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Anche i gatti sognano l'avventura
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E-book256 pagine3 ore

Anche i gatti sognano l'avventura

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Info su questo ebook

Dall’autore bestseller di Gobi, un piccolo cane con un grande cuore, un romanzo divertente e commovente per tutti gli amanti degli animali… e dell’avventura!

Anche i gatti sognano l’avventura racconta la storia di Gobi, l’adorabile cagnolina che l’ultramaratoneta Dion Leonard ha adottato durante una faticosissima gara attraverso il deserto del Gobi, e di sua “sorella” Lara, la dispettosa gattina che scappa da casa alla ricerca di una vita piena di avventure.
Lara non si rende davvero conto di quanto sia bello vivere nella sua casa di Edimburgo con i suoi padroni, Dion e Lucja, e Gobi. A essere onesti, lei è molto gelosa della popolarità e di tutte le attenzioni che Gobi riceve da quando è arrivata dalla Cina. D’accordo, Gobi è sopravvissuta a un’ultramaratona attraverso il deserto, ma Lara non è da meno e sogna il giorno in cui potrà girare il mondo, conoscere nuovi amici e diventare famosa anche lei.
E quando arriva l’occasione di partire, la gatta deve scegliere tra la lealtà alla sua famiglia e il grande desiderio di indipendenza. In un lungo viaggio che parte da Edimburgo, passa per la Francia e Pechino, fino ad arrivare in Australia, Lara si troverà di fronte alla sfida che cambierà per sempre la sua vita.
LinguaItaliano
Data di uscita22 apr 2021
ISBN9788830515024
Anche i gatti sognano l'avventura
Autore

Dion Leonard

Australiano, vive a Edimburgo, in Scozia, con la moglie Lucja. Ha partecipato (completandole) ad alcune delle più impegnative ultramaratone del mondo in territori difficili e inospitali, tra cui la celebre Maratona Des Sables nel deserto del Marocco e i 250 chilometri attraverso il deserto del Kalahari, in Sudafrica.Durante una gara Dion ha incontrato la cagnolina Gobi e questo ha cambiato le loro vite per sempre. La loro storia è stata raccontata in televisione, radio e da importanti quotidiani nazionali come il Times e il Washington Post, è in lavorazione un film per la Twentieth Century Fox tratto da questa straordinaria vicenda.

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    Anteprima del libro

    Anche i gatti sognano l'avventura - Dion Leonard

    me)

    1

    Gli umani sono volubili. E facilmente manipolabili. Almeno stando alla mia esperienza.

    Prova a immaginare un perfetto esemplare di felino. Una splendida gatta di razza Ragdoll con il muso scuro e le zampe scure, e con un bel pelo lungo, bianco e soffice. Una gatta intelligente, di classe, che bada alla casa e di notte ti tiene calde le ginocchia; di gusti raffinati, che raramente se ne va a zonzo o si perde e che dà alla tua vita un tocco di eleganza.

    Ecco, quella gatta sono io: Lara.

    Ora prova a immaginare una cagna randagia, recuperata nel deserto del Gobi, con le orecchie sparate all’infuori per nessuna ragione al mondo, che ti segue per un po’, fa breccia nel tuo cuore e poi riesce anche a perdersi chissà dove. E ti tocca pure tornare in Cina a cercarla.

    A questo punto immagina di volerla portare a casa con te, in Gran Bretagna, il che comporta andare a vivere mesi e mesi in un altro Paese, lontano dalla tua gatta perfetta – e pure da tua moglie – per via di certe norme che regolano i viaggi con gli animali. In pratica, prova a immaginare una cagnaccia puzzolente che fa un casino dietro l’altro perché ama vivere all’avventura.

    Ecco, quella è Gobi. Dal giorno in cui Papà è tornato a casa assieme a lei, diciotto mesi fa, è la mia nuova sorella pelosa.

    Ma non scherziamo. Tu chi preferiresti tra le due? Facile, no?

    E invece non è facile per niente, a quanto pare.

    Da quando Papà ha fatto entrare Gobi nelle nostre vite, è il caos.

    E a me il caos non piace, mi piacciono i gamberi a cena e le giornate tranquille e prevedibili.

    Prima dell’arrivo di Gobi, in effetti, tutte le mie giornate erano tranquille e prevedibili. Sono passati ormai più di dieci anni dal giorno in cui Mamma e Papà sono venuti a prendermi nel Lancashire, dove sono nata, e mi hanno portata a casa che ero solo una cucciolina; da allora le mie giornate sono sempre state scandite da una certa routine. Fare colazione, ricevere le coccole, osservare il mondo dalla finestra, pranzare, schiacciare un pisolino, giocare, dare un’altra occhiata fuori, cenare, aiutare Papà a guardare la TV commentando tutto in sottofondo, fare uno spuntino e andare a nanna. E magari, in caso di necessità, accoccolarmi nel lettone durante la notte (a prescindere da come la pensino Mamma e Papà).

    C’erano alcune piccole variazioni, certo, ma sempre molto familiari. Comode.

    Per esempio, quando mi sentivo piena di energie rincorrevo una pallina o uno dei miei giochi preferiti – sempre con eleganza, beninteso – oppure davo la caccia a una falena. E se ero in vena di avventure, mi bastava semplicemente seguire Mamma e Papà in giardino, dove potevo annusare i fiori o mangiucchiare un po’ d’erba.

    Ma, in effetti, quella volta in cui mi sono nascosta in un buchetto in cantina (che goduria infilarsi nei posti piccoli, eh!?) è stata la cosa più avventurosa che abbia mai fatto. A me sembrava un gioco divertente, ma Mamma e Papà non l’hanno capito subito. E quando l’hanno capito mi sono resa conto che a nascondino facevano pena. Continuavano a chiamarmi, ma non riuscivano a trovarmi.

    (Poi ho realizzato – troppo tardi – che ero mezza incastrata e ho dovuto miagolare veramente forte per attirarli da me. Era buio, faceva freddo, avevo fame e mi sentivo sola. Non lo consiglio come gioco da fare in famiglia.)

    Il punto è che non mi sono mai azzardata ad andare più in là della cantina. E poi perché avrei dovuto, considerato che in casa c’era tutto ciò che potessi desiderare?

    Ma questo succedeva prima di Gobi.

    Tutti la considerano una cagnetta fantastica. Speciale. Un miracolo in carne e ossa.

    (Secondo me è per quel libro su di lei. La gente crede che se qualcuno scrive un libro su di te è perché sei importante. Però – e non dovrei nemmeno stare a specificarlo – l’autore è Papà, non Gobi. Se lo avesse scritto lei, ne sarei rimasta più colpita.)

    Non nego che Gobi abbia avuto una vita più intensa della mia: più avventure, più guai, più caos.

    Sì, okay, lo so che qualche anno fa ha corso nel deserto del Gobi assieme a Papà quando lui stava facendo l’ultramaratona. Immagino che uno debba esserci un po’ portato. Papà lo dice sempre che per un’impresa del genere ci vogliono tanto allenamento e una buona dose di forza fisica e mentale. E so anche che io non ne avrei nessuna voglia. Quindi, okay, questo a Gobi bisogna riconoscerlo: ha un talento per le lunghe distanze.

    Sì, è anche vero che in Cina, dopo la gara e prima che Papà potesse portarla a casa, Gobi è sparita. Mamma e Papà erano così preoccupati per lei: nessuno sapeva dove si trovasse o che cosa le fosse successo. Io e Mamma non l’avevamo mai vista, ma ci sembrava già di conoscerla, non so perché. Qualcuno sostiene che fosse scappata, ma io so la verità, anche se Gobi non ne parla volentieri. Diciamo che in qualche modo è riuscita a sopravvivere finché Papà non l’ha ritrovata.

    È così che è diventata famosa, perché Mamma e Papà hanno lanciato un SOS su internet per lei. E più o meno ha funzionato, anche se le norme locali sul trasporto di animali l’hanno obbligata a rimanere in Cina per un po’. Comunque, suppongo che Papà non sarebbe rimasto lontano da casa tutti quei mesi se Gobi non fosse stata almeno un po’ importante. E nemmeno che sarebbe stato così esaltato quando gli hanno dato il permesso di ripartire e all’improvviso siamo diventati quattro, invece che tre.

    A quanto pare, visti tutti i messaggi ricevuti, un sacco di altra gente si era esaltata per noi.

    Ma stiamo scherzando? I fan di un cane… che gli mandano le lettere? Ma se non sa neanche leggere!

    (Nemmeno io so leggere, non ancora almeno, ma suppongo sia solo una questione di tempo prima che io acquisisca anche questa capacità. Mi succede così per un sacco di altre cose: sono una gatta piena di risorse.)

    Comunque il vero problema non sono i fan di Gobi. Il vero problema sono Mamma e Papà, perché la adorano, letteralmente.

    Prima del suo arrivo o parlavano con me o parlavano di me. Io ero al centro delle loro vite e mi ci trovavo benissimo. Sapevo esattamente quanto fossi importante.

    Finché Papà non ha incontrato Gobi.

    Adesso parlano sempre di quanto sia speciale Gobi, di quanto sia forte e coraggiosa Gobi, di quanto sia beneducata Gobi. La portano continuamente in giro a fare cose avventurose. E mi lasciano a casa.

    A essere precisi, fanno cose avventurose ogni santo giorno. Partono per una camminata e io rimango affacciata alla finestra e li osservo scomparire all’orizzonte. Poi li sento discutere di aerei, traghetti, terre distanti e città che Papà vede in televisione mentre io cerco di parlare con lui.

    E non parliamo di quando Gobi compare in TV! È il peggio del peggio! Mamma viene a prendermi e mi porta davanti allo schermo, come se morissi dalla voglia di vedere mia sorella che fa tutte queste cose che io non posso mai fare. Per me è già un’avventura quando mi concedono di camminare al guinzaglio sul vialetto fino alla macchina per poi partire per chissà dove. Così mi ritrovo a osservare dal finestrino le avventure degli altri.

    Ho passato tutta la vita a scrutare il mondo dalla finestra. È la mia specialità. Sono un Ragdoll e i Ragdoll stanno in casa, quindi io sto quasi sempre in casa. Guardo il mondo che fa il suo corso, ma non è previsto che voglia partecipare anch’io. O che fantastichi su cosa possa esserci oltre i vetri. E finché non è arrivata Gobi, mi è andata benissimo così.

    Adesso, però… Non posso fare a meno di chiedermi cosa ci sia là fuori. Che cosa spinge Mamma, Papà e Gobi a partire all’avventura? In fondo, che senso ha lanciarsi in tutte queste peripezie? Credo che non le farebbero se non fosse importante o divertente, no? È per questo che ci penso. E che mi metto a fantasticare.

    Come sarebbe la mia vita se fossi una gatta che vive all’aperto? E se, invece di nascondermi in cantina, mi spingessi oltre i confini del giardino?

    Me lo chiedo soprattutto quando Gobi mi ruba i gamberetti, o mi travolge correndo tutta eccitata, o quando inizia a mordicchiarmi la coda. In quei momenti ripenso a quando eravamo solo in tre e io ero la più importante, e mi domando che cosa succederebbe se decidessi di partire.

    Ma i Ragdoll non sono fatti per stare fuori.

    O almeno così credevo.

    Sugli alberi stavano cominciando a sbocciare i primi fiori primaverili. Li osservavo dalla finestra come sempre, ed è lì che ho pensato a un’avventura tutta mia. Me lo ricordo perché mi è sempre piaciuto dare la caccia ai petali che cadevano: erano così leggeri e simpatici, si lasciavano trasportare dal venticello e mi riempivano di entusiasmo.

    Prima.

    Quell’anno, invece, li osservavo mentre il vento li sospingeva oltre il muro del giardino verso i grandi spazi aperti, ma io non potevo seguirli. Perciò me ne rimanevo in casa, davo le spalle alla finestra e li ignoravo.

    Mamma e Papà parlavano di Gobi, tanto per cambiare. Io un po’ ascoltavo loro e un po’ giocavo con un batuffolo morbido di peli (miei, ovviamente) che si era formato sotto il tavolo della cucina.

    «Be’, ma se vogliono intervistarti assieme a Gobi perché non andiamo tutti?» ha chiesto Mamma in tono assolutamente ragionevole. «Ne approfittiamo per farci una vacanza. Sarebbe carino tornare in Cina tutti e tre.»

    Li ho fulminati con un’occhiataccia. Sarebbero partiti tutti insieme? L’ultima volta che Papà era andato in Cina ci era rimasto dei mesi.

    Mi sembrava già una pessima idea.

    Papà aveva le gambe allungate sotto il tavolo, ma la sua faccia non era rilassata quanto la sua posizione. «Non lo so. Non so perché, ma l’idea di riportare Gobi in Cina mi agita parecchio…»

    Ovvio che lo agitava, considerato in che casino si era cacciata l’ultima volta. Forse dovrebbero proprio smettere di lasciare che Gobi si lanci nelle sue imprese e basta, ho pensato. Risolverebbe il problema alla radice.

    E io non mi sentirei abbandonata.

    «Dion, questa volta Gobi non può perdersi» ha detto Mamma con dolcezza. «E poi se siamo tutti assieme possiamo prenderci cura l’uno dell’altro.»

    «Immagino di sì.» Papà non sembrava ancora convinto. Mi sono strusciata contro la sua gamba per ricordargli che esistevo. Ha funzionato. «E Lara?» ha chiesto sedendosi dritto per farmi saltare sulle sue ginocchia. «Se facciamo tutto il tour dobbiamo stare via settimane. Non mi piace l’idea di lasciarla da sola così tanto tempo.»

    Bene. Nemmeno a me.

    «Allora la portiamo con noi!» Mamma sembrava stranamente entusiasta. Magari anche lei aveva l’impressione di essersi persa qualche avventura.

    Quanto a me, tutta la questione mi puzzava parecchio. Voglio dire: io, che non ero mai andata da nessuna parte, dovevo cominciare dalla Cina? Non avevo mai fatto un viaggio, ma Papà un giorno mi aveva indicato la Cina sul planisfero che aveva appeso al muro con segnati tutti i posti in cui era stato con Mamma e Gobi. Era una bella tirata, da casa nostra fino all’altro lato della cartina!

    «In tour? Tre settimane in giro per la Cina a fare interviste, presentazioni nelle librerie eccetera…» Papà ha scosso la testa. «Non so come se la caverebbe tra viaggi e confusione varia. È più casalinga, la nostra Lara.»

    Mamma era d’accordo: «Già, in effetti non è mai andata da nessuna parte».

    Anche se avevo appena pensato esattamente la stessa cosa, a sentirle dire così mi si sono abbassate le orecchie e la coda ha cominciato a muoversi nervosamente. È ovvio che me la sarei cavata in tutte le situazioni di cui parlavano, di qualsiasi cosa si trattasse. Dai, Papà non poteva essere così sciocco da credere che non ci sarei riuscita! Solo perché non avevo mai fatto niente del genere, non voleva dire che non ne ero capace. Voleva dire solo che fino a quel momento non erano entrate nel mio radar.

    Prima che arrivasse Gobi, perlomeno. Perché adesso le cose erano cambiate.

    D’un tratto, ciò che ero prima della sua comparsa – una gatta domestica, una principessa viziata, una casalinga tutta morbidezza – non mi suonava più tanto bene.

    «Non è un animale avventuroso, tutto qui» ha ripreso Papà chiudendo il discorso. «Non è come Gobi.»

    Sono state quelle ultime quattro parole che mi hanno convinta. Se Gobi poteva farcela, allora potevo farcela anch’io. E anche meglio, con più astuzia e più stile.

    Sarei stata l’animale domestico più avventuroso del mondo, se era questo che volevano Mamma e Papà.

    Sono tornata ad ascoltare con attenzione i loro discorsi. Facevo sempre un po’ fatica a capire cosa dicevano gli umani, rispetto agli altri animali. Ma se vuoi stare al passo devi impegnarti.

    Papà stava parlando di un tour, come quelli che avevano fatto con Gobi in Gran Bretagna e anche oltremanica. Quella cagnolina era stata praticamente ovunque con lui, mentre io ero a casa a Edimburgo, a guardare dalla finestra e ad aspettare che tornassero, e che Papà attaccasse un’altra bandierina sul planisfero, un altro posto in cui loro erano stati e io no.

    Ma questa era la mia occasione per unirmi a loro. Per scoprire in cosa consistesse una vera avventura.

    Non me la sarei lasciata scappare.

    Papà mi ha accarezzato la testa e si è accorto che avevo le orecchie basse. «Non credo che a Lara piacerebbe, in ogni caso.»

    Gli umani! Ma ci arrivano ogni tanto?

    Ho miagolato forte e sono zompata sul tavolo. Magari Mamma avrebbe capito meglio.

    «Non so» ha detto passandomi le mani sul pelo vaporoso «è sempre la prima a infilarsi nelle valigie quando andiamo da qualche parte. Magari non vede l’ora di venire con noi.»

    Ho fatto le fusa perché aveva indovinato. Sì, è vero che il mio desiderio di partire non durava più di cinque minuti e che di solito mi ficcavo nei bagagli solo perché erano pieni di indumenti morbidi in cui accoccolarmi, ma in ogni caso… ci era andata più vicina di Papà.

    «Va bene, diciamo che la portiamo. Come si fa?» ha risposto lui alzandosi per versarsi qualcosa da bere. L’ho seguito: se avesse aperto il frigorifero forse ci avrei trovato dentro qualcosa di interessante.

    «Potremmo andare in Francia in traghetto, per risparmiare a Lara e Gobi una tratta in aereo» ha detto Mamma, provando a pianificare sul momento. «Magari di notte? Tanto per cambiare, per spezzare il viaggio. Poi possiamo volare dalla Francia alla Cina. Per Gobi dovremmo comunque prenotare degli alberghi che accolgano anche gli animali, quindi non farà una gran differenza aggiungere Lara. E poi possiamo esplorare il Paese tutti insieme. Secondo me sarà divertente!»

    Sembrava abbastanza divertente, in effetti. A parte che ci sarebbe stata anche Gobi. Gli aerei li avevo visti in fotografia e sapevo che c’erano i finestrini. E Papà e Gobi ogni tanto ci videochiamavano dalle camere degli alberghi: non sembravano troppo diverse da quella di casa.

    Ma soprattutto, era un’avventura vera e propria. Avrei finalmente scoperto perché la gente ne era così entusiasta e perché volesse lanciarsi in queste imprese, tanto per cominciare.

    «E quando io e Gobi siamo a fare le interviste, o i firmacopie, o eventi e cose simili?» ha domandato Papà. Perché ovviamente ruotava comunque tutto attorno a Gobi, come sempre.

    «Verremo anche io Lara! E dai, Dion, tu e Gobi siete stati ovunque: negli Stati Uniti, in Canada…»

    «… In Olanda, in Francia e in Svizzera» ha aggiunto lui, nel caso ci fossimo dimenticati tutti i posti in cui erano andati insieme. Come se il planisfero non ce lo ricordasse a sufficienza.

    «Esatto. Ora tocca anche a Lara un’avventura, no?» Mamma non ha aggiunto: E anche a me, ma qualcosa mi diceva che lo stava pensando. «E poi un’estate tutti insieme, in famiglia, sarebbe così bella.»

    Aveva ragione. Che loro andassero a divertirsi senza di me per tutta l’estate non mi piaceva per niente, anche se non mi entusiasmava di certo che ora fossimo in quattro invece che in tre.

    «È vero, sarebbe bello in effetti» ha ammesso Papà. Si è chinato verso di me, mi ha presa in braccio e mi ha tenuta stretta contro la spalla. «Che ne dici, Lara? Vuoi partire per un’avventura insieme a noi?»

    Se fossi riuscita a dimostrare a Mamma e Papà che con le avventure me la cavavo bene quanto Gobi – anzi, persino meglio – magari si sarebbero ricordati che ero il loro animale preferito e ovviamente anche il migliore della casa.

    Anche se non ero ancora certa di aver afferrato in cosa consistesse un’avventura. Ma se Gobi poteva farcela, non poteva essere tanto difficile, no?

    Con un miagolio ho accettato la proposta. Un miagolio bello forte. Era arrivato il mio turno di viaggiare con Papà, tanto per cambiare.

    Mamma si è messa a ridere. Sembrava contenta, e anche Papà. Che meraviglia! Per un attimo, c’eravamo di nuovo solo noi tre: era tutto perfetto.

    Ovviamente Gobi ha pensato bene di mettersi a vagare in cucina, con aria assonnata. Si era appena svegliata dal pisolino pomeridiano, giusto in tempo per rovinare il mio momento con Mamma e Papà. Come al solito.

    Papà mi ha rimesso a terra ed è andato a coccolare Gobi. Io sono sgattaiolata sotto il tavolo a giocare con una palla di pelo. «Indovina un po’?» ha detto con un entusiasmo che non aveva un attimo prima. «Partiamo per un’avventura tutti insieme!»

    Gobi ha abbaiato in segno di approvazione. Io speravo solo che in Cina avessero i gamberetti e che non me li facessero condividere con Gobi.

    2

    Pianificare il viaggio è stato molto più laborioso del previsto. Prima non mi ero mai interessata più di tanto ai preparativi di Papà e Gobi. Questa volta, invece, ho osservato tutti i dettagli stando dentro una valigia aperta per essere certa che non si dimenticassero di me. Dopo una vita trascorsa felicemente a casa, l’idea di essere lasciata indietro e perdermi l’avventura mi terrorizzava all’improvviso.

    Con il passare dei giorni, crescevano in me eccitazione e aspettative – seguiti a ruota da preoccupazione e paura. Papà si sbagliava, ovviamente, a dire che non ero tagliata per le avventure. Ma restava il fatto che non ne avevo mai vissuta una. Avevo solo sentito parlare di quelle degli altri.

    A quanto ne sapevo io, le novità potevano essere o bellissime (tipo quei gamberoni più grandi che mi aveva comprato la mamma) o bruttissime (tipo i biscotti di Gobi, che erano anche buoni, ma alla fine mi facevano sempre venire il vomito, ogni santa volta. Non mi sono arresa, però. Non si sa mai…).

    Speravo tanto che le avventure fossero più come i gamberi. Eppure, più scoprivo i dettagli del tour, più non riuscivo a placare l’agitazione: dove saremmo andati e che cosa sarebbe successo una volta lì?

    «L’editore mi ha mandato l’itinerario» ci ha detto Papà, sventolando dei

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