Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Anime incarnate in corpi sessuati
Anime incarnate in corpi sessuati
Anime incarnate in corpi sessuati
E-book298 pagine4 ore

Anime incarnate in corpi sessuati

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Perché l’Anima sceglie un percorso così duro come quello dell’incarnazione che prevede non solo il confronto con il piano istintuale, apparentemente così lontano dallo spirito, ma anche la sfida rappresentata dalle differenze di genere? Può essere solo l’effetto di una «caduta»?
L’intuizione che sta avanzando, iniziata sotto forma di ricerca scientifica all’inizio del Novecento, è che sia presente all’interno di questo zoccolo duro un nucleo sapiente che esige di essere riconosciuto in quanto detentore di un significato e di un potenziale di crescita che abbraccia trasversalmente tutto l’essere. Pertanto, non è possibile risalire al senso della propria vita senza di esso. Questo è il filo conduttore del percorso che ci propongono le due Autrici, interessate a mettere in luce sul piano psicologico, simbolico e religioso, i diversi meccanismi difensivi e creativi che caratterizzano i due generi.
L’Anima comunica sempre nel presente e chiede alla parte terrena di accettare la sfida dell’incarnazione. Questo significa non sottrarsi e neppure velarsi, come tende a fare la donna, e neanche ancorarsi a ciò che è stato deciso mentalmente, come fa l’uomo quando crede di sapere a priori ciò che è importante e ciò che non lo è. Finché siamo vivi, l’atto creativo è sempre possibile: è sempre in atto un’opportunità affinché l’Anima possa esprimersi.
LinguaItaliano
Data di uscita26 ago 2021
ISBN9788893721400
Anime incarnate in corpi sessuati

Leggi altro di Lidia Fogarolo

Autori correlati

Correlato a Anime incarnate in corpi sessuati

Titoli di questa serie (7)

Visualizza altri

Ebook correlati

Articoli correlati

Recensioni su Anime incarnate in corpi sessuati

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Anime incarnate in corpi sessuati - Lidia Fogarolo

    I.

    IL CONTATTO CON L’OMBRA

    1. Il volto oscuro della Dea

    Proprio perché l’attributo di luminoso o di oscuro è legato a considerazioni umane, è facilmente comprensibile il fatto che, per ogni donna, la parte luminosa dell’energia femminile è quella collegata alla sua capacità di creare legami grazie all’empatia e al senso di compassione. Mentre il volto oscuro della Dea è quell’aspetto della personalità femminile che, se viene guardato dal punto di vista della sapienza terrena, appare come inquietante. Stiamo parlando di quel movimento interiore che si oppone all’empatia, annulla il senso di compassione, rifiuta di prendersi cura, per cui la donna sente di essere scaraventata all’interno di un sentire che rappresenta esattamente l’opposto di quello che caratterizza il volto cui ama fare riferimento.

    Per comprendere questa contraddizione che si presenta all’interno della donna è necessario andare oltre la vecchia concezione secondo la quale il maschile e il femminile sono l’uno l’opposto dell’altro. Questa visione non corrisponde al vero in quanto le due energie sono delle totalità che contengono l’opposto al loro interno; perciò all’interno della donna è presente sia tutto ciò che viene vissuto come movimento legato al senso di appartenenza, sia la sua negazione.

    Tuttavia parlare di opposto energetico non significa considerarlo, come è stato sempre fatto, alla stregua di una carenza dovuta a un insufficiente sviluppo della parte luminosa. Finora tutti i movimenti della personalità legati all’ombra sono stati attribuiti alla parte più terrena ancora bisognosa di evoluzione: si è sempre detto, infatti, che solo se il piccolo Io è ancora inconsapevole, può cadere nella rabbia, cioè in quel sentire che bisogna sforzarsi di non avere. Questa visione evolutiva non tiene conto del fatto che anche i movimenti energetici considerati negativi hanno una loro ragione di essere: non sono oscuri nel senso di irrazionali, ma vengono definiti in questo modo perché la personalità, non riconoscendoli, non li autorizza. Specialmente quando una persona tende alla spiritualità separando nettamente la luce dall’ombra, ogni volta che entra in contatto con l’energia oscura ne ha paura: pertanto cerca di sublimarla, rinnegandola, per andare – appena è possibile – nell’energia contraria. D’altronde, sulla Terra c’è questa dualità: esiste la rabbia e la serenità, l’odio e l’amore, e solo uno dei due opposti è considerato desiderabile. Per questo la personalità può attivarsi immediatamente per evolvere le emozioni considerate negative.

    Tornando all’energia femminile, è abbastanza facile comprendere il motivo per cui le donne hanno deciso di puntare lo sguardo solo sulla loro parte luminosa, dato che la parte oscura, quando emerge, porta a sentire emozioni negative intense – quali la rabbia, l’indignazione, la nausea – che le costringe a mettere in atto un giudizio di distinzione, del tipo: «Questo non mi appartiene, non voglio neanche sentirne parlare»; cioè proprio il movimento opposto di quello vissuto come luminoso. Non si tratta soltanto di un giudizio di non appartenenza, perché al massimo della sua potenza l’energia legata al volto oscuro della Dea vuole eliminare la cosa identificata come negativa, perché portatrice di confusione, se non addirittura di danni grandissimi o di morte. Ma quello che il femminile fatica ad accettare è che si tratta di un passaggio necessario per poter poi costruire con più forza. È un modo per fare chiarezza, come pulire con uno straccio un vetro appannato per guidare meglio, o levare le erbacce da un giardino per far nascere l’erba più adatta. Si tratta di tutti quei movimenti che sembrano legati alla morte, mentre in realtà rendono più forte la parte luminosa che deve nascere, perché le danno spazio.

    Il grosso problema nel permettere il contatto con la parte oscura nasce dal fatto che difficilmente la personalità riesce a viverla in centratura: la donna avverte quanto sia destabilizzante la sua potenza energetica, e come sia in grado di agganciare le sue ombre. Infatti, il corpo emotivo agisce come un nucleo unitario all’interno del quale non è facile distinguere quali sono gli aspetti legati all’espressione dell’energia femminile e quali, invece, alle sue ferite.

    Per questo la donna, per una forma di paura nei confronti di ciò che può fare quando è in preda alla furia, preferisce – se può ancora scegliere – prendere le distanze da ogni forma di energia oscura, appena ne avverte il sentore. L’emotività con cui desidera restare in contatto la psiche femminile è unicamente quella legata al volto luminoso; mentre non vuole farsi attraversare – perché non lo riconosce e ne ha veramente paura – dal suo volto oscuro. Si tratta, tuttavia, di una presunzione legata a un’illusione della personalità: in realtà noi possiamo solo fare da canale al movimento energetico che si presenta. E quindi può presentarsi a noi il volto luminoso della Dea, e noi lo facciamo scorrere agendo tutti i movimenti necessari alla sua piena espressione. Ma dobbiamo anche accogliere il volto oscuro della Dea e lasciare che questo operi in noi, se vogliamo veramente rispondere alla ferita del cuore per curarla, non per recitare in qualche modo dei copioni scritti dalla personalità.

    La donna, che ha sempre riconosciuto il potere del volto luminoso della Dea presente nel suo cuore, deve incominciare ad amare anche il suo volto oscuro, rappresentato da quel movimento che la scuote fino a farla ritrarre dal mondo per evitare di entrare in contatto con questa energia. Lei non crede che sia veramente una parte di sé; preferisce invece raccontarsi che è una reazione provocata dai movimenti sbagliati che fanno gli altri. Di conseguenza, per evitare il contatto con questa energia, tenta di buttare fuori dalla porta tutte quelle persone che sono in grado di scatenarla, sperando così di arrivare più velocemente in quel luogo di pace e di armonia cui anela.

    In realtà, finché la donna non cambia la sua percezione rispetto a questo volto del femminile che le appartiene, non può che vivere un senso di non appartenenza rispetto a una parte di sé che ha proiettato all’esterno. Tramite questo movimento di autodifesa si impone di credere che la sua energia oscura sia solo la risposta a uno squilibrio del mondo; mentre deve scoprire che è un aspetto del potere femminile, perché quel movimento oscuro è necessario per evitare di prendere dei grossi abbagli. Se la donna riconosce questa energia, non può venirne ferita; perché la ferita non è causata dal movimento dell’altro o del mondo, ma dal mancato riconoscimento di sé.

    In questo momento storico il volto oscuro della Dea vuole essere riconosciuto da tutte le donne: per questo si presenta loro con un’intensità fortissima anche in situazioni apparentemente insignificanti, se viste a livello di personalità, ma molto significative a livello energetico. E più la donna si ritira dal mondo, credendo sia possibile far entrare nella sua vita solo ciò che reputa degno, più il volto oscuro della Dea si ripresenta con forza, provocandole indignazione, oltre che dolore, perché questa energia non può essere eliminata in quanto è legata alla vita.

    Il volto oscuro della Dea vuole finalmente essere agito senza che la donna lo rinneghi, perché la ferita non proviene dall’agire o dal sentire, ma dal non riconoscere questo aspetto della divinità, che viene vissuto come oscuro perché ha una capacità particolare: mentre il volto luminoso è accogliente e pietoso nei confronti della parte più terrena, l’energia oscura ha meno riguardi, perché è legata a un’urgenza di salvare. Infatti interviene quando occorre un’azione veloce e repentina e alla personalità vengono dati pochi spazi di manovra, non le si bada più di tanto perché – essendo la parte più piccola di qualcosa di molto più grande – viene presa per mano e condotta in una direzione ben precisa anche se non vuole.

    Sembra un movimento poco amorevole, e invece è proprio il movimento salvifico.

    2. Il volto oscuro di Dio

    Partiamo da un’affermazione molto semplice: ogni volta che il mondo non risponde alle aspettative della personalità, il corpo emotivo sente la ferita della negazione. È il cuore, però, che avverte maggiormente la ferita, in quanto è tramite esso che tutti sono in qualche modo in contatto con la divinità, o comunque con un mondo altro da quello percepito con la mente e con i cinque sensi. La ferita è del cuore ogni volta che la Terra, sotto forma di qualche situazione concreta, delude quelle aspettative che possiamo chiamare spirituali, che sono anch’esse segnate da differenze di genere giacché l’uomo ha una sua modalità di accedere al divino, e la donna ne ha un’altra.

    Le ferite immediatamente riconosciute come tali dall’energia maschile sono quelle causate dagli eventi che mostrano l’imperfezione del mondo. Per questo ogni uomo sente il desiderio di cambiare la realtà, di pulirla, di sistemarla. È proprio una spinta del cuore che può essere estesa alla politica, all’economia, alle cose più grandi, che lo porta a voler concretizzare le verità assolute in cui si riconosce.

    Ma anche se ogni uomo è segnato da questo desiderio, la vita gli mostra continuamente le difficoltà connesse con il cambiare la realtà che ha di fronte, rimanendo in contatto con la sua parte luminosa. L’uomo si accorge, sempre più lucidamente con il passare degli anni, quanto sia difficile concretizzare i suoi ideali, dato che, pur essendosi mosso in risposta alla loro spinta, nel procedere ha scoperto ogni volta nuove sfumature che li caratterizzano, di cui inizialmente non aveva tenuto conto. Questa crescente consapevolezza lo porta a entrare nel dubbio rispetto a sé, perché non è più così sicuro della sua capacità – legata all’energia maschile – di separare correttamente il bene dal male per poter avanzare. Dubita di poterlo fare proprio perché ha scoperto che molte cose si sono rivelate diverse da come gli apparivano inizialmente. Si è accorto, inoltre, di aver rinunciato addirittura ad alcuni aspetti di sé perché li considerava sbagliati o di intralcio, per dopo magari scoprire che queste cose hanno una valenza grandissima e vanno a loro volta interrogate.

    Inevitabilmente, se l’uomo perde questa sicurezza in merito alla sua capacità di distinguere, non riesce più a fare quel movimento che aveva da giovane, quando era convinto di sapere esattamente ciò che lui era e ciò che pensava. Mentre prima sentiva in lui un fluire maestoso che gli indicava come procedere, con il passare degli anni vive le scelte con maggiore sofferenza perché sa che ogni volta che rinuncia a qualcosa, di quello che elimina lui se ne priva. Da giovane lo eliminava con la sensazione di fare grande pulizia, in quanto quella cosa era vista come sbagliata; pertanto la spostava con fierezza, come si può fare nei confronti di ciò che ti contamina, ti disturba, ti butta fuori dalla strada maestra. L’uomo maturo, invece, ha la sensazione, sempre più netta col passare del tempo, che questo movimento di separazione lo rimpicciolisca, facendolo entrare in una restrizione rispetto a qualcosa che, a differenza di quand’era giovane, ha scoperto essere di una complessità grandissima.

    Entrando più in profondità in questa contraddizione che caratterizza il genere maschile, possiamo cominciare a intuire qual è il volto oscuro di Dio a cui inevitabilmente accede. Inizia con una sensazione di perdita, dovuta alla crescente consapevolezza del fatto che quello che l’uomo credeva di aver raggiunto come verità definitiva rispetto a sé, viene visto improvvisamente come un filo piccolissimo: all’interno di questo filo lui si è aggrappato a degli assoluti, per poi rendersi conto che gli assoluti cui ha fatto riferimento non li ha nemmeno compresi nella loro totalità. È come se avesse voluto portare sulla Terra delle verità talmente grandi, che alla fine rendono maggiormente evidente la sua incapacità di coglierle. Si accorge, inoltre, che dell’assoluto interrogato ha visto solo una parte, e si tratta sempre dell’aspetto glorioso che ogni uomo vorrebbe incarnare: è l’immagine del nobile condottiero su un cavallo bianco, che lotta per la giustizia, salva la vita e combatte contro la morte, in un movimento che va dalla Terra, così come la vede lui, verso un’altra Terra molto più bella, dove tutti questi ideali sono in atto.

    Quando l’uomo scopre la complessità degli ideali cui fa riferimento, vive una ferita legata al senso di impotenza perché non solo gli sembra di non riuscire più a separare il vero dal falso con sicurezza, ma coglie anche la parzialità insita in un movimento così netto. Questa è la parte oscura che fa maggiormente soffrire la personalità maschile; nello stesso tempo è l’unica parte in grado di portare la sua mente nell’interrogazione successiva, tramite la relativizzazione dell’assoluto cui tende. L’importante è che non resti nell’illusione di aver scorto totalmente il principio primo, o la causa prima.

    I famosi episodi che si riferiscono alle tentazioni dei santi descrivono proprio l’incontro con il volto oscuro di Dio, così come si presenta a quegli uomini che hanno avuto intense esperienze mistiche.

    Quando questi uomini, proprio perché hanno sperimentato sulla loro pelle una profonda vicinanza col volto luminoso di Dio, cadono nella presunzione di definirlo solo con una modalità, tutto quello che è stato escluso si presenta loro con forza, perché altrimenti avverrebbe un impoverimento; e quindi accadono quelle esperienze che sembrano provocate dal demonio sotto forma di tentazione, mentre in realtà sono sperimentazioni umane. Gli uomini nella vita normale vivono queste esperienze in dosi più diluite perché il loro contatto con la divinità è più diluito; il santo vive queste esperienze con la stessa intensità con cui sperimenta il contatto con la luce, perché se non sperimenta anche questo volto della divinità, si priva di qualcosa di importante.

    Torniamo a quello che si è già detto a proposito dell’uomo non più giovane, quando sente che deve fare una scelta, però non riesce a farla perché ha la sensazione di privarsi di una parte che gli appartiene e che potrebbe essere interrogata. Il santo vive all’ennesima potenza la stessa esperienza: lui fa una scelta ben precisa, focalizzata, di contatto con il volto luminoso di Dio; e quando questo contatto è al culmine, gli appare il volto oscuro di Dio, non per tentarlo, segnarlo in negativo o torturarlo, ma come forma di ricchezza, perché quell’uomo non è completo, né nella sua umanità, né nella sua divinità, se non fa anche questa esperienza.

    3. La divinità che appartiene alla Terra

    Abbiamo visto una prima differenza tra il corpo emotivo con cui entra in contatto l’uomo, condizionato dalla necessità di fare una scelta e nello stesso tempo dalla sensazione di perdita che consegue quando si autorizza questo movimento, e quello con cui entra in contatto la donna, legato invece a un bisogno di fare pulizia al suo interno.

    Passiamo ora a un’altra differenza di genere legata a una pretesa della personalità: il corpo emotivo viene vissuto dall’uomo come una realtà che dovrebbe sempre e comunque essere subordinata alla mente; mentre quello con cui entra in contatto la donna è visto come qualcosa che dovrebbe sempre e comunque essere subordinato al cuore. In entrambi i casi, si tratta di tutti quei ragionamenti che spingono nella direzione di manipolare la risposta emotiva in una versione più accettabile di se stessa.

    Ogni tanto, però, in una forma di ribellione improvvisa, il corpo emotivo si sgancia dal controllo imposto dalla mente o dal cuore, mostrandosi per ciò che è: una realtà intensa, non negoziabile, che non vuole rendere conto di sé a niente e a nessuno. Perché quando l’essere umano è in contatto con la sua radice istintuale, risponde solo a questa dualità: una cosa mi piace o non mi piace, e non mi interessa assolutamente nulla che possa farmi bene o male, se queste valutazioni sono state filtrate da una consapevolezza che proviene dalla mente o dal cuore.

    Il corpo emotivo che appartiene al piano della Terra, nel momento in cui sfugge al controllo della mente e del cuore, entra nell’ascolto di ciò che gli compete, per cui esistono solo le ragioni più concrete, immediate, che non vogliono essere manipolate da altre parti dell’Io. La mente può prendere decisioni all’interno del piano logico e razionale; il cuore mantiene la sua signoria rispetto alle sue verità; ma anche la parte istintuale legata alla fisicità, agli odori, alla vista, al tatto, pretende di avere la signoria rispetto a sé. Il piccolo Io si prende totalmente questo spazio e non accetta interferenze, perché sa benissimo che, se molla le difese, verrà portato in un territorio che non è il suo, dove il massimo giovamento l’avranno la mente e il cuore. Magari qualche beneficio l’avrà anche lui, ma comunque troppo piccolo rispetto al suo bisogno di concretezza, in quanto – essendo fatto di carne – è chiaro che non ama fare questo distinguo: in questa vita no, ma nell’altra vita sì. O una cosa mi piace e allora la voglio; e se non mi piace, ho il diritto di dire di no. E quindi tutti i ragionamenti che possono fare la mente o il cuore non mi riguardano.

    È come se il piccolo Io dicesse: «Io non dubito della visione a cui potrei avere accesso tramite la mente superiore o il cuore; ma se quella cosa io non riesco a vederla, non potete chiedermi di rinunciare al mio sguardo. O avviene la trasmutazione, e in questo caso anch’io avrò accesso al miracolo che mi appartiene; oppure preferisco rimanere per conto mio, perché so, per esperienza vissuta, che la sofferenza che proverei nel guardare ancora e nel continuare a vedere il piano duale senza la trasmutazione che so esserci ad altri livelli, mi annienterebbe».

    Nella mitologia antica la parte istintiva che guida l’essere umano è stata spesso rappresentata da un animale: ogni volta che, nei confronti delle difficoltà più concrete che appartengono alla vita, la mente o il cuore vedono qualcosa per cui basta alzare i piedi e andare oltre, l’animale, invece, ha una curiosità legata solo a se stesso. Così inizia l’esplorazione di ciò che può essere indagato attraverso un’attenzione precisa rivolta alla parte più materiale dell’uomo.

    Ogni essere umano ha il profondo desiderio, legato all’unicità del sé, di ricongiungersi anche con questa parte, in quanto sa che alla fine del percorso, quando tutto sarà stato interrogato, il piccolo Io non potrà che arrendersi. Ed è con grande sgomento che scopre, col passare degli anni, proprio quando credeva di avere diritto a una maturità intesa come tranquillità emotiva, che la parte istintuale diventa sempre più inquieta: il piccolo Io sta facendo un suo percorso, non previsto, andando sempre più in profondità, e sembra non sbucare mai dall’altra parte per ricongiungersi finalmente con la mente e il cuore, essendo uno con essi.

    Questo percorso si rivela sempre più misterioso, in quanto è collegato al divino. Credere che la personalità sia in grado di prevedere dove sbucherà l’animale, o pensare che il percorso istintuale possa essere anticipato dalla mente o dal cuore, è un’illusione, in quanto questo mondo è veramente sconosciuto. Nei miti si apre sempre una caverna che porta l’uomo al centro della Terra e lì incontra la sua ombra.

    Finora questo luogo è stato considerato legato al regno degli inferi: è quella parte che abbiamo chiamato il volto oscuro di Dio, o della Dea, perché viene vissuta come tale dalla consapevolezza. Ma anche se l’umanità ha identificato come poco spirituale tutto ciò che appartiene alla Terra, il piccolo Io riconosce la sua appartenenza a questo regno e sa che può trarre nutrimento solo da esso. Nello stesso tempo, proprio perché è il divino più vicino alla sua realtà, è quello che fa più paura, perché l’uomo ne sente la potenza, vale a dire la sua capacità di diventare evidente plasmando la materia.

    Come per la mente il miracolo avviene quando capisce, e per il cuore quando riesce ad amare, per il piccolo Io il miracolo avviene quando riesce a percepire tramite i sensi la realtà per quella che è, andando oltre una sua illusione.

    4. Il rapporto tra il corpo emotivo femminile e lo sviluppo spirituale

    La ricchezza del corpo emotivo è ciò che contraddistingue maggiormente l’uomo rispetto a qualsiasi altra forma di esistenza presente sulla Terra. Via via che la materia da inanimata acquista vita, sviluppa una sensibilità sempre più articolata, capace di cogliere le sfumature emotive sottili e le cadute di tono impalpabili. Questa progressiva differenziazione permette alla personalità di intuire l’armonia dell’universo, che è anche l’armonia dei ragionamenti o del sentire di cuore. Nello stesso tempo aumenta la capacità di avvertire le stonature, tramite un procedimento che non ha nulla a che fare con la valutazione mentale, né può essere mitigato dalla compassione, in quanto se si sente una stecca improvvisa mentre si sta ascoltando una melodia, avviene proprio un sobbalzo. È una reazione fisica istintiva dovuta al dolore, ma anche all’irritazione: «Questa cosa non ci doveva essere, oppure se c’è io non voglio ascoltarla». Una musica così bella, che potrebbe portare un piacere infinito, viene presentata in maniera talmente distorta, per cui alla fine l’unica cosa che si può fare è spostarsi, chiudere una porta, andare via.

    In base a questa premessa possiamo capire perché vi è una stretta relazione tra lo sviluppo del corpo emotivo e la dimensione spirituale: le due cose vanno necessariamente insieme, in quanto è tramite lo sviluppo del corpo emotivo che l’essere umano diventa sempre più sensibile nel riconoscere ciò che appartiene alle vibrazioni più alte. Non è un pensare o un sentire di cuore, ma è un riconoscimento istintivo: «Io sento che questa è la situazione che mi avvicina maggiormente alla direzione in cui voglio andare».

    Parlando della donna, il suo modo di tendere al divino è legato al bisogno, proprio fisico, di sentire una profonda corrispondenza tra la sua interiorità e il mondo esteriore: «Io in questo posto sto bene, qui c’è la musica che mi piace, qui ci sono le cose che mi nutrono». Ed è importante che lei impari a sviluppare la capacità di cogliere, tramite il suo corpo emotivo, ciò che è conforme alle sue esigenze, perché – come una pianta da serra – può avere uno sviluppo rigoglioso solo rispettando determinate condizioni. Pertanto deve diventare molto selettiva, individuando con precisione quali sono le situazioni che le permettono di entrare in contatto con il suo nucleo interiore, affinché quella che sente essere la sua parte più reale entri in risonanza con l’esterno. Ogni donna, per poter andare alla ricerca della sua perla e portarla nel mondo, ha la necessità di creare un luogo che le corrisponda: questo bisogno deve essere riconosciuto come una necessità fisica, come quella di un pesce che può vivere solo in acqua; e se lo si porta in un’acqua

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1