Dalle Tenebre
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Info su questo ebook
Cos'è la paura? Quanta fantasia c'è nelle storie di spiriti, di demoni o nelle inquietanti e misteriose novelle che ci raccontavano da bambini?
E dove si nascondono i veri orrori di questo mondo?
Dalle Tenebre è un meraviglioso concentrato di storie horror dalle tinte gotiche che vi trascinerà oltre il velo dell’occulto, in molteplici realtà permeate dal male e da creature a volte grottesche e altre semplicemente crudeli.
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Anteprima del libro
Dalle Tenebre - Miriam Palombi
978-88-85465-06-0
PREFAZIONE
L’oscurità è il luogo dove gli incubi si rifugiano
al nostro risveglio
M.P.
Creature mostruose ed esseri soprannaturali. Streghe, demoni e spiriti inquieti animano l’immaginario delle più antiche tradizioni popolari. Già nella cultura greca e romana erano narrate storie che avevano come protagoniste creature simili a vampiri.
Un immaginario collettivo che attinge dalle zone d’ombra dell’animo umano, dove dimora l’inquietudine dinanzi a ciò che non si riesce a comprendere: la morte, il dolore, l’ignoto, l’irrazionale.
L’orrore è l’unico modo che abbiamo per esorcizzare i nostri incubi, eppure l’essere umano ne prova una macabra attrazione.
Il genere letterario horror, propriamente definito, nasce nel ‘700 con il romanzo gotico. Dominante è l’ambientazione, castelli medievali, antiche magioni, monasteri.
Intorno all’800 il filone si arricchisce di elementi legati al mondo delle scienze, nascono romanzi come Frankenstein
di Mary Shelley o Dott. Jekyll e Mr. Hyde
di Stevenson, che ripropongono l’eterno conflitto tra bene e male, insito nell’uomo.
Esempio della morbosa seduzione del male è l’opera di Bram Stoker, Dracula,
dove il tema del vampirismo si amplia. Il personaggio è visto come un moderno predatore
che soggioga le sue vittime.
Con i racconti di Edgar Allan Poe si piomba negli abissi dell’io, nelle angosce e nelle paure individuali dell’uomo moderno; la personificazione della morte, come nel racconto La Maschera della Morte Rossa
o il terrore di sepolture premature e reincarnazioni come in Berenice e Morella
.
Nei primi del ‘900, con Lovecraft si approda all’Horror mitologico, dove la paura viene non dal profondo del proprio io ma dal mondo esterno sconosciuto, fatto di antiche civiltà ormai perdute e di culti crudeli.
Queste e molte altre, semplificate in questa sorta di elenco, sono le letture che ho amato in gioventù e che, nel bene e nel male, hanno dato forma alla mia passione per la scrittura.
I racconti di questa raccolta sono quindi dichiaratamente un omaggio ai classici del genere, sia per le ambientazioni sia per i temi trattati.
Miriam Palombi
STIRPE DI MORTE
Racconto presentato a Interiora, Festival Horror Indipendente di Roma 2014
Suolo consacrato.
Quando lo ebbe sotto i piedi, sentì l’energia convergere su di sé.
Quella terra nera e grassa era stata nutrita per secoli da corpi sepolti in grazia di Dio.
Si trascinò tra le lapidi antiche, come una sorta di ombra.
La sua magrezza era morbosa. Ogni parte del suo cranio ossuto spiccava con orribile nitidezza.
Cercava una tomba.
Toccare la fredda pietra gli provocò un brivido, mentre immagini si accesero nella sua mente come lampi nel cielo.
Corpo secco che aveva perso vigore lentamente, poteva ancora sentire le sue carni consumarsi di una fame nera. Era stato sepolto vivo.
Si inginocchiò al suolo, iniziò a scavare usando le sole mani. Dopo poco, l’intera bara era stata riportata alla luce. Quando la scoperchiò, vide quello che restava di un uomo incredibilmente alto.
Affondò le mani tra le pieghe di stoffa logora. Frugò ovunque senza trovare nulla.
Poi, centinaia di larve biancastre uscirono dalla bocca del cadavere. Osservò quel buco nero, afferrò i lembi di quell’antro profondo, iniziò a forzare e sentì i legamenti della mandibola lacerarsi. Ora l’osso, completamente esposto, pendeva verso il basso in un modo innaturale. Finalmente trovò quello che stava cercando. Le sue dita magre afferrarono un rotolo di pergamena e lo sfilarono da quel macabro nascondiglio.
La pelle leggera si era conservata integra, i caratteri vergati in rosso erano ancora leggibili.
La leggenda era reale, l’uomo sepolto nella tomba apparteneva alla sua stessa stirpe, tutti venuti al mondo con il marchio di una Madre Tenebrosa. La pergamena conferiva loro un potere enorme. Riportare in vita i morti.
Smierc’ uscì dalla fossa, quello era il suo grottesco nomignolo, significava Morte.
S’incamminò per i sentieri di ossa. Ora poteva sentire bisbigliare quelle creature, dimenticate ancor prima che il corpo diventasse freddo. Era giunto il momento. Avrebbe dato origine a una legione oscura, scheletri che avrebbero marciato implacabili su suolo terreno.
LA NONNA
Racconto selezionato nell’antologia del concorso ‘Halloween all’Italiana 2019’, promosso dal sito Letteratura Horror.
L’occhio si mosse appena sotto la palpebra sottile. Sembrava un grosso insetto che, camminando sotto pelle, cercava di uscire.
Christian rimase per qualche istante a osservare il volto della nonna; era rugoso e giallognolo come un frutto dalla polpa troppo matura che aveva iniziato a raggrinzire.
Anche l’odore non era buono, sapeva di cose vecchie, sudore e medicine. Quando la nonna gli si avvicinava, doveva resistere e trattenere il respiro. Quando lo afferrava con quelle dita ossute il suo contatto era così freddo da far pensare a qualcosa di umido e morente.
Quella mattina però il gelo era stato più acuto e penetrante che mai.
La nonna l’aveva preso e, con una forza improvvisa, lo aveva spinto nella vasca ricolma d’acqua; lo aveva trattenuto finché tante piccole bollicine non erano iniziate a salire in superficie e allora finalmente lo aveva lasciato respirare.
Dal suo ovattato oblio Christian l’aveva sentita pronunciare in modo cadenzato una sorta di litania, che però non era riuscito a comprendere.
E così si era convinto che la nonna fosse una strega. Una di quelle megere che lanciano sortilegi e mangiano i bambini.
Sapeva cosa fare. Era la notte di Ognissanti, si diceva che allo scoccare della mezzanotte il riflesso in uno specchio d’argento avrebbe mostrato il vero volto del male.
Un rumore lo fece sobbalzare, per un istante pensò fosse Rusty, poi si ricordò che il gatto dal folto pelo rossastro non c’era più.
Si mise alle spalle della nonna, avvicinò lo specchio fin quasi a sfiorare quel corpo disteso, e vi guardò attraverso. La bocca semichiusa alitava piano, emettendo un sospiro rantolato che scuoteva il petto smagrito.
Non accadde nulla. Christian si spostò appena, così da poterla vedere meglio.
Il pendolo in salotto iniziò a battere i rintocchi della mezzanotte e qualcosa nello specchio apparve.
Era un volto riflesso come sulla superficie di un lago dalle acque torbide. La pelle era tesa sul cranio deforme. Gli occhi sbarrati e infossati nelle orbite avevano qualcosa di ferino e crudele.
Il volto era apparso proprio accanto al capo ingrigito della donna.
Christian si mosse e il riflesso rimandò lo stesso movimento accennato. La cosa nascosta nello specchio distorse la bocca, buia come la tana di un ragno, in un ghigno terribile, mentre quella di Christian si spalancò in un urlo silenzioso.
***
Ore prima
Aveva preso il gatto e lo aveva chiuso in un sacco di juta che la mamma aveva cucito per lui. La notte seguente avrebbe dovuto accogliere un’infinità di dolcetti colorati.
Lo aveva cosparso di benzina e aveva appiccato il fuoco; la palla rovente si era mossa impazzita, lasciando dietro di sé una scia nera e oleosa. Poi si era spenta, troppo presto, pensò, lasciando al suo posto solo un fagotto consumato.
Marta, con le mani tremanti, si era toccata la fronte, il petto scarno e le spalle ricurve. Si era fatta il segno della croce.
Sulle labbra screpolate le affiorarono parole sommesse.
... difendici in questa ardente battaglia da tutte le potenze delle tenebre.
Suo nipote aveva qualcosa che non andava, se lo sentiva nelle ossa e nel cuore. Forse l’acqua del battesimo non era stata benedetta a dovere.
È cattivo, malvagio fino al midollo, pensò.
Salì piano le scale, le ginocchia le dolevano un poco. Fece scorrere l’acqua fredda finché la vasca non ne fu ricolma. Sul fondo le screpolature della maiolica sembravano tanti ciottoli di fiume.
A OGNUNO IL SUO
Candida le chiedeva sempre di cosa fosse fatta la neve che turbinava nelle sfere di vetro, restava sospesa sugli abeti e sui piccoli tetti rossastri, per poi adagiarsi di nuovo sul fondo.
Sempre. Di continuo. Ossessivamente.
Candida, con la voce così simile a una cantilena stonata, con il suo sguardo tanto distratto da sembrare vuoto. Con le braccia magre e ossute, incapaci di stringere senza far male.
Candida, con l’amore incondizionato di mamma e papà.
Laura delicatamente posò la sfera sul piano del caminetto, accanto alle altre. Quegli oggetti conservavano i ricordi dei giorni trascorsi nella vecchia casa di famiglia, fatta di pietra ruvida e legno temprato al gelo dell’inverno che calava sulla regione, affilato come una mannaia.
Racchiusi nel vetro, vi erano placidi paesaggi, scene rarefatte nella loro perfezione. Una sfera per ogni Natale passato, tranne quella del 1983.
Candida, le lunghe dita Che se non era… sarebbe diventata una pianista
rigide come stecchi, l’aveva fatta cadere. Il vetro era andato in frantumi, i borghi ameni si erano disfatti, come sotto l’azione terribile di un terremoto. Il liquido aveva impregnato il tappeto e la neve era sparita tra la trama del tessuto.
Si avvicinò alla finestra, una patina di condensa distorse l’immagine; gli