Dal femminicidio alla transfobia: Saggi sulla violenza di genere in Italia
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Eppure il livello di attenzione verso la materia non riesce a superare una rappresentazione di carattere emergenziale e improntata al sensazionalismo che non aiuta a coglierne la “tragica condizione di normalità.”
Come si pone la legge italiana rispetto al femminicidio, quale narrativa offrono i media? Ne è passata di acqua sotto ai ponti dai tempi del delitto "passionale", eppure la strada da percorrere è ancora lunga.
Questo libro risponde alle domande di appassionati e studenti attraverso le voci del mondo accademico e del giornalismo investigativo.
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Anteprima del libro
Dal femminicidio alla transfobia - Arianna Fabbro
italiana 89
Capitolo 1
I dati sulla violenza di genere in Italia
Il femminicidio è decisamente tra i fenomeni sociali che più hanno segnato gli ultimi anni del dibattito pubblico e mediatico italiano; il livello di attenzione verso la materia, seppur in crescita, non riesce a superare una rappresentazione di carattere emergenziale e improntata al sensazionalismo che non aiuta a coglierne la sistematicità, o come suggerisce Patrizia Violi, la tragica condizione di normalità.
Il termine femminicidio è un neologismo che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa per motivi basati sul genere. Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso femminile come vittima. Il significato di tale neologismo è per estensione definito come: Qualsiasi forma di violenza esercitata in maniera sistematica sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione di genere e di annientare l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico della donna in quanto tale, fino alla schiavitù o alla morte
in accordo quindi con la definizione di violenza di genere.
Non parliamo quindi in generale di omicidi di donne, ma di femminicidi
nel suo reale significato, quello fissato nel 1992 da Diana Russell nel libro Femicide: The Politics of woman killing, e assunto dalla riflessione femminista successiva:
una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna proprio perché donna. Quando parliamo di femminicidio quindi non stiamo semplicemente indicando che è morta una donna, ma che quella donna è morta per mano di un uomo in un contesto sociale che permette e avalla la violenza degli uomini contro le donne.
Un decreto legge dell’agosto 2013, convertito in legge con modifiche nel successivo mese di ottobre, ha introdotto nel nostro ordinamento italiano una serie di misure, preventive e repressive, per combattere la violenza contro le donne in tutte le sue forme (c.d. violenza di genere), espressamente riconosciuta dalla Dichiarazione di Vienna del 1993 come una violazione dei diritti fondamentali della donna e annoverata tra le violazioni dei diritti umani.
Perché il ricorso alla decretazione d’urgenza? L’iniziativa governativa, oggetto di una par- ticolare attenzione mediatica, è stata motivata dall’esigenza di rispondere all’allarme presente nell’opinione pubblica per una recrudescenza della violenza maschile sulle donne con alcune disposizioni, per quanto riguarda le modifiche di diritto penale sostanziale, che aggravano o estendono la risposta sanzionatoria in relazione a tre categorie di reati (violenza sessuale, maltrattamenti e stalking) che, sicuramente più di ogni altro, costituiscono la cornice dell’allarmante fenomeno.
Secondo i dati diffusi il 20 novembre 2019 dal rapporto Femminicidio e violenza di genere in Italia
della La Banca Dati EURES, la violenza di genere non cala. Nel 2018 sono stati 142 i femminicidi (+ 0,7% sull’anno precedente), di cui 78 per mano di partner o ex partner. L’85% dei femminicidi infatti avviene in famiglia, anche se nella metà dei casi a uccidere sono altri familiari. Nel 28% dei casi noti
, le donne uccise avevano subito precedenti maltrattamenti spesso note a terze persone.
Nel complesso i femminicidi seguono un trend diverso da quello dell’insieme degli omicidi commessi in Italia, che sono in forte calo anno dopo anno. Sono 352 gli omicidi volontari nel 2018, contro i 1219 del 1983 e i 502 del 2013. Le armi da fuoco sono il mezzo più utilizzato (32,4% dei casi), il 23% delle donne è stata uccisa con arma da taglio e un altro 23% a mani nude.
Secondo recenti dati Istat nel 2017 una donna su mille si è rivolta a un centro antiviolenza (43.467 donne cioè 15,5 ogni 10 mila) e due su tre di loro – 29 mila – sono state prese in carico, cioè hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Per essere precisi, però, non si possono mescolare le statistiche sui femminicidi con quelle sulla violenza di genere: in quest’ultimo caso (stalking, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia) si fa riferimento alle denunce, non alle condanne, mentre per il dato sugli omicidi è definitivo.
Significa che possiamo inferire che tutti gli uomini sono violenti o stalker? No. Che non ci sono casi in cui sono le donne a maltrattare gli uomini? No. Che non possono esserci casi di errore o malafede? Di nuovo no: possono esserci; ma statisticamente oggi abbiamo il dovere di ammettere che esiste una violenza di genere legata al voler limitare la libertà di movimento e pensiero della propria compagna/moglie/ex compagna/ex moglie, che ha dimensioni molto maggiori e origini complesse rispetto a quanto accade agli uomini che denunciano maltrattamenti e violenze da parte delle donne. La cultura repressiva nei confronti delle donne in quanto donne
è ancora estremamente presente. Secondo i dati Eures, nel 2018 il 92% delle violenze sessuali, il 76% delle denunce per stalking e l’81% di quelle per maltrattamenti in famiglia sono state fatte da donne. Il rapporto della Polizia di Stato rileva che per esempio nel mese di marzo 2019, in media, ogni 15 minuti è stata registrata una vittima di violenza di genere di sesso femminile.
Delle 123 donne uccise nel 2017 (dato Istat), 44, cioè un terzo, sono state assassinate dal partner e altre 10 dall’ex partner, per un totale di 54. Gli uomini assassinati dalla propria partner o ex partner sono stati 8. In sintesi l’80,5% delle donne uccise è vittima di una persona che conosce: nel 43,9% dei casi è un partner, nel 28,5% un parente (inclusi figli e genitori) e nell’8,1% un’altra persona conosciuta. La situazione è molto diversa per gli uomini: nel 32,1% dei casi sono stati uccisi da una persona che non conoscevano: la quota di uomini uccisi da conoscenti è pari a solo il 24,8%, un terzo del corrispettivo valore delle donne.
Ad agosto 2019 è entrata in vigore la legge n. 69, cd Codice rosso
, che ha innovato e modificato la disciplina penale, sia sostanziale che processuale, della violenza domestica e di genere, corredandola di inasprimenti di sanzione. "Tra le novità – si legge – è previsto uno sprint per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati: tra gli altri maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, con l’effetto che saranno adottati più celermente eventuali provvedimenti di protezione delle vittime. Al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, il giudice può aggiungere l’utilizzo di mezzi elettronici come l’ormai più che collaudato braccialetto elettronico. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.
Dalle indagini svolte, sul piano statistico appare evidente come sia il contesto familiare quello a più alta pericolosità per le donne, che registrano un tasso di rischio decisamente più elevato rispetto agli uomini: il 77% delle donne vittime di omicidio nel 2014 risulta infatti uccisa per mano del partner, di un ex partner o di un familiare, contro il 21,9% degli uomini. La maggior parte dei femminicidi, inoltre, vengono compiuti all’interno di relazioni caratterizzate da violenze ripetute commesse dal partner contro la vittima. È bene, comunque, ricordare che nonostante il numero di uccisioni in Italia sia più basso rispetto ad altri paesi europei, le poche indagini disponibili ci dicono anche che la violenza da parte del partner sia tutt’altro che rara in Italia. Tale considerazione è fondamentale se si considera che il femminicidio come concetto teorico ingloba qualsiasi forma di violenza