L'uomo invisibile
Di H. G. Wells
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Info su questo ebook
Traduzione di Stefano Sudrié
Edizione integrale
Scienza e fantasia, rigorose basi teoriche e affascinanti invenzioni: i capolavori di H.G. Wells contengono in nuce gli elementi che costituiscono la fantascienza moderna. L’uomo invisibile racconta la storia di un promettente fisico del XIX secolo che sviluppa un procedimento per rendere invisibile qualsiasi oggetto, e decide di sperimentarlo su se stesso, dando inizio a una serie di imprevedibili conseguenze. Il romanzo, portato sul grande schermo per la prima volta nel 1933, crea un paradigma per i secoli a venire: la storia di Griffin è, alla fine, la tragica presa di coscienza di una solitudine e di un distacco inconciliabili con il mondo. Il futuro, sembra dirci Wells, non è affatto rassicurante.
H.G. Wells
Herbert George Wells nacque a Bromley, nel Kent, nel 1866. Frequentò la Normal School of Science di Londra, e dalle conoscenze scientifiche seppe trarre linfa vitale per i suoi romanzi. È considerato il padre della fantascienza moderna, insieme con Jules Verne. Morì a Londra nel 1946. La Newton Compton ha pubblicato La guerra dei mondi, L’uomo invisibile e La macchina del tempo – L’isola del Dottor Moreau.
H. G. Wells
H.G. Wells (1866–1946) was an English novelist who helped to define modern science fiction. Wells came from humble beginnings with a working-class family. As a teen, he was a draper’s assistant before earning a scholarship to the Normal School of Science. It was there that he expanded his horizons learning different subjects like physics and biology. Wells spent his free time writing stories, which eventually led to his groundbreaking debut, The Time Machine. It was quickly followed by other successful works like The Island of Doctor Moreau and The War of the Worlds.
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Anteprima del libro
L'uomo invisibile - H. G. Wells
1. L’arrivo dello strano individuo
Lo straniero arrivò ai primi di febbraio, in una giornata gelida, sferzata da un vento tagliente e battuta da una fitta nevicata, l’ultima della stagione. Veniva a piedi dalla stazione di Brumblehurst, e teneva in mano, una mano pesantemente guantata, una valigetta nera. Era imbacuccato dalla testa ai piedi, e la tesa del suo morbido cappello di feltro gli scendeva sul viso, nascondendolo quasi interamente alla vista. L’unica cosa visibile era la punta lucida del suo naso. La neve gli si era ammucchiata contro il petto e sulle spalle e aveva ricamato una cresta bianca sul bagaglio. Più morto che vivo, entrò nell’albergo Carrozza e Cavalli, e lasciò cadere in terra la valigia.
«Un po’ di fuoco», gridò, «in nome di Dio! Una stanza e un po’ di fuoco!».
Nel bar si scrollò la neve di dosso battendo i piedi, poi seguì la signora Hall nel salotto degli ospiti per definire l’affitto di una stanza. Dopo questi preliminari, non disgiunti da un paio di sterline d’oro deposte sul tavolo, prese alloggio nella locanda.
La signora Hall accese il fuoco, quindi lasciò solo il nuovo cliente per recarsi a preparargli un pasto con le sue stesse mani. Un ospite che si fermava a Iping in inverno era una fortuna inaudita (soprattutto un ospite del tipo non-faccio-storie-sul-prezzo) ed era decisa a mostrarsi degna di cotanta fortuna.
Non appena la pancetta ebbe preso a rosolare ben bene e Millie, la sua anemica domestica, fu strappata al suo letargo da poche ma ben appropriate espressioni di rimprovero, prese la tovaglia, i piatti e i bicchieri, e li portò in salotto. Cominciò ad apparecchiare stando bene attenta a fare il maggior rumore possibile. Fu sorpresa nel vedere che, sebbene il fuoco scoppiettasse allegramente, l’ospite indossava ancora cappotto e cappello. Se ne stava davanti alla finestra, volgendole le spalle, intento all’osservazione della neve che cadeva nel cortile.
Teneva le mani incrociate dietro la schiena, e sembrava assorto in qualche pensiero. La signora Hall notò che la neve che ancora gli imbiancava le spalle aveva cominciato a sciogliersi, gocciolando sul tappeto.
«Posso prendere il suo cappotto e il suo cappello, signore», disse la donna, «e dar loro una bella asciugata in cucina?»
«No», rispose l’uomo, senza voltarsi.
Non era ben certa d’averlo udito, e si apprestava perciò a ripetere la domanda.
L’uomo girò la testa e le lanciò un’occhiata da sopra la spalla.
«Preferisco tenerli», asserì con una certa enfasi.
La donna notò che portava dei grandi occhiali blu. Aveva anche delle folte basette che, sbucando da sopra il bavero, contribuivano a nascondergli completamente il viso.
«Benissimo, signore», commentò. «Come preferisce. Tra un po’ la stanza sarà più calda».
Lo straniero non rispose e girò nuovamente la testa verso la finestra. La signora Hall, notando che i suoi tentativi di intavolare una conversazione si rivelavano inopportuni, terminò di apparecchiare la tavola con gesti piuttosto nervosi; dopodiché schizzò fuori dalla stanza.
Quando tornò, lo sconosciuto era nell’identica posizione in cui lo aveva lasciato. Sembrava una statua, con la schiena curva, il bavero tirato su e il cappello gocciolante calcato in modo da occultarne il viso e le orecchie in maniera quasi ostentata. Più che parlare, la donna gridò al suo indirizzo: «La colazione è servita, signore».
«Grazie», rispose l’uomo all’unisono, ma non si voltò finché la padrona non ebbe chiuso la porta alle sue spalle. Quindi si decise a girarsi e si avvicinò al tavolo con una certa impazienza.
Nel passare dietro il bar, diretta in cucina, la signora Hall fu colpita da un rumore che si ripeteva ad intervalli regolari. Cick, cick, cick. Era il tintinnio di un cucchiaio sbattuto energicamente in una ciotola.
«Quella ragazza!», si disse. «Me ne ero completamente dimenticata! Tutta colpa della sua lungaggine!».
E, mentre si apprestava a finire lei stessa di battere la senape, non mancò di lanciare a Millie alcune frecciate di rimprovero per la sua esasperante lentezza. Lei, la padrona, aveva dovuto preparare le uova al prosciutto, apparecchiare la tavola e fare tutto quello che c’era da fare, mentre Millie (un bell’aiuto davvero!) era riuscita soltanto a stemperare la senape. E tutto questo con un nuovo ospite, che aveva tutta l’aria di voler restare. Riempì il barattoletto della senape e, dopo averlo deposto con un gesto pomposo su un vassoio nero e oro, lo portò in salotto.
Bussò ed entrò senza attendere. Appena fu dentro, lo sconosciuto ebbe uno scatto repentino, così che la donna ebbe solo l’impressione di un oggetto bianco che spariva dietro il tavolo. Era come se si fosse chinato a raccogliere qualcosa dal pavimento. La signora Hall sbatté il vasetto della senape sul tavolo e solo allora si accorse che l’uomo si era tolto il cappello e il cappotto e li aveva poggiati su una sedia davanti al fuoco. Un paio di stivali bagnati minacciavano di far arrugginire la grata metallica del caminetto.
Si avvicinò agli indumenti con piglio risoluto.
«Suppongo di poterli mettere ad asciugare adesso, non è vero?», disse in tono che non ammetteva repliche.
«Lasci stare il cappello», puntualizzò lo sconosciuto con voce soffocata. La signora Hall si voltò e si accorse che l’uomo aveva alzato la testa e la stava guardando.
Restò un attimo a fissarlo, immobile, troppo sorpresa per riuscire ad aprir bocca.
L’uomo teneva un panno bianco – si trattava di un tovagliolo che doveva essersi portato appresso – davanti alla parte inferiore del viso, in modo da nascondere completamente la bocca e il mento. Ecco spiegato il perché di quella voce ovattata. Ma non era stato questo a spaventare la signora Hall. C’era dell’altro. La fronte dello straniero, al di sopra degli immensi occhiali blu, era interamente avviluppata in un bendaggio candido. Un’altra benda gli avvolgeva le orecchie, col risultato di non lasciargli scoperto nemmeno un pezzetto di viso. L’unica cosa visibile era la punta rosata del suo naso. Era di un rosa intenso e luccicava come la prima volta che l’aveva visto. L’uomo indossava una giacca di velluto marrone scuro, con un alto colletto nero foderato di stoffa tirato su a coprirgli il collo. I folti capelli neri, sfuggendo alla rinfusa da sotto l’intrico delle bende, si proiettavano in strani ciuffi a forma di code e di corna, conferendogli l’aspetto più strano che si potesse immaginare. Quella testa bendata era così diversa da quello che si sarebbe aspettato, che per un po’ la donna rimase come paralizzata.
L’uomo non dette a vedere di voler togliere il tovagliolo. Continuava a tenerlo, come ora fu in grado di notare, con la mano guantata di marrone, osservandola da dietro i suoi imperscrutabili occhiali scuri.
«Lasci stare il cappello», ripeté, parlando in maniera appena comprensibile a causa del tovagliolo.
La signora Hall, che si stava riprendendo dallo shock, rimise il cappello sulla sedia davanti al fuoco.
«Non avrei mai immaginato, signore», attaccò, «che…».
Non riuscì ad aggiungere altro, imbarazzata.
«Grazie», troncò netto lo straniero, guardando prima lei, poi la porta, poi di nuovo la donna.
«Li farò asciugare per benino, signore. In un battibaleno», concluse la signora Hall, e si apprestò a portare i vestiti in cucina. Uscendo dalla stanza, dette un’ultima sbirciatina alla testa fasciata di bianco e agli occhialoni; ma il tovagliolo continuava a nascondere il volto dello sconosciuto. Rabbrividì leggermente, chiudendosi la porta alle spalle. La sua espressione tradiva eloquentemente la sua sorpresa e la sua perplessità.
«Non avrei mai…» mormorò. «Roba da…».
Entrò silenziosamente in cucina, troppo preoccupata per chiedere a Millie con cosa stesse perdendo tempo al momento.
L’ospite sedette e tese l’orecchio ai passi della donna che si allontanavano. Lanciò un’occhiata indagatrice alla finestra, prima di scostare il tovagliolo dal viso, e cominciò a mangiare. Inghiottì un boccone, guardò sospettoso la finestra, inghiottì un altro boccone, infine si alzò e, sempre tenendo il tovagliolo in mano, attraversò la stanza e abbassò la serranda fino al punto in cui i vetri inferiori erano protetti da una tendina bianca. La stanza fu avvolta dalla penombra. Tornò al tavolo con un’aria sollevata e riprese il pasto.
«Quel poveraccio deve aver avuto un incidente, o un’operazione, o qualcosa del genere», si disse la signora Hall. «Certo che quelle bende mi hanno fatto prendere un bello spavento!».
Aggiunse del carbone al focolare, spiegò lo stenditoio e vi sistemò sopra il cappotto dello straniero.
«E quegli occhiali! Sembrava più un casco da palombaro che un uomo!».
Appese la sciarpa ad un angolo dello stenditoio.
«Tenere per tutto il tempo quel fazzoletto davanti alla bocca e parlare da là dietro! Chissà, forse ha anche la bocca ferita… Può essere».
Si voltò di scatto, come chi si ricordi improvvisamente di qualcosa.
«Il signore ti benedica, Millie», disse, cambiando bruscamente argomento, «non hai ancora finito con quelle patate?».
Quando tornò in salotto, per sparecchiare la tavola, l’idea che la bocca dell’uomo dovesse essere uscita ferita o sfigurata dall’incidente di cui lo riteneva vittima, si rafforzò; lo sconosciuto stava infatti fumando la pipa e, per tutto il tempo della sua presenza nella stanza, non scostò mai la sciarpa di seta che si era avvolto attorno alla parte inferiore del viso, nemmeno per portare la pipa alla bocca. Eppure non era distratto, perché la donna notò che teneva d’occhio il tabacco che si stava consumando nel fornelletto. Era seduto in un angolo, con le spalle alla serranda, e ora, dopo essersi rifocillato e riscaldato, parlava in tono meno bruscamente conciso di prima. Grazie al riflesso della fiamma sulle lenti, gli occhiali parvero per la prima volta animati da un barlume di vita.
«Ho lasciato i bagagli alla stazione di Brumblehurst», disse lo sconosciuto, e chiese come avrebbe potuto farseli mandare. Chinò la testa fasciata, mostrando di seguire con molta cortesia le spiegazioni della padrona.
«Domani?», esclamò. «Non è proprio possibile prima?».
Sembrò contrariato, quando la donna rispose di no.
«Ne è sicura? Non ci sarebbe nemmeno qualcuno disposto ad andarli a prendere con un carretto?».
La signora Hall acconsentì molto volentieri a rispondere, intravedendo la possibilità di intavolare una conversazione.
«È una strada molto ripida», esordì, rispondendo alla domanda. Poi, per non lasciarsi sfuggire l’occasione propizia, proseguì: «Un anno fa, o forse più, si è rovesciato un carro e un signore è rimasto ucciso, senza contare il cocchiere. Le disgrazie ti piombano addosso in un attimo, non è