Progemalos
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Anteprima del libro
Progemalos - Massimo Atzeni
madre
LE ORIGINI DI PROGEMALOS
Nel lontano 2001 sviluppai un soggetto complesso (pur trattandosi di poche pagine), con alcuni personaggi-chiave: Lord Xwac, Lixt, Volodia e Resvok per i cattivi, e Kaaret, Gocha, Jannot e Glonea per i cosiddetti buoni. Al centro della storia un mondo di sfollati: i profughi. A suo tempo avevo preso parte ai progetti di un’associazione culturale di giovani ragazzi intraprendenti, il cui scopo era scrivere e produrre fumetti. Il sogno della mia vita. Dopo breve tempo l’associazione si sciolse e non se ne fece più niente. Per tre o quattro anni continuai a fantasticare scarabocchiando anche dei disegni molto semplici, incoraggiato da mia moglie Elisabetta. Con il tempo la mia immaginazione si arrestò e il soggetto, con i relativi disegni, finì in un cassetto. Riuscii a trasmettere la mia passione di fumettaro a Elisabetta, visitando – lavoro permettendo – la Fiera di Lucca in diverse occasioni. Nel mentre mia moglie mi pungolava di continuo, nella speranza che riprendessi in mano il progetto. Beh, c’è riuscita. Nel bene e nel male è nato un romanzo fantasy. Un intreccio di molteplici racconti, ognuno con un equilibrio interno. Ecco questa è la storia che il lettore si appresta a leggere. Ovviamente tutto questo, grazie a mia moglie Betty.
L’Autore
PROLOGO
In una stella lontana chiamata Alleteh. Zona dello spazio iperprofondo, quadrante Nord-Est della galassia conosciuta e popolata dalla Federazione Galattica dei Mondi Uniti. Non molto distante da un wormhole, una porta spazio temporale, si trova il Mare della Vita: un’enorme struttura ellissoidale contenente una specie autoctona generata da una Entità dinamica in continua evoluzione. L’Entità è Primo, un simbionte avente le sembianze di un nascituro. E questa è la storia di Progemalos.
FOCOLAIO DI GUERRA
Gli uncini in lega pryriuk della navetta d’assalto imperiale agganciarono la superficie ricurva del Mare della Vita. Stabilirono un abbordaggio sicuro per il corpo speciale dei soldati imperiali scelti. Il comandante in capo Ganmus avanzò imponente, forte della sua elevata statura. La sua armatura era in lega di tanryum, il meglio che al momento l’industria bellica dell’Impero potesse offrire ai propri combattenti. Al pari dei suoi uomini aveva la testa calva. In essa era impiantato un trasmettitore sub-luce.
Ganmus fece un cenno d’assenso alla sua sottoposta, la giovane ufficiale Kimeis. Nella sua lingua nativa significava ‘Cuore di combattente’. Lei, dopo aver annuito senza tradire alcuna emozione, si rivolse al drappello di soldati. In tutto erano una quindicina, tutti molto giovani eppure già avvezzi all’arte della guerra.
Avanziamo con cautela, state pronti ad affrontare il nemico
, disse lei.
La giovane era di altezza media e si presentava con lunghe ciocche di capelli rosso fuoco. Le cadevano di lato sul viso dai lineamenti delicati. Nonostante la sua età e il bell’aspetto, era una guerriera dell’Impero. Si era guadagnata i galloni sul campo di battaglia contro i pirati spaziali. Nella battaglia di Aywah, lungo la linea di confine dello spazio iperprofondo, si era particolarmente distinta. Aveva salvato i suoi commilitoni da morte certa. La furia dei pirati spaziali era risultata tale che nel salvataggio aveva compromesso il braccio sinistro. L’arto poi le era stato amputato e sostituito da uno sintetico che, con il tempo, si era integrato perfettamente nell’organismo ospite. Aveva ricevuto persino la Medaglia d’Onore dell’Impero, alla quale aveva fatto seguito la promozione ricevuta dal comandante Ganmus in persona. Lui era un soldato all’antica. Alle spalle aveva una famiglia che, da generazioni, serviva devotamente l’Impero. Di poche parole, il giorno della cerimonia aveva elogiato più volte la giovane cadetta. Ben presto Kimeis divenne la figlia che non aveva mai potuto avere. E lei, che era dotata di un eccellente autocontrollo, lo ricambiò osservando la disciplina in modo esemplare.
Mare della Vita. L’intera sala Genesi era intrisa di un liquido organico vivente. Al centro una moltitudine di sfere aggregate in un unico globo con moto rotatorio uniforme. All’improvviso, con l’aumentare dell’impulso, dalla sfera madre si staccò un gruppo di venti unità. In ognuna di esse, il liquido amniotico presente si dissolse lasciando trasparire il corpo rannicchiato di un essere dalle fattezze femminili. Gocha era una di esse. Si ritrovò distesa di lato sulla sabbia dorata di una delle spiagge di Terra Libera. Sentì il calore anomalo di un vento caldo sferzare i suoi capelli biondi e la pelle candida. Si alzò, il corpo delicatamente inarcato all’indietro. La testa girata alla sua sinistra verso l’etere. Vide l’orrore che la sovrastava dal cielo. Non era più terso, bensì pieno di sinistre nubi che riempivano l’orizzonte. Un Godraneh, un drago alato, si librava immobile in mezzo al cielo, le ali spiegate, la testa minacciosamente piegata in avanti con le fauci spalancate. Gli occhi lucenti di un bianco che illuminava le zone circostanti. Alle sue spalle le nuvole, sempre più dense e scure, sembravano disegnare in modo sfumato altri draghi alati. Da una gigantesca nube nera e corposa apparve la testa di un drago con gli occhi abbacinanti che fendevano l’oscurità. Avanzava velocemente e diventava un unico corpo, a sinistra con la montagna in fondo alla spiaggia e a destra con il mare.
Gocha corse via terrorizzata dall’oscuro nemico che avanzava inesorabile. Una lingua di fuoco la colpì alle spalle. Il dolore lancinante le impediva di urlare per la rabbia. L’algia aveva invaso il suo corpo, indebolendolo notevolmente. Barcollante e leggermente curvo in avanti, il simbionte vide il proprio sangue scorrere copioso dalle ferite profonde. Le lacerazioni sanguinavano dai seni e dal suo ventre, sino ad arrivare alla coscia sinistra.
Tremolante, galleggiò nell’aria con il corpo dondolante verso l’alto. La gamba destra piegata, la mano sollevata in alto con il palmo aperto e le dita ripiegate. Il braccio sinistro penzoloni, la gamba sinistra anch’essa leggermente piegata verso il vuoto. Alle sue spalle, intanto, il drago si era trasformato in un enorme serpente che aveva la bocca aperta e i denti aguzzi pronti a colpirla. Inerme, alla mercé del suo terribile nemico, Gocha era pronta a ricevere la morte. Un ruggito e gli artigli aguzzi fendettero l’aria. Prima che diventasse tutto buio, pensò che non avrebbe mai creduto di morire in quel modo.
All’improvviso il pensiero telepatico di Primo echeggiò nella mente di Gocha.
Gocha! Gocha! Svegliati! Devi svegliarti!
.
Lei era immersa in ciò che rimaneva del liquido amniotico. Prima si mossero in maniera impercettibile le sopracciglia, poi gli occhi dal taglio leggermente a mandorla diedero segni di vita. Infine spalancò le sue labbra a forma di cuore senza emettere il minimo fiato, gli occhi sbarrati. Aveva un’espressione allo stesso tempo di dolore e di sorpresa. Alle sue spalle, sulla sinistra, la sfera contenente la sorella gemella Agha. Di dorso era ripiegata su stessa, il viso sopra la spalla destra come a cercarne lo sguardo. A poca distanza era posizionata l’altra sfera: la terza sorella gemella. Tegha fluttuava nel liquido, anche lei sul dorso.
Gocha spalancò le braccia, allontanando il liquido amniotico che la circondava. Le mani aperte verso l’esterno, le labbra serrate, gli occhi fissi davanti a sé nel vuoto. Del resto, Primo rappresentava tutto e niente. Era parte integrante del Mare della Vita. Infine parlò: Era un sogno... un sogno premonitore!
.
VRRRRRR
Il rumore delle sfere dischiuse sovrastava quello del liquido amniotico che da esse fuoriusciva. Ora fluttuavano libere nell’ambiente circostante, insieme allo stesso liquido. Tegha si girò verso la sorella e allungò nella sua direzione il braccio destro. Poi disse: Il processo di risveglio è stato anticipato. Le altre sorelle perdute...
.
Gocha, con un movimento aggraziato e armonioso, si portò verso l’alto oltre le gemelle. Uno schermo enorme apparve nell’ambiente circostante. Si vide Primo, il Nascituro. Colui che doveva ancora nascere. Il suo corpo, a prima vista indifeso, era rannicchiato su sé stesso e si mostrava dal lato sinistro. Una mano era piegata sulla bocca, quasi a volerla proteggere. In armonia con la sua testa, dalla parte celata partivano milioni di diramazioni dalle sue sinapsi che invadevano l’ambiente circostante.
Primo comunicò telepaticamente con le tre sorelle. Nello schermo in prospettiva si videro tre nascituri di dimensioni crescenti.
Le sentinelle sonda stanno impegnando i nostri avversari. Non dureranno a lungo. Ho intercettato le loro comunicazioni, vi vogliono vive. Dovete andare via. Adesso!
, disse lui.
Contemporaneamente, la military escalation dell’Impero stava generando effetti devastanti. Rimase coinvolto anche il Sistema S’Sdin. Era composto da quattro pianeti, siti nel quadrante Nord-Ovest rispetto alla centrale Trekoe’h. Era la sede della Federazione Galattica dei Mondi Uniti. Nel Sistema S’Sdin, il pianeta Xkor era in una posizione centrale privilegiata rispetto agli altri tre corpi celesti. Il pianeta Athiva, esterno di Xkor, era di classe B. L’acqua copriva il sessantuno per cento della sua superficie. In prevalenza allo stato solido. La foresta rappresentava il venti per cento della superficie ed era presente in innumerevoli isole, la più importante delle quali era Azhu. Era sorta una leggenda antecedente l’arrivo di coloni e profughi sull’isola. Narrava che i fiori di Natropa, di colore rubino, viaggiavano sul fondo del mare salato di Shaltoa, sotto forma di draghi marini. La loro peculiarità era la sensibilità agli influssi benigni o maligni. I coloni e i profughi vennero accolti benevolmente. I fiori-draghi si svilupparono lungo la costa. Kantos, un piccolo profugo orfano, era scampato all’olocausto del pianeta Bootsh. In una giornata autunnale e fredda, si era recato presso la foresta non molto distante dalla scogliera di Rakhos, a caccia di selvaggina. Si era fermato per studiare con attenzione le tracce della preda che inseguiva ormai da tempo. La boscaglia vibrava di vita propria, il cielo era coperto di lembi scuri. Cedeva inesorabilmente il passo alla notte. Kantos aveva sedici primavere, prossimo all’età adulta. La vita lo aveva forgiato alla lotta giornaliera per la sopravvivenza, perciò era solito spostarsi solitario dal campo dei profughi, sito a nord della selva in cui si trovava.
Il bosco era diventato improvvisamente silenzioso. I suoi occhi abituati al buio avevano indagato alla ricerca di segnali di pericolo. Era rimasto in attesa, dietro un albero. I minuti trascorsi sembravano ore infinite. Incominciava ad accusare il gelido tocco della notte che avanzava rapidamente. Infine era arrivato il segnale che aveva tanto temuto. Proveniente dalla sua sinistra, aveva udito un ramo spezzato dal calpestio di estranei. Nell’oscurità vide tre soldati dell’Impero: erano avanzati lentamente lungo il sentiero e avevano osservato le tracce che Kantos aveva lasciato dietro di sé. Era indietreggiato silenziosamente ma ormai era troppo tardi. ‘Eccolo!’, disse una voce alle sue spalle. Il soldato si era lanciato sul giovane e altrettanto avevano fatto gli altri tre alla sua sinistra. Emesso un gemito rauco, lesto e rapido si era lanciato in avanti, in una fuga disperata. La foresta sembrava gemere mentre Kantos calpestava maldestramente tutto ciò che gli si parava davanti. In quella corsa infinita, sembrava che la macchia non avesse mai fine. Con il fiato sul collo dei suoi inseguitori, era giunto esausto al limite della formazione arborea e arbustiva. Impaurito, si era guardato attorno nella radura. ‘E ora cosa faccio?’, pensò in preda alla disperazione.
‘C-O-N-T-I-N-U-A A C-O-R-R-E-R-E, N-O-N T-I F-E-R-M-A-R-E!’. Un pensiero estraneo si era insinuato nella sua mente. Sorpreso, aveva continuato a muoversi spostandosi costantemente ora a destra, ora a sinistra. Si era voltato verso i suoi inseguitori e aveva visto che stavano recuperando terreno, avvicinandosi pericolosamente. Poi, quando tutto sembrava perduto e le mani avide dei combattenti erano ormai su di lui, avvertì un frullo d’ali alle sue spalle anticipato da un ruggito acuto. Un drago giovane adulto si era avventato sugli avversari e, con un violento colpo d’ala, li aveva spinti a terra. La mente di Kantos parve espandersi, mentre il drago gli comunicava telepaticamente di aggrapparsi a lui e tenersi stretto. Erano volati via. Dopo aver sfiorato ripetutamente le acque cristalline dell’oceano, il drago virò con decisione a nord verso il villaggio dei profughi. Si era fermato prima per permettere al ragazzo di fare ritorno dai suoi, in tutta sicurezza. Kieran, questo era il nome del drago, lo guardava con un’aria nobile. Kantos ancora sconvolto lo ringraziò, mentre l’essere sceso dal cielo gli sfiorò delicatamente la mente, mostrandogli di gradire la sua presenza. Da quel giorno non si lasciarono mai più. Kieran si era affezionato al ragazzo, che lo ricambiava felicemente. Ebbero modo di esplorare la regione in lungo e in largo. Inoltre, svilupparono una relazione telepatica intensa.
KANTOS
Rakhos, un tratto di scogliera particolarmente alta e a picco sul Mare Salato. La costa, in prospettiva, si sviluppava in tante mini scogliere rocciose sul mare. Tre falesie di rara bellezza si stagliavano nell’oceano. Le famiglie di profughi con i bambini trascorrevano una giornata piacevole lungo i faraglioni. Erano sfuggiti alla caccia spietata del tiranno Lord Xwac.
La brezza marina si diffondeva ovunque. Il clima di gioia sparì all’improvviso quando i fiori di Natropa si trasformarono in draghi. Si percepì un effetto sgradevole di voci e suoni vari che si sovrapponevano. La scogliera era stata invasa. Un plotone di soldati dell’esercito di Lord Xwac incominciò a devastarla, inarrestabile e spietato verso tutto ciò che incontrava lungo il suo cammino. I profughi fuggivano inutilmente dinanzi alla furia distruttiva degli assalitori. Ben presto la verde scogliera si sarebbe tinta del sangue blu degli oppressi.
I soldati erano affiancati dall’esercito degli Immortali della regina Volodia, loro alleata. Gli Immortali, dotati di una forza eccezionale, erano esseri mostruosi e notevolmente più alti rispetto alla media delle truppe d’assalto, che