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Tu mi fai bene: Strategie brevi corporee per il cambiamento
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Tu mi fai bene: Strategie brevi corporee per il cambiamento
E-book148 pagine1 ora

Tu mi fai bene: Strategie brevi corporee per il cambiamento

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Info su questo ebook

Una notte insonne mi è servita per rimettere mano alla mia vita.
Ho ripercorso tutto quanto fatto sino a quel momento, ripartendo dalle fondamenta. Punto fermo è rimasta la fine, il traguardo finale.
Io volevo fermamente mettermi a disposizione delle persone per farle stare meglio, aumentarne il benessere e la qualità della vita.
Ambizioso, ma alla mia portata.
La fatica compiuta sino a quel punto non andava gettata al vento, tutt’altro.
Avevo messo insieme un pacchetto di tecniche e conoscenze e avevo maturato anni di esperienza alle spalle.
Restava un unico anello mancante.
La connessione tra corpo e mente c’era, rimaneva da raggiungere l’anima.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2021
ISBN9791220299787
Tu mi fai bene: Strategie brevi corporee per il cambiamento

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    Anteprima del libro

    Tu mi fai bene - Roberto Romagnoli

    cover.jpg

    Roberto Romagnoli

    Roberto Romagnoli

    Tu mi fai bene

    ©2021 Roberto Romagnoli

    Prima edizione: Aprile 2021

    Tutti i diritti sono riservati

    Ogni riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo, deve essere preventivamente autorizzata dall’Autore.

    Roberto Romagnoli

    Tu mi fai bene

    Strategie brevi corporee per il cambiamento

    Sono sinceramente appassionato del mio lavoro, tanto da interpretarlo ormai come una missione.

    Ho dedicato la prima parte della mia vita allo studio, all’approfondimento e alla pratica delle tecniche del counseling, del massaggio, del controllo della respirazione e del rilassamento.

    Ho scritto questo manuale per raccontare le mie esperienze, e spero possano essere utili a chi si avvicina a questa splendida professione, ma anche a chi, come me, già la pratica da tempo.

    Felice di condividere quanto ho imparato negli anni, sono certo che da queste pagine potrà nascere una rete di allenatori emozionali ancor più bravi ed entusiasti del loro operato.

    Io ci sono.

    Buona lettura.

    Ai miei figli Tommaso e Federico,

    e a mia moglie Antonella,

    che da lassù ci dona amore ogni giorno

    Se hai acquistato questo libro significa che qualcosa è risuonato in te e che ciò che è racchiuso in questo libro fa parte anche di te; nulla accade per caso in questo mondo.

    Siamo qui su questa terra, ognuno di noi col proprio viaggio, con l’obiettivo di conoscere se stessi per primi, di individuare il proprio talento e infine farne una missione nel metterlo a disposizione di più persone possibile.

    Sono felice che tu abbia voluto conoscere questo testo, e me attraverso lui, e di ciò ti ringrazio col cuore.

    Le nostre anime si parlano, siamo tutti collegati, siamo tutti uno, e tutti fatti della stessa sostanza: Amore Universale.

    Auguro a te un buon viaggio in questa vita, che ti porti a diventare CHI SEI.

    Prologo

    Una vocazione che viene da lontano

    «Robertino, allora domani torno».

    «Io qui sto, Zia. Ti aspetto».

    «Bravo il mio nipotino, sai quanto mi sento meglio adesso. Mi sembra di volare».

    ***

    A cinque anni, la mia aspirazione più grande era poter massaggiare i piedi di mia madre e quelli di mia zia. Lavoravano al tavolo del rammendo o alla macchina da cucire, io mi sedevo a terra di fronte a loro e ci davo dentro. Un gioco che svolgevo con il piglio della missione, tanto grande era il piacere di vedere che con le mie mani – delle manine, a dire il vero – riuscivo a far stare bene qualcuno. Massaggiavo e loro sorridevano, a volte si lasciavano proprio andare, ogni tanto un’esclamazione di gioia e una risata. Capirai, io ero al settimo cielo.

    «Roberto, hai delle mani che cantano» diceva mia zia, abbandonata sulla sedia, e io raddoppiavo gli sforzi, tutto contento.

    Le mie due clienti non risparmiavano complimenti e ringraziamenti, tornando fedeli il giorno dopo a chiedere il mio intervento. Ho iniziato a crederci sul serio. Sembrava davvero che potessi guarire chi aveva qualche dolore o magari era semplicemente triste.

    Hai detto niente.

    Più avanti negli anni il gioco è finito, ma il desiderio di far stare meglio le persone utilizzando le mani non si è spento affatto. Anzi. Da scolaro diligente mi documentavo – facendo ricerche e tesine sull’argomento – da aspirante praticante allargavo la mia platea di assistiti. A mamma e zia ho affiancato amici e altri parenti.

    Intorno ai diciotto anni, il salto di qualità. Ho disegnato un lettino artigianale per i massaggi e, con il prezioso aiuto di mio padre, l’ho realizzato in casa. Una piccola opera di raffinata artigianalità.

    Mi sono trasferito a casa dei nonni, una fattoria in campagna su una collina che digradava dolce sino alla riva del mare. Loro purtroppo non c’erano più, ma a quel luogo ero profondamente affezionato. I prati, gli alberi, gli animali e la libertà che solo un ragazzino può assaporare e amare.

    È diventato il mio primo Centro-Massaggi.

    Invitavo le mie cavie e sperimentavo le tecniche apprese su libri e riviste di cui facevo indigestione. Aggiungevo ogni volta qualcosa – una mossa, un unguento, un profumo – oppure mi spingevo a suggerire il relax in giardino, accomodando gli ospiti all’ombra delle piante per ritrovare equilibrio e serenità. A pensarci, un programmino da favola: massaggio e poi distensione nel verde, l’aria pulita e il mare azzurro sullo sfondo. Avessi aggiunto una sauna e le tisane avrei avuto una clinica del benessere già bell’è pronta.

    Studiavo, mi arrangiavo con i primi lavoretti, ma c’è poco da dire, la passione era quella. Vocazione, la chiamerei.

    Mi ero invaghito del massaggio californiano, al quale mi sono dedicato con convinzione. Ho acquistato dei video-corsi originali e ho ascoltato le lezioni di medici, psicologi e operatori olistici USA che spiegavano da dove veniva e come funzionava.

    «Questa è una tecnica americana, Francesco».

    «Addirittura!»

    «Sul serio. L’hanno inventata per i soldati che tornavano dal Vietnam. T’immagini cos’hanno dovuto passare. Con questa, cercavano di rimettere insieme la mente con il corpo».

    «Sempre strani questi americani, Roberto. Si fanno massaggiare la schiena per rimettersi in sesto la testa!»

    Eppure, era proprio questo che mi affascinava.

    Cercavo di far riapparire sul viso delle persone il sorriso di mia madre e di mia zia quando si alzavano dalla sedia e, per farlo, dovevo inventarmi qualcosa di diverso, di mai visto prima. Curare il corpo per rasserenare la mente mi sembrava una via interessante.

    Gli amici, ovviamente, mi pigliavano in giro, mi davano del sognatore. I più gentili si spingevano a raccomandarmi di iscrivermi a medicina, se proprio sentivo che mi sarebbe piaciuto lavorare in quel campo.

    «Scegli psicologia e pigliati la laurea. Poi, magari, apri un ambulatorio tuo».

    Un percorso classico, certamente ragionevole.

    Io, però, sentivo che la mia strada poteva essere un’altra, perché in fondo non volevo diventare dottore. Intuivo – a volte in modo confuso, altre in maniera più precisa – che il taglio giusto per me poteva essere un altro.

    Ho scoperto così l’approccio del Counseling e ne sono stato subito conquistato. Per rafforzare la mia preparazione da autodidatta mi sono iscritto a una scuola specializzata, muovendomi come un pioniere nella jungla inesplorata. A quei tempi – e a dire la verità ancora oggi, a differenza di quanto non accada in altri Paesi – il profilo del Counselor in Italia era conosciuto poco e niente.

    Per tutti, ero e restavo un sognatore. Simpatico e bravo – sul serio – a fare i massaggi, ma un po’ perso tra le nuvole e pure un poco matto.

    Lo sapevo e non me ne curavo.

    Tiravo dritto senza farmi influenzare, tanto meno scoraggiare.

    Sono stato tra i primi a diplomarmi come Gestalt Counselor Professionista e ho cominciato immediatamente ad applicare quanto appreso ai corsi. Mi sono gettato a peso morto nell’impresa, con l’entusiasmo dell’esordiente e l’energia di chi vede realizzarsi i propri sogni.

    L’atmosfera intorno a me ha iniziato gradualmente a mutare. In fondo, un diploma ce l’avevo – strano, per chi lo vedeva dal di fuori – e potevo esercitare. Di mio, ce la mettevo tutta. I miei ricordi di quel periodo sono un misto di nostalgia e tenerezza. Ero realmente un giovine di belle speranze, alle prime armi, ma con una formidabile forza di volontà e l’incrollabile determinazione di chi sente di seguire la propria strada.

    L’attività iniziava a decollare, i clienti venivano e in buona parte se ne andavano soddisfatti.

    Però, di complimenti, pochini. Pagavano, certo. Erano gentili, ma niente di più.

    Capirai, io non ci dormivo la notte. Ma come? Mi ero preparato una vita, avevo studiato, ero andato a una scuola per super-specialisti e i risultati che raccoglievano erano soltanto quasi perfetti?

    Non scherziamo, le cose andavano rimesse a posto.

    Sebbene fossi pienamente consapevole che gli inizi non sono facili per nessuno, la situazione nella quale mi sono trovato in quel momento era del tutto inaspettata. La gente si affidava a me, veniva e se ne andava, ritornava anche, ma quel che mancava era il luccichio nei loro occhi, la gioia che illuminava lo sguardo di mia madre e di mia zia quando terminavo le mie sedute e mi dicevano «Robertino, tu sei un mago».

    Ecco, il tocco non c’era.

    Lo confesso ora, sono entrato in un tunnel di incertezza e depressione. Stavo perdendo fiducia in me stesso e in quel che facevo, anzi quasi quasi mi spingevo a mettere in discussione tutto il percorso.

    Fosse che avevo preso una cantonata?

    Anni di studio, un’adolescenza tutta dedicata a un progetto e adesso si profilavano i segnali della delusione. Avrei dovuto essere soddisfatto, accontentarmi dei traguardi conquistati – in fondo facevo il lavoro che avevo sempre voluto – e, piano piano, aggiustare il tiro, accettare qualche compromesso, forse anche qualche critica. Insomma, abbozzare.

    Non è che i clienti potevano mettersi a darmi i pizzicotti sulle guance e farmi le feste come succedeva a Robertino. O no?

    Io, però, sempre Robertino ero e non mi trovavo a mio agio. Piuttosto, stavo scivolando nello sconforto.

    Doveva essere una strada tutta rose e fiori, successo e gratificazioni, mi ritrovavo nel grigio tran-tran del: «Grazie, quant’è?». «Bene, arrivederci alla settimana prossima».

    Ero rimasto intrappolato in un meccanismo completamente estraneo. Sono giunto sino a pormi una domanda di fondo: continuare o mollare?

    Non sono tipo da mezze misure, va detto.

    Mi trovavo in piena crisi esistenziale e professionale, incredulo per la distanza tra il sogno e la realtà, quando un’amica venne a trovarmi allo Studio.

    Abbiamo parlato delle nostre vite e le ho spiegato le ragioni della mia complicata situazione.

    «Non dovresti sentirti così» ripeteva. «Hai studiato tanto e sei preparato. Semplicemente, sei passato dall’essere un appassionato che faceva massaggi agli amici per gioco

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