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IL Kàrma nel Tiro con l'Arco
IL Kàrma nel Tiro con l'Arco
IL Kàrma nel Tiro con l'Arco
E-book175 pagine1 ora

IL Kàrma nel Tiro con l'Arco

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Info su questo ebook

Il Kàrma è un atto di volontà, un agire volto ad un fine. Ha origine dalla nostra mente ed ha il potere di condizionare ed influenzare il futuro. Un futuro arcieristico troppo prodigioso affinché qualcuno lo ingabbi nei propri limiti. “Il Kàrma nel Tiro con l’Arco”, attraverso una moderna trasposizione di abilità interne e esterne, ci conduce ad un diverso e più profondo sistema di tiro che rispetti le diversità e le unicità degli arcieri. Uno studio di ricerca e costruzione di ponti tra verità, abilità ed identità spesso opposte, ma che convergono tutte nel “vasto mondo dell’arceria”. Rappresenta la porta d’ingresso verso una disciplina vista con gli occhi di un arciere visionario, in cui la “centratura” dell’arciere assume priorità rispetto al “centro” del bersaglio. Una disciplina che, se intrisa di valori, è capace di trasportare con sé una naturale essenza nel bene (ben-essere).
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2020
ISBN9791220307970
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    Anteprima del libro

    IL Kàrma nel Tiro con l'Arco - Guido Valenzano

    arcieristico.

    Cap. 1- Evoluzione della Sequenza di tiro Kàrman

    Tutti gli sport di tiro sono caratterizzati da un aspetto mentale che salta all’occhio perfino ad un profano e ovviamente anche il tiro con l’arco non fa eccezione. Qualche anno fa, iniziai a lavorare, ricercare e studiare un diverso approccio formativo ed educativo alla disciplina arcieristica, che scavasse in profondità di questo sport e in particolar modo, che desse rilievo agli aspetti mentali ed emotivi collegati inevitabilmente a quelli biomeccanici. Un diverso sistema che potesse enfatizzare il ruolo di disciplina dell’attività sportiva del tirar d’arco. Con il Sistema Kàrman, come ogni sistema educativo non convenzionale, già in fase di ricerca, si era consapevoli che le passate generazioni di arcieri avrebbero fatto fatica ad entrare in questa forma mentis. Difatti, questo sistema fu molto discusso da alcuni tra i più grandi nomi dell’arceria e dello sport italiano che lo valutarono troppo utopico sotto molti aspetti e irrealizzabile in altri. A distanza di tempo e con un’analisi più obiettiva e oggettiva del progetto e, visto il divario di fondo che lega il Sistema Kàrman con l’insegnamento tradizionale del tirar d’arco, posso dire che probabilmente queste grandi menti (senza doppio senso, perché davvero grandi menti dell’arceria nazionale) avevano ragione in gran parte. Il progetto Kàrman non nasceva, di fatto, per chi aveva il bicchiere pieno, ma per chi aveva il coraggio di svuotare il bicchiere dalle proprie consapevolezze o meglio ancora, per chi doveva riempire per la prima volta il proprio bicchiere. Troppo diverso filosoficamente per essere adattato. Troppo complesso per essere alla portata di tutti e impossibile da modellare su vecchi sistemi in quanto trascina con sé elementi immutabili e imprescindibili dell’essere umano. Pertanto i nostri sforzi si rivolsero in modo progressivo alle nuove generazioni di arcieri del Sud Italia.

    L’allora utopico progetto Kàrman iniziò a concretizzarsi davanti i nostri occhi. Giorno per giorno, mese per mese e anno dopo anno la filosofia e l’identità del progetto acquisirono un’immagine rivoluzionaria nel meridione d’Italia, ben lontana da qualsiasi altra realtà esistente.

    Gli studi del metodo Kàrman nel corso degli anni, si svincolarono tra due correnti di pensiero arcieristico apparentemente estreme, che, per ovvi motivi, cercherò di sintetizzare il più possibile pur sapendo di tralasciare molto di entrambe le filosofie. Da una parte troviamo i moderni studi sulla tecnica di tiro e sull’efficienza biomeccanica applicata ad esso e, dall’altra, lo sviluppo del costruttivismo personale come sistema di crescita arcieristica.

    La prima corrente arcieristica, diffusa ormai in tutto il mondo, trova riscontro in particolare nel suo fondatore K. S. Lee, è orientata ad un’arceria biomeccanicamente efficiente, dove maggiore è la vicinanza dell’arciere ad una shooting machine, maggiori sono i risultati sportivi. Decine di studi e ricerche su angolazioni biometriche, curve di forza, scarichi di tensioni e così via, per arrivare alla postura biomeccanicamente più efficiente e dove il piacere di sentirsi tutt’uno con l’arceria diventava secondario rispetto al piacere/dovere di stringere la rosata nel giallo. In quest’ottica formativa poco o nulla viene lasciato all’istintualità dell’arciere, spesso e purtroppo, neanche la scelta dello strumento con cui emozionarsi. Alla base di questo sistema, ritroviamo un modello standard e ben definito di impostazione arcieristica a cui fare riferimento, tecnica di tiro e strumenti uguali per tutti... e perché no, qualche campione mondiale a cui fare riferimento cercando di uguagliarne e fotocopiarne i movimenti.

    Contraria ed ugualmente importante (almeno in Italia) è la seconda corrente filosofica rappresentata dal pensiero costruttivista che offre però, al contrario della prima, molto terreno fertile allo sviluppo delle abilità emotive legate al tiro. Se da un lato l’approccio del pensiero costruttivista (derivante da una concezione della conoscenza come costruzione dell'esperienza personale anziché come rispecchiamento o rappresentazione di una realtà indipendente) legato all’evoluzione del tiro con l’arco, ha implementato la centralità emotiva dell’arciere, artefice edificante della propria crescita tecnica-emotiva del cammino arcieristico, dall’altro ha frammentato la disciplina arcieristica in tante (troppe) verità, generando CAOS (disordine, disorientamento, confusione) in flotte di arcieri autocostruiti. In quest’ottica di trasmissione di sapere indefiniti, il costruttivismo generò astrattismo; una sorta di corrente basata su un’interpretazione personalistica della disciplina arcieristica. Anche tra gli istruttori che seguivano il costruttivismo come filone guida del proprio trasmettere emerse quello che nelle Scienze Educative e Formative viene chiamato autoreferenzialità ossia, un’educazione basata prettamente su sé stesso, non curante di altre realtà o dimensioni educative.

    La consapevolezza che entrambi gli approcci filosofici e formativi, seppur quasi agli estremi, possedevano una forte verità di fondo, ci ha spinto a scavare più in profondità e a ricercare un equilibrio tra le parti. Con la calma di un pescatore, seduto su una banchina, che ripara, cuce e scioglie i nodi dalle proprie reti, così la ricerca e la pratica della Sequenza di tiro Kàrman proseguirono.

    Fu grazie all’inaspettato avvicinamento alla visione Taoista, legata alle arti marziali orientali, che si aprì un enorme varco che ci permise di creare un ponte tra le due sponde. Grazie agli antichi insegnamenti delle arti marziali orientali, in particolare degli stili interni, siamo riusciti ad inquadrare la complessa unione filosofica tra i due concetti di base in un’ottica completamente diversa. Una visione in cui gli opposti non si annullano, ma si cercano e si completano a vicenda. La strada tracciata dalle antiche discipline marziali tradizionali ci ha permesso di edificare fondamenta importanti nel complesso panorama arcieristico moderno. Un diverso sistema di tiro con l’arco che nobilita la disciplina, l’arciere e l’atleta. Fu grazie ad alcuni di questi principi che il sistema di tiro Kàrman prese il via non solo nella pratica di tiro, ma anche, anzi oserei dire soprattutto, nel sistema di formazione dei nuovi arcieri.

    Inizialmente, come in una campagna di scavi archeologici, uscirono solo le superficialità del progetto. Superficialità, che diedero comunque una forte impronta nel percorso educativo arcieristico. In particolare sotto l’aspetto della consapevolezza del grado di esperienza. Si suddivise il calderone di nozioni arcieristiche che contraddistingueva il percorso personale di conoscenze e competenze tecniche ed esperienziali degli atleti, in gradi/classi. Anche qui, si prese spunto dai colori delle cinture delle discipline marziali.

    Il percorso arcieristico venne così diviso:

    • Anello Bianco

    (Corso Base – durata circa 20 ore di formazione)

    Rappresenta l'ingenuità dell'allievo verso quest'arte. È l’inizio del percorso nel mondo dell’arceria e contraddistingue la fase del principiante, privo di esperienza e il suo approccio alla via della saggezza. Il colore bianco dell’anello rappresenta la filosofia della purezza, della pace e della comprensione dell’anima e la capacità di ricevere il colore, cioè l’entrata nella tappa del cambiamento. È l’inizio del nuovo mondo nel quale dobbiamo dare velocità al nostro movimento e movimento alla nostra staticità. È la disciplina della vita sociale e la nascita della ragione.

    • Anello Giallo

    (Corso principiante – durata circa 6 mesi di formazione)

    Viene rilasciato all’allievo dopo aver superato l’esame del corso base. Segna il suo ingresso nella Discipliana del Tiro con l’arco. Rappresenta l’allievo che mette le sue radici.

    L’allievo si scontrerà con le prime difficoltà del controllo volontario del gesto. Farà fatica a strutturare correttamente la sequenza del gesto ma pian piano aumenteranno le proprie abilità nella gestione dei Piani di Forza che segneranno il primo traguardo nella crescita arcieristica personale.

    • Anello Arancione

    (Corso Intermedio – Durata circa 6 mesi di formazione)

    Indica che l’allievo comincia ad entrare nell’ottica della disciplina.

    Nell’arciere che porta questo colore, arde in lui la voglia di confronto con sé stesso e con gli altri. Nutre un desiderio costante di migliorarsi e di imparare nuove tecniche.

    Comprende i piani di forza e si esercita per migliorare sé stesso. Spesso si scontra con i propri limiti e cerca costantemente di superarli.

    L’Arciere Arancione è il vero simbolo del Progetto Kàrman. Difatti è generalmente in questo grado che i problemi diventano più duri da affrontare. Il vero Arciere dall’anello Arancione, però, sarà capace di perseverare e non arrendersi nel cammino crescente della vita come dello sport.

    • Anello Verde

    (Corso Esperto – durata formativa almeno 1 anno)

    "La pianta inizia a germogliare e, si colgono i primi frutti dell’allenamento.

    Con i primi traguardi raggiunti si innesca spesso un processo emotivo profondo di voler dimostrare a sé stessi e a gli altri di essere il migliore. L’ansia e il panico tendono a far capolino nel gesto tecnico e a corrodere lentamente l’idea di benessere associata al Tiro con l’Arco.

    Un bravo Maestro affronterà il problema con i suoi allievi attraverso esercizi di rilassamento, visualizzazione, di ritmo e

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