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I Film in Testa
I Film in Testa
I Film in Testa
E-book134 pagine1 ora

I Film in Testa

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Info su questo ebook

Tommaso non è un ragazzo come gli altri. Da qualche tempo, è convinto di avere un potere soprannaturale, di poter vedere oltre la superficie delle cose. Per questo motivo, ha deciso di tenere un diario, dove appunta le sue sensazioni, le sue visioni e tiene traccia del suo umore.

Gli amici gli dicono che è un ingenuo, che si inventa le cose, che si fa "i film in testa". Ma Tommaso crede fermamente nel suo potere ed è disposto a tutto per provarlo, specie da quando lui ha cominciato a parlargli e a indicargli la strada giusta da percorrere.

Il problema è che nelle ultime settimane un sogno ricorrente sembra perseguitare Tommaso. L'immagine di un uomo dagli occhi azzurri con una ferita in mezzo alla fronte non lo lascia dormire in pace. Ma che cosa c'entra con la sua vita? Dove l'ha già visto?

Saranno queste domande a condurre Tommaso in un vortice, dove la realtà e la fantasia si mescoleranno forse irreparabilmente.

LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2023
ISBN9798223137207
I Film in Testa

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    Anteprima del libro

    I Film in Testa - Giuseppe Cristiano

    3 aprile 2019, adesso

    Il cuore mi martella forte nel petto. Mi porto le mani sul volto, le lascio scorrere sugli occhi e provo a serrarli per bene. Non sto capendo niente in questo momento. L’unica cosa che so è che non voglio vedere.

    Dove sono? Cosa è successo ieri sera? Sono sdraiato o sono in piedi? Sento la canotta sudata, mi si appiccica addosso. Lascio scivolare il piede verso la mia destra e mi accorgo che un leggero venticello si intrufola e rinfresca tutto il mio corpo ansimante. Finalmente, sento il rassicurante tepore del materasso sostenere tutto il peso del corpo.

    Mi lascio andare a un sospiro di sollievo.

    Che sciocco, è stato solo un altro brutto sogno. Che cosa io abbia sognato questa notte rimane un mistero, non riesco proprio a ricordarlo. Sarà stato senza ombra di dubbio qualcosa di tormentato e pauroso, a giudicare da come mi sento.

    Faccio scorrere le dita a lungo sulle guance, le mie guance. Piccoli peli ispidi mi pizzicano ribelli i polpastrelli e separano, come se fossero un muro di cinta, le mie dita dalla familiare morbidezza del mio stesso volto.

    Faccio schioccare la lingua, sbuffo e mi rigiro sotto le coperte. Oggi devo radermi di nuovo. Com’è possibile che ogni due giorni questi peli ricrescano imperterriti? Perché nei film che guardo non c’è quasi mai nessuno che si rade il volto? Questa, come altre azioni della vita come mangiare, bere, dormire, mi disgustano. Sì, mi disgustano perché tolgono tempo alla mia vita vera, la vita spirituale, quella che vorrei vivere sempre.

    E invece, loro – i peli – mi riportano immancabilmente alla realtà. Per un momento, immagino i peli formarsi, ognuno dentro il proprio bulbo, neri e irsuti, e poi spingere verso l’esterno. Li immagino come se avessero sotto di loro delle piccole zampe, come se anche loro ansimassero, tutti stretti sotto la mia cute che li trattiene e li avvolge, nello sforzo di uscire all’aria aperta, di spuntare. Esiste forse uno strumento tanto potente da poter registrare il rumore dello sfregare dei peli che crescono sotto l’epidermide?

    Apro gli occhi.

    Tutto è come l’ho lasciato ieri. Riconosco il poster dei Joy Division, con le parti bianche che riflettono i pochi raggi del sole. Riconosco anche la locandina del "Castello errante di Howl" di Hayo Miyazaki. Non c’è molta luce nella mia stanza. A me piace dormire così, nella semioscurità, mi sembra l’ideale per far viaggiare la mente e riflettere sulle cose che mi succedono durante il giorno. Mi rigiro un po’ tra le coperte, prima di strofinarmi forte gli occhi con il dorso delle mani.

    Mi piace riflettere anche sui sogni appena fatti, ho bisogno di ricordarli per rimanere in contatto con la mia interiorità. Laura direbbe che sono un INTP, non senza una leggera compiacenza nel tono di voce. E non senza un disprezzo verso la mia passione per i film e per i cartoni.

    «Non sai stare nella realtà!», mi dice sempre. «Tu ti fai i film in testa!».

    Non so se lei ha ragione, ma il fatto di non ricordare il sogno appena fatto mi lascia perplesso. Anzi, mi lascia davvero agitato, mi sembra che qualcosa sia irrimediabilmente fuori posto. Lo sgomento provato al risveglio potrebbe essere giustificato solo da immagini potenti, spaventose. E infatti, il sogno mi è sembrato così vivido, così forte da sembrarmi quasi reale. Certo, non sarebbe la prima volta che non ricordo un sogno al risveglio. Anzi, in altre situazioni l’avrei lasciato andare e mi sarei alzato per cominciare ad affrontare la mia giornata.

    Ma la sensazione di realtà che ora mi porto ancora addosso, mi stravolge così tanto da lasciarmi sospeso, come se potessi rimanere tra il sogno e la veglia. È come se da qui, guardando al passato, potessi essere in grado di vedere quello che mi sono lasciato dietro.

    E invece, con i sogni è sempre solo una questione di ricordare, più che di vedere.

    Mi paralizzo. Ecco, un’immagine sì, un’immagine mi torna alla memoria. Un’immagine orribile.

    Mi guarda. Anzi, mi fissa. I suoi occhi azzurri fissano i miei rimandando non il mio riflesso, ma una vacuità spettrale. Sì, questo volto è spaventoso perché intorno all’iride non c’è luce. O, per meglio dire, non c’è una fonte di luce riconoscibile, ma una luce totale. Come se quegli occhi avessero visto una luce sovrumana, che non ha bisogno di una fonte luminosa per esistere.

    Strizzo gli occhi, cerco di ricordare maggiori dettagli di quel volto rosso. Un volto arrossato, ecco. Forse arrabbiato o spaventato, forse agitato da una corsa o uno sforzo fisico recente. Ma ecco che il rossore delle sue guance va via lentamente, lentamente... come tante foglie di un albero durante l’autunno. Scivola via... Vola via... Lascia spazio a un bianco inumano, un bianco pallido e malato, di morte...

    Rabbrividisco. Adesso non voglio più ricordare, non voglio più pensare. Voglio mettere un freno a queste immagini infernali, voglio tornare alla realtà e dimenticare questo sogno.

    Ma ecco che una volta innescato il circolo dell’orrore, non c’è più possibilità di arrestarlo.

    Ricordo il sangue. Un rivolo di sangue rosso vivo, proprio sulla fronte, proprio in mezzo a quei due occhi azzurri, persi eppure giudicanti, fissi eppure severi.

    Non ho più il coraggio – o la possibilità – di nasconderlo a me stesso.

    Quest’uomo è morto. Senza dubbio, è morto.

    Non c’è più ambiguità nella sua postura, nel suo sguardo, nel sangue e nel rossore che scivola via... Non c’è più vita nel corpo di quest’uomo. La vita è anch’essa scivolata via, come le foglie dell’autunno.

    Sussulto, nella veglia come nel sogno.

    E io? Cosa devo fare? Devo salvarlo? Devo nasconderlo?

    Lo tengo stretto. Sì, le mie mani lo afferrano bene nell’incavo delle ascelle, lo sollevano quasi come fosse un bambino troppo pesante che fa i capricci. Avvicino il mio viso al suo. Non mi sarei mai aspettato fosse così pesante, così difficile da reggere. Provo a scuoterlo, a osservarlo da vicino.

    «Devi ascoltarmi, ti guiderò. Portami in un posto sicuro, ti prego».

    Mollo la presa immediatamente e lui cade sulla terra umida. La sua testa rimbalza per un po’, prima di voltarsi verso di me con un ghigno. Lo guardo inorridito, la sua bocca si muove ancora, ma non riesco a sentire cosa dice.

    Scatto a sedere e apro gli occhi. La semioscurità della mia stanza illumina nuovamente la mia visione.

    Sì, un altro cattivo sogno, o forse...

    Un altro dormiveglia, come al solito. O forse...

    No. Basta. Non posso continuare con questo gioco, è troppo pericoloso.

    Mi alzo in piedi e comincio a vestirmi. Devo interrompere questi pensieri, devo impedir loro di prendere il sopravvento. So cosa devo fare adesso. Devo darmi da fare, devo entrare nel regno dei vivi, nel mondo della veglia.

    Se la mia mente mi avverte che c’è qualcosa di pericoloso, allora devo per forza darle retta. Il mio istinto ha già dimostrato molte volte di avere sempre ragione.

    Devo dimenticare.

    So cosa farò. Apro le persiane e la luce finalmente invade la mia stanza. Storco il naso disgustato. In controluce, posso vedere nugoli di polvere sollevarsi per l’aria, svolazzare imperterriti dall’armadio alla scrivania, dalla porta al letto. Afferro il mio immancabile Swiffer che tengo sempre nell’anta del mobiletto che regge il computer. Inizio a spolverare le superfici, le ante, il davanzale della finestra. Poi, prendo lo spray e comincio a spruzzare i vetri, a nettarli bene, li strofino con un foglio di giornale.

    Abbasso il braccio e strizzo gli occhi. Sì, mi sembra che siano abbastanza lucidi anche per oggi, posso sopportare una sbavatura sul bordo. Anzi no, non posso proprio sopportarla. La strofino di nuovo con il foglio di giornale, con un rinnovato vigore.

    Poi scosto lo sguardo e mi dirigo verso il letto. Lo rifaccio, seguendo la solita procedura. Lenzuola, coperta, cuscino. Sbatto il cuscino tre volte per lato, lo copro con le lenzuola e con la coperta. Bene, adesso è tutto in ordine, o almeno così mi sembra per il momento.

    Inspiro ed espiro con gusto. Noto con soddisfazione che le mie braccia e le mie gambe hanno smesso di tremolare, anche questa volta il mio rituale ha funzionato.

    Eppure, sento che ancora qualcosa non va... Inizio a pensare alla Collina...

    No, basta. Non posso permettermi di tornare su quell’argomento. Cerco di rimanere concentrato sul mio respiro, mi strofino la testa con una mano.

    Oggi sembra una giornata difficile, ma devo riuscire a essere io al comando, non devo permettere ai miei pensieri di prendere il sopravvento.

    Apro il cassetto del comodino e afferro un quadernino rosso, ben serrato. Mi siedo deciso alla scrivania. Leggerò le pagine del mio diario questa mattina. Ho bisogno di rimanere il maggior tempo possibile appigliato alla realtà, come mi ha consigliato di fare il mio amico psicologo.

    E poi proprio oggi è il giorno del nostro appuntamento e più tardi dovrò andare a fargli visita. Quindi se rinfresco la memoria su quello che io stesso ho vissuto e scritto, sicuramente non potrà farmi

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