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Il Tocco Superno: La via della sensualità multidimensionale
Il Tocco Superno: La via della sensualità multidimensionale
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E-book448 pagine6 ore

Il Tocco Superno: La via della sensualità multidimensionale

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Info su questo ebook

Da una prospettiva multidimensionale le nostre relazioni umane sono un frammento di quanto esiste a un livello più ampio di coscienza, forme di autismo cronico, il prodotto di un mondo separato che da tempi ancestrali consideriamo come l’unica realtà. Ogni relazione umana coinvolge una rete infinita di universi paralleli, piani invisibili e visibili di ogni grado. Queste connessioni sono intimamente presenti nelle nostre relazioni anche se non siamo disposti a riconoscerle.

Per uscire dal dramma umano occorre che siamo aperti a esplorare la natura multidimensionale dei nostri sensi fisici e ad avere un’esperienza diretta di quel che accade oltre i limiti del nostro paradigma. Questa è la funzione specifica del Tocco Superno, un metodo di guarigione spirituale finalizzato al rilascio della percezione separata e al recupero della nostra sensualità multidimensionale. In questo testo sono raccolti estratti da seminari sull’argomento. La prima parte del libro delinea la visione che anima il Tocco, mentre la seconda tratta gli aspetti tecnici e descrive una serie di pratiche.
LinguaItaliano
Data di uscita26 ott 2020
ISBN9788831697477
Il Tocco Superno: La via della sensualità multidimensionale

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    Anteprima del libro

    Il Tocco Superno - Franco Santoro

    Universe.

    1. GUARIGIONE MULTIDIMENSIONALE

    La guarigione è l’effetto di menti che si uniscono, come la malattia viene da menti che si separano (Un corso in miracoli)³.

    Nel linguaggio comune il termine guarigione implica il passaggio da uno stato di malattia a una condizione di salute e benessere. Una chiave per comprendere cosa intendo qui per guarigione è fornita dal corrispettivo inglese healing, derivato dal protogermanico hailjan, ossia letteralmente rendere intero, unire. Questo vocabolo evidenzia la relazione tra guarigione e unità, insieme al nesso tra malattia e separazione. Nel Tocco il recupero della salute è un processo di unificazione che comporta il rilascio della percezione separata dell’esistenza e il ripristino di una consapevolezza multidimensionale. Sebbene da questo punto di vista la guarigione sia intesa chiaramente come ritorno a uno stato originario di unità, guarire⁴, nella lingua italiana, così come in ogni linguaggio convenzionale, vuol dire prima di tutto curare con successo una malattia fisica.

    La guarigione secondo la prospettiva del Tocco non è necessariamente in relazione con la salute fisica perché il malanno non si riferisce al corpo. La malattia riguarda l’identificazione esclusiva con il corpo fisico, laddove la cura consiste nel risveglio dei nostri corpi alternativi e nel ripristino delle loro funzionalità.

    La guarigione multidimensionale non si occupa di malanni e medicine in senso convenzionale. L’unica certezza che hai della tua vita materiale è quella della morte. Quindi di per sé la vita fisica è una malattia incurabile. Secondo questa prospettiva, finché ti immedesimi con un corpo umano soffri di una malattia a prescindere dal tuo stato di salute materiale, mentre una malattia fisica, anche estrema o fatale, può innescare un processo di massima guarigione se contribuisce a recuperare la consapevolezza della tua natura multidimensionale.

    La malattia quindi non ha nulla a che fare con le condizioni del corpo fisico, ma è connessa all’incapacità di percepire chi sei davvero. Evitare la malattia o morte fisica non è affatto lo scopo primario delle pratiche sciamaniche, come sottolinea Jeanne Achterberg:

    La nostra sfiducia occidentale verso questi sistemi spesso deriva dall’osservazione che la guarigione sciamanica può non essersi risolta con un prolungamento della vita. La guarigione, per lo sciamano, è una questione spirituale. Si ritiene che la malattia abbia origine nel mondo dello spirito, dal quale prende il suo significato. Lo scopo stesso della vita è quello di essere iniziati nelle regioni visionarie dello spirito, e mantenersi in sintonia con tutte le cose sulla terra e nel cielo. Perdere la propria anima è l’eventualità più grave tra tutte perché potrebbe eliminare qualunque significato della vita, ora e per sempre. Pertanto, il proposito di molte guarigioni sciamaniche è in primo luogo nutrire e preservare l’anima, e proteggerla dall’eterno peregrinare⁵.

    La malattia nell’ottica sciamanica è, in breve, l’assenza o l’indebolimento della comunione con ciò che esiste oltre la percezione separata del corpo fisico e del mondo ordinario.

    La separazione o l’identificazione con un corpo fisico separato non è tuttavia di per sé negativa. Il problema si pone quando diventi vittima di questa condizione, per cui la consideri come l’unica opzione possibile o non sai più come uscirne, pur percependo realtà alternative.

    Se ti trovi a tuo agio in un corpo fisico e ti soddisfa vivere solo nella realtà materiale, non ha molto senso farsi dei problemi. Al contrario, si tratta di onorare la propria esperienza e rallegrarsene senza farsi influenzare da chi vuole guastarti la festa con argomentazioni strane, come quelle di questo libro. Del resto, ogni ricercatore multidimensionale, incluso il più convinto, dovrebbe a mio vedere accettare anche l’eventualità che la dimensione fisica sia l’unica effettiva realtà, piuttosto che definirla a tutti i costi un’illusione. La multidimensionalità comporta in primo luogo l’accettazione della simultanea presenza di molteplici paradigmi, incluso quello della separazione.

    La guarigione non implica eliminare la separazione e sostituirla con l’unità, al contrario comporta permettere a entrambe queste percezioni di coesistere senza che nessuna di esse si imponga come valore assoluto. La cura implica diventare consapevoli dei molteplici livelli di esistenza, uniti e separati, alti e bassi, positivi e negativi. Ciò comporta imparare a riconoscere ogni aspetto della tua natura, senza identificarti unicamente né entrare in conflitto con nessuno di essi. Questo implica anche essere tolleranti e accettare che, forse per complessi motivi strategici, certi aspetti della tua natura talvolta creino ostilità e scontri con altre realtà o le ignorino ed escludano del tutto. Guarigione vuol dire essere liberi di scegliere, sia che si tratti di unità o separazione, pace e conflitto, garantendo questa autodeterminazione a ogni parte di te.

    Quando la separazione è il risultato di una tua decisione, allora non è da ritenersi una malattia. Lo stato di salute è una condizione che implica la libertà di scelta, insieme anche alla capacità di comprendere quali decisioni siano più valide in base alle circostanze e idealmente secondo una prospettiva multidimensionale.

    La moltitudine che non si riduce all’unità è confusione; l’unità che non dipende dalla moltitudine è tirannia (Blaise Pascal, Pensieri, 809).

    Due vie di guarigione

    L’uomo è malato perché è mal costruito. Bisogna decidersi a metterlo a nudo per grattargli via questa piattola che lo rode mortalmente: dio, e con dio i suoi organi, perché non c’è nulla di più inutile di un organo. Quando gli avrete fatto un corpo senza organi, l’avrete liberato da tutti gli automatismi e restituito alla sua libertà (Antonin Artaud)⁶.

    Ci sono due vie di guarigione, antitetiche fra loro e in apparenza incompatibili. Una opera per la separazione e l’altra per l’unità. La separazione è l’idea di non fare parte dell’unità. Dal punto di vista dell’unità la separazione è irreale, poiché c’è solo unità, sebbene all’interno dell’unità sia possibile formulare l’idea che la separazione esista e credere a questa congettura fino a farla diventare la base di ogni aspetto della vita cosciente di chi ci crede.

    Nella prospettiva della separazione il modo ordinario di concepire la guarigione consiste nel conseguire un obiettivo di benessere o sanare una situazione di malessere secondo la percezione pressoché esclusiva di una parte, procedendo nella maggioranza dei casi a scapito di, o in antagonismo con, un’altra parte.

    È del tutto legittimo volere che le cose vadano bene quando per te non funzionano. Quel che conta prima di tutto è la tua consapevolezza di un problema e la volontà di risolverlo. Il problema si pone tuttavia quando ti ostini a mantenere solo la tua percezione di ciò che va male o bene, senza alcuna disponibilità ad aprirti a una prospettiva più ampia, e soffrendone di conseguenza.

    La via di guarigione fondata sulla separazione mira a guarire secondo un punto di vista smembrato, sconnesso da una realtà più ampia. Per un fabbricante di armi, la salute della sua azienda risulterebbe compromessa dall’assenza di guerre, così come per un’azienda farmaceutica ci sarebbero dei problemi se la gente si ammalasse di meno. La guarigione ordinaria considera solo quello che va bene o male secondo una data persona o un gruppo limitato di individui, senza darsi conto degli altri. Questo io, che vuole stare bene solo per i fatti suoi o con chi gli pare, è l’ego. Dall’inizio, quindi il suo scopo è quello di essere separato, di bastare a sé stesso e non dipendere da altro potere che il suo. Ecco perché è il simbolo della separazione (Un corso in miracoli)⁷.

    La via di guarigione che aspira all’unità parte anch’essa da un sintomo di malessere personale. Riconosce dapprima il disturbo e come dovrebbero andare le cose secondo un’idea circoscritta di benessere, poi si apre a una soluzione più estesa. Il primo punto, ossia riconoscere la propria prospettiva, è essenziale appunto perché è il primo. Senza di esso non ci può essere il secondo. Una volta che hai considerato come tu vedi una data situazione e valuti come sanarla, il processo di guarigione comporta aprire i tuoi orizzonti e considerare diverse prospettive. Attraverso la guarigione fondata sull’unità ci può essere sia l’eliminazione del sintomo di malessere in base alle proprie valutazioni o una sua comprensione e accettazione che permette d’inquadrarlo in una più vasta e appagante soluzione di benessere.

    Ciò che crea una gran confusione in questo mondo è che riguardo al benessere e alla felicità che ne deriva esistono dei condizionamenti molto profondi. In genere percepiamo questi valori tramite esperienze che sono accettate socialmente come positive. Questo causa costante sconforto perché per molte persone queste esperienze non sono realizzabili. Vi sono impedimenti fisici, economici, politici e di altra natura che non permettono la manifestazione di molti obiettivi indipendentemente dalla volontà e dall’impegno di quanti ne sono portatori. Il problema è che la felicità che si fonda su conseguimenti e circostanze fisiche è piuttosto precaria, sia che realizziamo un desiderio o meno, poiché qualcosa che abbiamo acquisito sul piano materiale rischia costantemente di venirci a mancare.

    La felicità perseguita nella guarigione fondata sull’unità non dipende da qualcosa che accade a livello fisico, bensì da un’esperienza diretta che, seppure possa essere inizialmente associata a una specifica circostanza materiale, mantiene la sua capacità di continuare a esistere in qualunque altra contingenza.

    Uno dei grandi paradossi nella guarigione spirituale è che spesso le esperienze più significative di felicità giungono alle persone in momenti della vita in cui, da un punto di vista convenzionale, non c’è proprio motivo per essere contenti. Tutto va male, eppure qualcosa succede che genera un’esperienza di felicità incredibile e inaspettata. La gioia scaturisce dal piano interiore e permette di provare uno stato d’inviolabilità rispetto a qualunque circostanza fisica avversa.

    Questo tipo di guarigione è particolarmente evidente quando giunge in aiuto a una parte di noi che si sente intrappolata nella materia e nei condizionamenti della realtà consensuale. Il suo scopo è risvegliare la coscienza dalla percezione della separazione. Tale guarigione esorta la parte addormentata in noi a ritornare alla realtà unitaria dell’esistenza, ma non attraverso prediche, idee e argomenti, bensì mediante un’esperienza diretta.

    Astrologia e sciamanesimo

    La vita è un Tutto unico. Solo se riuscite a percepire questa globalità, potrete comprendere l’astrologia; altrimenti, non ci riuscirete mai. L’astrologia è un aspetto, una dimensione della spiritualità: è la scienza della totalità, dell’unione, della non-dualità (Osho)⁸.

    La consapevolezza dell’unità dell’esistenza è la caratteristica dominante dello sciamanesimo così come dell’astrologia. Il presupposto di entrambi i metodi è che il mondo interiore ed esteriore, e tutto quello che percepiamo come disgiunto da noi, sono solo il riflesso della stessa totalità. Sebbene ciò sia indiscutibile, pure da un punto di vista scientifico, l’uomo si riduce a vivere nella convinzione di esistere come entità autonoma e separata. L’investimento in questa credenza è talmente radicato da dare forma alla nostra percezione della realtà, una precisa e articolata allucinazione che si rivela in ogni aspetto della vita umana. La struttura di questa percezione è definita con il termine ego.

    All’inizio del procedere lineare del tempo accadde qualcosa che generò un trasferimento dalla coscienza dell’unità a quella della separazione. Le tradizioni dell’umanità forniscono numerosi miti e metafore di questo processo, alcuni piuttosto popolari, altri meno noti.

    Secondo la tradizione orfica, la separazione ebbe luogo allorché l’uovo cosmico, rappresentativo dell’unità, si ruppe in due parti che diventarono il modello di tutte le polarità. L’impulso immediato che derivò da questa separazione fu il desiderio di riunione con l’altra parte. A tale scopo, Eros uscì dal guscio e nacque l’amore. La percezione delle dualità, maschile e femminile, spirito e materia, bene e male è il prodotto del processo di separazione stesso.

    Negli insegnamenti del manicheismo i due principi coeterni, corrispondenti al reame della luce e a quello delle tenebre, esistevano in uno stato di pacifico equilibrio precario finché le tenebre non decisero di attaccare e invadere la luce. Ne derivò un conflitto che originò il cosmo e l’uomo visibile, causando l’intrappolamento di parti di luce nelle tenebre. L’umanità e l’universo possiedono quindi una mescolanza di luce e tenebre, bene e male. La guarigione in questo caso comporta liberare le parti di luce bloccate nell’oscurità, facendole risalire verso la luce e ripristinando la loro unità originaria.

    L’astrologia, nella sua forma più profonda e incontaminata, è uno strumento inteso a facilitare il ritorno all’unità. Partendo dalla percezione separata dell’esistenza, essa opera tra gli esseri umani al fine di risvegliare la consapevolezza multidimensionale. In altre parole, poiché siamo bloccati nella visione del mondo frutto della credenza nella separazione, l’astrologia parte da questa stessa percezione distorta per condurci oltre. L’astrologia, così come altri strumenti di trasformazione, per rivelare la realtà multidimensionale dell’universo impiega il primo linguaggio che l’uomo è in grado di comprendere: quello della separazione. L’astrologia a cui mi riferisco è un’astrologia esperienziale, ove il simbolismo dello zodiaco si traduce in esperienze vive e concrete. Questo tipo di astrologia costituisce la via di ritorno alle origini primordiali del linguaggio astrologico, inteso come strumento sciamanico di dialogo e comunione diretta con le forze dell’universo.

    L’astrologia è la più antica forma di linguaggio simbolico, mentre lo sciamanesimo è il più remoto e diffuso sistema di guarigione. Il termine sciamanesimo è una convenzione accademica creata dagli antropologi, e in seguito adottata dalla cultura ufficiale, per identificare pratiche di guarigione assai diffuse e antiche, che un tempo erano riconosciute con altri nomi. La parola sciamano deriva da saman, la traslitterazione russa di un termine usato dalle tribù tunguse in Siberia che significa uno che vede nel buio.

    Uno sciamano è un essere umano che per sua scelta entra in uno stato multidimensionale di coscienza per relazionarsi con realtà normalmente estranee agli esseri umani ordinari per acquisire saggezza, estasi, potere o per scopi di guarigione. Egli ha accesso a territori sconosciuti, e allo stesso tempo anticamente familiari, che offrono conoscenze profonde sul significato della vita e del ruolo di ciascun individuo nella globalità dell’esistenza. Il tratto distintivo degli sciamani è rappresentato da una percezione chiara ed esperienziale di questa totalità, che consente di apportare guarigioni nella vita di coloro che ne sono privi.

    Contenitore e contenuto

    Gesù disse: Se porterete alla luce quello che è dentro di voi, quello che porterete alla luce vi salverà. Se non porterete alla luce quello che è dentro di voi, quello che non porterete alla luce vi distruggerà (Vangelo di Tommaso, 70)⁹.

    Lo sciamanesimo comprende un insieme di pratiche il cui fine è risvegliare la coscienza operativa della nostra identità multidimensionale. L’esperienza sciamanica dimostra che sussistono molteplici identità, universi e dimensioni. La caratteristica della realtà ordinaria è l’identificazione esclusiva di ogni anima con una data forma fisica collocata nella limitazione di una determinata frequenza percettiva. La percezione e il riconoscimento esclusivo di tale frequenza e identità fisica costituiscono la credenza umana dominante. Attraverso l’esperienza sciamanica è possibile esplorare altre frequenze e avvedersi che il corpo fisico, con cui nella realtà ordinaria definiamo la nostra identità, è semplicemente uno tra i tanti corpi possibili. Essendo la percezione ordinaria dell’identità umana limitata al solo corpo fisico, ne risulta un fraintendimento letale che, secondo l’ottica di guarigione astrosciamanica, è la causa principale dei dolori che affliggono gli esseri umani. Si tratta di confondere il corpo fisico con la mente, lo spirito o altre entità alternative che sembrano così assumere sembianze materiali. Ciò equivale a confondere l’abito con l’indossatore, il contenitore con il contenuto.

    Prendiamo come esempio la bottiglia di acqua minerale accanto al mio tavolo. Questa bottiglia racchiudeva un tempo la marca di acqua indicata nell’etichetta, mentre ora è usata per contenere l’acqua filtrata del rubinetto. La stessa bottiglia potrebbe anche contenere altri tipi di liquidi con colori simili all’acqua, come gazzosa, grappa, vodka, alcool, acqua ossigenata. L’aspetto può indubbiamente trarre in inganno gli organi visivi ordinari. Se impiego altri sensi come l’olfatto o il gusto, ecco che sono in grado di riconoscere che si tratta, per esempio, di grappa e non di acqua. La bottiglia, anche se può essere associata a un contenuto, non lo contiene necessariamente. Del resto, anche nel caso in cui la bottiglia contenga effettivamente l’acqua dichiarata, c’è sempre una sostanziale differenza tra la bottiglia e l’acqua, tanto che una bottiglia può pure essere vuota. Oltre alle bottiglie, vi sono anche altri tipi di contenitori usati per immagazzinare liquidi, come damigiane, botti, cartoni. Per di più si può accedere all’acqua anche senza un contenitore, prendendola direttamente dalla fonte.

    L’attenzione del lavoro sciamanico dona risalto in primo luogo al contenuto. Questo non significa che il contenitore sia privo d’importanza. Esso svolge un ruolo fondamentale quando permette al contenuto di essere protetto, preservato o rappresentato a un livello simbolico su piani che non ne consentono un’esposizione diretta. Le conseguenze sono tuttavia nefaste quando il contenitore blocca e impedisce l’accesso al contenuto, negandone l’esistenza e sostituendosi interamente a esso. In questo modo il contenuto risulta invisibile e non è più disponibile nel campo percettivo di una coscienza separata fondata sull’occultazione di quanto può compromettere il suo autismo.

    Lo sciamanesimo privilegia l’esperienza degli stati interiori di coscienza all’attenzione al mondo visibile delle forme. Ciò che vediamo con gli occhi umani cambia secondo i sistemi di credenza. Se la credenza in questione implica la negazione di altre dimensioni, la percezione che ne deriva si adegua di conseguenza. Quindi queste dimensioni non saranno visibili. Quando il pensiero dominante si fonda sulla separazione, quello che vedi appare separato. Il lavoro astrosciamanico si riferisce a una visione basata sull’unità, che tende a dare risalto alla comunione esistente tra le forme che il precedente modello di credenza percepisce come separate.

    Findhorn Foundation Cluny Hill, Forres (Scozia)

    La camera 23

    Negli alberghi e in certi edifici pubblici o residenziali ogni stanza è indicata con un numero invece che con un nome. Per esempio, per 12 anni la mia camera a Cluny Hill, il campus della Findhorn Foundation nel nord della Scozia, fu ufficialmente la numero 23. Non si chiamava la stanza di Franco, sebbene chi sapeva che quella era la mia camera poteva pure chiamarla in quel modo. Il fatto che quella stanza abbia il numero 23 permette di non confondere il contenitore con il contenuto. Ci posso essere io, ma anche qualcun altro. In effetti, poiché quella stanza è esistita dal XIX secolo, sono stati tanti coloro che l’hanno abitata prima di me. Inoltre, ci sono vissute altre persone da quando l’ho lasciata. Il numero ha sempre garantito l’anonimato e la neutralità. Certo, andando nel sottile, uno potrebbe riferirsi al significato esoterico del numero 23, su cui esiste pure un film¹⁰, e ricamarci delle considerazioni contenutistiche. In effetti, non esiste nulla di assolutamente neutrale in questo mondo. Idealmente è tuttavia preferibile cercare di operare nel modo più neutrale possibile.

    Un atteggiamento di neutralità è vitale per un ricercatore spirituale. In questo caso si tratta di evitare giudizi assoluti, avvedendosi che ogni valutazione può cambiare da soggetto a soggetto.

    Per esempio, quando la stanza 23 fu liberata dal suo precedente occupante venne affisso nella bacheca del college un annuncio che invitava quanti erano interessati a presentare una domanda. I criteri di priorità nell’assegnazione di un alloggio si basavano allora sull’anzianità dei candidati, per cui chi aveva vissuto più a lungo nella comunità aveva la precedenza. In quell’occasione c’erano due candidati: io e un membro più anziano. Quindi fu chiaro sin dall’inizio che dovevo rinunciare a quella camera e ripiegare su un’altra opzione. Quella persona, dapprima molto entusiasta, dopo pochi giorni cambiò improvvisamente idea. Si sedette accanto a me nella sala da pranzo comunicandomi la notizia e spiegando che la camera era troppo buia a causa dell’esposizione delle due finestre a nord e ovest. Preferiva quindi scegliere un alloggio luminoso dalla parte opposta, con finestre a sud e a est. A questo punto la camera 23, non essendoci altri candidati, era a mia disposizione e ciò mi rese soddisfatto, perché si trattava di una camera ideale da tanti punti di vista. L’unico inconveniente era quello delle finestre, ma il problema per me risultava assai diverso: la camera era troppo luminosa. Troppa luce passava attraverso quelle enormi finestre per cui proprio non riuscivo a concentrarmi mentre scrivevo. Inoltre, quando presi possesso della stanza era estate e nel nord della Scozia in quella stagione il cielo è buio solo per poche ore tanto che il sole sorge intorno alle 4 di mattina, per cui avevo difficoltà a riposarmi quando dormivo. Fu così che decisi di sigillare completamente una delle due finestre ponendogli sopra diversi strati di tende e attaccandoli alla parete con dei piccoli chiodi, avendo cura d’impedire il passaggio di ogni spiraglio di luce. Quella finestra rimase sigillata per dodici anni senza essere mai aperta.

    Un ricercatore multidimensionale necessita di prendere atto della sua percezione, ma allo stesso tempo essere cosciente che ci sono molte altre prospettive possibili e che nessuna di esse può considerarsi assoluta. Ogni percezione, come quella della presenza di luce o buio nella stanza, cambia in base al soggetto, alle circostanze temporali, al proprio intento e al linguaggio impiegato.

    Il linguaggio

    A volte, ad esempio, ci accorgiamo che i pensieri e le emozioni più personali non sono in realtà nostri. Pensiamo sulla base di lingue e di immagini che non abbiamo inventato noi, ma che ci sono state trasmesse dalla società (Alan Watts)¹¹.

    Se ti guardi attorno puoi notare che tutto ciò che vedi ha un nome. Ma anche nel tuo mondo interiore la situazione non cambia. Tutto ciò che senti, pensi e immagini ha un nome. Se in casi eccezionali c’è qualcosa o qualcuno a cui non sai dare un nome, allora chiedi o trovi qual è il suo nome, usi un nome che più gli assomiglia o che decidi tu. Altrimenti dimentichi completamente quel qualcosa o qualcuno. Se qualcosa o qualcuno non ha un nome non esiste. Cosa viene prima, il mondo che vediamo e sentiamo, o il linguaggio?

    In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio recita il prologo del Vangelo di Giovanni (1:1). Da una prospettiva multidimensionale tutto ciò che vedi e senti, l’intera realtà fisica, incluso il tuo stesso corpo, così come il passare del tempo, è un incantesimo prodotto dal linguaggio.

    William Burroughs, scrittore americano ed esponente della Beat Generation, sosteneva che gli esseri umani sono così condizionati dal linguaggio per cui ciò che credono essere la loro percezione fisica è solo un’allucinazione. Burroughs riteneva che il linguaggio umano fosse il risultato di un virus contratto in epoche remote dai nostri antenati. Egli credeva che per capire ciò che le persone dicono davvero occorre tagliare le loro parole per coglierne i significati nascosti all’interno. Fu l’inventore del cutup, una tecnica di collage applicata alla prosa, in cui lo scrittore taglia e ricombina parti di un testo rivelando nuovi significati e intuizioni da testi caotici.

    I linguaggi ordinari si basano su strutture gerarchiche ispirate da una logica binaria e separante che per sua natura non può comunicare l’esperienza multidimensionale appunto perché il suo scopo è negarne l’esistenza. Quindi ogni tentativo di esternare una percezione alternativa della realtà è destinato a fallire nel momento stesso in cui è impiegato un linguaggio convenzionale. Fortunatamente esistono i vuoti tra una parola e l’altra, sia grafici sia sonori, e le metafore (dal latino metaphŏra, trasferimento), che sono appunto trasferimenti di vuoto nelle parole. In effetti, è proprio tra questi vuoti che si cela l’esperienza e la sua comunicazione alternativa.

    Il punto di partenza è il vuoto e il silenzio perché, come scrive Dionigi Aeropagita:

    È nel silenzio infatti che s’imparano i segreti di questa tenebra della quale troppo poco è dire che brilla della luce più abbagliante in seno alla più nera oscurità, e che, pur rimanendo perfettamente intangibile e invisibile, riempie di splendori più belli della bellezza le intelligenze che sanno chiuder gli occhi¹².

    Questo è un luogo di pace indicibile, una vastità priva di suono da cui tutto sorge e ritorna. Da questo vuoto vibrante e immane una fiamma divina discende attraverso innumerevoli dimensioni. A ogni passaggio la luce si attenua e frammenta, finché raggiunge la materia e definisce la sua ultima forma. Nella cosmologia astrosciamanica i pianeti sono i modellatori di questa forma, che alla fine emerge come essere umano.

    Nel linguaggio sciamanico è importante prestare attenzione sia alla pienezza sia alla vacuità, sia all’emissione sonora sia ai silenzi. Nel vuoto e nel silenzio dimorano le radici dell’esperienza diretta, le conoscenze genuine che emanano da dentro e di cui il Tocco è portatore.

    Il Tocco è un linguaggio che ognuno di noi comprende, ma che tuttavia è alieno per la realtà convenzionale. La principale causa della sofferenza umana risiede nell’incapacità di comunicare in modo corretto. I problemi di relazione derivano da incomprensioni linguistiche. A questo punto è necessario rilassarsi poiché è assai arduo esprimersi con proprietà mediante le lingue convenzionali. I linguaggi moderni si fondano sulla contraffazione. Essi sono nati dalla necessità di occultare o manipolare qualcosa.

    In altre dimensioni la comunicazione pare procedere in modo immediato e trasparente. Semplicemente ti apri e come un cristallo propaghi ciò che hai dentro. Senza alcuno sforzo ognuno può capire quali sono le tue intenzioni. Questa è una capacità di cui siamo ancora dotati. Essa spaventa poiché, se vogliamo nascondere qualcosa agli altri, non è proprio ideale essere trasparenti come un cristallo. Allora decidiamo di occultare alcune parti di noi e renderle opache. Iniziamo a rimuovere la trasparenza. Mediante le parole possiamo comunicare qualcosa che è assai diverso da quello che pensiamo.

    Poiché l’attenzione è tutta rivolta al linguaggio esterno, pochi s’interessano allo spazio interiore. Il linguaggio è a tutti gli effetti il risultato di un’operazione di occultamento volta a impedire che gli altri possano scoprire ciò che abbiamo nascosto. Il fatto singolare è che tutti celano la stessa cosa e, nel frattempo, temono di esporla perché, come conseguenza della separazione, credono di essere gli unici ad averla dentro. Ciò ci confronta con il primo passo decisivo nel processo di guarigione: l’allacciamento della storia personale a quella collettiva.

    Si tratta anzitutto di sanare la ferita che ci separa dal resto del genere umano, di renderci conto che ogni gioia o tragedia della nostra vita fa parte di una storia che condividiamo con l’intero pianeta. Tale consapevolezza permette di guarire arcane lacerazioni, di riconoscere gli altri come fratelli e sorelle, di unirci in profondità, recuperando l’intima comunanza necessaria per procedere insieme e svelare con audacia i misteri invisibili dell’esistenza.

    Luce e tenebre, vita e morte, destra e sinistra, sono tra loro fratelli. Non è possibile separarli. Perciò né i buoni sono buoni, né i cattivi sono cattivi, né la vita è vita, né la morte è morte. Per questo ognuno si dissolverà nel suo stato originale. Ma coloro che sono al di sopra del mondo sono indissolvibili ed eterni (Il Vangelo secondo Filippo)¹³.

    _____________________

    ³ T-28.III.2:5.

    ⁴ Guarire deriva dall’antico germanicowarjan, difendere, proteggere.

    ⁵ Jeanne Achterberg, Imagery in Healing: Shamanism and Modern Medicine, Boston, Shambala, 1985, p. 17.

    ⁶ Antonin Artaud, Per farla finita con il giudizio di Dio, Sesto San Giovanni (MI), MIM Edizioni, 2019, p. 76.

    ⁷ T-11.V.4:5-6).

    ⁸ Osho Rajneesh, I misteri occulti dell’oriente: la dimensione nascosta della tradizione orientale, ECIG, 1993, p. 186.

    ⁹ In Elaine Pagels, Il vangelo segreto di Tommaso, 2005, Milano, Mondadori, p. 164.

    ¹⁰ Joel Schumacher, The Number 23, 2007.

    ¹¹ Alan Watts, Il libro sui tabù che ci vietano la conoscenza di ciò che veramente siamo, Roma, Ubaldini, 1978, p. 53.

    ¹² Dionigi Aeropagita, Teologia mistica, 1,1.

    ¹³ Il Vangelo secondo Filippo, in I vangeli gnostici, Milano, Adelphi, 1984, p. 50.

    2. INTENTO

    L’intento non è un pensiero, un oggetto o un desiderio. L’intento è ciò che può permettere a un uomo di riuscire quando i suoi pensieri gli dicono che è sconfitto. Funziona nonostante l’indulgenza del guerriero. L’intenzione è ciò che lo rende invulnerabile. L’intento è ciò che fa passare uno sciamano attraverso un muro, attraverso lo spazio, verso l’infinito (Carlos Castaneda)¹⁴.

    Il primo requisito nel lavoro di guarigione è l’intento. L’intento ti confronta direttamente con ciò che è tangibile e immediato nella tua esperienza di vita. Non si tratta quindi di un concetto filosofico, ma di una realtà concreta che vivi sulla tua pelle.

    La parola intento deriva dal verbo intendere, dal latino in verso e tendere tirare, volgere, mirare, ossia tendere verso. L’intento identifica cosa ti attira magneticamente e la direzione verso cui ti muovi in modo istintivo o consapevole. È in rapporto con quello che vuoi e ti confronta con la scelta cosciente di perseguirlo o meno attraverso un atto di volontà. Ciò talvolta crea tensione perché questa scelta potrebbe scontrarsi con propositi antagonisti che la giudicano illecita, infruttuosa, presuntuosa, assurda, ecc. Queste resistenze derivano dal fatto che esistono varie direzioni verso cui siamo attratti o sentiamo particolari doveri e responsabilità, per cui si tratta di accettare una certa dose di conflitto e compiere delle scelte. Quando chiarisci il tuo intento allora la direzione della tua vita può procedere con chiarezza e potenza.

    L’intento è significativo perché è uno dei pochi punti su cui sia l’ego sia l’identità multidimensionale possono trovarsi in buona parte concordi. Ogni persona è socialmente invitata ad avere una motivazione nella vita, a tendere verso una particolare direzione, anche se questa è sovente frutto di imposizioni e condizionamenti. Nella realtà consensuale il concetto di intento è tanto comune quanto in quella multidimensionale. Entrambe riescono a comprenderlo, sebbene le loro strategie siano piuttosto diverse.

    L’ego concepisce l’intento come qualcosa che si può realizzare solo in una specifica realtà fisica e in una data sfera del tempo, appunto perché egli si identifica con un particolare corpo materiale esistente in uno spazio

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