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Emisferi 2: Nove Racconti
Emisferi 2: Nove Racconti
Emisferi 2: Nove Racconti
E-book126 pagine1 ora

Emisferi 2: Nove Racconti

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Info su questo ebook

Nove racconti, nove momenti indipendenti che trascinano il lettore in terre di miraggi dove anche i Sogni sognano. Piccoli particolari che rivelano un filo conduttore, un imperscrutabile nesso che collega lettore e scrittore in un'eterna ridondanza di emozioni.
LinguaItaliano
Data di uscita23 ago 2021
ISBN9791220351843
Emisferi 2: Nove Racconti

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    Anteprima del libro

    Emisferi 2 - M. V. Pogliaghi

    POLARIS

    Il messaggio giunse all’analizzatore con un certo ritardo. Era una cosa alquanto normale per chi come lui se ne stava seduto tutto il giorno davanti al terminale psichico che lo connetteva con la centrale della Base Operativa delle Piantagioni. Il suo Creatore Genetico gli aveva spiegato che, quando si verificavano anticipi o ritardi nelle trasmissioni intergalattiche, la causa era quasi sempre da imputarsi all’immenso potere elettrostatico della corrente solare di Polaris e anche se erano parecchi anni luce che non metteva piede su un’unità di trasferimento come quella, la cosa non lo stupiva affatto.

    La quarta generazione di propulsori enzimatici era ormai in progetto da tempo e questo avrebbe permesso ai messaggi di viaggiare molto più in fretta nello spazio incrementando anche la loro precisione. Tuttavia non tutti i problemi erano stati risolti. Il sequenziatore aveva bisogno di un’area dieci volte superiore per operare al meglio e gli esperimenti condotti fino a quel momento sui vicini sistemi planetari, non avevano dato l’esito sperato. Gli studiosi del Centro Correlatore avrebbero alfine trovato una soluzione logica.

    Il raggio di presenza del campo gravitazionale che la Base Operativa teneva in vita per le Piantagioni e la comprensibile euforia del resto dell’equipaggio, erano una prova inconfutabile della fine del viaggio.

    Erano tornati a casa.

    Il Comandante azionò l’apparato di discesa automatica utilizzando uno dei propri arti. Gli piaceva di tanto in tanto evitare il sistema psichico, sebbene fosse centinaia di volte più rischioso, però dopo aver comandato a mente la nave per quasi centomila anni luce necessitava di compiere almeno un’operazione fisica. Di sicuro al centro di controllo gliene avrebbero chiesto il motivo, ma la sua fama di conduttore di unità di trasferimento poteva consentirgli, come sempre, di procrastinare quel genere di problemi. Comandare una nave di quella grandezza e in una missione così importante, aveva un margine di tolleranza d’errore pressoché nullo e lui sapeva muoversi tanto meglio quante minori erano le probabilità di riuscirvi.

    Il Secondo Navigatore si librò nell’aria vuota della sala di coordinamento e lo raggiunse, muovendo forze mentali, posizionandosi alla consolle di trasmissione che stava proprio al fianco del Comandante. La nave attraversò in quel momento i tre campi di sterilizzazione progressiva e andò a poggiarsi sulla rampa d’accesso. Allora giunse alla mente del comandante un breve messaggio di contentezza proveniente da uno dei suoi duemila fratelli genetici. Un altro messaggio gli portò i saluti ufficiali del Creatore: sembrava adirato per qualcosa, ma ansioso oltre misura che le operazioni di sbarco si completassero il più in fretta possibile. Di riflesso, il grande braccio del collettore parve affrettarsi nell’atto di posare le proprie falangi meccaniche alla struttura della nave. Vi fu un breve sussulto e il portello s’aprì facendo entrare nel possente mezzo di trasporto, la verde aria prodotta dalle Piantagioni che rimpiazzò quella rossa dei sintetizzatori.

    Il Comandante trasse allora un profondo respiro utilizzando i propri organi biologici. Non era una pratica molto efficace per la respirazione poiché la quantità di ossigeno che sarebbe giunta al suo cervello non avrebbe potuto sopperire alle effettive necessità del suo organismo, ma era l’unico modo per poterne sentire l’odore e l’aria delle Piantagioni aveva l’aroma nostalgico della vita. Pochi istanti di idillio poi giunse l’inderogabile ordine di smetterla: un sensore era preposto al controllo delle funzioni organiche di tutti gli abitanti, e quando succedeva qualcosa di strano per volontà propria del soggetto, un segnale d’allarme lo avvertiva che così facendo avrebbe messo a repentaglio la propria vita.

    Desolato, ma comunque rinfrancato da quel poco che poté respirare scese dalla navetta mentre centinaia di tecnici iniziavano a sondarne la superficie con piccoli sensori alla ricerca di falle microscopiche che potevano sfuggire al controllo primario, o a caccia di semplici guasti sui quali intervenire per evitare che si aggravassero.

    Il grande braccio aveva una struttura molto solida quanto trasparente e sottile. Il materiale impiegato era lo stesso da ormai cinquemila anni luce, ma nei quattrocentomila mondi già esplorati non esisteva niente che offrisse loro la stessa solidità, trasparenza e sottigliezza. Inoltre il materiale possedeva la giusta porosità in modo da permettere ai superenzimi preposti alle comunicazioni, di attraversarlo. Così era possibile comunicare da un posto all’altro della galassia e ricevere la risposta in frazioni di un milionesimo di secondo.

    Il Comandante guardò attraverso quella sorta di vetro e riuscì a vedere le serre della dodicesima sezione che contenevano le Piantagioni dell’ottantesimo blocco. Continuò a ventilare mentre si librava nell’aria mantenuto sollevato dal proprio potere psichico poi, raggiunto il proprio Creatore Genetico scese al suo fianco sorreggendosi con gli arti inferiori e assumendo una posizione eretta, da tutti considerata un segno regressivo dell’evoluzione e atteggiamento tipico degli eccentrici.

    I due si scambiarono un breve e inintelligibile messaggio chimico poi si mossero insieme verso il portello del canale che connetteva l’immensa struttura del gruppo al grande centro di osservazione. Il vettore di forma cilindrica era già approntato per un viaggio di pochi centesimi di secondo. Il Programmatore era al proprio posto e il Conduttore attendeva il via e, come se tutto fosse stato stabilito a priori. Quando il Creatore Genetico e il Comandante fecero il loro ingresso, la paratia del cilindro si richiuse su se stessa e il vettore cominciò a navigare alla velocità della luce.

    Durante il tragitto il Comandante osservò compiaciuto le Piantagioni e gli tornarono alla mente i ricordi dei suoi precettori che tanto bene l’avevano istruito per il suo compito nella collettività di Polaris.

    La costruzione di quella struttura che occupava l’area di tre milioni di unità astronomiche cubiche, aveva richiesto l’impiego di centodieci milioni di anni luce e molti dei loro fratelli erano andati perduti per sempre per realizzarle. All’interno delle serre erano contenuti esemplari di tutte le specie vegetali di ogni sistema planetario, satellite o asteroide vivente che avessero mai esplorato e i Comandanti di molte missioni scientifiche e non, avevano contribuito a quell’immenso erbario che aveva lo scopo di produrre il vitale ossigeno e cibo per tutti gli abitanti.

    I Comandanti del reparto scientifico avevano il compito di muoversi verso i pianeti inesplorati e condurre le delicate operazioni di raccolta. Prelevavano campioni di tutte le specie vegetali endemiche e poi scomparivano senza lasciare traccia di sé. Al loro ritorno a casa consegnavano il carico nelle mani degli Amministratori delle Serre.

    Le Serre erano suddivise in sezioni e queste erano a loro volta suddivise in nuclei che corrispondevano ognuno, al mondo dal quale provenivano le forme vegetali custodite: ciascun nucleo occupava un’area grande quanto un intero pianeta, quindi le operazioni erano molto complicate.

    La forma delle Piantagioni era variabile poiché ciascun nucleo doveva essere sistemato ad una distanza gravitazionale proporzionalmente compatibile con quella del mondo dal quale le specie erano state prelevate e la colorazione dei cristalli di protezione andava miscelata per garantire la giusta penetrazione di raggi luminosi in modo che le caratteristiche ambientali del microclima non venissero sconvolte.

    Poteva succedere, di tanto in tanto che qualcosa nel sistema non funzionasse e quando questo accadeva, nella migliore delle ipotesi l’intero nucleo moriva e andava rimpiazzato con esemplari nuovi. Non accadeva tanto spesso: la frequenza statistica di questi eventi era contenuta nell’ordine di tre su dieci miliardi, tuttavia il Centro Correlatore riteneva quest’indice inaccettabile perché in quel, seppur lungo lasso di tempo, il mondo dal quale provenivano le specie avrebbe avuto il tempo di estinguersi riducendo a zero le probabilità di sostituzione.

    Un altro rapido sguardo e il Comandante vide che cosa aveva fatto il Guasto. Un’intera sezione era stata carbonizzata e distrutta da un meteorite non intercettato dalle unità esterne di protezione. L’impianto era ancora in funzione, ma c’era stata una tempesta di milioni di meteoriti, e uno di quelli più piccoli era riuscito a sfuggire ai recettori cosmici e aveva sfondato lo sbarramento. L’involucro della serra si era poi infranto e le intense radiazioni di Polaris, vitali per tutti gli abitanti, ma letali se non filtrate, avevano bruciato in meno di un attimo tutto il patrimonio genetico raccoltovi dentro. Centinaia di anni luce di lavoro erano andati perduti per sempre, ciò nonostante la produzione di ossigeno non ne aveva risentito più di tanto. Dopotutto, quello era solo un modulo periferico di un immenso sistema di produzione, ma il danno maggiore

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