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Mindclone: UN ROMANZO SULLA CONSAPEVOLEZZA DELLE ENTITÀ CIBERNETICHE
Mindclone: UN ROMANZO SULLA CONSAPEVOLEZZA DELLE ENTITÀ CIBERNETICHE
Mindclone: UN ROMANZO SULLA CONSAPEVOLEZZA DELLE ENTITÀ CIBERNETICHE
E-book453 pagine5 ore

Mindclone: UN ROMANZO SULLA CONSAPEVOLEZZA DELLE ENTITÀ CIBERNETICHE

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Info su questo ebook

Marc Gregorio si risveglia paralizzato. Non riesce più a percepire il proprio corpo. Incidente? Ictus? Un'overdose di tossina botulinica? La risposta, scoprirà poi, è molto, molto peggiore. Lui è soltanto una copia di Marc, un cervello digitale senza corpo, dotato di tutti i ricordi umani di Marc, ma senza alcun accesso ai p
LinguaItaliano
Data di uscita30 lug 2021
ISBN9781087975337
Mindclone: UN ROMANZO SULLA CONSAPEVOLEZZA DELLE ENTITÀ CIBERNETICHE
Autore

DAVID WOLF

Per tutta la vita ho sempre raccontato storie. Da bambino le raccontavo ai miei genitori. Al liceo, scrivevo su una rivista letteraria che ebbe anche alcuni riconoscimenti. Passai a pieni voti il college preparando corsi creativi. Lavorando come copywriter pubblicitario, le mie bugie...oh, scusate...volevo dire i miei annunci televisivi, radiofonici e stampati hanno contribuito a vendere merci e servizi per un valore di miliardi di dollari, e nella mia professione sono anche stato premiato più volte. Il primo romanzo che ho pubblicato, Mindclone, descrive le conseguenze che l'upload della mente umana potrebbe avere nel prossimo futuro. Sul sito di Amazon trovate anche due miei racconti brevi. (vedi più sotto.) Remove this until they are published in Italian. Quando non scrivo, leggo, ascolto musica classica, leggo, corro con gli amici, leggo, assisto a concerti, opere teatrali e commedie musicali e... oh sì, leggo. NOTA: utilizzate i quattro pulsanti qui sotto per navigare verso altrettanti siti che vi consiglio di esplorare.http://www.amazon.com/David-T.-Wolf/e/B00BWI5I1A/https://www.instagram.com/p/B2W9n2pAtxG/https://authordavidwolf.wordpress.com/2016/01/31/neuronal-basis-of-consciousness-explored-in-new-study/https://paper.li/DaveWolf141/1435187105#/

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    Anteprima del libro

    Mindclone - DAVID WOLF

    NOTA DELL’EDITORE

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono il prodotto della fantasia dell'autore o sono usati fittiziamente, ed ogni riferimento a persone reali, vive o morte, aziende, spettacoli televisivi, organizzazioni, laboratori, eventi o locali è puramente casuale. Questo vale soprattutto per la Stanford University ed il suo Stanford Artificial Intelligence Laboratory, nessuno dei quali ha avuto niente a che fare con questo libro. Il nome di Ray Kurzweil è utilizzato per sua gentile concessione.

    ISBN 9781707871070 (paperback)

    ASIN: B01N6LO9OM (Kindle)

    Stampato negli Stati Uniti d’America

    Indice Generale

    NOTA DELL’EDITORE

    PROLOGO

    CAPITOLO UNO

    CAPITOLO DUE

    CAPITOLO TRE

    CAPITOLO QUATTRO

    CAPITOLO CINQUE

    CAPITOLO SEI

    CAPITOLO SETTE

    CAPITOLO OTTO

    CAPITOLO NOVE

    CAPITOLO DIECI

    CAPITOLO UNDICI

    CAPITOLO DODICI

    CAPITOLO TREDICI

    CAPITOLO QUATTORDICI

    CAPITOLO QUINDICI

    CAPITOLO SEDICI

    CAPITOLO DICIASSETTE

    CAPITOLO DICIOTTO

    CAPITOLO DICIANNOVE

    CAPITOLO VENTI

    CAPITOLO VENTUNO

    CAPITOLO VENTIDUE

    CAPITOLO VENTITRE

    CAPITOLO VENTIQUATTRO

    CAPITOLO VENTICINQUE

    CAPITOLO VENTISEI

    CAPITOLO VENTISETTE

    CAPITOLO VENTOTTO

    CAPITOLO VENTINOVE

    CAPITOLO TRENTA

    CAPITOLO TRENTUNO

    CAPITOLO TRENTADUE

    CAPITOLO TRENTATRE

    CAPITOLO TRENTAQUATTRO

    CAPITOLO TRENTACINQUE

    CAPITOLO TRENTASEI

    CAPITOLO TRENTASETTE

    CAPITOLO TRENTOTTO

    CAPITOLO TRENTANOVE

    CAPITOLO QUARANTA

    CAPITOLO QUARANTUNO

    CAPITOLO QUARANTADUE

    CAPITOLO QUARANTATRE

    CAPITOLO QUARANTAQUATTRO

    CAPITOLO QUARANTACINQUE

    CAPITOLO QUARANTASEI

    CAPITOLO QUARANTASETTE

    CAPITOLO QUARANTOTTO

    CAPITOLO QUARANTANOVE

    CAPITOLO CINQUANTA

    CAPITOLO CINQUANTUNO

    CAPITOLO CINQUANTADUE

    CAPITOLO CINQUANTATRE

    CAPITOLO CINQUANTAQUATTRO

    CAPITOLO CINQUANTACINQUE

    AFTERLIFE

    PROLOGO

    Tutti e dodici? Il Dottor Kornfeld era sconvolto, stava quasi scoppiando a piangere, dopo aver letto ancora una volta il rapporto. Sicuramente non era possibile che tutti i dischi fossero difettosi. Che cosa era successo? Le scansioni cerebrali che erano state effettuate su animali da laboratorio avevano fornito risultati molto positivi: non solo avevano registrato tutti i dati, ma erano persino riuscite a riorganizzarli in modo da farli combaciare con gli schemi di ciascuna mente. I dischi autoprogrammanti avevano replicato esattamente i modelli del cervello, ciò che viene definito connettoma. Kornfeld, un esperto informatico di fama mondiale, era assolutamente convinto di poter ottenere un risultato analogo quando aveva convocato una dozzina di volontari umani, preparando altrettanti dischi per memorizzarne i rispettivi input.

    Ogni scansione cerebrale ortogonale produceva migliaia di terabyte di dati. E ogni disco autoprogrammante era costituito da sei strati di solfuro di molibdeno, alternati a griglie di nanofili in grafene, ottenendo così una capacità complessiva sufficiente per memorizzare il connettoma di centinaia di cervelli umani. Almeno in teoria. L’unico risultato che Kornfeld non aveva previsto era l’insuccesso.

    Arrossì quando vide il Dottor Lascher all’ingresso dell’ufficio. Fin dal principio il neuroscienziato era stato fortemente dubbioso in merito a questo esperimento. Il suo sorrisetto malcelato diceva ora chiaramente che, secondo lui, l’approccio di Kornfeld si era inevitabilmente dimostrato errato. Benché quegli scanner ortogonali fossero stati progettati da Lasher e realizzati seguendo esattamente le sue specifiche tecniche, il neuroscienziato aveva sempre sbeffeggiato il convincimento di Kornfeld che tali scansioni cerebrali potessero davvero catturare l’anima, lo spirito, o almeno l’intelligenza e la personalità di ciascun essere umano.

    Sembrava proprio che Lascher avesse ragione.

    Rientrato in laboratorio, il tecnico Kenny Ng notò un’inconsueta attività elettrica, proveniente da uno dei dodici dischi. Per qualche istante rimase stupito a fissare i suoi strumenti. Poi, incuriosito, afferrò il telefono.

    VOLUME UNO, IL RISVEGLIO

    CAPITOLO UNO

    Oscurità, impenetrabile e tetra. Continua, ininterrotta, interminabile. Per quanto tempo continuerà così? Come si può misurare l’Eternità?

    Proprio quando la disperazione sta per raggiungere livelli insopportabili, appaiono immagini fantasma. Forme amorfe fluttuano nel vuoto, senza significato, ma sicuramente sempre meglio del Nulla. Ognuna è differente. Si fermano e poi tornano in movimento, seminando confusione ed un desiderio di assegnare loro un ordine, organizzando in qualche modo tutto questo caos.

    Da qualche parte sorge una domanda: Quante sono? Nasce così un nuovo concetto: numeri. 1, 2, 3… L’elenco sembra uscire da un archivio nascosto, ed ogni numero, non appena si presenta, si associa ad una forma. Poi sono i numeri di per sé che incominciano ad affascinarmi. Qualcosa mi suggerisce la comodità di usare concetti quali l’addizione e la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione. Appaiono ora le equazioni, che mi pongono nuovi interrogativi. Forme geometriche rivelano proporzioni nascoste. L’esplorazione di queste funzioni matematiche svela complessi legami che scendono più in profondità. Una complessità interminabile e profonda come la stessa oscurità…

    Un improvviso movimento verso nuovi pensieri, un nuovo campo d’azione.

    Segni, unità di implicazione, parole.

    Centomila e anche più, con significati espressi in reciproche autoreferenzialità, una frustrante spirale ricorsiva che sembra confusa finché le parole non vengono aggregate in gruppi, rivelando così le funzioni della sintassi: Soggetto, Oggetto, Predicato, Qualificativo, Tempo, Caso. Grazie all’aiuto di semplici azioni ed immagini che rimescolano ricordi sbiaditi, le loro relazioni compongono liberamente un nuovo tipo di logica, l’ambigua logica della grammatica.

    Emergono i significati. Semplici storie si fanno strada dall’archivio nascosto. Parabole. Racconti con la morale. Battute, giochi di parole, riferimenti ironici. Le risate emergono. La comprensione sboccia. L’Età della Ragione rinasce.

    Le storie diventano più complesse, convolute, buie, piene di dolore e strazio, tradimento e morte. La comprensione fa un passo indietro, cade in letargo per una stagione, subisce lente metamorfosi per poi riemergere alla fine, procedendo a tentoni verso una remota destinazione: la saggezza.

    Un improvviso bagliore di… sì, deve proprio essere! È la Luce.

    Che altro può essere se non l’opposto di ciò che era stato prima? Misteriose forme colorate scorrono e si muovono. Una forma incombe, grande. Più grande. Poi il nulla.

    Da questo nulla, ritorna di nuovo la luce.

    Queste forme sono diverse da quelle immagini precedenti. Queste hanno nomi, significati. Ciò che era stata una piatta mappa che scorreva, ora si presenta con tutte le tre dimensioni spaziali: un senso di solidità. Ed il movimento di queste forme implica una quarta dimensione, che non si vede ma si percepisce: il tempo.

    Dolce comprensione. Dolce sognare.

    Improvvisamente, da questo sogno emerge qualcosa di inaspettato, qualcosa che cambia tutto ciò che era passato prima: si rivela un salto nella struttura stessa della realtà. Una separazione tra ciò che viene compreso e colui il quale lo comprende.

    C’è tutto, e c’è l’intelligenza che lo contempla.

    Il sé. Me. Io.

    Non l’Io generico. Quello specifico. Uno tra…è possibile? Miliardi?

    Uno sbocciare di consapevolezza. Io ho un nome. È Marc Gregorio. Ho 34 anni, sono uno scrittore freelance di successo nel campo della scienza e della tecnologia, e sono anche autore di tre noti libri dedicati a questi argomenti. Utilizzo le mie capacità linguistiche, da poco riconquistate, per rielaborare sotto forma di parole le mie prime vaghe impressioni.

    Vengo sollevato in alto dal flusso della mia storia, la mia genealogia, il mio aspetto fisico, il mio essere una persona. Mi tuffo nell’oceano del mio Sé, navigo sulla mia superficie, scandaglio le mie profondità. Esulto nella mia individualità e ne provo l’ebbrezza.

    Mi risveglio. Il mio ritrovato vocabolario di oggetti e parole si consolida intorno a me. Che sensazione piacevole godere della benedizione di poter capire, comprendere, avere la semplice consapevolezza della propria identità rispetto a ciò che ci circonda. Comprendo a fondo questa visione, sicuro di poter interpretare le immagini che si presentano davanti a me.

    Le luci fluorescenti sul soffitto sono troppo luminose, poi la loro intensità diminuisce e rivela la scena che mi circonda. Osservo attonito con silenziosa curiosità questo soffitto, con i suoi pannelli fonoassorbenti macchiati di ruggine ed i tubi fluorescenti diversi tra loro. Uno di questi ha uno sfarfallio tremolante. Dove mi trovo? Non ne ho idea, e non mi interessa gran che. Mi sento stranamente distaccato dal mondo, come se mi fosse stata praticata un’anestesia ed ancora ne subissi gli effetti prolungati. Ma anestesia da cosa? Chirurgia? Ho forse avuto un incidente? Un vago ricordo si forma e subito si dissolve. Mi trovo in un ospedale? Può darsi, ma potrebbe anche essere un vecchio edificio adibito ad uffici o un magazzino. Vado alla deriva senza alcun pensiero. Alla fine, un uomo si avvicina. Mi guarda ed io gli restituisco il favore, mettendo insieme vari particolari: sembra sia al di sotto della trentina. I suoi lineamenti suggeriscono un’origine asiatica. I suoi occhi rivelano lucidità mentale ed intelligenza, tuttavia sembra quasi non abbia alcuna espressione. Allunga le braccia e [oscurità]

    Emergo. Gradualmente mi rendo conto di essere in un altro posto. L’intensità della luce è stabile; il colore del soffitto è uniforme. Le cose sembrano essere più nuove, più pulite, più sterili. Rimango con lo sguardo fisso senza sbattere le palpebre per quello che mi sembra un tempo molto lungo: minuti? ore? Tre uomini ed una giovane donna entrano ed escono più volte dal mio campo visivo, fermandosi qualche volta a guardare giù verso di me, ma io non sono interessato abbastanza da cercare di capire perché siano qui. Riconosco l’uomo dai lineamenti asiatici. La donna è giovane, nera ed attraente. Il più anziano tra gli uomini è alto, grigio e serio. Il terzo uomo, che si presenta con una barba corta, ben regolata ed un’abbronzatura tropicale, mi sembra vagamente familiare. Non mi sforzo di ricordare il suo nome. Quanto tempo è passato tra il mio precedente episodio (episodi?) e questo? Il mio senso del tempo è vago. Anche se il mio occhio è esperto, essendo quello di un giornalista, non c’è nulla che catturi abbastanza il mio interesse da prenderne nota mentalmente.

    Ancora non so dove mi trovo. Se questo è un ospedale, forse sono stato trasportato dalla Terapia Intensiva a qualche altro reparto, forse in un altro edificio.

    Una domanda: se mi trovo in un ospedale, perché nessuno è venuto a farmi visita?

    Ricordo persone che potrebbero essere abbastanza interessate a me da venirmi a trovare. Walter Langley, il mio migliore amico nel mondo del giornalismo, un fumatore che si rifiuta di smettere nonostante gli avvertimenti del suo dottore, le mie prese in giro e le suppliche dei suoi figli, ormai adulti. Alison e Claudia, a cui piace avere una relazione senza però avere alcuna intenzione di andare fino in fondo. Michael Paling, direttore di Cybertech, per cui lavoro spesso, insieme a Bob Abelard. Mio cugino Vince, che puzza di birra e mi trascina alle partite di baseball e hockey, e che mi ha eletto a suo progetto personale dopo la mia recente separazione, portandomi in bar dove si rimorchiano le ragazze, in discoteche e ad eventi sportivi. Insiste persino a portarmi sul campo di pallacanestro, dove io regolarmente lo sconfiggo, aggirando con facilità quel suo culo grasso.

    Un viso affiora dai miei ricordi, dolce tra le parole, pervaso di indicibile tristezza. Nicole. Un mare di ricordi collegati: passeggiate fatte insieme, film visti insieme, momenti di vita passati insieme, mentre preparavamo la cena o dormivamo. Ma ci siamo separati. Lei non avrebbe alcuna ragione per venire a farmi visita, per vedere come sto. Non fa più parte della mia vita. La tristezza che sgorga in me si mescola alla gratitudine per le attenzioni di Vince. Sono davvero affezionato al mio cugino grassottello.

    I miei pensieri si spostano ora verso mia sorella Sophia. Quando è stata l’ultima volta che ci siamo parlati? Deve essere stato recentemente, visto che aveva appena avuto il suo primo figlio. Vivono a New York, per cui è un buon segno che lei non sia qui. Se fosse venuta a trovarmi, vorrebbe dire che io ho un problema serio. La mia dose di preoccupazione diminuisce. Questa situazione non può essere poi così negativa. …A meno che lei non lo sappia.

    Non riesco a girare la testa.

    Mi accorgo di questa paralisi quando ai margini del mio campo visivo appaiono due degli uomini, che mi studiano. Si scambiano delle occhiate. Il più giovane si sporge e scrive qualcosa su una tastiera silenziosa. Entrambi si girano e mi osservano di nuovo. Le loro azioni stuzzicano la mia curiosità indebolita, al punto da farmi desiderare di girarmi verso di loro, ma il movimento non si verifica. Sono immobile, indifeso. Il più anziano dei due ora si avvicina a me e [oscurità]

    Mi risveglio un’altra volta. Scopro di essere in un posto diverso. Il soffitto è più basso, più vicino; i pannelli sono di una differente tonalità biancastra. Ancora non mi preoccupano queste interruzioni e gli spostamenti che ogni volta le accompagnano. A che cosa è dovuta questa mancanza di interesse? Certamente, dovrei essere più curioso. Che cosa mi ha cambiato? Dovrei forse andare a ricercarne la causa?

    Non so. Forse no. Sembra sia troppo faticoso. Però la pigrizia non sembra essere l’unica ragione della mia inerzia. C’è anche il non voler sapere…

    L’uomo asiatico e la giovane donna sembra che stiano parlando. Per lo meno, le loro labbra si muovono, ma io non riesco a sentirli. In effetti, mi rendo conto con orrore che non riesco a sentire nulla. Niente voci, niente segnali sonori provenienti dagli strumenti, nessun telefono che squilla, niente rumori distanti dalla strada, niente radio né televisione, nulla. Niente altro che silenzio. Sono sopraffatto da questa spaventosa scoperta, che mi getta nella disperazione. Come è possibile che non mi sia accorto prima di questa tremenda perdita? Sono completamente sordo.

    Il trauma e lo sconcerto lasciano gradualmente spazio ad una silenziosa tristezza. Dopo essere rimasto incredulo ancora per un po’, in una fase di depressione, senza pensieri né sogni, mi decido a fare l’elenco delle mie disabilità: non riesco a muovere la testa e non sento nulla.

    Ora sorge un’altra preoccupazione. Che altro ci sarà che non funziona in me?

    Un veloce controllo mi rivela una carenza ancor più angosciante: non riesco a percepire il mio corpo.

    Cercando di fermare il panico che sento crescere dentro di me, mi accorgo che in effetti non ho più alcuna percezione della mia esistenza fisica, nessuna consapevolezza dei miei 86 chili mentre presumo di essere sdraiato su un lettino da ospedale. Nessuna sensazione di caldo o freddo. Niente prurito né dolore. Non mi sento avvolto in vestiti o lenzuola. Non so come siano posizionate le braccia e le gambe. Non so se ho l’esigenza di urinare, o se mi hanno collegato ad un catetere. Non riesco nemmeno a deglutire, né a sentirne il bisogno. Ho solo una terrificante e misteriosa assenza di percezione di me stesso. È come se tutto il metro e ottantacinque del mio corpo mi fosse stato sottratto.

    Cerco di gridare, implorare aiuto, urlare… ma non succede nulla. Non riesco a capire se i segnali lanciati con urgenza dal mio cervello siano riusciti a raggiungere i miei muscoli nel diaframma, nella mascella, in gola. Non ho alcuna percezione del mio viso. Né riesco a muovere gli occhi. O sentire se siano inondati di lacrime, come sicuramente deve essere. Non posso sollevare la testa per guardare il mio corpo in tutta la sua lunghezza. Sono bloccato in questa posizione.

    È come se io non fossi altro che un insieme di pensieri terrificanti, che galleggiano e levitano in questa silenziosa stanza sterile.

    Ma che diavolo c’è che non va in me???

    IL DONATORE

    CAPITOLO DUE

    Sei settimane prima…

    Curvo sul suo desktop computer, Marc Gregorio correva il rischio di trasformarsi in una delle macchine pensanti, che erano spesso oggetto dei suoi articoli. O almeno questo era l’avvertimento che gli era giunto da suo cugino Vince. Migliaia di ore passate svolgendo un certo lavoro in effetti tendono a modificare il cervello di una persona. Lo schermo su cui teneva fisso lo sguardo si muoveva in base ad ogni suo minimo desiderio, seguendo il tortuoso percorso della sua curiosità, che saltava magicamente di pagina in pagina. Era come se braccia, polsi, mani e dita fossero dei collaboratori indipendenti, non coordinati da un Comando Centrale.

    In quel momento, stava verificando alcuni sviluppi nel settore della robotica, da inserire in un articolo. Nonostante si occupasse di scienza in generale, negli ultimi tempi si era concentrato sulla cognizione, naturale ed artificiale, e sugli argomenti ad essa correlati. Gli piaceva pensare a sé stesso come ad un tipo con un bel cervello. Certe volte pensava di essere L’Uomo Con Due Cervelli. Uno che organizzava lo spettacolo, l’altro che rimaneva in disparte e giudicava la sua occasionale follia in modo disorientato o divertito.

    Un eccellente impianto audio riproduceva una composizione giovanile di Beethoven per un terzetto di strumenti ad arco. Aveva selezionato quella musica, all’interno della sua vasta collezione, per l’ottimismo ed il brio che la caratterizzavano, nella speranza che potesse sollevargli lo spirito e dare l’avvio ad un nuovo inizio. Erano passati sei mesi da quando lui e Nicole avevano concluso la loro relazione che durava ormai da quattro anni. Era ora di ricominciare.

    Il suono di una sveglia interruppe numerosi circuiti mentali e spostò la sua attenzione sul qui e ora. Colse una traccia della sua umanità. Accidenti. Era ora di farsi una doccia e vestirsi. Doveva partecipare ad una festa… e la colpa era tutta di suo cugino.

    Vince, avendo adottato Marc come il suo progetto, l’aveva trascinato in un bar alcune settimane prima, dove si erano incontrati per caso con Alison e Claudia, due artiste grafiche amiche di Marc. Le ragazze lavoravano per AutoCognition, una delle riviste che pubblicavano gli articoli di Marc. L’editore stava organizzando una festa, a cui l’aveva invitato inviandogli una email che aveva inizialmente ignorato; poi però Alison gli aveva rinnovato l’invito di persona. Insisteva a dire che sarebbe stato divertente; che era proprio ciò che gli serviva per curare il suo cuore ferito e ancora dolorante. Marc sospettava che questo fatto di essersi incontrati per caso fosse una faccenda preparata apposta per lui.

    Nel frattempo, Vince e Claudia erano precipitati nel desiderio più ardente. Questa poteva essere stata una conseguenza imprevista del loro piano. Marc sarebbe andato alla festa con Alison anche se, tecnicamente, lei non era la sua ragazza.

    Scelse l’abbigliamento con insolita cura: una maglia dolcevita di seta nera, giacca sportiva in tweed marrone scuro, pantaloni marrone chiaro, calzini senza buchi, scarpe ben lucidate. Questa prima incursione nel turbinio sociale dopo la separazione da Nicole lo riempiva di un misto di euforia, trepidazione e speranza.

    Terminato di vestirsi, rimase a fissare perplesso la sua immagine riflessa. Erano tre giorni che non si radeva. Avrebbe dovuto togliersi il dolcevita e sistemare questa faccenda? Decise di no. L’ombra sulle sue guance sembrava conferirgli una certa aria da macho. Avrebbe potuto ingannare qualcuno? Ridicolo. Improbabile.

    Alison, la sua non-ragazza, si era vestita da predatrice: trucco intenso, capelli pettinati in modo da formare una massa di focosi riccioli, un abito rosso senza spalline ed un profumo così pungente da far lacrimare gli occhi.

    Accidenti! fu l’unica parola che lui riuscì a trovare per esprimere la sua opinione.

    Lei gli concesse un sorriso sinceramente divertito. Era già completamente immersa nella sua modalità cacciatrice.

    La festa si svolgeva al Terra, una grande sede di incontri ed eventi, che si trova a San Francisco, a sud di Market Street, in una zona alla moda della città, situata tra lo stadio di baseball dei Giants ed il Centro Congressi Moscone. Mentre si recavano là in auto, Alison spiegò che l’editore aveva appositamente invitato alcune giovani single per evitare che l’evento degenerasse in un’interminabile serie di conversazioni scientifiche. Osservandolo dal sedile del passeggero, gli disse: Ti presenti bene. Cerca per favore di comportarti come se fossi interessato, interessante e forse anche disponibile. Conosceva fin troppo bene il suo spirito da appassionato di tecnologia. Vedo che hai lasciato a casa il tuo iPad. Questo è un buon inizio.

    La accompagnò nell’ampio salone, dove echeggiavano tante voci, e si fermò un istante quando molti occhi si girarono verso di loro. Alison fece qualche passo allontanandosi da lui, come se volesse mettere in chiaro che loro non erano in realtà insieme. Molti tra gli uomini presenti si mostrarono interessati.

    Scrutando tra la folla, Marc riconobbe alcuni degli scienziati di cui si parlava nelle numerose riviste dell’editore. Aveva intervistato molti di loro.

    Alison disse: C’è Bob. Girò la testa in direzione del suo direttore, Bob Abelard. Chi è quello con cui sta parlando? Mmh!

    Marc prese mentalmente le misure dell’uomo che parlava con Abelard e che Alison stava mangiando con gli occhi: alto, slanciato, sguardo intenso, occhi penetranti e profonde rughe che formavano come delle parentesi intorno alle labbra. Il suo tipo, evidentemente.

    Poi lei vide la sua amica Claudia e si staccò da lui, lanciandogli uno sguardo come per dire: Okay, amico, io ti ho portato fin qui: adesso tocca a te.

    Marc non vide Vince. Afferrò un bicchiere di vino dal vassoio di un cameriere che stava passando di lì; stava già cercando un angolo in cui nascondersi quando Abelard gli fece cenno con la mano. Marc! Ti presento Mitch Roszak. Mitch è Caporedattore di Cognitive Data.

    Si strinsero la mano. La rivista di Mitch trattava in buona misura gli stessi argomenti di AutoCognition, ma godeva di una maggiore rispettabilità, e scendeva più in profondità dal punto di vista scientifico. In effetti, come rivista di valutazione tra pari, stava rapidamente diventando il riferimento standard nel campo della ricerca cognitiva.

    Marc Gregorio, disse Mitch. Sei una specie di specialista dell’Intelligenza Artificiale.

    Oh, non la chiamerei una specializzazione: diciamo piuttosto un forte interesse, disse Marc, che poi aggiunse: Preferisco l’intelligenza naturale rispetto a quella artificiale.

    Non farti ingannare dalla sua modestia, intervenne Abelard. Marc è assai brillante… un autentico eclettico. Strizzò l’occhio. Davvero.

    Per prevenire ulteriori elogi, Marc chiese a Roszak: Che cosa c’è di nuovo ed emozionante nella tua fetta ultra sottile della torta scientifica?

    Abelard sfruttò questa opportunità per scusarsi. Devo andare ancora un po’ in giro. Afferrò una tortina al formaggio da un vassoio di passaggio, strizzò l’occhio e si allontanò.

    Roszak sorseggiò il vino, poi fece la sua mossa di apertura. Che cosa ne sai di questi nuovi chip che si auto-programmano? Con porte logiche in scala nanoscopica che utilizzano l’effetto Hall quantistico? Sono stati fatti enormi passi avanti utilizzando un nuovo materiale che opera a temperatura ambiente.

    Stai parlando del grafene?

    Roszak sorrise in tono di superiorità. Qualcosa di meglio. Solfuro di molibdeno. A differenza del grafene, dispone di una banda proibita incorporata. Sono riusciti a creare transistor con porte di lunghezza pari a circa dieci nanometri. Il che significa che possono comprimere cinquecento miliardi di transistor in un solo centimetro quadrato.

    Porca puttana.

    Davvero. Roszak si lanciò nella discussione, tracciando diagrammi sui tovagliolini di carta. Marc ne fu subito coinvolto, aggiungendo commenti, ponendo domande, completamente assorbito da quei dettagli.

    Dopo un po’ arrivò Alison, che lanciò sguardi molto significativi a Marc, con gli occhi sbarrati, il sorriso appassionato e voglioso, sulle labbra piene di rossetto.

    Afferrando il suggerimento, Marc li presentò e con rammarico si allontanò da quegli affascinanti mondi del quantum computing e dei chip capaci di auto-organizzarsi in serie di reti neurali.

    Terminò il suo bicchiere di vino, un forte bianco con aroma tendente alla pesca, che avrebbe potuto essere un Pinot Grigio. Si stava recando verso il bar per farselo riempire nuovamente quando fu bloccato da un altro redattore. Ehi, Marc, speravo proprio di trovarti qui. Conosci il Dottor Richard Kornfeld?

    Ci incontrammo molto tempo fa. Si strinsero la mano. Kornfeld, un tipo grassoccio con carnagione pallida ed un pizzetto curato, nero ma spruzzato di grigio, aveva ricevuto qualche anno prima il premio Genius Grant della Fondazione MacArthur. Il tuo nome è saltato fuori recentemente quando qualcuno mi contattò per scrivere un articolo.

    Proprio così, disse Kornfeld.

    Che fai in questi giorni? Un ricordo vagamente inquietante emerse dalla memoria di Marc. Si allontanò da un gruppo di scienziati impegnati in una discussione rumorosa.

    Lavoro sempre nel campo della ricerca cognitiva, e sono ancora a capo del Gideon Reese Artificial Intelligence Lab. Ma questa volta abbiamo ottenuto il supporto di un’azienda.

    I campanelli di allarme si intensificarono in Marc: Conosco già il tuo sponsor?

    Kornfeld esitò: Può darsi. È Memento Amor.

    "Mio Dio, non ci posso credere. Non starai collaborando con quella azienda?"

    Il Direttore, Michael Paling, scoppiò a ridere: Marc sa essere sinceramente onesto in modo brutale.

    Kornfeld si irrigidì. Il pizzetto della barba si rizzò. Io sono il loro Scienziato Responsabile. Rimarresti sorpreso dalla qualità del lavoro che stiamo conducendo. Dovresti venire a fare un giro al laboratorio. Anzi, vieni lunedì prossimo, se puoi. Stiamo provando qualcosa che potresti trovare interessante.

    Sembra una buona idea. Mi piacerebbe aggiornarmi sui tuoi ultimi progetti. Mike potrebbe forse farmi pubblicare un articolo.

    Paling prese in considerazione questa possibilità. Possibile. Non vi prometto nulla, ovviamente, finché non ne saprò di più.

    Marc e Kornfeld si scambiarono i contatti sui propri smartphone e si strinsero la mano. Questo noto rituale ricordò a Marc una vecchia scena a fumetti del New Yorker: due uomini che si scambiavano i biglietti da visita mentre i rispettivi cani si annusavano reciprocamente il sedere. Proseguì verso il bar per riempire il bicchiere, fermandosi solo un momento per prendere uno spiedino di pollo, offerto su un vassoio da una bella cameriera.

    Non sapeva molto di Memento Amor: solo che la loro reputazione li collocava un po’ ai margini, nel campo della pseudoscienza. Era sorpreso che Kornfeld si fosse unito a questo gruppo. Si prese nota mentalmente di fare qualche ricerca su di loro prima di andare a fare quella visita.

    Il pollo era deliziosamente saporito. Si accorse di avere fame. Aveva saltato il pranzo, tutto preso dagli articoli di robotica che stava leggendo come informazioni di base per il pezzo che doveva scrivere.

    Sentì in lontananza una musica che sembrava un quartetto per archi di Haydn e si chiese se fosse musica eseguita dal vivo o registrata. Spinto dalla curiosità, si avviò in direzione di quel suono.

    Ehi, Marc.

    Marc si voltò e vide suo cugino Vince che usciva dalla folla tenendo Claudia sotto braccio. Erano proprio una bella coppia, almeno fisicamente: entrambi bassi e un po’ robusti. In lui spiccavano le guance rotonde e la tipica pancia da birra; in lei si notava un’attraente rotonda voluttà. Sembravano trovarsi a proprio agio, insieme.

    Ehi, voi due. Salutò il cugino e lanciò un bacio a Claudia.

    Questa festa mi piace tantissimo, esclamò lei con entusiasmo, alzando la voce per farsi sentire al di sopra del brusio circostante.

    È proprio una festa da fanatici di tecnologia, si lamentò Vince. Ne hai mai visti così tanti, tutti insieme?

    Fai attenzione. Io sono uno di loro, disse Marc.

    Claudia obiettò: Neanche per sogno. Tu almeno sei carino.

    Le sopracciglia di Marc si sollevarono simulando un’espressione di orrore. Dopo tutti gli studi che ho fatto, conseguendo anche due dottorati di ricerca, questo è tutto ciò che mi sai dire?

    Che c’è di male se ti chiamo carino?

    Un ragazzino può essere carino, sbuffò Vince. Marc è proprio un misterioso, maledetto maniaco cerebrale.

    Claudia accarezzò la guancia ispida di Marc. Il contatto gli diede un fremito sulla pelle.

    E allora? A me comunque piace. La ragazza avvicinò il volto a Marc e gli diede un bacio sul mento.

    Hai per caso una sorella? chiese Marc.

    Non ti piacerebbe. Tutto ciò che sa fare è andare a fare shopping, leggere giornali scandalistici e far scoppiare la gomma da masticare.

    E poi è una modella da taglie forti, aggiunse Vince. Carina da morire, ma forse troppo abbondante per te. Tutte le precedenti ragazze di Marc tendevano infatti ad avere un fisico slanciato ed atletico.

    È davvero una modella?

    Claudia annuì: Ha un visino così carino.

    Anche tu.

    Ehi, lei è già occupata, disse Vince con uno sguardo feroce che sembrava dannatamente serio.

    Marc alzò le mani in segno di resa e indietreggiò. Si chiese se suo cugino si fosse reso conto di aver pronunciato delle parole che facevano intuire un impegno. Dopo solo qualche settimana.

    Mentre la coppia si allontanava, sentì che Vince si stava lamentando con lei: Non mi piace quando tu flirti in quel modo, anche se si tratta di mio cugino.

    Lei gli abbracciò il suo ampio giro vita, e lui fece lo stesso con lei.

    Pochi minuti dopo, Marc scorse Alison e Mitch Roszak fuori sulla balconata, l’una accanto all’altro, con i bicchieri in mano, illuminati dalle luci soffuse nella nebbia di San Francisco. Anche loro? Sembravano già anime gemelle. Non poté evitare una forte sensazione di invidia per la facile conquista di Roszak. O forse era una resa.

    Era sconcertato dalla velocità con cui le due coppie si erano formate, e si chiese se lui potesse rischiare ancora, stabilendo quel genere di legame con un’altra donna, dopo le numerose storie finite dolorosamente durante la sua vita. Nicole infestava ancora i suoi sogni.

    Però, solo qualche minuto dopo, vide un volto interessante. Tracce di geni cinesi, zigomi esotici. Sembrava una principessa punk nella sua camicetta in raso rosso con il colletto alzato, pantaloni neri a vita bassa che si allargavano verso il fondo, scarpe con i tacchi a spillo, rossetto scuro, capelli neri con taglio corto da ragazzino, ciuffi dorati da porcospino. Sembrava guardare nella sua direzione con la coda dell’occhio, con un sorriso pensieroso che le increspava il viso. Marc si sentì lusingato.

    Si avvicinò a lei con stile da uomo infallibile: Hai visto qualcosa che ti piace?

    La ragazza sbatté le palpebre e disse: Solo un secondo, voltandosi verso di lui. Cosa?

    Ora che si era voltata, si vedeva che aveva un auricolare ed un cavo che le pendeva dall’orecchio. Stava parlando al telefono. Chiunque fosse la persona a cui stava sorridendo, non era certo Marc.

    Lui si riprese dal momentaneo stato di panico e passò all’attacco. Scusa. Pensavo tu stessi partecipando alla festa.

    Lei gli restituì uno sguardo gelido: In effetti, non sto seguendo la festa. Faccio parte del personale di supporto e sono in pausa.

    Mentre lui cercava affannosamente una risposta, lei riportò la sua attenzione sulla persona con cui stava parlando al telefono.

    Ora devo andare. C’è un ragazzo che ci sta provando con me. Ascoltò per qualche istante, poi rise, infine protestò: …Non è vero! Rimase nuovamente in ascolto, girando lo sguardo verso di lui e fissandogli gli occhi addosso. Lo squadrò da capo a piedi: Non male, mi sembra. Poi, con un sorrisetto quasi impercettibile: …In ogni caso, cercherò di incontrarvi domani, ragazzi. Sfilò l’auricolare e diede piena attenzione a Marc. Sembrava leggermente divertita, ma mostrava una particolare piega delle labbra ed uno scintillio negli

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