La vita, inizia dove finisce
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Anteprima del libro
La vita, inizia dove finisce - Raffaele Spera
conoscenza.
Capitolo I
Il mio primo percorso nella vita, quel viaggio in treno era la strada da cui cominciava la mia ascesa, avevo le idee molto chiare sul mio futuro, ma non sapevo quanto fosse duro scontrarsi con la realtà. In tasca avevo il vento, nella mente il desiderio di ascendere verso una vita diversa, attiva, in cui fossero riconosciuti i miei valori e non schiacciati a fini di un servitore. La prima volta che mi allontanavo dalla città, dove ero nato, dalla mia famiglia anagrafica che non mi sarebbe certo mancato, alla scoperta di qualcosa che mi attirava, mi seduceva con i suoi tanti interrogativi. Vivere è una continua scoperta di se stessi e del mondo in cui viviamo. Il treno sfrecciava veloce verso la mia meta, una città nuova, ambiente diverso, una pagina tutta da scrivere di un diario senza tempo in cui ero la mano e lo stesso diario. Guardavo le immagini che scorrevano fuori dal finestrino come incantato, erano tutte nuove per la mia conoscenza, avendo lasciato una città in cui avevo vissuto una buona parte di vita per affrontare l’ignoto. Avevo fatto quella domanda alcuni anni fa, partecipato a una selezione in cui non credevo di essere scelto, ma dopo tanto tempo, in uno dei momenti più bui della mia vita, una luce si era accesa. Ero stato scelto per la prova finale. Il confronto certamente più duro, che non temevo perché le sfide per me erano adrenalina pura. Io credevo in quello che facevo, prendevo forza dalle mie scelte, dalle mie idee dalle mie prerogative, una fra queste, tra queste abbandonare il mio vissuto nel più profondo dei crepacci. Girai lo sguardo attorno a me, era mezz’ora che eravamo partiti e neanche avevo focalizzato chi sedesse con me in quel vagone, troppo preso dalla gioia del cambiamento del rinnovamento, della fuga. Ero stato fortunato fronte a me, in direzione contraria al senso di marcia una donna, bruna dai caratteristici tratti mediterranei che leggeva un libro, un tascabile. La vedevo molto presa, non toglieva lo sguardo da quel libro, forse era molto interessante, di fianco a me, un uomo abbastanza maturo doveva aver superato i sessanta, che sfogliava il quotidiano del giorno e ogni tanto rispondeva a qualche messaggio sul cellulare, accanto alla ragazza un’altra donna, che invece si stava regalando una pausa di riposo, aveva gli occhi chiusi e la testa appoggiata, lateralmente mentre sonnecchiava tranquillamente. L’aria della vettura era frizzante per cui il viaggio era confortevole e tranquillo sino all’arrivo dell’addetto al controllo dei biglietti, che la svegliò ed io potetti guardare tutti i miei compagni di viaggio con assoluta tranquillità. Amo guardare le persone in viso quando non mi osservano perché distratte, è come giocare a carte scoperte, non hanno difese e appaiono in tutte le loro debolezze. Il controllo fu semplice senza nessun problema, eravamo persone responsabili e non saremmo mai saliti senza aver pagato regolarmente il biglietto. Ringraziò singolarmente ognuno di noi e si congedò ma quel distacco dalla realtà di ognuno di noi, ci consentì di guardarci negli occhi tutti noi. Fu il signore al mio fianco destro a rompere il silenzio.
«Poiché abbiamo un bel tratto di viaggio da fare insieme, se mi consentite, mi presento. Oscar Pindaro e voi, se non chiedo troppo?»
Il primo a rispondere fui io.
«Luca Mariani.»
Ci fu una pausa di almeno tre minuti, forse non volevano rompere il silenzio, ma alla fine, la signora che stava riposando, si presentò.
«Martina Ferrari. Premetto che non ho nulla in comune con la casa automobilistica sia chiaro.»
La sua battuta ci fece ridere tutti e alla fine, la signora che era attenta alla lettura, alzò lo sguardo dal libro, fissò me, in modo così profondo ma mettermi a disagio e si presentò.
«Giulia Bellini.» Lo disse con un tono di voce così suadente da colpirmi, senza volerlo.
«Complimenti avete ambedue un bel nome di battesimo, non che il mio mi dispiaccia ma riteniamoci fortunati, sentendo alcuni nomi che circolano in giro.» Replicai alla fine, per cercare di creare una conversazione.
Devo dire che il ghiaccio si consolidò in pochissimi istanti perché calò un silenzio tombale, rotto solo dagli avvisi della voce dell’altoparlante e dal rumore degli scambi. Nessuno sembrava aver voglia di scambiare idee. Era il mio primo viaggio e non sapevo cosa fosse giusto o no fare, essendo per natura timido, tirai fuori un libro e feci finta di leggere, perché ciò che più m’interessava era la donna che avevo fronte. Cercavo di leggerle nella sua mente, non che ne fossi capace ma mi stimolava saperne di più su di lei, ma confesso che la sua collaborazione era pari a zero. Inizia a sbirciare, non visto il titolo del libro e l’autore, senza alcun risultato non era fra gli scrittori di grido. Aveva una camicetta a righe di color lilla, e bianco, il colore degli occhi non riuscivo a vederlo bene, ma sembravano nocciola, con un taglio felino. La linea delle labbra era ben disegnata ed evidenziata, erano carnose, tumide, morbide. Il viso era ovale in stile Modigliani ma con un collo regolare, una classica bellezza meridionale. I capelli erano un intreccio di vento e capricci, morbidi che appena si adagiavano sulle sue spalle. Il silenzio inizia a pesarmi e nonostante la mia timidezza, mi sentivo sempre più spinto a trovare un’occasione per parlare con lei. Impossibile sembrava un bunker. La sua voce mi aveva colpito e il suo nome echeggiava nella mia mente Giulia Bellini
. Molto bello. Venne in mio soccorso un inaspettato imprevisto. Qualcuno aveva tirato il freno di emergenza costringendo il treno a una brusca frenata; lei, viaggiando in direzione opposta a quella di corsa, fu spinta verso di me.
«Ti chiedo scusa, ma qualcuno ha attivato il freno d’emergenza.» mi disse ricomponendosi, dopo essere giunta a pochi centimetri dalle mie labbra.
«Non devi chiedermi scusa, ma voglio solo sapere che stai bene.» replicai cogliendo l’occasione.
«Io sto bene, ma vorrei capire perché è successo tutto questo.»
«Lo sapremo quanto prima, certamente ci daranno spiegazioni attraverso l’altoparlante.»
Infatti, non dovemmo attendere molto per sentire una voce che ci avvisava della fermata imprevista e della causa, senza scendere nei particolari di cronaca. Aggiunsero che a breve il treno avrebbe ripreso la sua corsa. Fu l’occasione che aspettavo per allacciare con la bella sconosciuta.
«Giulia, fra poco si riparte, mi farebbe piacere sapere che non ti sei fatta nulla.»
«Luca, sereno è da molto che viaggio ed è la prima volta che capita questo stupido incidente. Voglio augurarmi che l’autore del gesto abbia un valido motivo per bloccare tutti noi.»
«Qualunque sia la motivazione, doveva essere molto importante per indurlo a farlo.»
«Intanto tutto questo sarà causa di un ritardo per noi e avevo una scaletta d’impegni che è saltata.»
«Mi dispiace, non vorrei sembrare invadente ma che lavoro fai.»
«La tua è una curiosità finalizzata, oppure una nuova tecnica per conoscere qualcuno.»
La sua risposta secca, mi fece arrossire senza ritegno, mi sentivo un adolescente al suo primo approccio.
«Assolutamente, no, solo una mia curiosità, ti ho visto così presa da quel libro che stai leggendo.» Risposi cercando di dribblare la sua stoccata.
«Quando leggo, m’isolo dal mondo circostante e vivo quella storia come se ne fossi l’interprete.»
«Molto bello, questo tuo modo di leggere. Io sono in viaggio per partecipare a un’importante selezione finale e tutto questo potrebbe cambiare, totalmente la mia vita.»
«Un viaggio importante per te.» Replicò Giulia.
«Ti confesso che reputo importante ogni attimo della mia vita, considerando quella passata che non ho mai vissuto, ma direi subita. Ti confermo che da qualche tempo do importanza a me, prima di altri.»
«Accidenti che nota di delusione nelle tue parole.»
«Già! Io non posso rinnegare ne cancellare quello che ho vissuto ma ne faccio scuola. Mi ha insegnato a vivere. Io non voglio annoiarti con i miei problemi, ma sorridere a ciò che non conosco e scoprire … persone come te, Giulia.»
«Luca, corri un po’ troppo.»
«Scusami Giulia ma credo che più di me corra quel tizio.»
«Quale tizio, quell’uomo che si sta allontanando velocemente dal treno, perché non pensa che possa essere sbucato dal nulla, giacché siamo fermi e circondati da campagne. Guarda il finestrino, sul tuo lato destro e lo vedrai, prima che scompaia in quel campo di granturco.»
Giulia si girò, stimolata dalla curiosità, ma non poteva immaginare quello che sarebbe accaduto nel giro di un minuto. Un’esplosione dilaniò il treno, provocando uno spostamento d’aria notevole, come se fosse stata esplosa una grossa carica esplosiva in un vagone non troppo lontano dalla loro posizione. Entrambi furono scaraventati a vari metri dal loro posto a sedere, perdendo i sensi e quindi non materializzando, quanto stava accadendo. Un attentato al treno messo in atto in un modo ignobile. La fermata improvvisa era dovuta all’attivazione del freno di emergenza, questo gli era servito per abbandonare il treno prima che scoppiasse la bomba che aveva portato sul treno in qualche bagaglio.
L’attentato al treno, ad alta velocità, causò oltre cinquantasette morti e novantotto feriti, fu una vera strage degli innocenti. Qualcuno per scopi e finalità improprie, aveva deciso di scaricare la sua rabbia, contro le persone che certamente non avevano nulla in comune con l’attentatore e i suoi mandanti. Assurdità cui l’umanità ricorre per finalità che non hanno nessuna mediazione possibile, giacché la verità resta sempre ignota. Il luogo fu un via vai di ambulanze e forze dell’ordine per i rilievi ordinari e straordinari, si cercava una risposta a tanta ferocia, verso persone certamente estranee alle ideologie di chi aveva ordito il tutto. I quattro viaggiatori, che si erano trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, erano corpi sporchi di sangue, privi di sensi, cui erano portate le prime cure, prima di essere trasportati in qualche vicino a ospedale per la valutazione dei danni e le cure primarie da prestare. Quattro corpi, quattro storie, quattro percorsi che si erano incrociati quel giorno in quel punto, senza nessuna volontà ma solo casualità della vita.
Capitolo II
Tutte le vite hanno un loro inizio comune, lo sviluppo e la nascita poi ognuna percorre una sua strada, dove, in una prima parte, non ha alcuna possibilità di scelta, essendo totalmente dipendenti, da chi l’ha partorito.
Giulia Bellini era nata in una famiglia agiata, il suo sviluppo fisico e psichico era avvenuto in modo armonico, senza contrasti di alcun genere ma giunta all’età delle scelte, Giulia ha seguito la strada che sentiva più consone a se. Aveva solo un semplice diploma, non aveva voluto seguire le indicazioni familiari verso una laurea che se da una parte l’avrebbe inserita, a pieno titolo, nell’industria paterna dall’altra l’avrebbe relegata a un personaggio che non riconosceva come una risposta alle sue attese. Voleva rompere quegli schemi rigidi in cui era cresciuta. Suo padre aveva a disposizione ancora due figli, un fratello e una sorella per realizzare i suoi sogni. Questa fu la risposta di Giulia quando, il padre l’aveva invitata, nel suo studio, per parlare del suo futuro, dopo essersi diplomata con il massimo dei voti. Partecipò a vari concorsi, anche fuori dalla sua Italia. Li vinse tutti ma al momento della scelta, volle restare nella sua nazione di origine, sfidare la vita e imporre le proprie idee. Una vita affettiva, quasi pianeggiante, nonostante la sua splendida immagine, ma si era proposta di essere apprezzata per quanto valeva nella vita, non a letto. Un matrimonio, che si era trascinato dopo aver consumato la sua solitudine interiore, un fallimento dei sentimenti sull’altare del presunto amore. Unica nota positiva, nessun figlio. Entrambi avevano manifestato la decisione di non averne per i primi tre anni ma tale scelta si è consolidata da sola, nell’arco del tempo. Una scelta perseguita oppure problemi fra loro, oltre l’incompatibilità caratteriale evidenziata nel tempo, anche problemi fisici di uno o entrambi? A tale domanda non ci sarà risposta, perché entrambi separati e divorziati hanno scelto di restare da soli alla ricerca di qualcosa che solo loro possono sapere. La scelta di una famiglia senza figli è una scelta coraggiosa e cercare di dare una risposta è come raccogliere il mare in un bicchiere. Giulia dopo il fallimento del suo matrimonio è libera di dedicarsi ai suoi sogni e si butta a capo fitto nelle sue aspirazioni, raggiungendo innumerevoli traguardi, ma mai la serenità che aveva sempre cercato,