Il Caso Invisibile: Crimini nel Sussex, #3
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Straziante tragedia o omicidio a sangue freddo…
Pasqua 1970 nella cittadina balneare di Tamarisk Bay. Janie Juke, investigatrice dilettante e bibliotecaria professionista, sta pianificando il suo ruolo di madre e un po' di buoni momenti con la sua famiglia. Quando sua zia Jessica torna da Roma dopo aver viaggiato per nove anni in giro per l'Europa, lei torna in città con un nuovo amico italiano, Luigi, e presto l'intera famiglia si ritroverà in un groviglio di misteri e sospetti, con al centro della storia morte e passione.
Mentre Luigi è il primo sospettato di omicidio, Janie deve usare tutti i suoi poteri di deduzione nel seguire le orme del suo eroe, Hercule Poirot, per scoprire i fatti. Perché Luigi è venuto a Tamarisk Bay? Quale è la verità relativa alla sua famiglia?
Mentre ci sono sviluppi sulla storia di Luigi, la tragedia sembra tormentare il passato e il presente, e forse anche il futuro, a meno che Janie non agisca rapidamente.
Elogio per i misteri di Janie Juke
'Fu una grande trovata. Una bibliotecaria che si trasforma in investigatrice nell'Inghilterra del 1960. Janie Juke, un'appassionata di Agatha Christie, è un'amabile protagonista. Un vero svoltar pagina. Ho comprato il prossimo libro della serie…. Sperando che ce ne saranno molti altri in arrivo.'
'Sono entrato direttamente nella storia… mi piace molto il modo in cui l'autore ha dipinto gli anni 60'… mi sentivo come se fossi lì.'
'Intrigante storia poliziesca con ambientazioni incantevoli e personaggi interessanti. Non vedo l'ora di vedere cosa risolverà la prossima volta Janie Juke.'
'Ho amato ogni pagina e non riuscivo ad interrompermi. Non riesco ad aspettare sino al prossimo della serie.'
'Libro completamente piacevole. Mi ha tenuta interessata sino alla fine. Attendo con ansia il prossimo.'
'Gli scorci sulla Seconda Guerra Mondiale sono particolarmente buoni. La scrittura solida, grande storia, e Janie come personaggio sta crescendo dentro di me. Spero ce ne saranno altri in questa serie.'
Isabella Muir
Isabella is never happier than when she is immersing herself in the sights, sounds and experiences of the 1960s. Researching all aspects of family life back then formed the perfect launch pad for her works of fiction. Isabella rediscovered her love of writing fiction during two happy years working on and completing her MA in Professional Writing and since then has gone to publish five novels, two novellas and a short story collection. Her first Sussex Crime Mystery series features young librarian and amateur sleuth, Janie Juke. Set in the late 1960s, in the fictional seaside town of Tamarisk Bay, we meet Janie, who looks after the mobile library. She is an avid lover of Agatha Christie stories – in particular Hercule Poirot – using all she has learned from the Queen of Crime to help solve crimes and mysteries. As well as three novels, there are three novellas in the series, which explore some of the back story to the Tamarisk Bay characters. Her latest novel, Crossing the Line, is the first of a new series of Sussex Crimes, featuring retired Italian detective, Giuseppe Bianchi who arrives in the quiet seaside town of Bexhill-on-Sea, East Sussex, to find a dead body on the beach and so the story begins… Isabella’s standalone novel, The Forgotten Children, deals with the emotive subject of the child migrants who were sent to Australia – again focusing on family life in the 1960s, when the child migrant policy was still in force.
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Anteprima del libro
Il Caso Invisibile - Isabella Muir
IL CASO INVISIBILE
UN ROMANZO GIALLO DI JANIE JUKE
Di: Isabella Muir
Traduzione: Anna Maria Martini
Ѐ il 1970 e Tamarisk Bay si sta preparando per la sua prima Pasqua del decennio, mentre una certa famiglia si sta preparando per un ritorno a casa…
1
MARTEDÌ – BINARIO 18, Roma Termini
Se fosse stato un giorno normale, Jessica avrebbe potuto notare la valigetta. Era lì, nascosta sotto un braccio, mentre allungava l’altro per stringergli la mano? Nei giorni seguenti ha spesso riflettuto su quel momento, ma tutto ciò che ricordava erano i suoni e le immagini che si stava lasciando alle spalle.
Il treno per Parigi partiva a mezzogiorno. Loro arrivarono entrambi presto, con venti minuti di anticipo prima della partenza. Era passato un po’ di tempo da quando aveva visto Luigi e nell’osservarlo camminare verso di lei sulla pensilina della stazione era colpita dai suoi lineamenti aquilini, dal modo in cui i capelli gli cadevano davanti agli occhi, nonostante lui costantemente li tirasse indietro con le mani. Lui forse era più alto di lei di quindici centimetri, così quando le si avvicinò lei si ritrovò a dover guardare in alto. Gli occhi di lui non erano puntati su di lei, guardavano lontano dietro di lei.
Un facchino camminava accanto a Luigi, spingendo un carrello in acciaio carico di bagagli. Luigi alzò la mano, indicando che erano arrivati alla carrozza giusta. Il facchino scaricò due valigie dal carrello, sistemandole accanto ai piedi di Luigi, quindi si fermò, aspettando l’inevitabile mancia. Luigi infilò la mano in una tasca dei pantaloni, afferrando una manciata di lire e le diede all’uomo con un breve cenno di saluto. Poi si voltò verso Jessica.
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<<Ѐ bello vederti di nuovo. E grazie.>>
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La cacofonia delle voci italiane implicava che dovevano gridare per essere ascoltati. Ognuna delle trentadue pensiline a Roma Termini era colma di andirivieni. Amici che ridevano mentre correvano a braccetto lungo la pensilina. Un marito che abbracciava sua moglie prima di salutarla con un ‘Ti amo’ ad alta voce. Era un’orchestra di suoni; ruote di carrelli che necessitavano di essere oliate, conversazioni ad alta voce, anche della musica, tutto questo rendeva più difficile poter percepire l’annuncio che il treno per Parigi era in partenza. Lei conosceva abbastanza bene la lingua visto che aveva vissuto un periodo in Italia. Ma la voce dell’annunciatrice non era chiara, alterata dagli altoparlanti della stazione.
Un uomo anziano si tolse il cappello mentre passava davanti a Jessica, andando a fare la fila al chiosco di cibo e bevande. Poi lei si spostò rapidamente da un lato mentre un lavoratore delle ferrovie le passava accanto con una scopa in mano. Non solo rumore, ma movimento tutto intorno a lei. Tutto questo faceva accelerare un po’ i battiti del suo cuore. Questo le ricordava perché amava viaggiare, era rimasta ferma per troppo tempo.
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<<Ѐ diverso per te, tu sei nato qui.>>
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<< Sì, e questa è la cosa giusta da fare, ma ciò non significa che non mi mancherà ogni cosa.>>
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Smise di parlare per ascoltare uno scambio di frasi fra due uomini, le loro voci erano burbere e forti. Uno dei due alzò una mano in aria, come se fosse un direttore d’orchestra.
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Si incamminarono lungo il corridoio verso il loro scompartimento.
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Lui disse facendo l’occhiolino.
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Si scambiarono i posti così che lei potesse sedersi accanto al finestrino, ma nel tempo che il treno lasciava la stazione Luigi si era immerso nel suo giornale, Jessica nel suo libro. Li aspettava un lungo viaggio.
Una famiglia di quattro persone salì sul treno a Bologna, irrompendo nella loro carrozza con energia e rumore. La madre italiana fece sedere il marito e due bambini nei loro posti, prima di dividere tra di loro diversi sacchetti di cibo. Loro avevano grosse fette di pane italiano con nel mezzo la mortadella. Lei aveva dato ad ognuno di loro un pomodoro tagliato a pezzi e Jessica vide come i bambini facessero gocciolare il suo succo sul pane. A seguire c’era un’arancia per uno, espertamente sbucciata, il sottile spruzzo della scorza diffuse nell’aria della carrozza l’aroma del Mediterraneo. Mentre lo respirava, Jessica pensava a tutte le mattine presto nelle quali era andata in giro nei mercati di frutta e verdura, le bancarelle piene di pesche mature, albicocche dorate e ciliegie succose. Gli odori sarebbero rimasti sui suoi vestiti, così che la sera avrebbe scosso uno scialle o una sciarpa e si sarebbe goduto il profumo dappertutto.
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Jessica cercò nella sua borsa e porse il suo passaporto al grosso uomo, che sembrava scomodo nella sua uniforme, l’abbottonatura un po’ troppo stretta. Il suo berretto era appoggiato così precariamente sulla sua testa da far sembrare che un piccolo movimento del treno lo avrebbe fatto cadere. Il controllore guardò per primo il passaporto di Luigi, glielo rese quasi in modo scontroso.
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Era pomeriggio quando l’incaricato tirò giù i letti in ogni scompartimento. Se Jessica avesse seguito suo fratello nelle forze armate la biancheria da letto che era stata distribuita le avrebbe ricordato quei giorni. C’era poco di attraente nei cuscini duri e le grezze coperte grigie.
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La famiglia si sistemò nelle cuccette con un po’ di confusione. Forse loro viaggiavano di frequente, abituati al passaggio dal giorno alla notte in questa piccola camera d’albergo viaggiante. Il padre iniziò subito a russare. I due ragazzi messi a testa coda in una cuccetta, ogni tanto si lamentavano quando uno prendeva a calci l’altro. La madre era di spalle a Jessica e ogni volta che uno dei suoi figli si muoveva li zittiva per dormire di nuovo.
Facendo meno rumore possibile, Jessica aprì la porta ed uscì nel corridoio. Alcuni passeggeri erano lì in piedi, altri erano seduti sulle loro valige, approfittando dei biglietti a poco prezzo che offrivano il viaggio, ma non un posto a sedere. Lei aveva fatto la stessa cosa in passato, per risparmiare il denaro. Scrutò attraverso i finestrini sporchi le forme frastagliate delle montagne, rese ancora più lugubri al chiaro di luna. Fra diverse ore sarebbe sorto il sole ed avrebbero oltrepassato le Alpi diretti verso la Francia.
Nel corridoio lei si infilò in uno spazio tra una giovane donna ed un uomo corpulento. L’uomo stava con la testa appoggiata contro il finestrino. La donna ricordò a Jessica come era lei anni prima, quando iniziò la sua avventura in Europa. Lasciare Philip e Janie era stato straziante, ma era il momento giusto per tutti loro. Ora lei stava ritornando da loro.
Quando iniziò a spuntare l’alba, una luce lattea inondò la carrozza. L’uomo accanto a lei guardò in alto al finestrino e girò la sua testa da destra a sinistra, cercando di alleviare la rigidità del suo collo. Jessica colse lo sguardo della giovane donna ed entrambe parlarono simultaneamente, provocando una risatina tra di loro. La ragazza si presentò come Cinzia, iniziando a spiegare perché stava andando in Inghilterra; questa era la prima volta che andava fuori dall’Italia. Degli amici le avevano raccontato che in Inghilterra c’era un freddo pungente e pioveva tutti i giorni. Jessica stava per rassicurarla, ma si aprì la porta dello scompartimento, interrompendo la loro chiacchierata.
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Il treno sembrò accelerare mentre si dirigevano verso il vagone ristorante lungo il corridoio. Un paio di volte Jessica urtò con la sua spalla contro uno degli scompartimenti, sentendosi in colpa nel caso disturbasse i viaggiatori che ancora dormivano. Con le tende tirate giù nella maggior parte delle porte e finestrini era un indovinello sapere se gli occupanti fossero svegli. Mentre il treno ondeggiava prendendo una curva stretta Luigi, che era davanti a lei, inciampò, strusciando contro una delle porte. Le tendine sulla porta si alzarono, mostrando due passeggeri, un uomo e una donna, seduti uno di fronte all’altro vicino al finestrino. Il viso dell’uomo era parzialmente coperto dal suo cappello, che lui aveva calato sugli occhi, forse trovandolo più comodo per dormire. Luigi si fermò di colpo e Jessica andò a sbattere contro di lui.
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Invece di risponderle, Luigi si concentrò sulle due persone che erano nello scompartimento.
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Alcuni minuti dopo erano seduti nel vagone ristorante. C’erano persone ad altri tre tavoli, tuttavia il cameriere non sembrava preoccuparsene lucidando le posate nei tavoli vuoti. Dopo una breve attesa prese i loro ordini e ritornò con una caffettiera di caffè appena fatto ed un cestino con cornetti caldi; il profumo arrivò al loro tavolo prima che il cameriere li mettesse davanti a loro.
Jessica ruppe il silenzio. <
Luigi prese un cornetto dal cestino e lo ruppe in pezzi, afferrando dal contenitore al centro del tavolo una salvietta di carta per pulirsi le mani. <
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Luigi empì la sua tazza di caffè e guardò, cercando di attirare l’attenzione del cameriere per un’altra caffettiera. <
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Il treno sterzò un po’. Il caffè traboccò un po’ versandosi sui piattini.
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Le dita smisero di tamburellare, per un momento, solo per riprendere di nuovo mentre chiedeva <
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Jessica guardò di traverso Luigi, sorpresa, da quella che sembrava un’accusa.
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