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Vi voglio bene ma #stateacasalostesso
Vi voglio bene ma #stateacasalostesso
Vi voglio bene ma #stateacasalostesso
E-book224 pagine2 ore

Vi voglio bene ma #stateacasalostesso

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Info su questo ebook

I lunghi giorni del lockdown che nella primavera del 2020 hanno costretto a casa milioni di italiani sono stati un periodo decisamente anomalo sotto ogni punto di vista: senza menzionare la preoccupazione per l’emergenza sanitaria, ma anche solo concentrandosi sul forzato cambiamento di abitudini di vita, ognuno ha sperimentato situazioni strane, per non dire surreali. Va da sé che, se si vive in pochi metri quadrati con l’unica compagnia – non sempre cordiale – di due gatti, ad un certo punto l’alternativa migliore sembra essere quella di chiudersi in se stessi... oppure, come ha fatto l’autrice di questo “diario di una quarantenna”, di mettersi a scrivere, affidando alla pagina bianca esperienze, sentimenti e ricordi che, tra alti e bassi, sono riaffiorati alla sua mente durante questo periodo così particolare. Pur essendo strutturato come un diario personale Vi voglio bene ma #stateacasalostesso non ha paura di affrontare con decisione temi delicati e universali, senza mai scadere nella banalità ma fornendo importanti spunti di riflessione sulle possibilità di miglioramento – come individui e come specie – che forse questa esperienza ci può regalare.

Francesca Sibilla, nata a Gorizia nel 1979, si è laureata in Scienze internazionali e diplomatiche lavorando da subito come volontaria nell’ambito della cooperazione internazionale e allo sviluppo in America Latina, Asia ed Africa e come consulente nei Balcani. Impegnata nella gestione di fondi strutturali in ambito comunitario, continua il suo impegno nel mondo del volontariato. Nel 2018 ha pubblicato con Albatros Vi voglio bene lo stesso.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2021
ISBN9788830636774
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    Anteprima del libro

    Vi voglio bene ma #stateacasalostesso - Francesca Sibilla

    speranza.

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile:

    Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere.

    Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Nota dell’autrice

    Nato da effetti collaterali o COVID-19, questo libro va letto in chiave di diario personale che illustra, dall’inizio della fase 1, fino alla fatidica fase 2, la mia quarantena vissuta giorno per giorno, con i suoi alti ed i suoi bassi, con allegria e, a volte, disillusione, riproponendo e discutendo quello che succedeva là fuori, mentre tutta Italia era costretta a reinventarsi uno stile di vita diverso dal solito, e per molti versi difficile da accettare.

    Quanto narrato riporta la quotidiana attualità, conciliata a ricordi di esperienze lontane sia nel tempo che nello spazio fisico, che mi hanno aiutata a trascorrere più velocemente, per quanto possibile, questo tempo infinito di attesa e ritorno all’integrità mentale.

    Ringrazio la scrittura, i libri e la letteratura in generale per questo grande aiuto.

    In tempi non sospetti

    In questo momento sto mangiando i savoiardi. Li avevo comprati per fare il tiramisù ma non è ancora arrivato il suo momento. Adesso, dal nulla, You Tube mi sta suggerendo di ascoltare la "Best Love Songs Playlist" del momento. Devo ammettere che normalmente glisso senza troppi pensieri questo genere di consigli, non che non sia romantica, ma ultimamente ho i valori glicemici che hanno sviluppato una certa intolleranza verso l’amore universale e la pace nel mondo… ho il ciclo…

    Ridendo e scherzando, o meglio scrivendo, ho finito la prima strisciata di confezione di savoiardi. Mi fermo un attimo per riposizionare nella dispensa i restanti tre pacchetti per un totale di 400 grammi, questo significa che mi sono fatta fuori in due minuti 100 grammi di zuccheri. Non male. Dicevo che normalmente salto a piè pari canzoni struggenti d’amore e quant’altro ma oggi, a una settimana dall’inizio del lavoro in smart working e dalla segregazione in casa causa COVID-19, non spiego nemmeno cosa sia, tanto se lo ricorderanno a vita l’universo e anche i mondi paralleli, che non hanno più il coraggio di visitarci per paura di essere contagiati, accetto la proposta e inizio a spararmi queste canzoncine melense. Finora ne ho ascoltate due e mi facevano cagare entrambe, per mia fortuna sono ancora immune, almeno a questo.

    Sembra proprio che questo periodo di convivenza forzata con sé stessi induca naturalmente ad una forte introspezione che, se non altro, ci avvicina molto al primo uomo sceso sulla Terra. Non conosco il nome di battesimo, ma credo nemmeno lui lo sapesse, c’è da dire, però, che lui almeno poteva vagare per il creato mentre noi siamo costretti in 4 mura (io non ne ho di più) domestiche e cercare di non parlare con i fantasmi e gli angeli, che di colpo si sono trasferiti a casa tua, è compito arduo, anzi, mooolto arduo. Glielo dico sempre al mio Angelo custode, che prima o poi lascio tutto e me ne vado, dove non lo so ancora di preciso, al nord, verso il freddo. È da un po’ di tempo che ho un forte richiamo verso i paesi baltici. Non chiedetemi perché, ma sta crescendo in me il desiderio di vivere in cima ad una montagna, in una casetta nel mezzo del bosco e correre su e giù verso il ruscello per prendere l’acqua fresca, le pinne, il fucile e gli occhiali e vivere di ciò che la natura può offrirmi. Solo che poi, attese le mie spiccate doti di sopravvivenza equiparabili a quelle di un paguro in Alta Badia, lascio perdere questi pensieri e mi distraggo con altro. Ad esempio come farò ora, che mi alzerò e mi mangerò la seconda strisciata di confezione di savoiardi. E sapete anche che faccio? Mi bevo pure un caffè e mangio a cucchiaiate il mascarpone. Tutto in bocca in un colpo solo è come mangiarsi un tiramisù, giusto?... con una spolverata di cacao amaro…

    Dicevo, tanto era il bisogno di estraniarmi e stare un po’ per conto mio che alla fine è successo senza dover muovere nemmeno un arto. Già, perché tutta Italia è rinchiusa in casa a testare chi la convivenza con figli e consorti (loro vinceranno il Nobel per la pace se sopravvivono), chi a collaudare la propria coabitazione con i rispettivi animali domestici, chi a sperimentare la solitudine senza un cane. Perché se ce l’hai un cane in questo momento hai fatto bingo! Hai la possibilità di uscire di casa quante volte ti pare, perché uscire i cani fuori per pisciarli è consentito e quindi via al noleggio illegale di dogs! Qualcuno si porta fuori pure il maiale, giusto per giustificare le uscite che, diversamente, risulterebbero illegali. Poveri cani, poveri noi che non abbiamo capito niente, povera Italia!

    E così, mentre mi sparo altri 100 grammi di adiposi ben presto spalmata dove non vorrei, ecco che inizio a parlare con il mio Angelo. Tanto ce l’abbiamo tutti un Angelo custode dalla nascita, no?

    Il mio lo sento, ma poverino non lo ascolto mai, oppure quando finalmente lo considero un attimino, è troppo tardi perché ho già commesso quintalate di minchiate.

    Ah, Angelo mio, abbi fede, o meglio, continua ad averla, che prima o poi tutto si sistema. Sì, andrà tutto bene vedrai, #andràtuttocomedeveandare.

    Toilet paper

    È proprio vero, i nostri comportamenti influiscono sempre sulla vita degli altri e chi trasgredisce le regole mette nei guai tutti, ma proprio tutti. Il Paese intero, una Nazione, è coinvolta in una lotta per la propria tenacia e perseveranza, per la propria sopravvivenza, mostrandoci ora più che mai la sua latitanza. È difficile prendersi in giro in un periodo storico senza pari, dove il destino di tutti è determinato dai comportamenti di ciascuno di noi, dove l’unione fa la forza ma la disobbedienza provoca disaggregazione e non da ultimo morte.

    I nuovi regolamenti europei, quelli che definiscono regole comuni per l’adozione e l’utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Commissione europea, per il futuro periodo di programmazione post 2020, pronti per uscire sono stati ritirati per essere nuovamente rivisitati con misure specifiche anti COVID-19. Ma di fronte all’emergenza cos’è successo? Di fronte alla morte di migliaia di persone cosa hai fatto Europa? Hai alzato le mani? Ti sei nascosta? Hai forse avuto paura? Noi italiani sì, tanta.

    "Ci siamo dentro tutti insieme in questa situazione ed insieme la supereremo", dice il segretario Generale delle Nazioni Unite. Cos’è accaduto dopo?

    Noi italiani lo sappiamo, siamo delle teste calde, ma non siamo scemi. Vediamo, sentiamo e tutto quello che emerge è che l’Italia ha chiamato e noi stiamo rispondendo.

    Le relazioni sociali necessitano di coinvolgimento, confronto e disponibilità. Se mancano questi elementi manca la base per una connessione mentale, spirituale e metafisica, ma soprattutto manca la volontà, perché, se vuoi mantenere viva una relazione, indifferente se d’amore o d’amicizia o di qualunque tipo essa sia, ti devi impegnare, non puoi mollare al primo intoppo. Allora vuol dire che non te ne fregava niente. Quello che è successo, invece, è che un intero popolo si è sentito abbandonato.

    Intanto #iorestoacasa e aspetto che questa primavera germogli, così come riaffiori la speranza negli uomini, che la paura smarrisca il sentiero e ci si possa ritrovare più forti di prima, più umili di prima e più rispettosi (perché prima non lo siamo stati) verso il creato, la Terra e le persone. Esattamente come la scena di questa mattina al supermercato.

    È il mio turno e posso finalmente entrare con il carrello per fare la spesa ai miei genitori e naturalmente per me, perché ho finito tutto e stavo per mangiarmi i gatti.

    Ovviamente per andare a fare la spesa non è che ho messo il primo straccio che ho trovato nell’armadio, ho fatto una scelta accurata dei vestiti, preceduta da un altrettanto ricercato make up servito a niente, perché indossando la mascherina ho coperto tutto. Tranne gli occhietti. Quelli li ho necessariamente lasciati scoperti, permettendomi di sfoggiare un trucco degno di Cleopatra.

    Entrata finalmente all’interno del supermercato, alle mie spalle sento un po’ di confusione e persone che si agitano. Non ci faccio più di tanto caso e proseguo con la mia spesa, che per me consiste nel buttare nel carrello quello che l’istinto mi dice di prendere (frollini al cacao, birra e patatine – finita la mia spesa), mentre per i miei genitori in cose stranissime e ricercate che ogni volta non so nemmeno se esistano in commercio. A volte spero che rientrino tra i prodotti con il cartellino "bene non di primaria necessità" e che quindi non puoi acquistare, nemmeno le mutande, perché in fondo, anche se le hai a buchi, chi te le guarda oltre al tuo consorte che sicuramente, poraccio/a è già a conoscenza del disagio. Invece tutte le cose in lista sono a disposizione e la mia ricerca affannosa deve continuare nel più rapido tempo possibile dato che ogni 35 secondi c’è la voce gentile della commessa del supermercato che intima di sbrigarti e di non cazzeggiare davanti ai prodotti disposti lungo le corsie, per consentire alle altre persone, giustamente, di entrare e fare la spesa.

    Runners, venite al supermercato, e vedrete che corse e che esercizio fisico a trainare il carrello della spesa, che pesa, e che puntualmente per la legge dei muffin che ti sei mangiato, spingi a fatica nella direzione opposta a quella in cui lui ha deciso di andare.

    Ad ogni modo, dicevo, incomincio a sentire agitazione alle mie spalle finché molto nitidamente, e con uno spiccato accento goriziano, le parole dei due signori che interloquiscono si palesano alle mie orecchie con pacati toni offensivi: «cazzo te fa, stamme distante!»

    «Stamme distante ti, merda!»

    Merda? Ripeto io mentalmente, mentre cerco di concentrarmi su quello che devo prendere.

    «Te son una testa de cazzo, rispetta le distanze.»

    «Mi rispetto le distanze te son ti che te ga’ una testa de cazzo lunga fin qua

    E dopo uno scambio placido di opinioni, ecco che quello davanti schizza via tappandosi la bocca con la mascherina, come a voler frenare ogni altro inutile apprezzamento diretto al compare.

    Devo ammettere che il loro battibecco mi ha un po’ sconcertato, perché, mentre tentavo, con ansiosa velocità, di concentrarmi sugli acquisti da effettuare, ecco che subentrano i dubbi.

    Dunque, al reparto latticini devo prendere per il papà la...

    «Merdaaa, te son una merdaaa

    Aggrotto la fronte e mi ripeto: No, no devo prendere il...

    «Cazzo, ti te son una testa de cazzo.» No, nemmeno quello... lo YOGURT, DEVO PRENDERE LO YOGURT!!!

    Oh insomma, e allora basta, mi sono fermata e li ho ascoltati, ogni singola parola, e ho voluto assistere ad ogni loro mossa finché i gentiluomini si sono divisi. E vi dirò, se non fosse stato per la paura del contagio, i due si sarebbero pure opportunamente menati.

    Beh, come vedete è difficile mantenere la calma e la tranquillità soprattutto in questi momenti di particolare pressione e angoscia... è difficile per chi è già deficiente (nel senso che deficia di un po’ di educazione), gli altri normalmente ce la fanno. Ma come abbiamo più volte constatato nel corso del nostro cammino, di deficienti il mondo è pieno.

    Così dopo questi pensieri che la mia mente ha generato nell’intervallo dei 35 secondi a disposizione per sostare tra una corsia e l’altra, faccio un sospiro non troppo forte, sai mai che mi scappi la tosse e mi ammazzino infilandomi un termometro in… bocca, prendo una confezione da 6 birre, le patatine e proseguo con ritmata tachicardia la mia spesa.

    Quando finalmente ho pagato sia la mia spesa che quella per i miei genitori, con andamento da maratoneta mi dirigo verso la macchina, tocco il portabagagli e urlo liberi tutti.

    …Una cosa però mi chiedo. In tutto ciò la corsa alla carta igienica, perché? Non l’ho mica capito. Il bidè che ruolo gioca in tutto questo? …misteri della fede… #AMEN.

    L’amore ai tempi

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