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La Vocina.
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E-book225 pagine2 ore

La Vocina.

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Info su questo ebook

La vocina è una storia per chi sente che qualcosa non va. Per chi vorrebbe gridare ma si tiene tutto dentro. Per chi non sa se dare ascolto a Egot, quella vocina ribelle che non sta mai zitta, fino a che non l'ammazza. Sheldon descrive in maniera comunicativa e con un tono poetico le emozioni e i pensieri di una vita ordinaria eppure anormale, normale eppure ingiusta, comune eppure sbagliata. Un flusso di pensieri che ti prende e ti coinvolge dalla prima all'ultima pagina. 

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita8 dic 2022
ISBN9781071595565
La Vocina.
Autore

Joss Sheldon

Joss Sheldon is a scruffy nomad, unchained free-thinker, and post-modernist radical. Born in 1982, he was raised in one of the anonymous suburbs that wrap themselves around London's beating heart. Then he escaped!With a degree from the London School of Economics to his name, Sheldon had spells selling falafel at music festivals, being a ski-bum, and failing to turn the English Midlands into a haven of rugby league.Then, in 2013, he stumbled upon McLeod Ganj; an Indian village which is home to thousands of angry monkeys, hundreds of Tibetan refugees, and the Dalai Lama himself. It was there that Sheldon wrote his debut novel, 'Involution & Evolution'.Eleven years down the line, he's penned eight titles in total, including two works of non-fiction: "DEMOCRACY: A User's Guide", and his latest release, "FREEDOM: The Case For Open Borders".

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    Anteprima del libro

    La Vocina. - Joss Sheldon

    LA VOCINA

    Joss Sheldon

    Tradotto da Elena Zani

    www.joss-sheldon.com

    Copyright © Joss Sheldon 2021

    EDIZIONE 1.0

    Tutti i diritti riservati.

    La vendita di questo libro è soggetta alla condizione che non venga riprodotto, memorizzato o diffuso, in via commerciale o altrimenti, in qualsiasi forma o attraverso qualsiasi mezzo, senza previa autorizzazione di Joss Sheldon.

    Joss Sheldon afferma il diritto morale di essere identificato come autore di quest'opera, in conformità con il Copyright, Design and Patents Act 1988

    Pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel 2016.

    Disegno di copertina di Marijana Ivanova.

    A cura di Gil Aly Allen.

    Revisionato da Jon Werbicki

    Tradotto dall’inglese da Elena Zani.

    A TE

    "The most rebellious thing you can do is get educated.

    Forget what they told you in school. Get educated!

    I ain’t saying play by the rules. Get educated!

    Get educated! Get educated!

    Break the chains of their enslavement. Get educated!

    Even if you’re on the pavement. Get educated!

    What a weapon that your brain is. Get educated!

    Get educated! Get educated!"

    AKALA

    (Dall’album ‘Knowledge Is Power’)

    ¹

    CONTENUTI

    CONTENUTI

    UNO

    DUE

    TRE

    QUATTRO

    CINQUE

    SEI

    SETTE

    OTTO

    NOVE

    DIECI

    UNDICI

    DODICI

    TREDICI

    QUATTORDICI

    QUINDICI

    SEDICI

    DICIOTTO

    DICIANNOVE

    VENTI

    VENTUNO

    VENTIDUE

    VENTITRÉ

    VENTIQUATTRO

    VENTICINQUE

    VENTISEI

    VENTISETTE

    VENTOTTO

    VENTINOVE

    TRENTA

    EPILOGO

    UNO

    La vocina mi parlò per la prima volta il giorno del mio sesto compleanno.

    Ti prego di capire, caro lettore, che non si trattava di una vocina astratta. Affatto! Apparteneva a una piccola creatura che viveva nella mia testa. Tuttavia, fino a quel momento, essa non aveva pronunciato parola.

    Non era una creatura umana. Tutt’altro! Sebbene i suoi occhi fossero identici ai miei.

    Ad essere onesto, non sono totalmente sicuro di cosa fosse. L’ho sempre chiamata, semplicemente, Egot.

    La pelle di Egot era rossa come il fuoco dell’inferno, i suoi capelli chiari come il sole di mezzogiorno, e la sua pancia sferica come una perla. Aveva i piedi palmati, le orecchie da elfo e gli artigli sinuosi. Immaginai che fosse maschio, ma avrebbe potuto tranquillamente essere femmina, era impossibile da dire.

    Tuttavia, nonostante il suo aspetto bizzarro, ogni qualvolta vedevo Egot mi sentivo tranquillo. Possedeva una sorta di carisma che mi faceva sentire a mio agio. Sollevava la sua coppola, si piegava su una delle sue ginocchia appuntite, e ammiccava facendo brillare l’occhio. Solo vedendolo mi sentivo caldo e annebbiato.

    Egot era familiare. Era parte del mio scenario mentale. Un compagno. Un amico.

    Ma non aveva mai parlato. Non fino al giorno del mio sesto compleanno.

    Ero a scuola quando è successo. Sedevo al gruppo di banchi insieme a cinque miei compagni. Il pavimento cerato era illuminato dalla luce bianca. L’odore delle matite temperate fluttuava nell’aria.

    La nostra insegnante, la signora Brown, stava in piedi di fronte a quell’isola che avevamo creato coi banchi. Faceva stridere un piccolo gessetto sulla lavagna immobile.

    Non appena quegli intrepidi esploratori posero piede su quella terra lontana, furono attaccati da un gruppo di feroci selvaggi, recitò alla classe attraverso una nuvola di polvere di gesso.

    Ooh! Ooh! gridò Moccia McGill.

    Mi piaceva Moccia McGill. Mi piacevano tutti i bambini nella mia classe. Allora, credo che tutti assumessimo tacitamente di essere uguali. Pensavamo di essere tutti sulla stessa barca. Non pensavamo di essere di generi diversi, razze diverse o classi diverse. Semplicemente, coesistevamo, come una grande unica famiglia.

    Penso che Moccia McGill si chiamasse in realtà Sarah, ma noi la chiamavamo Moccia perché aveva sempre il raffreddore. Raramente passava un’ora senza che Moccia starnutisse, si mettesse le dita nel naso o spalmasse una caccola sulla manica della sua maglietta. Tuttavia, aveva un colore bellissimo, di quel rosa acceso di quando hai la febbre che la illuminava di un’aura. La faceva brillare. Sembrava sempre così maledettamente vivace.

    Comunque, come stavo dicendo, Moccia McGill stava sventolando la mano sopra la testa.

    Maestra! Maestra! disse. Cos’è un selvaggio?

    La signora Brown volse la faccia verso di noi. Sembrava bianca come il gesso. Tutto attorno a lei sembrava bianco come il gesso. Il pavimento era ricoperto di polvere di gesso e altra polvere di gesso era ammucchiata nei battiscopa. Residui di gesso luccicavano tra i suoi folti capelli. Gesso copriva la punta delle sue dita.

    Beh, disse. Un selvaggio ha le sembianze di un uomo ma non la sua civiltà. Un selvaggio è come un animale. Non indossa vestiti, non ha una casa, non studia o lavora. Segue i suoi istinti primari; mangia, beve e si riproduce. Ma non ha un intelletto. Non ha ambizioni. Ha un cattivo odore, è coperto di peluria ed è rozzo. Un selvaggio fa il minimo che deve per sopravvivere, e passa la maggior parte del suo tempo dormendo o giocando.

    Moccia McGill pareva inorridita. Così come Stacey Fairclough, Nanna Sampson e Gavin Gillis. Ciccio Smith sembrava in procinto di iniziare una rissa. La maggior parte della classe appariva perplessa. Ma io mi sentii ispirato.

    ‘Loro possono non andare a scuola!’ pensai con Invidia e fascino. ‘Passano tutto il tempo a giocare! Dormono quanto vogliono!’

    Era come se fossi incappato in una specie di superuomini. A mio avviso, i selvaggi erano dei. Seppi immediatamente che dovevo diventare uno di loro. Non ero mai stato così sicuro di qualcosa in tutta la mia vita.

    Egot mi fece un sorrisetto malizioso. Si attorcigliò un baffo con i suoi artigli scheletrici e picchiettò uno dei suoi piedi palmati.

    La signora Brown continuò:

    Quindi, quando gli esploratori approdarono, un branco di selvaggi sfrecciò verso di loro; dondolando da un albero all’altro e picchiandosi il petto come scimmie, e latrando come asini. Si radunarono in gran numero come uccelli in uno stormo e pestarono i piedi nella polvere come un branco di gnu selvaggi.

    A quel punto, Egot parlò per la prima volta.

    Si appoggiò alla parete interna del mio cranio, appena dietro il naso, e incrociò le sue gambe allampanate. Poi cominciò a parlare:

    Se vuoi un selvaggio, probabilmente devi comportarti come un selvaggio. Non so, probabilmente dovresti pestare i piedi come uno gnu. Magari batterti il petto come una scimmia. O preferisci latrare come un asino? Sì, sì, questa è una buona idea.

    La voce di Egot era talmente… talmente… talmente… talmente lontana da qualsiasi possibile descrizione. Talmente tenue. Talmente calma. Talmente diversa. Talmente eccentrica. E molto, molto tranquilla!

    Quando parlava, Egot accentuava alcune lettere a caso, come se fosse sorpreso della loro esistenza. Tracannava le parole, come un francese che rimugina su un bicchiere di vino. E allungava sillabe a caso, come se fosse triste che se ne andassero.

    Vi era una certa melodia nella voce di Egot. Più che parlare, recitava, come un attore Shakespeariano recita le sue rime in una frizzante sera d’autunno.

    Ma Egot era calmo. La sua più che una voce, era una vocina. Una vocina nella mia testa.

    Quella vocina mi ammutolì.

    Egot strimpellava le labbra, come un filosofo che pensa, e attendeva la mia risposta. Ma io ero paralizzato, in uno stato di shock. Non avrei potuto rispondere, se avessi voluto. Allora Egot incrociò le braccia, fingendo di essersi offeso, poi continuò:

    Ti sto solo dicendo quello che vuoi sentirti dire, sussurrò. La parola ‘dire’ suonò un po’ come le fusa di un gatto, perché le lettere ‘ir’ riverberarono almeno cinque volte, ‘Dir-ir-ir-ir-ire’.

    Tu non vuoi soccombere alla civiltà. No, no. Tu vuoi essere un selvaggio. Credo che tu voglia saltare da un tavolo all’altro, come una scimmia sugli alberi. Se fossi certo di poterlo fare senza che nessuno ti giudicasse, non ci penseresti due volte.

    Ebbi un momento di chiarezza. Bianca, chiara, assoluta certezza. Silenzio. Fuori dal tempo e dallo spazio.

    Mi scuso, permettimi di spiegare…

    Sono un grande fan del fondatore del Taoismo, l’antico filosofo cinese Lao Tzu. Era un vecchio saggio. I suoi capelli erano bianchi come la neve appena caduta e i suoi occhi più profondi dell’oceano più profondo della terra.

    Bene, Lao Tzu una volta disse che ‘Conoscere gli altri è saggezza, ma conoscere sé stessi è illuminazione’.

    Caro lettore, è esattamente così che mi sono sentito! In quel momento, ho sentito di ‘Conoscere’ me stesso. In quel momento, mi sono sentito ‘illuminato’.

    Mi fu tutto chiaro. Mi fu chiaro che stavo vivendo in una gabbia. Mi fu chiaro che dovevo prendermi la mia libertà. Mi fu chiaro cosa avrei dovuto fare. Egot fu la mia chiarezza. Tutto era limpido.

    Mi ricordo di aver provato una sensazione di ultraterreno, come se avessi messo piede fuori dalla realtà fisica. Le gambe mi sollevarono il busto, il mio corpo si alzò alto, e il mio spirito solido. Il corpo si dileguò dal mio controllo.

    Rimasi a guardare mentre si liberò. Saltò sui banchi. Si batté il petto come una scimmia valente. Sbuffò con il petto come un eroe spavaldo.

    Il vago suono della Nona Sinfonia di Beethoven iniziò a risuonarmi nella testa. Delicate corde di violino facevano da sottofondo al balletto che si stava svelando sul palco.

    Il mio corpo fece una piroetta.

    Fogli bianchi si alzavano da sotto i miei piedi e avvolgevano i miei stinchi come bianca schiuma del mare.

    Sentii una beatitudine onnipresente.

    Una gamba si alzò in avanti, come una freccia appuntita che puntava verso il banco di fianco. Mantenni quella posizione perfettamente immobile, mentre alzavo il mento con una sorta di grazia pomposa. Poi, scattai come un cervo, a rallentatore, con una gamba in avanti e l’altra indietro.

    La Nona di Beethoven suonava gloriosa attraverso gli ingranaggi. Le viole si unirono ai violini e i violoncelli si unirono alle viole. I contrabbassi cominciarono a ronzare e i flauti a fischiare.

    Atterrai a piedi uniti; un angelo del cielo, un demone del mare.

    La mia mente fluttuava sopra l’oceano infinito.

    Le mie gambe saltarono nell’aria infinita. Balzavano da un tavolo all’altro sempre più velocemente; guadagnando slancio e altezza. Potevo vedere la mia anima da scimmia. Potevo sentire i richiami da scimmia che uscivano dalla mia bocca.

    Potevo sentire la Nona di Beethoven raggiungere il primo crescendo, mentre gli ottoni iniziavano con il loro grido di battaglia. I flauti diventarono un tutt’uno con i clarinetti. I fagotti tuonarono. Le trombe e i corni squillavano di un piacere incontrollabile.

    Ululai come un asino nel momento dell’orgasmo.

    I miei polmoni si riempirono di puro spirito.

    Atterrai a quattro zampe come un bisonte. Le mie spalle fuoriuscivano dalla schiena e le mie tempie si allungarono come corna.

    Balzai come una rana gigante. Scalpitai tra i banchi come un branco di gnu selvaggi; lasciandomi dietro una scia di sedie rovesciate, studenti ribaltati e detriti vari.

    La Nona di Beethoven chiese redenzione, gloria e liberazione. Era un grido appassionato. Un urlo pieno di rabbia.

    Yew! Yew! Yew! urlò la signora Brown. Yew! Yew! Yew!

    La signora Brown urlava dal momento in cui mi ero alzato. Ma io mi trovavo su un altro pianeta. Non avevo sentito una parola.

    La voce dell’insegnante trapassò l’etere in cui mi trovavo, ruppe la mia euforia e mi scaraventò giù tra i frammenti del mio orgoglio spezzato. Alla mia sinistra; una piccola calcolatrice perdeva inchiostro nero come sangue, un tavolo traballante dondolava in avanti e indietro come un ubriaco, e una pianta in vaso vomitava terriccio sul pavimento in vinile. Alla mia destra; Aisha Ali piangeva con la faccia dentro la maglietta, Tina Thompson sfregava gli stinchi, e Ciccio Smith si teneva la pancia.

    Yew! Yew! Yew! urlò la signora Brown.

    (piccola parentesi, il mio nome è Yew. Mi sono dimenticato di dirlo).

    Yew! Cosa diamine stai facendo? Cosa ti è preso? Io, io, io…

    Le parole andarono di traverso alla signora Brown. Si portò una mano alla gola, tossì una manciata di polvere di gesso, e infine sorseggiò una boccata d’aria.

    Scosse la testa.

    Ti sei sempre comportato bene!

    Espirò.

    "Non

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