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La luce oltre le nuvole
La luce oltre le nuvole
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E-book224 pagine3 ore

La luce oltre le nuvole

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Info su questo ebook

Quando arrivi a sfiorare la morte con le dita, nulla fa più paura ed Emilia adesso è più che mai decisa a risolvere una volta per tutte ogni questione in sospeso. Non è facile affrontare ostacoli e fantasmi del passato e così continua a scontrarsi duramente con sè stessa e con chi le sta accanto. Soltanto Mattia, suo amico e complice, sembra comprenderla davvero e con lui al suo fianco, tutto le sembra più leggero. Fare la cosa giusta a qualunque costo e riprendere in mano le redini della sua vita, è questo il suo obiettivo. Ci riuscira? Nulla è scontato e purtroppo Emilia questo lo sa bene.
Terzo e ultimo capitolo della trilogia di "Attraverso il buio".
LinguaItaliano
Editoremaalf
Data di uscita17 ott 2020
ISBN9791220208963
La luce oltre le nuvole

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    Anteprima del libro

    La luce oltre le nuvole - Labraca Maria Consiglia

    guardare.

    Capitolo I

    Sento l'eco di una voce ripetere il mio nome continuamente. Non riesco a capire se sia reale o semplicemente un sogno. Federico sei tu mormoro tra me e me mentre sento delle dita leggere accarezzarmi la mano. Per un attimo mi pare persino di vederlo. Ancora. Seduto in riva a quella spiaggia con la faccia seria. Io lo chiamo. Lo chiamo con tutto il fiato che ho nella gola ma niente, lui non si gira. Resta seduto con lo sguardo fisso all'orizzonte e le ginocchia al petto. Il mare è calmo ma io no. Mi guardo attorno smarrita e non vedo che un forte bagliore. Luce, luce ovunque. Tento di aprire gli occhi ma mi fanno troppo male e allora rinuncio. Respiro velocemente. Così velocemente che ad un tratto smetto di farlo. Sento degli strani suoni, bip che si rincorrono fino a unirsi in un unico tono acuto ma non riesco a capire bene da dove provengano. Delle mani sconosciute e fredde mi toccano, mi sollevano, mi scuotono. Vorrei parlare, urlare. Dire a queste persone di smetterla. Io sono qui, ci sono, vi sento. Poi però apro la bocca e niente, non riesco a farmi sentire. Aspettami, vengo anche io ripeto. Lui però fa un cenno strano con la mano, come a voler dire di non muovermi. Ti prego, guardami. Federico, guardarmi. Cerco di raggiungerlo ma sono immobilizzata. Impotente resto a guardarlo mentre si mette in piedi e un passo lento per volta, si immerge in acqua fino a scomparire del tutto. No, non andare urlo. Ma ho la gola chiusa e non emetto nessun suono. Voci confuse si susseguono, un brusio forte e fastidioso che non mi lascia andare. Qualcuno mi stringe la mano e mi supplica di resistere. Io però non lo so, non so se posso. Il bagliore è sempre più forte, mi avvolge totalmente ormai. Ho freddo. Ti prego, resta con me dice. Io muovo le dita, almeno ci provo. Sono intrappolata in un labile confine tra immaginazione e percezione reale. Non so dove sono esattamente. Uno, due, tre sento gridare forte. Poi un lampo che copre tutto il resto. Come un'onda calda che arriva all'improvviso senza che tu abbia il tempo di scappare. Un lieve formicolio si estende per tutto il corpo fino alla punta dei piedi e gli occhi si agitano come in preda ad uno spasmo. Riesco persino a vedere finalmente, almeno credo. Lineamenti scuri, sfocati, mi appaiono davanti piano piano. Muovo le mani nervosamente. Non riesco a parlare ma voglio che capisca che ci sono. Di nuovo, ancora.

    Amore mio dice singhiozzando. Si tampona gli occhi con la manica del camice ma una lacrima sfugge al controllo e piomba dritta sulla mia faccia. Io sussulto, sono disorientata. Mi sfioro piano la guancia con la punta delle dita. Tutto mi sembra nuovo, persino la mia pelle.

    Ciao… dico. Ma ho la voce che è un filo e non so se mi abbia sentita. Lui sorride. Sorride come se fosse la prima volta che lo fa nella vita. Ha la faccia stravolta però, come se fosse morto e rinato nello stesso minuto. Come stai? Gli chiedo allora.

    Adesso bene risponde lui subito mentre mi bacia la mano. Io sospiro. Mi guardo intorno ancora confusa. Ci sono un po' di persone accanto a me, tutte con un camice verde chiaro addosso. E poi monitor e fili ovunque, ingombranti e insopportabili fili che spuntano da ogni dove. Vorrei chiedergli cosa sia accaduto di preciso ma non ne ho ancora la forza. Sono stanca e non riesco a tenere gli occhi aperti. D'improvviso vengo pervasa uno strano senso di quiete. Il respiro di Edoardo caldo e regolare sul collo diventa una dolce ninna nanna alla quale non riesco a resistere. Mi stringo alla sua mano più forte che posso mentre il sonno, col suo velo scuro, copre di nuovo ogni cosa.

    Mi sveglio di soprassalto non so quanto tempo dopo, stordita e intorpidita come se fossi rimasta in questo letto per mesi. Le tende sono completamente chiuse ma sono quasi certa che sia notte. Edoardo dorme rannicchiato sulla poltroncina di fianco. Tiene ancora stretta la mia mano. È così indifeso che mi fa quasi tenerezza. Cerco di sistemarmi un po' ma è complicato attaccata a questi tubi. Sono tentata si strapparmeli via con la forza ma temo di far scattare qualche allarme e non voglio che Edoardo si spaventi ancora. Non ricordo bene cosa sia accaduto ma vista la condizione in cui mi trovo non è difficile immaginarlo. Chiudo gli occhi e tento di ricostruire qualche ricordo ma per quanto mi sforzi, vedo solo ombre. Le sensazioni, quelle le ricordo bene. Quelle credo che non le dimenticherò mai. Quell'odore di morte così pungente. Il freddo intenso. Il terrore. Infine la rassegnazione. Tutte cose che ti segnano insomma. E quello sguardo poi, così fermo, così pieno di sé. Credo che quello sguardo mi resterà incollato addosso per sempre.

    Morire tutto sommato non è difficile come pensavo, anzi. È addirittura facile. Complicato è piuttosto l'attimo prima. Quell'attimo infinito in cui realizzi che è finita. Pensi a trecentomila cose insieme. Le immagini si rincorrono velocemente fino al blackout. Quel blackout che ho tanto desiderato nel mio cammino attraverso il buio. Immagini veloci ma chiarissime che si accavallano l'uno all'altra. Una sorta di montaggio costruito a dovere dal regista più ingegnoso e in gamba che possa esistere: il cervello. Si, esattamente così. Perché il cervello non butta via nulla. Tu pensi di aver scordato e invece no, hai semplicemente archiviato. Momentaneamente, questo è ovvio. All'occorrenza ecco riproporsi cose che non ricordavi neanche di aver vissuto in un mix perfetto di suoni e immagini. Flash veloci. Emozioni che ancora ti scuotono. Che destabilizzano. Perlomeno così è accaduto a me. Un istante o poco più, prima del blackout. Prima del nulla. Un nulla vuoto e nero come un sonno senza sogni. Un nulla dal quale è impossibile fare ritorno, non totalmente almeno. Mi guardo attentamente le mani, le muovo lentamente nell'aria umida e tiepida della stanza. Ho ancora dubbi sul mio essere qui, eppure respiro e non è poco. Mi chiedo soltanto perché, perché una seconda opportunità. Proprio io, proprio a me. Io che ho sbeffeggiato la mia vita continuamente, io che l'ho sfidata, odiata, maledetta. Io che ogni notte ho desiderato di chiudere gli occhi una volta e per sempre. Perché?

    Edoardo comincia finalmente a muoversi. Non dev'essere granché comoda la poltroncina dove è accoccolato, anzi. È piuttosto minuta per uno come lui. Approfitto del momento e gli tiro un po' il braccio sperando di farlo svegliare. Sono stufa di starmene da sola e inizio ad avere una gran sete, un arsura tremenda che non riesco più a sopportare.

    Ehi sussurra lui piano con gli occhi ancora socchiusi da quanto sei sveglia?

    …da un po' mormoro io

    Lui si raddrizza un po' a fatica e si avvicina di più a me come ti senti?

    Strana… rispondo sospirando …da quanto sono qui?

    Edoardo mi guarda un po' intimorito, pare quasi non voglia rispondere alla mia domanda. Poi si alza e si mette a sedere in un angolo del mio letto. Allora? Incalzo io col poco fiato che ho.

    Tre mesi

    Cosa? Urlo atterrita mentre i bip ricominciano a rincorrersi E Gabriele?

    Emilia ti prego stai calma, è tutto a posto. Gabriele sta bene e ti aspetta aggiunge lui subito cercando di tranquillizzarmi. Io però sono tutto fuorché tranquilla.

    Devi farmi uscire subito da qui, subito continuo io ansimando in preda al panico devo vedere mio figlio adesso

    Emilia, sii ragionevole…non puoi, non ora, comunque non prima di esserti rimessa del tutto

    Sto bene insisto. Un colpo di tosse forte e stizzoso però mi blocca le parole in gola. Edoardo balza in piedi e mi riempie un bicchiere d'acqua. Con delicatezza mi bagna le labbra mentre io tento di mandarne giù qualche goccia. Sento troppo fastidio però, così fastidio che persino un gesto semplice e naturale come bere mi risulta complicato. Allora, sfinita e demoralizzata, comincio a piangere. Lacrime calde mi scorrono lungo le guance senza controllo. Vorrei alzarmi da questo letto seduta stante però sembra che al mio corpo proprio non interessi quello che voglio io.

    Edoardo mi accarezza con dolcezza i capelli. Ha l'espressione preoccupata e le occhiaie di chi non si fa una bella dormita da giorni e giorni. Prometto che ti porterò a casa al più presto possibile mi sussurra ed io, non so perché, ci credo.

    Dopo un minuto, un medico altissimo coi capelli grigi e sottilissimi occhiali sul naso, irrompe in camera. Buon giorno Emilia, ben tornata esclama con un grosso sorriso che un po' stona con tutto il resto come si sente?

    Ehm…non lo so, bene credo

    Ottimo continua lui entusiasta mentre controlla i monitor e appunta delle cose sulla cartellina ai piedi del letto. Tra poco dovrà eseguire dei test, nulla di impegnativo, non si preoccupi. Vogliamo solo accertarci che lei stia davvero bene come dice

    Non credo sia necessario, sento solo un po' di fiacchezza e fastidio alla gola…credo sia normale

    Si, è normale… risponde ma devo assicurarmene prima di poter affermare qualcosa con certezza.

    Io scuoto la testa con vigore, non ho intenzione di stare qui dentro un minuto di più. Sento il mio cuore battere e i muscoli scalpitare sotto la pelle e questo mi basta. Dottore, lei non capisce. Io devo andare a casa e non ho intenzione di perdere altro tempo. Mi dica cosa devo firmare, non ho problemi. Mi assumo la responsabilità delle mie azioni. Qualunque cosa pur di andare.

    Il medico smette di sorridere e si scambia uno sguardo apprensivo con Edoardo. So bene che è rischioso e so bene che sarà difficile, non sono pazza e sconsiderata come probabilmente credono. Sono soltanto una mamma in pena per suo figlio che è rimasto solo per tre mesi. E non me ne frega niente di chi sia stato accanto a lui per tutto questo tempo, di quanto amore gli abbiano dato o di quanto l'abbiano viziato. Io non c'ero. Federico non c'era. E un bambino senza una madre e un padre è un bambino solo, punto.

    Edoardo si mette in piedi e si chiarisce la voce con un colpetto di tosse. Non so cosa abbia intenzione di dire ma spero vivamente che non mi contraddica altrimenti non risponderei più di me. Sento il sangue ribollire e tutte le vene pulsare per la rabbia e il senso d'impotenza che mi attanaglia. Però tengo duro e resto zitta per dare modo a lui di parlare. D'altronde riveste un ruolo di rilievo in quest'ospedale e non voglio mancargli di rispetto davanti ai colleghi negandogli la parola.

    Dottore, le dispiace se parliamo fuori? Esordisce lui. Io lo guardo sbigottita, non oso immaginare il motivo di una richiesta così assurda. Perché parlare fuori e non davanti a me? Non sono di certo una bambina incapace di intendere e volere. Sono in grado di decidere quello che è più giusto per me e l'idea che qualcuno possa farlo al posto mio e contro la mia volontà per di più, mi fa davvero impazzire. Il dottore annuisce e con un lieve cenno del capo si congeda ed esce in corridoio con Edoardo chiudendosi la porta alle spalle. Io resto immobile, in totale silenzio. Evito persino di respirare pur di non fare rumore e riuscire ad ascoltare qualcosa. Purtroppo però nulla, assolutamente nulla. Ed io vorrei davvero stare calma ma proprio non ci riesco. In preda ad una crisi di nervi che non mi fa smettere di tremare, comincio a staccarmi uno ad uno tutti i fili che mi tengono incatenata. Elettrodi vari, flebo, tutto. Tiro via tutto con rabbia e poi tento di mettermi in piedi. I muscoli però non ne vogliono sapere di seguirmi e così rimango in bilico, in una posizione non troppo naturale e alquanto scomoda. Per fortuna Edoardo rientra dopo pochi minuti, da solo. Mi guarda spaventato e corre a sistemarmi di nuovo sul letto. Ma si può sapere che cosa ti sei messa in testa? Hai deciso di ucciderti o cosa?

    Io? Ribatto subito infastidita Tu piuttosto cosa ti sei messo in testa! Perché sei andato fuori a parlare col dottore? Hai promesso di aiutarmi e invece…

    Invece sei fuori strada, e non so nemmeno come tu possa pensare una cosa del genere. Ho detto al dottore che a te avrei pensato io, guarda un po'… interviene lui con freddezza sono sempre un medico d'altronde, ho ancora un minimo di credibilità. Gli ho garantito che resterai a riposo, a casa, e che avrai costantemente accanto qualcuno che ti assista nella fase di recupero…

    Io abbasso lo sguardo imbarazzata. Sono sempre la solita istintiva, quando mi metto qualcosa in testa parto in quarta e asfalto chiunque mi si pari davanti. Solo che stavolta ho toppato alla grande e con Edoardo per di più. Perdonami… gli dico allora tutto questo mi ha sconvolta, io…io non so neanche più chi sono. Sono confusa e…disorientata, spaventata. Sento un'angoscia così profonda che a stento riesco a respirare, un senso di irrequietezza ingestibile. Vorrei soltanto tornare alla normalità, per quanto possibile. Vorrei abbracciare Gabriele, mia madre, Elena…vorrei…vorrei essere di nuovo me stessa

    Lo so, Emilia…hai ragione aggiunge lui stringendomi non posso neanche minimamente immaginare come ti senti ed è per questo che ho deciso di aiutarti. Però non puoi ignorare i tuoi bisogni, né avere fretta di recuperare il tempo perduto. Sei qui, davanti a me, mi stai parlando. Posso stringerti la mano, sei calda, morbida. Hai idea di che miracolo sia questo? Hai idea di che paura ho avuto di perderti per sempre? Ti giuro Emilia, io…

    Le parole gli si stroncano di colpo, interrotte da un fragoroso e disperato pianto. Io resto di sasso, incapace di qualunque reazione. Vorrei donargli almeno un po' di conforto ma non riesco, non ne sono capace. È come se fossi imprigionata in un corpo di pietra, come se le mie emozioni fossero tenute in ostaggio da qualcosa di sconosciuto. È come se fossi invisibile a me stessa, difficile da spiegare. So soltanto che sono qui, inerme, mentre la vita fuori scorre veloce. Guardo Edoardo, guardo i suoi occhi rossi e distrutti. Riesco a intravederci il mio riflesso, pallido e distorto. D'istinto mi porto le mani al viso, sento le ossa sporgenti sotto le dita. Vorrei chiedergli uno specchio ma non credo di avere il coraggio di guardarmi adesso, temo che non mi riconoscerei. Una forte fitta allo stomaco mi toglie il fiato, improvvisa e acuta. Mi piega in due dal dolore in meno di un secondo. Sono stanca. Così stanca che non trovo neanche le forze per lamentarmi. Sono troppe le cose nella testa, un groviglio di pensieri senza un capo né una coda. Magari tutto questo è solo un sogno. Magari Edoardo non è di fianco a me. Magari non mi sta parlando sul serio. Magari io non ci sono. Non sono qui. Sono altrove. Chissà dove. Ho sonno. Chiudo gli occhi anche se ho smesso di vedere già da un po' ormai. Il buio mi ha preso ancora e adesso voglio soltanto smettere di pensare.

    Capitolo II

    Sono di nuovo su quella spiaggia. A piedi nudi sulla riva bagnata da piccole onde, inquieta aspetto che Federico ritorni. Lui però non lo fa.

    Non so da quanto stia qui ad aspettare, potrebbe essere un’ora oppure un anno, non fa molta differenza. Qui è tutto molto labile e sbiadito. Persino il sole non ha il suo solito colore. Tutto tace. Di tanto in tanto provo ad urlare il suo nome con vigore sperando che mi senta. Però lui non mi sente e non mi sento neanche io. La mia voce resta chiusa nel petto, incastrata nella disperata angoscia che sento. Le gambe iniziano a farmi male, temo di cedere da un momento all'altro. Una lacrima mi cade dagli occhi e si mischia col mare blu scuro. Faccio qualche passo indietro in preda allo sconforto. Sono stanca ma qui non c'è riparo per me. Un piccolo giaciglio dove rintanarmi, qualcosa con cui scaldarmi, niente. Mi siedo sulla sabbia e mi stringo nelle spalle. Sospirando, mi rassegno ad aspettare. Ancora. Poi di colpo, un vento caldissimo mi avvolge tutta. È come un vortice che mi circonda. Caldo, rassicurante. Sento delle piccole mani sulle spalle. Le sento perfettamente anche se non le vedo. Mani minute. Mani tenere. Mani della misura del cuore. Cerco di afferrarle, a fatica. E finalmente le prendo. Le stringo forte. Mi stringono. Mi cercano. Mi trattengono. Lentamente tutto quello che ho attorno inizia a scomparire. Il mare sbiadisce poco a poco, il cielo diventa un manto nero che mi piomba addosso. Dopo poco non ci sono neanche più io. Niente, non c'è più niente. Un'ansia terribile mi assale. Come farà a trovarmi penso. Come farà a trovarmi adesso che è buio. Non mi vedrà, Federico non mi vedrà.

    Poi una voce. Sottile, soave, morbida. Una voce che è melodia. Apri gli occhi mi ripete. Io però non so che fare. Ero convinta di averli già aperti gli occhi però lui insiste. Apri gli occhi, ti prego, aprili e poi ancora e ancora. Apri gli occhi mamma

    Quella parola mi fa balzare, come il rumore di un grosso vaso che si frantuma di colpo per terra in mille pezzi. M A M M A. Esiste parola più dolce?

    Mi concentro al meglio che posso e cerco di trovare una via d'uscita in questo labirinto incasinato che mi ritrovo nella testa. Poi, finalmente, apro gli occhi. Piano. Molto piano. Il soffitto sembra stare ad un palmo dal mio naso ma è soltanto una mia impressione. È un soffitto familiare questo, bianco come la neve. Così bianco che la luce ci si riflette contro creando un effetto specchio che un po' mi acceca. Mi tornano in mente come flash tutte le volte che son rimasta ad osservare questo soffitto come se fosse la cosa migliore che potessi fare. Mi guardo attorno un po' spaesata e un po' incredula. Com'è possibile che stia qui davvero? mi chiedo. Solo un attimo fa ero in una stanzetta umida e buia di ospedale con accanto Edoardo e adesso invece sono nel letto di casa mia. Impossibile. Accarezzo delicatamente le lenzuola

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