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Convergenza: la genesi
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Convergenza: la genesi
E-book379 pagine5 ore

Convergenza: la genesi

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Info su questo ebook

La razza umana corre un grosso pericolo, ma Denn Bornew, un sergente di Tau Ceti, è disposto a rischiare il tutto e per tutto per salvarla.

Durante la fuga, dopo aver rubato qualcosa di molto importante dalla capitale dell’Unione Galattica, la stazione sulla quale viaggia viene dislocata in un sistema planetario sconosciuto. Ora che è un ricercato, degli uomini pericolosi assoldano l’assassino più famoso della galassia, Dasslak, per ucciderlo. Mentre è alla ricerca di Bornew, il sicario troverà delle informazioni che lo aiuteranno a risolvere questioni del suo passato.

Viaggi interstellari attraverso varchi temporali, robot e pirati spaziali, fuggitivi e assassini, capacità impressionanti e successi incredibili. Un’opera di fantascienza con tutte le carte in regola.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita27 gen 2021
ISBN9781071581711
Convergenza: la genesi

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    Anteprima del libro

    Convergenza - Heiner Flores Bermúdez

    Prologo

    ––––––––

    Ci attaccheranno!, disse, cercando l’attenzione degli alti ranghi. I suoi sforzi furono inutili. Durante il processo perse la suo status, alcuni addirittura gli diedero del pazzo. È impazzito!, dissero. Ma non era vero, aveva sempre avuto ragione. Ma non gli era servito a niente, se non a ritardare l’inevitabile.

    Quel momento fu rivelatore. I ribelli dimenticati, che tutti quanti avevano dato per dispersi, in realtà non lo erano affatto. Stavano soltanto attendendo il momento giusto per vendicarsi.

    Quell’uomo stava camminando lungo un meraviglioso viale nel tentativo di trovare un modo di fermare ciò che aveva previsto, ma ormai era troppo tardi. Il suono penetrante delle sirene fu spaventoso quasi quanto ciò che videro. Il cielo diventò buio in pieno giorno come quando un satellite si frappone tra una stella e un pianeta. Tuttavia, non si trattava di un corpo celeste. Che cos’è?, aveva chiesto qualcuno. Che succede?, disse un altro. Ci attaccano!, gridava la gente correndo impaurita. Il cielo era ricoperto di navicelle spaziali. Navicelle nemiche. Ma non si trovavano solamente lì, l’intero pianeta era sotto assedio. E non era l’unico pianeta. E nemmeno l’unico sistema.

    Gli spari cadevano sulla città indifesa come una tempesta, distruggendo le vite di civili innocenti, ignari di tutto. Le premonizioni erano diventate realtà, l’attacco era iniziato.

    Le autorità del pianeta inviarono tutta la loro flotta nel tentativo disperato di difendersi dalla distruzione. Soldati, navicelle e le armi di sterminio più potenti. Nulla funzionò.

    Chi correva per la città non sapeva che altre battaglie si stavano combattendo nello stesso momento su altri fronti. Lo spazio, Tau Ceti, il Sistema Solare, e molti altri.

    Quando sembrava che il conflitto non potesse essere più spaventoso di così, le astronavi ribelli aprirono i boccaporti e lasciarono cadere i propri passeggeri sopra le città.

    I ribelli, che un tempo erano al servizio degli umani, era venuti a riscuotere un antico debito.

    I famigerati robot Colonizzatori, che erano scappati nello spazio un secolo prima, erano tornati a casa. Senza concedere tregua a quelli che la chiedevano, avevano distrutto tutto sul proprio cammino. Le premonizioni di quell’uomo erano diventate realtà e nessuno gli aveva dato retta nonostante le sue preghiere.

    Uno dopo l’altro, tutti i pianeti dei principali sistemi, erano caduti ai piedi del potente esercito di quel capo robot pieno di rancore. Il pianeta Terra, capitale dell’Unione, non era sfuggito all’attacco. Ne morirono milioni, ma quello era solo l’inizio. Il capo robot aveva un obiettivo: sterminare l’intera specie umana e molti altri sistemi che non erano ancora stati attaccati. Era il principio di un’era oscura.

    I sopravvissuti venivano perseguitati dai Colonizzatori. La Resistenza combatteva per evitare l’estinzione mentre il potere robotico si espandeva in tutta la galassia. Man mano che i sistemi crollavano, la speranza iniziava a morire.

    Successe tutto questo. Successe in un universo parallelo.

    Capitolo I

    Piano di fuga

    ––––––––

    Anno 2370.

    Era certo di essere nel giusto. Tuttavia, senza volerlo, aveva trascinato con sé molte persone in un’impresa molto pericolosa.

    Il suo nome era Denn Bornew, un sergente di Tau Ceti, uno dei principali sistemi planetari dell’Unione Galattica. Un umano, dai capelli castani e gli occhi chiari. Di solito aveva un aspetto serio, ma dietro a quell’apparente riservatezza, c’era una persona gentile che si preoccupava per gli altri.

    Da più di un anno la sua vita era cambiata totalmente. E dopo tutto quel tempo, sentiva che doveva porvi rimedio. Così, aveva deciso di approfittare della sua posizione e imbarcarsi in un’ultima missione che lo avrebbe portato sul Sistema Solare, per appropriarsi del pianeta Terra, convinto di poter cambiare il destino della galassia.

    In fuga dal Sistema Solare, riuscì a scappare fino a una nave passeggeri. Una di quelle che solitamente trasporta ogni sorta di viaggiatori verso pianeti, lune e, naturalmente, stazioni di lancio.

    Le stazioni di lancio, quelle gigantesche astronavi che assomigliano più a delle città, servivano come piattaforme interstellari e tenevano aperti i varchi temporali, o tunnel spaziali, una delle maggiori scoperte degli ultimi tempi.

    Sparse per tutti i sistemi dell’Unione Galattica e gli altri sistemi abitati, le stazioni di lancio, come oasi nel deserto, davano rifugio a chi poteva permetterselo. I loro hangar accoglievano viaggiatori di ogni specie, offrendo i più svariati servizi. Riparazione e rifornimento delle astronavi, stanze, ristoranti e negozi, ma prima di tutto erano un punto d’incontro per una comunità piuttosto eterogenea. Ci vivevano e lavoravano moltissime persone, e per la maggior parte di questi, le stazioni rappresentavano l’unico luogo che avessero mai conosciuto. Non solo collegavano i sistemi planetari tramite dei varchi temporali, ma erano la parte più importante dell’economia della galassia.

    Quella nave passeggeri non era stata scelta a caso. Denn aveva scoperto che lo avrebbe portato fino a S4-07, una delle tante stazioni che popolavano il sistema. Il suo scopo era quello di allontanarsi quanto più possibile dalle forze terrestri che lo avrebbero perseguitato non appena avessero scoperto che era riuscito a entrare in quel laboratorio terrestre abbandonato.

    Non aveva mai avuto intenzione di far del male a nessuno, desiderava solamente fuggire dal Sistema Solare assieme a quell’oggetto di inestimabile valore, e l’unica possibilità di riuscirci era tramite il varco temporale, così da sfuggire ai suoi inseguitori attraverso lo spazio e il tempo.

    Passando inosservato era riuscito ad arrivare a S4-07 nella nave passeggeri. Aveva scelto proprio quella stazione sapendo che ci sarebbe stata una diminuzione considerevole dei viaggiatori e del personale per ragioni di manutenzione di routine. La nave con cui arrivò, era una delle poche che avevano il permesso di lasciar sbarcare i passeggeri nella stazione.

    Una volta lì, aveva facilmente preso il controllo della navigazione. Nessuno si era accorto del suo arrivo nella sala comandi. Le uniche due persone che si trovavano lì ora si trovavano in stato d’incoscenza. Quel raro tipo di arma che aveva usato da quando era entrato nelle forze di Tau Ceti era stata sufficiente per metterli fuori combattimento, scaricando su di loro una forte corrente elettrica paralizzante.

    Non voleva portare con sé nessuno dei passeggeri che si trovavano a bordo, così azionò l’allarme d’evacuazione, con la speranza che tutti quelli che erano rimasti lasciassero la stazione di lancio nelle proprie navicelle, prima della partenza prevista.

    Non c’erano molte persone nella stazione. La maggior parte di loro riuscì a raggiungere le astronavi e andarsene al primo suono d’allarme. Tuttavia, non aveva tenuto in considerazione che le forze terrestri potessero catturarlo prima che tutti i passeggeri potessero scappare, perciò fu costretto a portar con sé tutti quelli che erano rimasti lì.

    Spense l’allarme di evacuazione e si assicurò di aver chiuso le porte dell’hangar prima di attraversare il primo varco temporale. Voleva evitare che chi era rimasto a bordo si ferisse o si perdesse nello spazio infinito, se avesse provato a scappare con le navicelle una volta partiti per la fuga.

    Aveva disinserito il pilota automatico della stazione, per poterla manovrare autonomamente e, assunto i comandi del veicolo, attraverso il varco che si trovava aperto. Quando uscirono da lì, si ritrovarono ad aver attraversato dieci anni luce di distanza in un solo istante.

    Senza perdere molto tempo, utilizzò quel moderno sistema per aprire un nuovo varco nello spazio e poi attraversarlo. Il suo piano era quello di aprire e attraversare porte temporali tutte le volte necessarie ad allontanarsi abbastanza dal Sisema Solare, per poi lasciare la stazione di lancio in una delle astronavi che c’erano nell’hangar. In questo modo, avrebbe potuto nascondersi in un sistema planetario poco sorvegliato, senza far del male alle persone che si trovavano a bordo.

    Era un buon piano. Nessuno lo avrebbe seguito. I varchi che apriva sarebbero rimasti attivi solo per qualche minuto se la stazione di lancio non si fosse trovata lì per mantenerli aperti. Si sarebbero chiusi un attimo dopo essere stati attraversati dalla stazione. L’avrebbe avuta vinta, o almeno questo era quello che aveva creduto all’inizio.

    Seguendo il proprio piano e attraversando i varchi, si stava allontanando sempre di più dalle forze armate della capitale dell’Unione Galattica, il pianeta Terra. In quel momento nessuno sapeva più dov’erano localizzati. Presto avrebbe potuto abbandonare la stazione e concludere la propria fuga. Sarebbe potuta andare così, se non che ebbe sfortuna.

    Ci fu un imprevisto mentre S4-07 e i suoi passeggeri attraversavano uno dei varchi. Successe che la stazione si spostò a una distanza molto maggiore, portando Denn Bornew e gli altri in un luogo completamente sconosciuto.

    La situazione si complicò ulteriormente: a causa di quell’insolito evento, i sistemi di apertura dei varchi vennero completamente danneggiati. La stazione di lancio e le persone che si trovavano a bordo, stavano ora viaggiando alla deriva nello spazio infinito, con pochissime risorse e diversi danni tecnici.

    Le luci si accendevano e spegnevano mentre l’allarme con un suono assordante avvisava le circa trecento persone a bordo che era necessario evacuare nel minor tempo possibile.

    Quando Denn fu certo che il computer di navigazione non rispondeva più, cominciò a dubitare del suo piano. Attraverso le vetrate della stazione adesso poteva vedere che si trovavano in un luogo ignoto e senza punti di riferimento.

    Non c’era più nulla da fare, la stazione non rispondeva. Dovevano andarsene da lì il prima possibile.

    — Dobbiamo muoverci —disse Denn al suo accompagnatore.

    In un attimo sbloccò le porte dell’hangar e uscirono di corsa dalla sala comandi che prima Denn aveva isolato.

    Appena dopo l’uscita, si trovava un corridoio parallelo alla sala con porte agli estremi opposti che lui stesso aveva blindato.

    Pensava che forse dall’altra parte ci poteva essere qualcuno che cercava di entrare, perciò decise di scappare dal condotto di ventilazione.

    — Aiutami a salire — disse Denn al suo insolito compagno, mostrando il condotto di ventilazione.

    Aiutato da quello che ora era suo complice, estrasse la griglia di metallo che copriva il condotto e si infilò dentro.

    — Aspetta, vado avanti io — disse mentre strisciava all’interno del tunnel — Adesso sì, vieni!

    Avanzarono attraverso il condotto fino a raggiungere un altro corridoio che sembrava vuoto. Anche se da sopra non avevano una visuale completa, Denn decise che quello era un posto sicuro per scendere.

    Bornew aveva studiato accuratamente la piantina della stazione, per cui sapeva benissimo come raggiungere l’hangar e scappare con la prima nave a disposizione.

    Nonostante il suo tentativo coraggioso, non era mai stato molto bravo a giocare di strategia, era uno che improvvisava sempre in corso d’opera, anche se questa volta si era sforzato di mettere a punto un piano efficace.

    Attraversarono di corsa i corridoi che li avrebbero condotti al loro obbiettivo, e quando finalmente raggiunsero l’hangar, scoprirono che lì c’erano già delle persone.

    Probabilmente erano rimaste intrappolate nel momento in cui aveva bloccato le porte dell’hangar, dove ora rimaneva soltanto un’astronave.

    Quelle persone non erano un problema, Denn aveva con sé la sua pistola elettrica. Stordirle sarebbe stato semplice. Ma Denn esitò un’altra volta.

    — Che schifo di piano!

    — Che cosa succede? — chiese il suo compagno. — Sono pochi, possiamo chiedere di farsi da parte, prendere l’astronave e andarcene da qui.

    — No. C’è un’astronave soltanto. Come ho fatto a non pensarci? Avrei dovuto.

    — Che importa se ce n’è solo una? Ne basta una per andarcene.

    — Pare che dopo tutto non sia stato abbastanza attento. — rispose Denn, accennando un sorriso.

    Denn non aveva considerato il numero di astronavi che ci sarebbero state nella stazione. Molti viaggiavano assieme al proprio veicolo, altri in navi passeggeri che entravano e uscivano dalle stazioni. Inoltre, sapeva che tutte le stazioni erano dotate di alcune astronavi di salvataggio e altre ancora per la difesa o l’estrazione, navicelle di emergenza e altre ancora. Tuttavia, dopo l’evacuazione, ne era rimasta soltanto una. Una nave di salvataggio in grado di portare circa quattrocento passeggeri, dotata di uno spazio aggiuntivo per le merci.

    — Ho fatto male i miei calcoli! — proseguì Denn. — Se tutti i passeggeri se ne fossero andati, ci saremmo trovati bloccati qui, dove avremmo dovuto attendere che venissero a catturare me e a riportare te sulla Terra. Abbiamo avuto fortuna che queste persone non siano riuscite a salire a bordo.

    — Perché dici così?

    — No, non possiamo farlo. — Denn non era più così sorridente. — Se prendiamo l’astronave dovremmo lasciare queste persone intrappolate qui in mezzo al nulla. E poi, dove potremmo andare? Sono stato uno stupido!

    Mentre Denn e il suo compagno stavano parlando, le persone che si trovavano nell’hangar, iniziarono ad avvicinarsi.

    — Non ti preoccupare — gli sussurrò prima che fossero troppo vicini. — Nessuno sa che siamo stati noi a prendere il controllo della stazione.

    Quelle persone sarebbero potute provenire da qualsiasi parte. Alcune lavoravano nella stazione, altre erano passeggeri, persone che si trovavano lì di passaggio, per mangiare qualcosa o trovare una stanza dove alloggiare, in attesa probabilmente della prossima astronave che li avrebbe portati alla propria destinazione. Dopotutto, i viaggi nello spazio potevano rivelarsi lunghi e stancanti.

    Denn era stato attento a bloccare le porte della sala comandi e a disabilitare tutte le telecamere. Nessuno a bordo sapeva che erano stati loro ad aver sequestrato la stazione. Non erano in una brutta situazione dopotutto. Denn indossava la propria uniforme, da membro dell’esercito di Tau Ceti e quindi parte dell’Unione Galattica. Per nessuna ragione avrebbero dubitato di lui.

    — E così sei un soldato galattico? — notò un uomo — Tutto bene?

    — Sì, tutto a posto. Che cosa sta succedendo? — finse di non sapere.

    L’uomo era un membro della sicurezza della stazione spaziale, rimasto intrappolato nell’hangar.

    — Crediamo che qualcuno abbia preso il controllo della stazione, ma non ne siamo certi.

    — Dici davvero?

    — Ce ne stiamo accertando.

    — E voi invece, state bene? — chiese Denn.

    — Sì, stiamo tutti bene. Ci resta solo un’astronave, perciò stavamo aspettando il resto dei passeggeri per poter lasciare la stazione, ma di colpo si sono chiuse le porte e siamo rimasti bloccati qui. I miei colleghi della sicurezza mi hanno comunicato che hanno indirizzato tutti quanti nel piazzale centrale della stazione per cercare di metterli in salvo. Dovremo recarci lì.

    — Capisco. E che cosa sanno della persona che ha dirottato la stazione? — Denn cercava di verificare se si trovassero o meno in pericolo e l’ufficiale di sicurezza avrebbe potuto togliergli il dubbio.

    — Come ti ho detto, non abbiamo nessuna certezza. Il capitano e gli altri stanno cercando di entrare nella sala comandi. Per adesso, lascia che ti porti in un luogo più sicuro assieme a queste persone. Essendo un militare, magari potrai esserci utile. — Denn acconsentì mentre l’ufficiale continuava — Mi chiamo Senlar Belmy, sono il Primo Ufficiale della stazione. E tu, come ti chiami?

    Tutte le stazioni di lancio dei Sistemi Primari venivano controllati dall’Unione Galattica, e anche se chi vi lavorava non era considerato al pari dei soldati galattici, facevano comunque parte delle forze dell’Unione. Il rango di Primo Ufficiale della Stazione veniva assegnato nelle stazioni di lancio. Era il rango più alto dopo quello di Capitano e precedeva quello di Secondo. Senlar Belmy era di certo una delle persone più autorevoli nella stazione S4-07.

    — Io sono Denn Bornew, un sergente di Tau Ceti.

    — Molto piacere. E questo robot, ha un nome? — chiese Senlar indicando lo strano accompagnatore di Denn e suo complice nel dirottamento della stazione.

    Denn ci pensò un attimo, ancora non sapeva che nome dargli. Si voltò verso il robot e gli chiese:

    — Come preferisci essere chiamato?

    Il robot era un prototipo, il primo di una generazione di robot molto speciale. Erano già trascorsi duecento anni dalla sua fabbricazione. Si trattava di un progetto dello scienziato Helagar Ust, il quale al tempo lavorava per A-Corp, una controversa impresa privata nota per le proprie invenzioni tecnologiche.

    Era rimasto per molto tempo disattivato, fino a che Denn Bornew non lo aveva incontrato. Diversi anni prima Helagar Ust aveva fatto innumerevoli prove su di lui, per poi rimpiazzarlo con un modello più aggiornato e disattivarlo definitivamente.

    Era fatto di solidio, un metallo rarissimo, conosciuto per essere estremamente duro e leggero. Il suo volto, piuttosto semplice, non era in grado di mostrare smorfie o emozioni. Dopotutto, si trattava di un prototipo.

    Quando il progetto era iniziato, l’Unione ripose la propria fiducia in A-Corp e finanziò per intero il programma per creare robot specializzati per compiti di colonizzazione di nuovi pianeti. Quello fu l’inizio del progetto Colonizzatori, che ebbe il suo apice con la creazione di robot in grado di pensare come gli umani.

    Dopo anni di ricerca, i robot Colonizzatori erano ormai stati ultimati, e furono subito testati per l’insediamento su Venere. E quello si rivelò un disastro.

    I Colonizzatori si ribellarono contro i propri creatori nell’anno 2185. Tre anni dopo, scapparono nello spazio senza lasciar traccia di sé. Non si seppe più nulla di loro, ma le conseguenze furono enormi. La diffidenza delle persone ne limitò la diffusione. Non si sarebbero più fidati di un robot che poteva pensare come un umano. A causa di questo episodio, l’Unione Galattica proibì la fabbricazione di massa di dispositivi con intelligenza artificiale avanzata, e impose regole molto severe a riguardo. Questo era il tipo di robot con cui viaggiava Denn. Un robot molto speciale.

    — Il mio modello è C0-UN1— rispose il robot.

    — È tuo? — chiese Senlar a Denn.

    Il robot si girò verso Denn, interessato alla risposta. Bornew ricambiò lo sguardo sorridendo e rispose:

    — Lui non ha un padrone, è un robot libero.

    — Non avevo mai sentito di un robot senza padrone.

    Continuarono a camminare verso il luogo dove erano radunate le altre persone. Era uno spazio enorme. La piazza principale della stazione consisteva in un’area rotonda circondata da negozi di ogni tipo.

    Si trattava di un luogo piacevole. Proprio al centro si innalzava una maestosa sorgente di acqua cristallina. Alberi e piante esotici rendevano quel posto fresco e verdeggiante, e le numerose panchine davano modo ai visitatori di sedersi comodamente per chiacchierare o anche solo per riposare.

    Lì si trovavano centinaia di persone in attesa che qualcuno della sicurezza fornisse una qualche spiegazione o dicesse loro cosa fare. Denn percepì subito che in quel luogo c’era tensione. Solo pochi erano tranquilli. C’erano uomini, donne, e bambini. Tutti esseri umani.

    — Aspettate qui mentre vado a controllare che sta succedendo — disse Senlar.

    Così si allontanò per parlare con il capitano dell’astronave. Un bambino che aveva sentito che cosa si erano detti, si avvicinò a C0-UN1 e gli chiese:

    — Che tipo di robot sei?

    — Tipo? —  domandò il robot perplesso.

    — Non ho mai visto nulla di simile prima. Sei magnifico, non come un robot da informazioni o per l’assistenza domestica. Sei un robot da battaglia?

    In quell’epoca, la maggior parte dei robot venivano costruiti con tratti inoffensivi. Dopo tutto quel che era successo con i Colonizzatori, la gente non voleva più star vicino a un robot potente e pericoloso. C0-UN1 era molto diverso, era stato progettato per essere forte, agile e rapido, e aveva l’aspetto di una macchina pensata per combattere.

    — Hai ragione, piccolo. — lo interruppe Denn — È un robot da combattimento. Per questo viaggia con me. Insieme abbiamo visto molte battaglie.

    — Davvero? È fantastico! — disse entusiasta il bambino. Si voltò verso una ragazza e la chiamò con la mano. — Dani, guarda qua!

    Dani, la sorella del bambino, era una bella ragazza sui vent’anni, dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi. Per quei tempi, era solo una bambina.

    — Mi chiamo Qein Dontes, e questa è mia sorella Dani.— disse il bambino.

    — Molto piacere, io sono Denn Bornew e questo è il mio amico C0.

    Dani lo guardo diffidente.

    — Così non siete solo compagni, ma siete anche amici. Ma dimmi, perché prima ho sentito che gli chiedevi come si chiamava? Mi pare impossibile essere amico di qualcuno e non sapere come si chiama.

    Denn sorrise.

    — È che non sono molto bravo con i nomi. Mi succede spesso — scherzò Denn — E tu com’è che ti chiami?

    — Dani! — una smorfia di rabbia si dipinse sul suo volto. Denn pensò che fosse bellissima.

    Senlar interruppe la conversazione. Era accompagnato dal capitano, che desiderava parlare con Denn.

    — Capitano, questo è Denn Bornew, l’uomo di cui le ho parlato.

    Il capitano aveva tutta l’aria di essere un ex militare, un uomo maturo con una faccia antipatica. Dai capelli bianchi pettinati all’indietro si capiva che era un uomo dalla grande esperienza.

    —E quindi tu saresti il sergente di Tau Ceti di cui mi ha parlato Senlar. Io sono Val Afkbar, capitano di questa stazione.

    A Denn questo nome non suonava nuovo. Non sapeva precisamente perché gli fosse familiare, ma era certo di aver sentito parlare di un certo Afkbar.

    — Afkbar? Mi sembra di conoscerla... Come mai? — chiese Denn. Senlar era a disagio, come se avesse voluto zittire Denn con lo sguardo. — Ci siamo già incontrati?

    — No, non ci conosciamo.

    Afkbar era il cognome di una nota famiglia di pirati spaziali che operavano da anni in una zona fuori dai confini dell’Unione Galattica, molto lontana dai Sistemi Primari. Tuttavia, erano così conosciuti che era impossibile che un membro dell’esercito galattico, come Denn, non avesse mai sentito parlare di loro.

    — Mm, che strano, mi pare di averlo già sentito.

    — Non ha importanza. Dato che sei un soldato dell’Unione potrai esserci utile. Mi permetti di scannerizzare il tuo iride? — Il capitano non lo chiedeva per gentilezza ma perché era illegale farlo senza autorizzazione.

    Il capitano voleva accertarsi che Denn Bornew facesse davvero parte dell’esercito dell’Unione Galattica, verificandolo con la propria banca dati.

    Bornew acconsentì affidandosi alla sorte. Se sulla Terra avessero inviato il segnale d’arresto, prima di aver attraversato il primo tunnel spazio temporale, sarebbe stato spacciato. In caso contrario, trovandosi a molti anni luce di distanza da qualsiasi sistema conosciuto, la banca dati non si sarebbe aggiornata, se non vicino a uno di quelli e il segnale non sarebbe arrivato.

    — Fallo pure — disse Denn e subito un dispositivo all’avanguardia con lenti a realtà aumentata installati negli occhi del capitano si connesse senza cavi a un bracciale che portava al polso e fece la scansione e confermò l’identità di Bornew.

    — Pare che tu sia chi dici di essere. — disse il capitano.

    Denn si sentì immensamente sollevato nel vedere che il capitano non gli era ostile. L’ordine di cattura non era ancora stato comunicato. Aveva superato la prova più importante per conquistarsi la fiducia delle autorità della stazione.

    — Se vuoi aiutarci, Senlar ti darà tutti i dettagli — disse il capitano, e un secondo più tardi, senza aggiungere altro, se ne andò portando con sé alcuni sottoposti.

    — Ho detto qualcosa che non va? — chiese Denn, che sembrava un po’ a disagio.

    — Sei stupido per caso? — s’intromise Dani — Afkbar è il nome di una delle bande pirata più pericolose della galassia. Di sicuro viene da quella famiglia. Avrà pensato che gli stessi facendo il terzo grado per capire come mai il suo nome non ti era nuovo.

    Senlar annuì.

    — Ops! Te l’ho detto che non sono bravo con i nomi. — ricordò Denn con tono ironico. — Ora scusa, ma devo scambiare due parole con quest’uomo. Piacere di averti conosciuta... ehm, com’è che ti chiami?

    Dani prese suo fratello per mano e se ne andò infuriata.

    — La stavo solo prendendo un po’ in giro — disse Denn rivolgendosi a C0-UN1, che se avesse potuto avrebbe ricambiato con un sorriso.

    Senlar si avvicinò per poter parlare, assicurandosi che nessuno potesse ascoltarli.

    — Vedi, Denn, in questo momento non possiamo sapere con certezza quale sia la nostra situazione. Riunirò le persone per spiegare loro che cosa sappiamo. In molti già sospettano che un intruso abbia dirottato la stazione, per cui non c’è ragione di nasconderlo. La cosa migliore è dirlo sin da subito. Mi puoi aiutare? La tua presenza potrebbe farli sentire più sicuri.

    — Va bene, ma prima dimmi, si sa chi potrebbe essere il responsabile?

    — No. Gli uomini che si trovavano nella sala comandi sono stati attaccati. Li hanno messi fuori gioco ancora prima che se ne potessero rendere conto.

    — Stanno bene?

    — Sì, si sono svegliati e non sono feriti, solo un po’ disorientati, anche se preferirebbero essere ancora in stato d’incoscienza per non dover sentire la strigliata di Val... andiamo a parlare alla gente.

    Denn annuì.

    — Andiamo. — disse Denn camminando tranquillo fino al centro della piazza per parlare a tutti. Si fermò sopra una panchina e incominciò: — Attenzione! — disse muovendo le braccia per farsi vedere dai presenti. — Potreste per favore avvicinarvi un momento? Attenzione prego!

    Senlar lo osservò compiaciuto, non era necessario che riunisse tutti, ma lo fece lo stesso. A quanto sembrava, Denn possedeva il carisma proprio di un sergente dell’Unione Galattica.

    — Il mio nome è Denn Bornew del pianeta Nec, sono un sergente dell’esercito di Tau Ceti. Mi hanno chiesto di aiutare le autorità della stazione. Immagino che abbiate molte domande. Il signore qui presente è Senlar Belmy, Primo Ufficiale della stazione. Ascoltiamo quel che ha da dire e cerchiamo di collaborare.

    — Grazie Denn. — Senlar si avvicinò subito per poter prendere la parola.

    Era importante che parlasse loro. L’atmosfera era carica di tensione, tutti volevano una spiegazione.

    I volti spaventati delle persone preoccuparono un po’ Denn.

    — Qualcuno ha fatto irruzione nella sala comandi — iniziò Senlar — e, per ragioni a noi sconosciute, ha fatto viaggiare la stazione attraverso diversi tunnel spazio-temporali. Purtroppo, il sistema di lanciò è stato danneggiato e dovremo rimanere qui per un po’ di tempo, per lo meno fino a che non riusciremo a ripararlo. Inoltre, la persona responsabile non è ancora stata trovata. Stiamo lavorando per poterla trovare, per questo nessuno deve muoversi di qui.

    — Come può essere successa una cosa del genere? — disse qualcuno.

    — Calma per favore. — Senlar capiva bene la disperazione della gente e sapeva che in un modo o nell’altro avrebbe dovuto tranquillizzare i presenti. — Sappiate che in questo momento siamo fuori pericolo. Nella stazione si trovano un’ottantina di ufficiali di sicurezza. Vi esorto a comunicare qualsiasi cosa vi sembri sospetta, i nostri ufficiali saranno ben disposti ad ascoltarvi.

    Abbiamo già ripreso possesso della sala comandi e abbiamo isolato il resto delle aree della stazione. La prima cosa da fare è registrare in una banca dati chiunque si trovi a bordo. — Due ufficiali si avvicinarono, tutto quello che dovevano fare per creare la banca dati era usare il dispositivo cha avevano attorno al polso connesso agli occhi. Portarono delle sedie e si misero seduti. — Vi chiedo di fare due file perché gli ufficiali possano prendere i vostri dati. È tutto quel che possiamo fare per ora, appena avremo notizie vi terremo aggiornati.

    La gente si diresse verso gli ufficiali a fornire i propri dati e quelli con dei rapidi movimenti delle mani, raccoglievano le informazioni in quei moderni dispositivi ottici. Senlar si fece da parte e fece segno a Denn di avvicinarsi.

    — Cosa succede, Senlar?

    — Mentre registriamo queste persone avremo più tempo di studiare meglio la situazione. Com’è da prassi, due degli ufficiali che devono rimanere fino alla fine di un’evacuazione sono meccanici e in questo momento stanno cercando di riparare i sistemi, vedremo che notizie hanno per noi.

    — Come posso essere d’aiuto? — chiese Denn.

    — Il capitano ha inviato quattro gruppi di dieci persone a occuparsi della registrazione in tutte le aree della stazione. Mi hanno chiesto di restare qui con un gruppo di soldati per controllare. Il Secondo della stazione, è quello lì — disse indicando un uomo — porterà un altro gruppo a fare un’ispezione. Tu e il robot potreste unirvi al gruppo di ricerca? I sensori del robot potrebbero essere utili.

    — Non c’è problema.

    La miglior cosa che Denn potesse fare era collaborare. Ora aveva un nuovo piano. Avrebbe assecondato ogni richiesta delle autorità della stazione, sperando che riparassero il sistema di lancio.

    Una volta aggiustato e in condizioni di poter raggiungere un

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