Golien Cloes e i ragazzi di Saint Louis Ben Rigell
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Anteprima del libro
Golien Cloes e i ragazzi di Saint Louis Ben Rigell - Michele Città
Indice
Golien
Premessa
L’arrivo sulla Terra
La città del lago
Le fonti del passato
La terra degli dei
Fino alla fine di quei giorni
La navetta
Gli uomini roccia
CLOES e i ragazzi di Saint Louis
BEN RIGELL
Michele Città
GOLIEN CLOES
E I RAGAZZI
DI SAINT LOUIS
BEN RIGELL
Youcanprint
Titolo | Golien Cloes e i ragazzi di Saint Louis Ben Rigell
Autore | Michele Città
ISBN 978-88-31668-09-5
Prima edizione digitale: 2020
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Golien
(le nuove frontiere)
Gli antichi miti e i nuovi eroi
Golien
Premessa
La storia ci viene raccontata da un ipotetico Narratore, estraneo ai fatti, che riporta semplicemente ciò di cui è latore.
L’arrivo sulla Terra
I meteoriti hanno danneggiato irreparabilmente l’astronave e non rimane altro che tentare una sosta su quel pianeta ormai così vicino: è la Terra.
La nave galattica si posa sulla crosta terrestre su un alto massiccio montuoso. Siamo in Grecia, tra la Tessaglia e la Macedonia.
I nuovi arrivati provengono da un punto lontano della galassia e costituiscono una colonia viaggiante alla ricerca di nuovi mondi in cui vivere.
Non potranno più riprendere il viaggio attraverso l’universo, la nave ha subito gravi danni non riparabili, ma tutto sommato sono fortunati: la Terra per loro è vivibile.
Sono del tutto simili a noi, in tutto e per tutto, tranne nel fatto che hanno strani poteri acquisiti nel lungo tempo della loro esistenza nel loro mondo e in più il tempo stesso della loro esistenza è piuttosto lungo comparato al nostro tempo di esistenza in vita.
Provengono da un lontano sistema stellare con due soli e il loro pianeta era circondato da un anello come il nostro Saturno.
Era, perché ormai deve essersi frammentato nello spazio. Erano partiti, loro ed altri, con le navi spaziali disponibili, per salvarsi dalla catastrofe imminente e salvare la loro specie. Una sorta d’instabilità del nucleo caldo del pianeta avrebbe portato da lì a poco tempo alla disgregazione della sua massa.
È un popolo molto progredito, migliaia d’anni più avanti rispetto a noi. Hanno sviluppato poteri in grado di dominare e utilizzare alcune forme d’energia presenti nel luogo ove si trovano e di usarli quando necessario.
Prendono piede sul nostro pianeta ed erigono la loro dimora sul monte Olimpo. Vengono a contatto con gli indigeni del luogo che, riconosciutane l’evidente superiorità, si assoggettano a loro, venerandoli come dei. E sono dei per loro.
I nuovi coloni entrano nella vita dei popoli antichi, partecipano e parteggiano per l’una o l’altra fazione in caso di guerra o di controversie armate e non, prediligono un uomo o una donna rispetto ad un altro o altra, con le loro armi e strumenti avanzati riescono ad interferire, in maniera locale, su alcuni fenomeni della natura.
Si accoppiano con i terrestri, non potendo generare fra loro perché durante il viaggio delle radiazioni cosmiche molto intense hanno rese sterili le donne, dando luogo alla decadenza della specie, che si approssima alla caducità terrena. Un uomo e una donna della loro specie, però, inspiegabilmente danno vita ad un bimbo che perpetuerà nella memoria, allorquando ne sarà conscio, la stirpe aliena.
Golien è il suo nome. Vive con i suoi padri fino a quando non è allontanato da quel mondo ricreato tanto surreale, per vivere fra i terrestri, che saranno la sua gente.
Degli alieni, colpiti da virus ai quali i loro corpi non erano preparati, non rimane traccia. Da qualche parte, forse accuratamente celati, devono esserci i resti dell’astronave.
Allorquando i genitori alieni di Golien si rendono conto che la fine si sta approssimando, prendono il loro figliolo e a bordo di una navetta si allontanano dall’Olimpo, verso terre ignote. Atterrano in una radura e qui, accanto ad una capanna, abbandonano Golien. Sanno che se non è stato colpito dal virus, sopravvivrà nei secoli. Non diremo niente di quegli anni, perché quella è un’altra storia.
Di tutto questo non rimane che la leggenda e le credenze che si sono tramandati fra i popoli fino ad oggi. E così resta nella memoria storica un’ipotetica esistenza del dio Giove, padre degli dei, di Marte dio della guerra, di Venere dea della bellezza, di Mercurio messaggero degli dei, di Diana, Apollo, Plutone, Giunone, Eolo, di Ebe, delle Grazie, delle Muse e tanti altri, che hanno acceso la fantasia di poeti, scrittori e musicisti.
I loro discendenti terreni, si sono sparsi per il mondo, lasciando segni, quali scritti, mappe e opere grandiose e imponenti, apparentemente irrealizzabili con le conoscenze e i mezzi di quei tempi. Poi sono scomparsi anche loro, inghiottiti dall’inesorabilità del tempo. Ne sono rimaste le credenze, che hanno generato miti e leggende.
Solo lui, Golien, vero figlio degli dei
è sopravvissuto e noi ne conosceremo le vicissitudini, le inquietudini, le speranze.
Ritroverà in sé le sue origini e aprirà nuove frontiere per il futuro della stirpe umana.
La città del lago
Ha camminato a lungo. Dietro di sé ha tanta strada e nessun ricordo apparente della sua origine. Sono già passati diversi secoli. Dove è vissuto e cosa abbia fatto in questo tempo non c’è noto.
È diventato uomo ormai da tanto tempo. Conosce già le forze e le debolezze umane.
Il lago si estende imperioso, con le sue calme e limpide acque, davanti ai suoi occhi. L’orizzonte non mostra l’altra riva. Un bagno rinfrescante e purificatore: ecco cosa farà. Toglie gli indumenti polverosi e s’immerge nell’acqua. Gode della frescura dell’acqua e della frescura che il venticello leggero gli procura sulle parti emerse e bagnate del suo corpo. Delle bracciate vigorose ed è lontano dalla riva. Sciacqua per un po’ di tempo nel laghetto, quindi si approssima nuovamente alla riva.
Improvvisamente qualcosa lo avvinghia ad una caviglia e lo trascina giù, verso il fondo. Sono le piante malefiche del lago, animate da molteplici rami che si muovono e agiscono come tentacoli. Afferrano la preda, la stritolano e con le ventose terminali succhiano il sangue, loro nutrimento, lasciando soltanto uno scheletro rivestito di pelle.
Golien tenta di divincolarsi dalla stretta della pianta malefica e la lotta è brutale, violenta. È sballottato sul fondo e i rami ormai l’hanno completamente aggrovigliato e si stringono sempre più attorno al suo corpo. Sembra che stia per essere sopraffatto, che sia giunta la fine, ma Golien con l’erculea potenza e forza delle sue braccia scardina la presa, si divincola e raggiunge la spiaggia pietriscata. I tentacoli lo avvinghiano anche sulla terra ferma e lo ritrascinano in acqua. Golien tendendo un braccio, mentre viene quasi risucchiato dentro il laghetto, afferra la mazza, posta vicino agli abiti, donatole dai suoi avi alieni che porta sempre con sé, fionda giù sulla testa-radice della pianta malefica e colpisce. Colpisce ancora, sfracellandola. La pianta sembra emettere un grido di dolore e poi un rantolo. Un fluido verdastro e vischioso esce dalla testa-radice della pianta intorbidendo l’acqua intorno, mentre i suoi rami si afflosciano e diventano inermi e senza vita.
Golien ha sospeso il fiato per troppo tempo. Risale su in fretta e beve un lungo sorso d’aria, mentre l’acqua intorno a lui spumeggia.
Guadagna la riva e si abbandona esausto. Il petto gli si gonfia e sgonfia e il buio della notte lo avvolge in un sonno profondo.
Il frastuono dei tamburi lo riportano alla veglia. Si guarda intorno. Non vede niente: solo acqua e cespugli. Cerca di individuare da dove proviene il rumore al quale si è aggiunto un vocio consistente.
Si alza, fa pochi passi ed ecco davanti a lui, a distanza, una folla tra due schiere di soldati che portano su