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Al tre mi butto
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Al tre mi butto
E-book191 pagine2 ore

Al tre mi butto

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Info su questo ebook

***UNA STORIA DI CONFINATI CHE SCONFINANO E TI FA SENTIRE BENE****

 ****PRONTI A SALTARE?****
"La persona più insignificante ai nostri occhi oggi, da un giorno all’altro può

diventare la nostra più bella ragione di vita.

Si tratta solo di lasciargliene la possibilità, un secondo,

un minuto, un giorno per un’eternità.

Forse ci passiamo davanti tutti i giorni sena nemmeno

accorgercene, finché lui o lei ci salvano la vita…

Nina e Raph, vicini di casa che però non si sono

mai incontrati. Quando due giovani adulti diversi in tutto,

un incosciente e una tuttofobica si ritrovano confinati

in un palazzo di Tolosa,

si domeranno o si ammazzeranno?

La nostra zona di sicurezza può diventare in ogni momento

molto incerta: tocca a noi capirne i motivi,

imparare, talvolta disimparare da se stessi o dagli altri.”

LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2021
ISBN9781667409016
Al tre mi butto

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    Anteprima del libro

    Al tre mi butto - Magali Dubreuil Bourguet

    Al tre mi butto

    Ai sensi della legge dell’11 marzo 1957,

    è vietata la riproduzione anche parziale della presente opera,

    su un qualsiasi supporto, senza l’autorizzazione dello scrittore, dell’editore o del  Centre français d’exploitation du droit de copie (CFC), 20 rue des Grands-Augustins, 75006, Parigi.

    Magali Dubreuil-Bourguet

    (Mag. B.)

    Al tre mi butto

    Romanzo

    ISBN 9791034351718

    Prefazione

    Questo terzo romanzo è venuto fuori dal periodo più strano che la mia generazione abbia mai vissuto.

    È da sempre nella mia natura trovare qualcosa di positivo, trasmutare una prova in opportunità.

    In questa storia, spero che in Nina o in Raph troverete un po’ di voi, un po’ di noi, un po’ della vostra esperienza nell’inaspettato periodo del confinamento.

    Siamo tutti connessi, siamo tutti forti, ma non nello stesso tempo, non negli stessi luoghi, non negli stessi momenti. È in questo che la tolleranza, il rispetto e l’umiltà rimarranno sempre le parole chiave di tutti i mali.

    Magali Dubreuil-Bourguet

    La vita è ciò che ti succede quando stai facendo altri progetti.

    John Lennon

    Giorno 1 – Sabato 14 marzo

    Come si può arrivare a questo punto? Nina, una giovane donna di venticinque anni, sta lì, in piedi, nel cuore della notte, sul suo balcone al sesto piano, i piedi sul primo livello della ringhiera, gli occhi persi nel vuoto, ben decisa a buttarsi. Ogni cosa si agita nella sua testa, non vi sono più pensieri chiari, tutto si confonde e sembra senza via di uscita: il passato è pesante, il presente è cupo e quanto al futuro... Sembra terrificante. A che serve? Perché continuare? Battersi ancora? Tutti i giorni?

    «Coraggio, posso farcela, al tre mi butto.»

    Nina inizia a scavalcare la ringhiera quando si sente una voce:

    «No, ma fai sul serio? Di solito, il principio del salto con l’elastico... È di avere l’elastico, giusto?»

    «Mi lasci in pace, non sono affari suoi!»

    «Be’, mi piacerebbe molto... Ma come dire, me ne stavo qui, tranquillo con la mia birra, quando sorprendo la vicina mentre cerca di buttarsi dal balcone... Di colpo diventano un po’ affari miei...»

    «Sì, allora deve solo far finta non aver visto nulla e finire la sua birra dentro, ecco tutto!»

    «Ah sì, fico! Non ci avevo pensato, giusto, buona idea, ti lascerò buttare e schiacciare a terra come una merda mentre mi finisco la birra tranquillo. Sono tentato, ma no, la mia giornata è già abbastanza schifosa così, quindi se tu potessi evitare di...»

    «La sua giornata? Schifosa? Per me è la vita a essere schifosa, tutti i giorni, tutte le notti da quando mi ricordo... Odio la mia vita, odio il mio lavoro, odio la gente, odio mia madre, odio il mio appartamento, odio me stessa, odio lei e la sua musica da pazzi che molto spesso non mi fa dormire...»

    «Be’, per cominciare, alcuni dei tuoi problemi sono risolti per qualche tempo: il lavoro, la gente, tua madre non li vedrai per un bel po’!»

    «Se mi butto? Giusto, non sarei più obbligata a vivere tutto questo...»

    «Ma no, voglio dire con la notizia che è appena arrivata, il confinamento.»

    «Come, il confinamento?»

    «Non hai guardato il telegiornale? Non hai la televisione?»

    «No, non ho guardato il telegiornale.»

    «Il presidente ha detto che siamo confinati, non si esce più, chiuso, non si lavora più fino a nuovo ordine, insomma non vale la pena buttarsi, sai.»

    «Non si esce più? Non si lavora più?»

    «Eh no, mi fa piacere vedere che c’è qualcuno a cui sembra andare bene, forse, fra una settimana, sarò io a cercare di buttarmi dal balcone, sai, perché io il confinamento... Essere privato di tutte le mie libertà mi fa stare male, così questa sera mi curo con qualche birra.»

    «Quindi, lunedì non andrò al lavoro, non uscirò, potrò rimanere a casa...»

    «Proprio così.»

    Nina scende dalla ringhiera, fa un passo indietro e si lascia cadere sulla sedia da giardino un po’ più in là.

    «Ti offro una birra?»

    «Non bevo alcolici.»

    «Perché, non fa bene alla salute? È alquanto buffo detto da una che era pronta a buttarsi dal sesto piano.»

    «Ok, va bene, un birra mi andrebbe, dopo tutto.»

    «Tieni! Mi chiamo Raph e tu?»

    «Nina.»

    Nina e Raph

    Nina conduce una vita molto normale, o quasi, all’apparenza. Vive a Tolosa in un appartamento, e lavora come commercialista in un grande studio: non si tratta proprio di contabilità, si occupa di inserimento dati dalla mattina alla sera. Non ha molti amici, se non un’amica di sempre con cui è andata a scuola, Sophie; entrambe si conoscono alla perfezione, ma non possono aiutarsi, perché se Nina è tormentata e insicura, Sophie, invece, vive nel suo mondo di geek, manga e film fantastici.

    Ciascuna di loro ha cercato di superare i tumulti della vita rinchiudendosi in una bolla. La bolla di Nina finisce in fobica: è claustrofobica, agorafobica, aracnofobica, più altri mali che finiscono in fila e ica, ma è anche spasmofila e un poco ipocondriaca... Lo avrete capito, è a pezzi.

    La madre di Nina era bipolare e, per tutta la sua gioventù, Nina ha dovuto battersi per sopravvivere sul piano emotivo. La vita con la madre si poteva paragonare alle montagne russe: un giorno poteva comprare l’intera collezione di vestiti di un negozio e il giorno seguente dare fuoco al guardaroba fino all’ultimo abito.

    Un giorno poteva mettere la figlia sul piedistallo e il giorno seguente picchiarla a sangue e insultarla in tutti i modi possibili.  Nina però ha sempre protetto la madre, fino ad assumere lei il ruolo di mamma: cucinava, la metteva a letto quando era ubriaca, le faceva la spesa, ecc.

    Poi, un giorno si è dovuta prendere la responsabilità di doverla far ricoverare, e da allora ogni tanto la va a trovare al centro. Ogni volta che va da lei è una nuova delusione.

    Negli ultimi tempi, con ciò che accade nel mondo, il covid-19 e tutte le sue incoerenze, il flusso incessante di informazione o disinformazione dei media e l’atmosfera ansiogena, il suo stato non ha fatto altro che peggiorare.

    Per Nina ogni momento della giornata è una prova: alzarsi, scegliere l’abbigliamento, guidare, incontrare i colleghi, fare la spesa... Solo dopo essere tornata a casa può finalmente deporre le armi. Battersi di continuo è estenuante e siccome i suoi mali sono invisibili e ha imparato a fare del suo meglio per nasconderli, allora soffre di grande solitudine.

    Oggi, dopo il lavoro, si è fermata per andare dalla madre: dopo una lunga giornata passata a inserire cifre, con un tempo grigio e piovoso, ha voluto concludere in bellezza. Ogni volta che la va a trovare è un po’ come fare testa o croce... Ebbene, oggi si è presa in pieno un giorno croce, se così si può dire: la madre l’ha criticata dalla testa ai piedi, andando dal suo lavoro e la sua vita da single fallita, alla sua incapacità di trovarsi un uomo «normale, chi vorrebbe un’incapace come te?». Insomma, avrebbe fatto meglio a non andarci. ....

    È molto difficile mettersi nei suoi panni, immagino che vi stiate dicendo che deve solo smettere di andarci... È vero, ma lei gioca a testa o croce, quindi è un po’ come una dipendenza dal gioco. Sapete, quando al casinò si pensa sempre che ci si rifarà, be’, per lei funziona un po’ così, viene a cercare una possibilità di sentirsi dire una cosa buona, si dice che forse oggi sarà il giorno giusto, il giorno in cui la madre la loderà con milioni di superlativi che la nutriranno fino alla prossima volta...

    Non sa ancora che l’amore illusorio che viene a cercare dovrà imparare a darselo da sola... Molto più facile da dire che da fare quando si è cresciuti in condizioni del genere.

    Sulla strada del ritorno all’appartamento, non ha fatto altro che piangere ascoltando il radiogiornale e le sue notizie avvelenate, non ha vede più alcuna via d’uscita e la sua mente continua a ripeterle all’infinito le parole della madre.

    Eppure, per quanto paradossale, alla gente di solito piace la compagnia di Nina, si confidano senza problemi con lei che è spesso una buona consigliera. Ha una certa saggezza, il risultato di una maturità precoce dovuta forse a ciò che ha vissuto. Come ben sapete, spesso è il calzolaio ad avere le scarpe rotte: ciò che sa spiegare benissimo agli altri sembra non potersi applicare a lei.

    Dopo aver varcato la porta dell’appartamento, si è preparata un bagno, questa sera non è come le altre, non è neanche arrabbiata...

    È sprofondata nella vasca da bagno; già, sprofondata come se avesse gettato l’ancora. È strano, è vero, ha come la sensazione fisica o forse psichica che il corpo pesi tonnellate: è pesante da trascinare in giro tutta la giornata questo corpo... O forse sono tutte le incudini che si porta dietro.

    È da un po’ che rimugina, che non si fa le domande giuste, che ci gira intorno, ma questa sera... È tranquilla ed è proprio questo a essere inquietante, quando la rabbia non c’è più; perché alla fine quando è arrabbiata con la madre fa tutto il possibile perché la volta successiva, forse, lei possa essere fiera della figlia. Per tutta la vita ha cercato di dimostrare alla madre di essere una ragazza, poi una donna in gamba e alla fine non ha mai fatto nulla per se stessa.  Una ricerca assai inutile perché, come chi è dipendente dal gioco, ogni volta il suo malessere aumenta. Se ai giocatori sono vietati i giochi d’azzardo, lei potrebbe farsi vietare di essere figlia di sua madre?  No. Potrebbe smettere di andare a trovarla senza sentirsi in colpa? No... Non ancora.

    Ma questa sera non è arrabbiata, è stanca, troppo pacata, non è normale. Ha acceso alcune candele profumate in bagno e si abbandona fino ad addormentarsi.

    Quando si sveglia, è già buio, esce dal bagno e si guarda allo specchio in modo strano, si vede davvero? Chi o che cosa vede quando si guarda? A che cosa pensa?

    Si guarda con espressione assente, o meglio distante, come se... Come se guardasse qualcuno che non rivedrà più, come lo sguardo che si lancia alla persona che non si ama più quando si decide di lasciarla... Occhi che direbbero: Mi dispiace, ma ti devo lasciare.

    Poi va in camera sua per vestirsi e anche se non ha deciso di uscire, si comporta come se avesse un programma per la serata. Non mostra alcuna emozione particolare, un po’ come se fosse sonnambula, si muove in modo meccanico, secondo il suo piano.

    Dopo aver indossato un vestito abbastanza carino, si dirige verso il balcone.

    Il resto lo conoscete, ma prima di continuare vi presenterò il suo vicino di casa, l’ho chiamato Raph.

    Raph ha ventotto anni, insomma in numeri, perché se lo incrociaste avreste l’impressione che si avvicini più ai diciassette e ancora... È un elettrone libero, stile da surfista, lunghi capelli biondi e stopposi, con l’aspetto di un adolescente, in jeans larghi, berretto e scarpe da skate. Lavora in un negozio di surf a Tolosa da qualche tempo, perché finora, e da quando aveva diciotto anni, ha lavorato da stagionale: andava in montagna in inverno per lo snowboard e al mare in estate per il surf. Ha già viaggiato molto, la Spagna, il Canada, il Portogallo, il Costa Rica, ma il suo paese preferito è la Nuova Zelanda; ne è appena tornato e adesso è

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