Mio figlio mi ha insegnato
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Anteprima del libro
Mio figlio mi ha insegnato - Dino Scaldaferri
Dino
Introduzione
Ho conosciuto Dino nella primavera di 9 anni fa. Ero a casa dei miei nonni e stavo sfogliando Settegiorni, settimanale di cronaca locale. Mi cadde l’occhio su un titolo: Ha aiutato tanti ragazzi, ora è sul lastrico
. Quell’articolo parlava di Dino e narrava per sommi capi la sua vicenda. All’epoca avevo 18 anni ed ero uno dei Rappresentanti d’Istituto del Liceo Clemente Rebora di Rho; dopo aver letto l’articolo organizzai subito un’assemblea d’istituto (come rappresentante avevo la facoltà di convocarne una al mese) invitando Dino a raccontare la sua storia, che colpì profondamente i miei compagni di scuola, dai più piccoli ai più grandi. Da quel momento è nata e si è sempre più cementata una profonda amicizia, che si è estesa anche a Maria ed alla mia famiglia, e in questi anni Dino ha anche ascoltato tante volte i miei problemi di adolescente e poi di giovane che si affaccia alla vita.
Il giorno del mio primo incontro con lui in un bar di Lainate, per conoscerci di persona ed organizzare l’assemblea d’istituto, Dino mi espresse quello che vedeva come un piccolo sogno lontano: "Un giorno, con l’aiuto di qualcuno, mi piacerebbe scrivere un libro sulla mia storia. Il titolo vorrei che fosse Mio figlio mi ha insegnato". Gli risposi subito e con entusiasmo che lo avrei aiutato io, conquistato dalla sua storia ed anche da quel titolo così bello e personale, e più conoscevo Dino e più cresceva in me la voglia di mantenere quella promessa, anche se probabilmente lo stesso Dino se ne era dimenticato e aveva ricollocato subito l’idea del libro fra quei sogni nel cassetto che si raccontano agli altri tanto per e che tali rimangono; tuttavia, a causa degli impegni connessi allo studio universitario e soprattutto per quelli sempre crescenti legati al mio lavoro nelle televisioni regionali, non riuscivo a trovare il tempo ed il momento giusto per dedicarmi con la dovuta attenzione a questo progetto. Lo scorso anno, però, in occasione dei suoi 80 anni, mi sono detto: Basta, ora Dino merita di avere il suo libro, abbiamo aspettato fin troppo!
. E così gli ho ricordato quella mia promessa e ci siamo messi all’opera.
Non è stato un lavoro facile: per la prima volta in assoluto mi sono trovato ad ascoltare i ricordi di una persona, a provare a dare loro forma in un libro e riordinarli in base al filone espositivo seguito, a riguardare e modificare più volte alcuni passi già scritti, a porre nuove domande in cerca di qualche dettaglio in più, dopo aver riletto ed essermi messo nei panni di un lettore. Ma ci tenevo tantissimo: Dino lo meritava perché è unico. Certo, non è sicuramente l’unico volontario che dona gratuitamente tempo ed energie a persone bisognose di aiuto, ma gli altri volontari, in qualunque ambito, lo fanno nel tempo libero, ed avendo quasi sempre un lavoro o un reddito, od essendone comunque in ricerca; altri invece diventano volontari di qualcosa una volta raggiunta l’età della pensione, dove bisogna re-impiegare il tempo e dal punto di vista economico si ha tendenzialmente una seppur minima sicurezza. Anche queste persone meritano un grazie enorme, ma Dino è diverso. Non è inserito in una struttura o in un ente, non fissa appuntamenti ma va a trovare personalmente i ragazzi, oppure li riceve nella sua casa, tanto piccola quanto accogliente; non fa orari, appena lo chiami corre (anche in carcere, come successo ancora qualche settimana fa) e per tanti anni, come vedrete, il suo impegno non ha avuto nemmeno limiti geografici. Non si limita ai colloqui con i diretti interessati, ma coinvolge le famiglie, i colleghi, anche le Autorità. Non vanta titoli, ma un maestro speciale: suo figlio Fabio. Un’altra cosa che mi ha colpito fin da subito di Dino è come si presenta e racconta la sua vita quando viene chiamato a dare una testimonianza in incontri pubblici. Altre persone, in circostanza analoghe, spesso utilizzano video e slide power point con il proiettore, o scalette con domande e risposte. Non c’è nulla di male, forse lo farei anche io. Ma Dino no. A lui non servono ne interessano effetti speciali da figo o scalette pre-confezionate, gli basta semplicemente un microfono per raccontare la sua storia e rispondere alle domande (e magari un fazzoletto per quando si commuove parlando di Fabio). Ecco perché ho voluto fortemente che la storia di Dino vedesse la luce e perché spero che questo libro possa almeno in parte trasmettere la sua passione e carica umana. Tuttavia, forse, alcune sfumature possono essere colte solo da chi conosce di persona Dino ed il suo modo di fare, di parlare, di tranquillizzare e può quindi immaginare o ricordare personalmente gesti o azioni. Gesti o azioni che Dino nel corso del libro non ha raccontato e che non racconterebbe mai pubblicamente ed in prima persona, ma che meriterebbero di essere conosciute. Un pomeriggio, per esempio, ero andato da lui per rivedere alcuni passaggi del libro, e quando arrivai lo trovai molto felice: alla mattina aveva avuto un colloquio di due ore con un ragazzo che stava seguendo che era andato particolarmente bene; quel ragazzo aveva cominciato ad aprirsi e ad abbassare la guardia
, e Dino nel raccontarmelo era davvero commosso, con il volto illuminato. Volto illuminato che ho rivisto anche qualche giorno fa, quando una mamma lo ha chiamato per dirgli che suo figlio, grazie a lui, stava tornando sereno. Dino è così, vive in maniera totale quello che fa e non si risparmia mai: pensate che qualche mese fa, a 80 anni suonati, si è alzato alle 4.30 di mattina per accompagnare la ragazza di un giovane agli arresti domiciliari che stava seguendo (non aveva qua nessuno e doveva prendere l’aereo per un impegno di lavoro). Potrei andare avanti e citare tantissimi altri episodi, ma questa introduzione diventerebbe troppo lunga. Ne racconto però ancora uno, a cui sono molto affezionato perché mi riguarda personalmente. Era l’autunno di tre anni fa e un giorno Dino mi trovò abbattuto e molto pensieroso. Dal mese di gennaio, infatti, avrei dovuto cominciare su Grp (storica emittente piemontese, la prima a credere in me e a darmi delle opportunità) la prima stagione del mio programma Junior Gol
, quiz sul calcio per bambini e ragazzi; in ogni tv locale, però, per produrre nuovi programmi impegnativi come Junior Gol servono sponsor (cioè pubblicità), altrimenti non si parte. In quelle settimane autunnali la raccolta pubblicitaria, interamente a mio carico come anche la preparazione dei contenuti della trasmissione, non stava procedendo come sperato ed era sotto la quota richiesta (complice anche il fatto di abitare in un'altra regione). Dino capì subito quanto la cosa mi stesse pesando ed il giorno dopo, senza dirmi nulla, prese la macchina e andò a proporre la sponsorizzazione ad una grossa azienda per la quale aveva lavorato (e la cui sede si trovava a 50 km da casa sua). Ormai non aveva più contatti interni, ma facendo leva sul suo passato di rappresentante dell’azienda e sulla quella tenacia di cui lui solo è capace, riuscì a parlare con una delle responsabili della parte marketing e comunicazione, per perorare la mia causa. Davvero incredibile! La sponsorizzazione poi non andò in porto perché per politica aziendale erano previste solo partnership istituzionali o con progetti di beneficenza, ma il gesto di Dino resta e resterà per me sempre indimenticabile.
Questo è Dino. E con questa personale introduzione spero di essere riuscito a trasmettere qualcosa di lui e far capire quanto lo ammiro.
Alessandro Muliari
Per ragioni di riservatezza e delicatezza verso i diretti interessati e le rispettive famiglie, i nomi reali dei ragazzi e delle ragazze di cui si parlerà nel libro sono stati sostituiti da nomi di fantasia, eccetto che nelle testimonianze dirette, che troverete in parte raggruppate in un apposito spazio prima della conclusione ed in parte inserite all’interno del terzo capitolo.
Nel libro, inoltre, non troverete foto di Fabio, per esplicita scelta di Dino.
Infine, per quanto riguarda la struttura del testo, la formula espositiva scelta dagli autori per raccontare questa storia è quella dell’intervista. Dino ha poi curato e scritto personalmente il capitolo introduttivo sulle droghe, Il mio Sogno
e la conclusione, Alessandro Muliari il capitolo delle testimonianze.
Prima di cominciare: uno sguardo sulla realtà
Spesso si parla di droga
senza avere un’idea precisa dei numeri reali del fenomeno e delle persone (e famiglie) in carne ed ossa da esso toccate. Prima di proseguire può allora essere utile fornire alcuni dati, relativi al consumo di droga in Italia e all’incidenza della tossicodipendenza a livello economico e carcerario, per dare un’idea concreta di quanto rilevante sia il problema.
Tutti i dati che leggerete sono tratti dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia
del 2018, e sono quindi inerenti all’anno 2017. La relazione, a cura del Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, basa i suoi numeri su uno studio condotto dall’IPSAD (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs). Lo studio è stato realizzato attraverso un questionario anonimo inviato per posta dall’IPSAD ad un campione casuale rappresentativo della popolazione italiana di età compresa tra i 15 e i 64 anni, costituito da circa 40.000 persone e selezionato dalle liste anagrafiche di 125 Comuni, a loro volta individuati in maniera casuale al fine di assicurarne la rappresentatività. Al 31 dicembre 2017 avevano risposto circa 13.000 persone: è quindi basandosi sulle loro risposte che sono stati elaborati dati e percentuali che troverete di seguito.
-I consumi totali
I dati si riferiscono alla popolazione italiana 15-64 anni. La percentuale tra parentesi rappresenta la percentuale di chi consuma la droga in esame sulla popolazione totale 15-64 anni, circa 40 milioni di persone, che quindi comprende anche chi non fa uso di sostanze. Il consumo di una sostanza non si intende per forza esclusivo: ci possono essere persone, e ci sono, che consumano più droghe e che dunque rientrano in più casistiche (per esempio, chi ha consumato sia cocaina che eroina è conteggiato in entrambe le statistiche).
Dai dati risulta come il consumo di cannabis sia nettamente al primo posto, ma anche che oltre 1,2 milioni di italiani ha fatto uso di droghe pesanti (cocaina, eroina, stimolanti, allucinogeni e metanfetamine) nell’ultimo anno e almeno 400.000 nell’ultimo mese, evidenziando quindi una dipendenza più pericolosa (da specificare anche che il consumo maschile è superiore a quello femminile in ogni fascia d’età). Numeri che fanno capire quanto la droga sia sempre un’emergenza. Da evidenziare anche il dato rilevante di spice e nuove droghe (NSP), che conferma quanto queste nuove sostanze stiano prendendo piede, soprattutto fra i giovanissimi (la spice raggiunge addirittura il 12% fra gli studenti 15-19 anni, issandosi al secondo posto dopo la cannabis fra le sostanze consumate in questa fascia d’età).
Infine, va ricordato che la tipologia di indagine (non scientifica, ma