di emozioni, senza sforzarmi troppo. Anzi, senza sforzarmi affatto.

    Sciolgo la spalla mentre entro nel locale, la sento rigida e faccio una smorfia. È stata una settimana lunga e faticosa in ufficio, ma con otto vendite concluse, tra le quali un villone sopravvalutato a Chelsea che languiva sul mercato da un anno, si può dire che è stata anche una settimana grandiosa dal punto di vista economico.

    Al bancone c’è Sam, uno degli amici che conosco da più tempo, è da solo e accanto a lui c’è una birra pronta che mi aspetta. Mi unisco a lui. «Dov’è Jesse?», gli chiedo mentre mi siedo sullo sgabello. È da quando ci conosciamo che ci ritagliamo il nostro momento settimanale per soli uomini, e nel corso degli anni l’abbiamo saltato solo in rare occasioni. Perciò dov’è Jesse?

    Sam mi lancia un’occhiata divertita, che cerca di nascondere dietro un’espressione comprensiva.

    «Di chi è la colpa?». Prendo la birra e la faccio tintinnare contro quello di Sam.

    «Hai due possibilità». Si porta la bottiglia alla bocca, sorridendo con gli occhi.

    «Maddie». Non ho bisogno di tirare a indovinare. «Ma com’è possibile che un uomo si faccia sfinire in questo modo da una bambina di sette anni?».

    Sam ridacchia, godendosi divertito la disperazione del nostro amico. «Lei non è come la tua Georgia».

    Sorrido nel sentire pronunciare il nome della mia bambina. La mia dolce e tranquilla bambina. Mi assomiglia. Ha il mio stesso carattere calmo e riservato. Ne sono felice, visto e considerato che odio quella stronza di sua madre. Sono andato a riprenderla da Coral sabato, grazie a Dio. I tre giorni a settimana in cui non sta da me sono sempre lunghissimi e solitari. «Come sta Kate?»

    «Si sta facendo il culo, è cominciata la stagione dei matrimoni». Si porta una mano alla spalla e spazza via un residuo di farina. «È stata una buona settimana?»

    «Grandiosa».

    Sam mi squadra dalla testa ai piedi e ferma lo sguardo sul mio inguine. «Sei stato al club?».

    Abbasso gli occhi e mi accorgo di avere la lampo abbassata. Alzo gli occhi al cielo e tengo la bottiglia tra i denti mentre la tiro su. «Sei geloso?»

    «No. Sono decisamente felice con la mia ragazza, grazie». Mi liquida così, in due secondi.

    Dentro di me sorrido. «Se avete bisogno di me, ci sono». Con quell’uscita riguadagno all’istante la sua attenzione, e non in senso positivo. «Dicevo così». Alzo le mani in segno di resa.

    «Be’, lascia perdere». Il mio amico allegrone e dagli occhi sempre sorridenti sta per perdere le staffe. «Quella volta è stata una tantum, ed è successo otto anni fa».

    Mi volto verso il bancone e cerco di controllare la mia espressione divertita prima che lui mi prenda a pugni. Una volta, otto anni fa. L’attuale ragazza di Sam aveva deciso che voleva provare qualcosa di un po’ più eccentrico. E noi l’avevamo accontentata. Accidenti se l’avevamo accontentata. Io non avevo sviluppato alcun tipo di sentimento, non lo faccio mai. Sam invece sì.

    Mi tocca il ginocchio e io mi volto verso la porta, seguendo la direzione del suo sguardo. C’è Jesse che viene verso di noi con la faccia scura. Faccio subito cenno al barista di portare un’altra birra. «Amico mio!», esclama Sam battendo la mano sul bancone.

    «Fanculo», brontola Jesse, mentre io comincio a ridere sotto i baffi e mi preparo per un sparata su sua figlia. Maddie è una bambina vivace. Definizione di Jesse, non mia. Lui si lascia cadere sullo sgabello e praticamente strappa la birra di mano al barista. Beviamo con la faccia rivolta verso il bancone e con la coda dell’occhio vedo le labbra di Sam sogghignare intorno al collo della bottiglia. Aspetta solo la sua occasione.

    Mi schiarisco la gola e provo a spostare il discorso su cose da uomini per distrarre Jesse dalle sue difficoltà di padre e Sam dal suo desiderio di provocarlo. «Ho…».

    Ma vengo interrotto dal cellulare di Jesse che comincia a suonare. Cala il silenzio mentre tutti e tre fissiamo lo schermo su cui lampeggia, simile a un segnale di pericolo, il nome di Ava.

    «Oddio». Sospiro e Jesse prende il cellulare dal bancone. Tiro su le spalle, in un inutile tentativo di proteggere le mie orecchie, e un’acuta fitta di dolore mi strappa una smorfia. Cazzo. Sollevo il braccio e mi massaggio i muscoli. Devo andare a farmi vedere la spalla.

    «Non ho niente da dirti, Ava», risponde Jesse, andando dritto al punto. Sam serra le labbra per trattenere le risate, guadagnandosi un calcio da parte mia e un’occhiata assassina da Jesse. Per tutta risposta Sam si fa piccolo piccolo sul suo sgabello, ma la sua risata è ancora lì pronta: sappiamo benissimo che il caratterino di Ava fa impazzire Jesse, ma mostrarsi divertiti o provare a dare dei consigli sarebbe un errore fatale. Sono amico di Jesse da abbastanza tempo per sapere che quando si tratta di sua moglie e dei suoi figli la mia opinione non conta un cazzo. Neanche quando si sbaglia, cosa che accade la maggior parte delle volte. Chiudo gli occhi quando sento la voce di Ava. Forte e chiara.

    «Sono solo capelli, Jesse», gli sta dicendo lei. «Stai facendo una tragedia come al solito».

    Sia Sam che io facciamo una smorfia e aspettiamo l’esplosione.

    Jesse sbatte il pugno sul bancone e lo fa tremare. «Non parlarmi così, cazzo!».

    «Ricresceranno». Il tono di Ava si fa più calmo. Sta solo perdendo tempo.

    «Non hai nemmeno chiesto il mio parere, che cazzo», ringhia lui. «Tu e quella piccola sfacciatella vi siete messe d’accordo alle mie spalle e ora la mia bambina è praticamente calva!».

    Serro le labbra, ma Sam ormai è irrecuperabile, tutto il suo corpo è scosso dalle risate.

    «Le arrivano oltre le spalle, Jesse. Smettila di essere irragionevole». Tanto valeva sventolare un drappo rosso davanti a un cazzo di toro. «Ne parliamo quando torni a casa».

    «Quando torno a casa, Ava», ansima nervoso, con un tono così minaccioso che io ho quasi paura per Ava. «Farai meglio a nasconderti perché c’è in arrivo una scopata di punizione per te, signora». Poi Jesse chiude la telefonata e si scola metà della birra, sbuffando irritato come un grizzly.

    «Quindi Maddie si è tagliata i capelli?», chiede Sam. Deve avere qualche tendenza suicida.

    «Praticamente li ha massacrati». Jesse si volta verso di noi sul suo sgabello e punta la bottiglia di birra verso Sam. Solo che ci sono io di mezzo. Faccio un passo indietro e mi allontano dalla linea di fuoco. «E c’era pure la tua donna. Andavano a farsi una giornata alla spa, hanno detto. Si sono solo dimenticate di dirmi che la mia bambina sarebbe tornata con metà dei suoi capelli e lo smalto rosa sulle cazzo di unghie. Ha solo sette anni, cazzo!».

    «Ehi». Anche Sam si ritrae. «Kate è una donna indipendente. Io non c’entro niente».

    Jesse fa una risata ironica e io mi

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