L'assoluzione: Cinque storie
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Anteprima del libro
L'assoluzione - Annamaria Barreca
Un uomo
Camminavo lungo strade buie, avevo bisogno di Lei e senza accorgermene seguivo il percorso che mi avrebbe condotto in quella viuzza angusta e poco illuminata dove abitava. La mia vita scorreva così: io la chiamavo e Lei mi rispondeva: Stasera alle 23… non tardare
, ed io volavo, perché solo così mi sentivo vivo e vero. Non potevo più fare a meno dei suoi occhi, azzurro profondo da sembrare quasi neri, del suo viso dall’incarnato cereo, quasi trasparente e delle lunghe mani agili nello spogliarmi, tutto senza un sorriso. Mi aveva concesso ogni più piccola parte di pelle… senza un sorriso.
Tutto era cominciato per gioco una sera.
La conosci Manuela? Splendida creatura, peccato che faccia la vita. È capace di stregarti…
. Non credetti a quelle parole ed accettai la solita squallida scommessa dicendo che l’avrei presa, pagata e dimenticata. Fu così che quella sera d’un aprile tiepido e profumato la chiamai. Lei mi rispose:
Stasera alle 22,30… non tardare
. Mi aveva dato l’indirizzo: via del Salto n° 28. Estrema periferia, pensai, meglio così non avrei rischiato di incontrare qualcuno che mi potesse riconoscere, visto il mio lavoro di prestigio, sempre alla ribalta della cronaca. Arrivai in via del Salto alle 22, in largo anticipo, volevo passeggiare nei dintorni per conoscere meglio il luogo. Era una periferia decorosa: piccole case ordinate, ben tenute, con un po’ di verde. Vicoletti discreti. Lei abitava in uno di questi. Il tempo mi parve dilatarsi all’inverosimile. Ero solito andare a puttane, non avevo mai voluto storie vere, non gradivo impegni e responsabilità. Le puttane sono speciali,
questo pensavo sono una vera razza eletta. Riescono a farti sentire unico, non chiedono, danno, in cambio del denaro, così si liquida tutto. Rimane l’odore, il gusto dei loro corpi, il loro sorriso, la musica sdolcinata, ma tutto finisce appena si mette piede sulla propria vettura
.
Suonai al numero 28, attesi pochi secondi ed il portoncino si aprì su una stanza piccola, con un divanetto color panna sul quale erano adagiati due cuscini color ciclamino. Ciclamino chiaro erano anche le pareti e la lampada a stelo. Un tappeto color panna ovattava i passi. Alle pareti qualche stampa d’epoca raffigurante paesaggi lacustri e marini. Billy Holliday cantava con la sua voce roca Summertime
.
Lei apparve quasi dal nulla, alta e flessuosa, con lunghi capelli color rame, occhi immensi: indossava un corto tubino color panna che le lasciava scoperte le lunghe braccia e le belle gambe. Un decolté casto e scarpe color ciclamino completavano il quadro. Era raffinata ed elegante al punto che pensai di avere sbagliato indirizzo: non sembrava una prostituta.
Sei Giulio vero? Ti aspettavo
. Le labbra sorridevano ma lo sguardo era freddo e lontano. Mi aiutò a levare la giacca ed a sbottonare la camicia, poi mi chiese se volessi qualcosa da bere. Stupito risposi:
Un caffè, grazie
. C’era qualcosa di stranamente intimo in quel rituale che poco somigliava ai miei normali incontri con le altre puttane.
Così non rischi di addormentarti
, mi disse con ironia la donna.
Accettai l’aria di sfida quasi divertito. Poco dopo Lei comparve con le tazzina… vestita solo di una breve canottiera bianca in seta e di un piccolo slip. Bevuto il caffè le lunghe mani di Lei presero a spogliarmi lentamente, io ero già eccitato, ma la voce della donna mi sussurrò all’orecchio: Non avere fretta, rilassati, gustati ogni attimo
, ed io l’ascoltai e la lasciai fare baciandola con trasporto. Il tempo si smarrì tra le sue carni morbide e profumate, mi sentivo in balìa di maree fluttuanti ed avvolgenti. Non fu solo sesso quello che facemmo, questo pensai, fu amore, splendido amore. Fu Lei a staccarsi quando il suono flebile di una sveglia mi riportò alla realtà. Il tempo era scaduto. Lei si alzò, andò in bagno e mi chiamò. Mi fece sedere sul bidet e mi lavò con amorevolezza, poi mi asciugò dicendomi:
Adesso sei pulito come un neonato, puoi tornare da tua moglie
.
Stavo per risponderle, ma fui zittito:
Non raccontarmi niente di te, sei solo Giulio per un’ora
. Mi rivestii e dopo averle lasciato il denaro per la prestazione - €200 - mi avviai verso l’uscita seguito dalle sue parole:
Chiudi la porta senza far rumore, per favore
.
Uscii frastornato, confuso, chiedendomi chi Lei fosse e perché facesse quel mestiere. Mi dissi che non l’avrei incontrata mai più. Non fu così. La cercai e Lei fu sempre pronta. M’illusi che potessimo diventare, forse, amici e finii con l’innamorarmene come un adolescente. Sapeva ascoltarmi, mi sentivo a casa e non mi importava degli altri uomini che potevano averla. Ero convinto che il suo corpo fosse diviso dal suo cuore e mi piaceva pensare che quello, il cuore, fosse solo per me. Cominciai a sentirne la mancanza nel quotidiano. Avrei voluto portarla a pranzo, a cena, fuori da quella casa, da quella stanza, ma Lei mi rispondeva Sono allergica al sole, fatti andare bene questo posto, perché è qui che vivo ed è solo qui che tu potrai avermi
. Accettavo queste sue parole con amarezza, non mi ponevo domande, l’amavo senza remore.
Anche quella sera, quando le telefonai, mi sentii dire:
Stasera vieni prima, alle 21, dopo ho un cliente esigente che mi vuole per tutta la notte
. Accettai, avevo bisogno di vederla, anzi andai un po’ prima. Mi accolse gentile così dimenticai tutto. Alla fine mi allontanai in fretta, con la promessa che ci saremmo rivisti