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Counterspell - Presagio Oscuro
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E-book285 pagine4 ore

Counterspell - Presagio Oscuro

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Info su questo ebook

Counterspell, primo di una trilogia in cui viene narrata la tormentata e tumultuosa storia della Galassia Volteggiante governata dalle quattro forze elementali: Vento, Fuoco, Acqua e Terra. Però vi era una quinta forza che voleva annullare le altre, l'Ombra portatrice di caos e di morte. Per questo motivo si combatté una guerra che coinvolse ogni pianeta, saldando il legame tra le popolazioni e gli elementali. Grazie alla creazione di una fonte di luce, l'Ombra venne facilmente sconfitta e confinata nella Dimensione Arcana. Trascorse così un lungo periodo di pace, ma considerando che l'uomo dimentica facilmente le proprie azioni, l'Ombra trovò la forza per riaffiorare. Ed ecco che la storia inizia. La storia della nascita di giovani guerrieri che, durante il loro lungo cammino intrecciato dal fato, si mossero contro il nemico comune intenzionato a diffondere le tenebre. Un lungo percorso di saggezza e di forza; di amore e di amicizia; di delusioni e di vittorie. Una lunga battaglia che porterà i nostri nuovi eroi a contrastare gli oscuri presagi della temibile Ombra.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2019
ISBN9788831644112
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    Anteprima del libro

    Counterspell - Presagio Oscuro - Mauro Marini

    Capitolo 2

    RAPITO DAL DESTINO

    Erano passati circa dieci anni dal giorno in cui il piccolo Zoltan venne alla luce, lo stesso giorno nel quale il Guardiano avvisò Re Tersan su quanto sarebbe accaduto. Durante questi lunghi anni Zoltan dimostrò di avere una grande forza di volontà e la capacità di apprendere velocemente tutti gli insegnamenti che gli venivano dati. Imparò a domare i puledri più selvaggi, a maneggiare piccole armi con grande maestria, finché scoprì la sottile arte della caccia. Tanto era il desiderio di cacciare bestie rare e difficili da scovare che cominciò a passare la maggior parte del tempo con i centauri i quali, non solo erano abili cacciatori, ma avevano la dote innata di saper seguire più facilmente qualunque tipo di animale.

    Ogni giorno che passava il Re e la Regina vedevano in lui crescere questa grande forza che lo portava a fare cose al di là dei propri limiti. Infatti egli era diverso dai suoi coetanei bambini i quali provavano timore nel trascorrere tempo con lui. Era più alto, più robusto e già sapeva parlare come un uomo; anche perché aveva già quasi tutte le doti per esserlo. Per questo motivo lui non era interessato alla compagnia dei più piccoli, così li chiamava lui, ma preferiva trascorrere più tempo tra gli adulti con i quali si cimentava in lunghi e interessanti discorsi in cui riusciva sempre ad ottenere il rispetto e l’attenzione di tutti. Non ci volle molto tempo, ormai, per far comprendere a Re Tersan che forse era quasi arrivato il momento.

    Era una pallida mattina di autunno e nell’aria si avvertiva l’imminente cambiamento di stagione; infatti l’inverno era alle porte e gli animali cercavano di trovare un posto riparato per entrare in quel sonno profondo dal quale si sarebbero risvegliati solo nella tiepida primavera. In questo periodo la caccia infatti era ogni giorno più difficile, ma, ignorando qualsiasi condizione naturale, qualcuno bramava sempre più sfidare la sorte e le avversità.

    Zoltan era sulle tracce di una bestia la cui sagoma non era ancora apparsa chiara. Ad un tratto, dopo aver seguito i segni evidenti di un animale fuori dall’ordinario, notò qualcosa che, tra le fronde dei cespugli, si muoveva agilmente come se gli intricati rovi non fossero di ostacolo alcuno. Improvvisamente la preda apparve, ma, con estrema rapidità, si addentrò sempre di più nella foresta là dove gli alberi si facevano più fitti.

    Cominciò l’inseguimento. Zoltan correva col suo puledro con gran foga, tanto che addirittura i centauri non riuscivano a stargli dietro.

    Furono costretti a fermarsi, gridando a quell’incosciente ragazzo:

    - Zoltan! ... Piccolo incosciente! ... Stai attento! ... La foresta non è sicura da quella parte!... Zoltan!... Zoltan!... - .

    Ma il ragazzo era troppo preso dall’inseguimento e la voce non fece in tempo ad arrivare alle sue orecchie che si era già dispersa nel vento come una leggera nuvola si dissolve nel chiarore del cielo.

    Insolitamente quel giorno anche Re Tersan aveva accompagnato suo figlio insieme ai centauri per la battuta di caccia, ma era rimasto all’accampamento base con un gruppo di soldati che lo avevano scortato.

    Questi indossavano armature elaborate e resistenti come acciaio, su cui era disegnato lo stemma reale del pianeta: una falce luminosa circondata in quattro punti dai simboli degli elementali. Questo stemma raffigurava ed esprimeva tutta la profonda devozione a Èredras. L’elmo d’acciaio aveva la visiera, che copriva tutto il volto, fatta di un cristallo particolare che permetteva un’ampia visuale ed era resistente come il resto della corazza. Un mantello, adornato con rune ai bordi, partiva dagli spallacci ambrati e appuntiti e arrivava all’altezza delle ginocchia. Le armi che possedevano erano tra le più svariate e bizzarre: spade con l’elsa dorata e lame con scaglie di smeraldo proprio a dimostrare quanto fossero resistenti e solenni. Della scorta faceva parte il capitano Baltec. Un grande condottiero, valoroso soldato, servo leale del Re e grande amico e mastro d’armi di Zoltan. La sua armatura era quasi identica a quella dei soldati, ma con spallacci raffiguranti due teste di lupo dagli occhi rubino e con l’elmo interamente di acciaio con solo i paraocchi di quel cristallo; un pennacchio porpora e due piccole corna taurine nella parte superiore del capo.

    Intanto il piccolo Zoltan si era addentrato troppo nel bosco insidioso all’inseguimento di quella strana creatura che, attraversate delle rocce e circondate di sterpaglia, aveva preso un sentiero ai piedi di una collina. Quello, ormai, non era più il territorio adatto a un puledro per l’inseguimento di animali.

    Zoltan fece un abile salto dalla sella e atterrò su due piedi dicendo:

    - Ah-Ah! Inutile, non riuscirai a sfuggirmi!! - .

    La salita si faceva man mano sempre più ripida, tanto che quel ragazzo dovette cominciare ad utilizzare anche le mani per arrampicarsi. Dopo aver percorso il sentiero per un po’ di tempo, sembrava che quella creatura fosse scomparsa. Ma ad un tratto Zoltan, alzato lo sguardo verso la parte alta della parete rocciosa dove curvava la strada, la vide in piedi voltata verso di lui, come se stesse ad aspettarlo. Fece appena in tempo a distinguere il colore porpora del manto e i suoi occhi gialli che quella bestia, all’improvviso, riprese a correre.

    Zoltan, con voce affannata, gridò:

    - Ti piace giocare, maledetta bestiaccia ostinata! Vedrai quando ti prenderò se ne avrai ancora voglia! - .

    Il sentiero ad un tratto tornò ad essere pianeggiante, proseguendo tra due pareti rocciose. Zoltan, appena imboccata quella sorta di corridoio, si voltò per un attimo e scoprì di aver superato le cime degli alberi che stavano al livello del terreno. La corsa si stava facendo sempre meno veloce perché la fatica stava cominciando a prendere il sopravvento; inoltre Zoltan cominciò a riflettere sul fatto che non conosceva nessuna montagna nel bosco, anche perché dal castello non si scorgeva alcuna vetta. Appena il pensiero di lasciar perdere l’inseguimento sfiorò la sua mente, girato l’angolo, si trovò di fronte all’imbocco di una caverna con delle rune scolpite nella roccia intorno all’entrata.

    Zoltan si fermò titubante e fu momentaneamente colto da stupore misto a preoccupazione, ma la sua curiosità, infine, prese il sopravvento come gli capitava in tutte le situazioni. Con il respiro ancora affannato, inspirò profondamente e gridò all’interno di quell’antro oscuro:

    - C’è nessuno? ... C’è qualcuno qui dentro? … - .

    Non ci fu nessuna risposta e, considerata la conformazione della struttura, stranamente non si udì neanche l’eco della sua voce. Improvvisamente una luce in fondo a quella caverna cominciò a brillare. Zoltan, perplesso, si chiedeva come fosse possibile che una luce all’improvviso apparisse senza ragione. Oltretutto quella luce sembrava che cominciasse ad avvicinarsi sempre di più, fino a quando riuscì a distinguere l’uscita della caverna a pochi passi da lui. Zoltan era incredulo di fronte a quello spettacolo assurdo. Nacque in lui un forte desiderio di scoprire cosa si celasse dall’altra parte della galleria, dove l’ambiente si presentava simile al bosco nel quale aveva rincorso quella creatura. Sbattendo le mani ai fianchi e sospirando disse tra sé e sé:

    - Va bene, darò solo un’occhiata, ma sono sicuro che quando lo racconterò non mi crederà nessuno… -.

    Varcata la soglia, si guardò attorno: si trovò di fronte a un paesaggio che sembrava non contaminato dalla presenza dell'uomo: gli alberi, dal grande tronco, erano alti e dalle forme più strane con robuste radici che si aggrappavano al terreno formando intricati cunicoli dove gli animali potevano trovare riparo; si potevano scorgere tra le varie piante basse che riempivano il terreno un gran numero di rocce ammassate in ogni direzione quasi come volessero formare dei sentieri; sia i tronchi che le rocce erano ricoperti di un lanoso muschio verde smeraldo; nell’aria volavano rapidi vari tipi di insetti dai colori accesi e pollini di ogni tipo che lentamente si facevano trasportare dal vento; tutto quello scenario era irraggiato dalla stessa intensità di luce che si trovava nel bosco intorno al castello di Kaltres con la differenza che il clima era più caldo, come se fosse appena iniziata la primavera.

    Ad un tratto udì, a pochi passi da lui, lo scroscio delle acque di un fiume. Quando si allontanò dalla soglia per placare la sete dovuta alla lunga e faticosa corsa, nel varco roccioso della caverna, improvvisamente, si materializzò una lastra di pietra che chiuse ermeticamente il passaggio. Zoltan, spaventato, corse come un fulmine, ma era troppo tardi: cominciò a battere con i pugni quella parete di fredda pietra.

    In un primo momento si sentì disperato nel ritrovarsi prigioniero in quel luogo sconosciuto, ma non si perse d’animo e cominciò a osservare meglio quella lastra notando che aveva, nella parte alta, delle rune scolpite simili a quelle viste sulla porta dalla quale era entrato. Mentre rifletteva per cercare di comprendere il significato di quei simboli, una raffica di vento spazzò via la misteriosa iscrizione come normalissima polvere che si disperde nell’aria.

    Tutto ciò bastò a fargli comprendere di aver attraversato un portale, mentre non aveva la più pallida idea di dove fosse finito né come avrebbe fatto per tornare indietro.

    Disperato, volse lo sguardo verso il cielo, come se cercasse aiuto da parte di qualche entità divina: angosciato cominciarono a cadere dai suoi occhi lacrime di tristezza, poi, guardando in alto verso il cielo, riuscì a distinguere, oltre alla luce di Èredras, meno intensa perché si stava avvicinando la notte, un astro dalle sembianze di una cometa lucente. La visione di quel corpo celeste rassicurò il suo animo e generò in lui la forza di uscire da quella situazione. Asciugate le lacrime, cominciò ad errare senza meta alla ricerca di un riparo ed anche di qualche cosa per nutrirsi.

    Nel frattempo, nel bosco intorno a Kaltres, dove si trovava prima Zoltan, i centauri cominciarono a cercarlo chiamandolo ripetutamente e senza sosta. Anche il padre con il suo cavallo si era avviato alla ricerca con il cuore pieno di dubbi e il viso segnato dalla preoccupazione. Durante la ricerca, si chiedeva come poteva essere possibile che si fosse perso, in quanto Zoltan conosceva quel bosco meglio dei cacciatori; pensò che poteva essere stato rapito oppure divorato da una bestia feroce. Alla fine, dopo una ricerca lunga ed estenuante, trovò il suo puledro. Zoltan non c’era e neanche le sue impronte, ma soprattutto, ignota a Re Tersan, non c’era la collina sulla quale suo figlio si era arrampicato per poi svanire attraverso il portale. Preso dalla disperazione si avvicinò al puledro, cadde in ginocchio e gridò:

    - Zoltan! … Figlio mio!... Dove sei!... - .

    Improvvisamente calò un silenzio profondo come se il vento non soffiasse più tra i rami del bosco e fu in quel momento che egli notò che il puledro di suo figlio lo stava fissando immobile. Il Re sembrava quasi ipnotizzato: gli occhi di quell’animale iniziarono a sprigionare una luce gialla tenue, mentre le pupille erano sparite. La luce durò una manciata di secondi e il cavallo tornò con il suo sguardo normale. A Re Tersan si gelò il sangue nelle vene e la sua pelle cominciò a sudare come se la temperatura fosse salita vertiginosamente.

    Poi comprese: infatti quello sguardo lo aveva già incrociato molto tempo prima. Di scatto levò le mani aperte al cielo, rivolgendosi al nulla, e gridò più forte di prima:

    - TRAILSEEKA!... TRAILSEEKA!... TI PREGO… NO… È ANCORA PRESTO!... TRAILSEEKAAAAA!... - .

    Re Tersan era in preda alla disperazione perché, senza alcun preavviso, gli era stato portato via il figlio tanto amato. Comprese che era inutile invocare il guardiano, considerato il fatto che probabilmente era molto più lontano di quanto potesse immaginare, pronto a trasmettere la propria conoscenza a Zoltan.

    Si alzò lentamente in piedi e sussurrò nel vento:

    - E sia!... Il destino non può essere cambiato e gli ingranaggi hanno cominciato a girare!... Spero solo di rivedere presto mio figlio e di poterlo stringere sano e salvo tra le mie braccia! - .

    Montò a cavallo, afferrò per le briglie il puledro abbandonato e si diresse verso casa, consapevole di dover dare la notizia sconvolgente alla Regina. Giunto all’accampamento base, diede l’ordine di richiamare tutti e di tornare al castello.

    Il capitano Baltec, non comprendendo le azioni del Re, gli chiese:

    - Mio Sire, non è riuscito a trovare il piccolo Zoltan? Perché vuole abbandonare le ricerche? - .

    E il Re rispose con voce affranta e sconsolata:

    - Capitano Baltec, mio fedele servitore nonché mio sincero amico, il piccolo Zoltan è partito per intraprendere un ardimentoso cammino a noi del tutto ignoto. Durante questo periodo dovrà imparare cose che vanno al di là della nostra comprensione. Spero solo che non gli succeda nulla di male! - .

    E il Capitano, nel tentativo di rasserenare il Re,

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