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Emma
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E-book586 pagine9 ore

Emma

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Info su questo ebook

“Sto lavorando ad un’eroina che non piacerà a nessuno, tranne a me stessa” così Jane Austen parlava di Emma, la sua protagonista, un’eroina assolutamente anticonvenzionale per l’epoca, una ragazza bella intelligente e ricca, con una grande autostima, libertà d’azione e un’indole brillante. Emma Woodhouse è una ventunenne che non intende sposarsi, consapevole che il matrimonio sia per lei del tutto inutile (vista la situazione già così felice) e consapevole che, in virtù della sua posizione sociale, non diventerà mai una povera zitella, ma sarà sempre una donna ricca di fascino e interessi. Emma è al centro di un piccolo mondo popolato da gentiluomini di campagna e da persone semplici, che conducono vite semplici, un mondo in cui tutto e tutti sembrano ruotarle attorno. Cerca di combinare matrimoni più per noia che per interesse e continua a fraintendere, a prendere abbagli, e le ripercussioni dei suoi errori ricadono sulla povera, piccola Harriet l’amica diciasettenne nata da chissà chi e cresciuta in un istituto. Ma nel corso della narrazione il personaggio di Emma muterà profondamente prendendo coscienza degli errori commessi e della sua presunzione. Pubblicato la prima volta anonimo nel 1815, anche Emma, come Persuasione, appartiene al periodo maturo della produzione Austeniana.
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2021
ISBN9788831372299
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    Anteprima del libro

    Emma - Jane Austen (author)

    PRESENTAZIONE

    Recitar Leggendo Audiolibri è una iniziativa editoriale indipendente nata nel 2004 e curata da Claudio Carini, attore di prosa con oltre quarant’anni di esperienza nel campo della lettura ad alta voce. Da questa vasta esperienza nasce la linea editoriale della Casa Editrice, prevalentemente dedicata ai grandi classici: Ariosto, Dante, Boccaccio, Petrarca, Leopardi, Omero, oltre a quei moderni che sono ormai anch'essi dei grandi classici, come Calvino, Verga, Svevo, Pirandello.

    Con lo scopo di diffondere ulteriormente le opere immortali dei grandi classici, Recitar Leggendo ha avviato una collana di ebook le cui traduzioni sono pensate per la lettura ad alta voce. Tutti i testi della collana ebook, infatti, sono disponibili anche in audiolibro, sia in formato CDmp3 (nelle migliori librerie) che in formato download (scaricabile dai più importanti portali di audiolibri).

    Per conoscere il mondo Recitar Leggendo visita il sito: www.recitarleggendo. it Email: info@recitarleggendo.com

    Jane Austen

    (Steventon, 16 dicembre 1775 – Winchester, 18 luglio 1817)

    Nata in un villaggio nel sud dell’Inghilterra nel 1775 da una famiglia molto colta, Jane Austen ricevette dal padre, reverendo anglicano, un’ottima istruzione e, appena adolescente, cominciò a scrivere brevi racconti. Era la settima di otto fratelli e fu sempre molto legata alla famiglia. Nel 1801 la famiglia si trasferì a Bath, che Jane non amava, dove il padre morì improvvisamente. Jane, insieme alla madre e alla sorella Cassandra, fu ospitata da un fratello a Southampton poi da un altro fratello nell’Hampshire dove visse fino alla sua morte all’età di 41 anni.

    Condusse una vita molto ritirata, non viaggiò (se non nel sud dell’Inghilterra) non si sposò e non ebbe figli. Passò la sua breve vita a scrivere; scrisse sei romanzi Ragione e sentimento pubblicato nel 1811; Orgoglio e pregiudizio pubblicato nel 1813; Mansfield Park del 1814; Emma pubblicato nel 1815.

    L’abbazia di Northanger e Persuasione furono pubblicati nel 1818 dopo la sua morte e solo in questi due romanzi compare il nome della scrittrice che nei romanzi precedenti era nascosta dietro una frase del tipo by a lady.

    Emma

    Sto lavorando ad un’eroina che non piacerà a nessuno, tranne a me stessa. Così Jane Austen parlava di Emma, la sua protagonista, un’eroina assolutamente anticonvenzionale per l’epoca, una ragazza bella intelligente e ricca, con una grande autostima, libertà d’azione e un’indole brillante. Emma Woodhouse è una ventunenne che non intende sposarsi, consapevole che il matrimonio sia per lei del tutto inutile (vista la situazione già così felice) e consapevole che, in virtù della sua posizione sociale, non diventerà mai una povera zitella, ma sarà sempre una donna ricca di fascino e interessi. Emma è al centro di un piccolo mondo popolato da gentiluomini di campagna e da persone semplici, che conducono vite semplici, un mondo in cui tutto e tutti sembrano ruotarle attorno. Cerca di combinare matrimoni più per noia che per interesse e continua a fraintendere, a prendere abbagli, e le ripercussioni dei suoi errori ricadono sulla povera, piccola Harriet l’amica diciasettenne nata da chissà chi e cresciuta in un istituto. Ma nel corso della narrazione il personaggio di Emma muterà profondamente prendendo coscienza degli errori commessi e della sua presunzione . Pubblicato la prima volta anonimo nel 1815, anche Emma, come Persuasione, appartiene al periodo maturo della produzione Austeniana.

    LIBRO I

    CAPITOLO I

    Emma Woodhouse, bella, intelligente e ricca, sembrava riunire in sé quanto di meglio offre la vita: aveva una casa signorile e un’indole brillante ed era arrivata all’età di quasi ventun anni senza patire troppi dolori o dispiaceri.

    Era la più giovane delle due figlie di un padre amorevole e tollerante, e dopo il matrimonio della sorella maggiore, Isabella, si era trovata molto giovane nel ruolo di padrona di casa. Della madre conservava solo il vago ricordo delle sue carezze, perché era morta da troppo tempo e il suo posto era stato preso da una governante, una donna fantastica che aveva saputo donarle un amore quasi materno.

    Da sedici anni la signorina Taylor faceva parte della famiglia Woodhouse, ed era più un’amica che una governante; era molto legata ad entrambe le sorelle, ma a Emma in modo particolare: la loro intimità le faceva sentire quasi sorelle. Ancora prima che la signorina Taylor lasciasse l’incarico ufficiale di governante, il suo carattere mite le aveva impedito di imporre restrizioni di alcun genere e ora che ogni parvenza di autorità era ormai svanita, lei ed Emma vivevano come due amiche, legatissime l’una all’altra cosicché Emma faceva solo ciò che le pareva: conservava comunque un grande rispetto per il giudizio della signorina Taylor, ma questo non le impediva di agire principalmente a modo suo.

    Forse , l’unica ombra nella felice situazione di Emma era proprio questa: l’eccessiva libertà d’azione unita a una smisurata stima di sé, e questo minacciava di turbare il suo buon carattere, anche se per il momento un tale pericolo era talmente irrilevante che lei non poteva certo considerarlo un difetto.

    Ma un dispiacere arrivò, un dispiacere leggero e comunque non poi così sgradevole: la signorina Taylor si sposò. Fu quello il primo vero dolore di Emma: la perdita della signorina Taylor. E fu proprio il giorno delle nozze della sua adorata amica che, per la prima volta, Emma rimase seduta a lungo, afflitta da pensieri tristi. Conclusasi la cerimonia e partiti gli sposi, Emma e il padre si ritrovarono a tavola da soli, soffrendo per la mancanza di una terza persona che rallegrasse il loro lungo pomeriggio. Dopo mangiato, il padre, come al solito, si appisolò mentre lei rimase seduta a rimuginare su ciò che aveva perduto.

    Quello della sua amica aveva tutti i presupposti per essere un matrimonio felice. Il signor Weston, infatti, era un uomo dal carattere irreprensibile, di condizione agiata, età giusta e modi raffinati, e ora Emma cercava di sentirsi soddisfatta, mentre considerava tutto l’impegno che aveva amichevolmente profuso nel desiderare e favorire quell’unione; tuttavia, per lei quello era un giorno triste: avrebbe sofferto per la mancanza della signorina Taylor ogni ora di ogni giorno. Emma ripensò alla sua dolcezza, a tutte le premure di quei sedici anni, ricordava come la signorina Taylor l’avesse istruita e avesse giocato con lei dall’età di cinque anni… ricordava come si fosse prodigata per conquistare il suo affetto e per farla divertire quando stava bene e poi, come l’aveva curata e assistita nelle varie malattie infantili! Tutto questo costituiva un grande debito di riconoscenza, ma il loro rapporto era un ricordo ancora più tenero e caro, soprattutto da quando sette anni prima Isabella si era sposata, e loro due erano rimaste sole l’una per l’altra, vivendo da pari a pari e in grande confidenza.

    In lei, Emma aveva trovato un’amica ed una compagna come pochi ne possiedono; intelligente, erudita, premurosa, delicata, a conoscenza di tutte le abitudini della famiglia, attenta a tutti i loro problemi ma in special modo a Emma, ad ogni suo progetto, ogni suo piacere… una persona a cui Emma poteva confidare ogni pensiero dal suo primo sorgere, e che l’amava di un affetto quasi cieco.

    Come sopportare ora quel cambiamento? D’accordo, l’amica si sarebbe trasferita a non più di mezzo miglio di distanza, ma Emma era del tutto consapevole che tra una signora Weston a mezzo miglio da loro e una signorina Taylor in casa, correva un’enorme differenza; e malgrado tutti i privilegi che la vita e la natura le avevano concesso, adesso Emma rischiava di sentirsi intellettualmente isolata: amava profondamente il padre, ma non era certo una compagnia adatta a lei, anche perché il padre era del tutto incapace di sostenere una qualsiasi conversazione, seria o frivola che fosse.

    Il problema della grande differenza di età tra i due (e il signor Woodhouse si era sposato molto tardi) era amplificato dalla sua indole e dalle sue abitudini: di salute cagionevole e non avendo mai allenato né il corpo né lo spirito, appariva molto più vecchio nei modi che negli anni e sebbene tutti lo apprezzassero per la sua attitudine amichevole e cordiale, non si può certo dire che le sue doti mentali costituissero un’attrattiva.

    La sorella, che sposandosi si era stabilita a Londra, ad appena sedici miglia da loro, era comunque troppo distante per farle visita tutti i giorni e così avrebbero dovuto sopportare alla meglio le lunghe serate di ottobre e di novembre a Hartfield prima che il Natale portasse in visita la sorella con il marito e i figli, che avrebbero finalmente riempito la grande casa con la loro deliziosa presenza.

    Il grande e popoloso villaggio di Highbury, quasi una piccola città a cui Hartfield apparteneva, nonostante i terreni di proprietà e un nome distinto, non offriva a Emma nessuna conoscenza adeguata al suo rango. I Woodhouse erano la famiglia più prestigiosa del luogo e tutti li trattavano con grande rispetto. Emma aveva, in paese, molte conoscenze, anche perché il padre era sempre gentile con tutti, ma nessuno in quel villaggio avrebbe potuto sostituire la signorina Taylor, neanche per mezza giornata.

    Quello era un cambiamento davvero sconfortante ed Emma non poteva far altro che sospirarci sopra e desiderare l’impossibile, almeno finché il padre non si fosse svegliato perché a quel punto, Emma avrebbe dovuto mostrarsi di nuovo allegra. Il padre, infatti, aveva spesso bisogno di conforto perché era un uomo inquieto, che si deprimeva facilmente; si affezionava a tutti quelli che gli stavano vicino e odiava l’idea di separarsene, al punto da detestare ogni tipo di cambiamento, e ovviamente, in quanto fonte di cambiamento, il matrimonio era sempre sgradevole; e non si era ancora rassegnato al matrimonio della figlia maggiore - né riusciva a parlarne senza commiserarla, nonostante fosse un matrimonio felice - che ora si vedeva costretto a separarsi anche dalla signorina Taylor; e poi, con le sue abitudini di mite egoista e la sua totale incapacità di pensare che gli altri potessero avere delle esigenze diverse dalle sue, era convinto che la signorina Taylor avesse fatto un penoso errore, sia per sé che nei loro riguardi, e che sarebbe stata molto più felice se fosse rimasta a Hartfield per il resto della sua vita.

    Emma cercava di distoglierlo da quei cupi pensieri chiacchierando e sorridendo il più allegramente possibile, ma ecco che, non appena arrivato il tè, il padre si mise a ripetere esattamente quello che aveva sospirato durante il pasto:

    «Povera signorina Taylor! Quanto vorrei che fosse ancora qui e che sfortuna che il signor Weston si sia innamorato di lei!»

    «Papà, io non riesco a pensarla come voi, sapete che non posso proprio. Il signor Weston è una persona così simpatica e per bene… è così brillante e affabile che merita assolutamente una brava moglie; non vorrete mica che la signorina Taylor resti con noi per tutta la vita sopportando le mie stramberie, quando ha l’occasione di vivere in una casa tutta sua!»

    «Una casa tutta sua... e quale sarebbe il vantaggio? Questa è tre volte più grande! E poi, tu di stramberie non ne fai di sicuro, tesoro mio.»

    «Papà, andremo a trovarli quasi tutti i giorni e loro faranno lo stesso con noi, ci vedremo continuamente! Anzi, cominceremo noi facendo la nostra visita di felicitazioni!»

    «Ma mia cara, come faccio ad arrivare così lontano? Randalls è troppo distante e le mie gambe non me lo consentirebbero!»

    «Ma no, papà, nessuno vi farebbe mai camminare così tanto, ovviamente ci andremo in carrozza!»

    «In carrozza! Ma per un tragitto così breve! James non sarà contento di attaccare i cavalli; e poi, mentre noi siamo in visita, quelle povere bestie dove staranno?»

    «Staranno nella scuderia del signor Weston, papà: ieri sera abbiamo pianificato tutto. E poi anche James sarà contento di venire a Randalls visto che sua figlia lavora lì come domestica. L’unico dubbio che posso avere è se James ci accompagnerà mai da qualche altra parte! E questo è solo merito vostro, papà. Siete stato voi a far assumere Hannah, perché nessuno pensava a lei finché non avete suggerito il suo nome e James ve ne sarà grato per sempre!»

    «Già, mi sento proprio orgoglioso per quell’idea arrivata al momento giusto! Per nessun motivo avrei voluto che James si sentisse trascurato e poi sono convinto che la ragazza sarà un’ottima cameriera; è una fanciulla educata e gentile e ne ho grande rispetto. Pensa che quando mi incontra, si inchina graziosamente e mi chiede come sto, e quando la chiamasti qui a cucire, chiudeva le porte con grande premura, senza mai sbatterle. Credo proprio che diventerà un’ottima cameriera. Oltretutto sarà un grande sollievo per la povera signorina Taylor aver vicino una persona conosciuta e James, quando andrà a trovare la figlia, le porterà nostre notizie, le farà sapere come stiamo.»

    Emma fece tutto quanto era in suo potere per alimentare il buon umore del padre e si augurava che giocando a Backgammon avrebbero trascorso una piacevole serata, senza dover subire altri rimpianti che non i propri. Fu portato il tavolo da gioco, ma subito dopo ricevettero una visita che lo rese inutile.

    Il signor Knightley, un uomo posato di trentasette o trentotto anni, era non solo un caro, vecchio amico di famiglia, ma essendo il fratello maggiore del marito di Isabella aveva un legame particolare con loro. Viveva a circa un miglio di distanza da Highbury, andava a trovarli spesso ed era sempre ben voluto ma stavolta più che mai, perché era di ritorno dai comuni parenti londinesi. Era tornato dopo qualche giorno di assenza e aveva camminato fino a Hartfield per informarli che a Brunswick Square, a casa di Isabella, tutto procedeva per il meglio. Il signor Woodhouse fu contento di quell’improvvisata che per un po’ di tempo lo rianimò. I modi affabili del signor Knightley lo rallegravano sempre e tutte le sue domande sulla povera Isabella e i suoi figli ricevettero risposte più che esaurienti. Dopo lo scambio di notizie, il signor Woodhouse gli disse riconoscente: «Siete stato davvero molto gentile signor Knightley ad avventurarvi fin qui così tardi, temo che per voi sia stata una passeggiata terribile.»

    «Ma tutt’altro, signore: è una bellissima notte di luna e talmente calda che ora dovrò allontanarmi dal camino.»

    «Ma sicuramente era molto umido e fangoso, spero proprio non vi buschiate un raffreddore.»

    «Fangoso, signore? Vedete sulle mie scarpe una qualche traccia di fango? Tutto pulito!»

    «Ah, questa è davvero una cosa sorprendente perché non ha fatto che piovere. Ha piovuto a dirotto per mezz’ora mentre facevamo colazione, tanto che io speravo rimandassero le nozze.»

    Il signor Knightley disse cauto: «A questo proposito... io non mi sono ancora congratulato con voi ma, siccome immagino che tipo di gioia proviate entrambi, non mi sono affrettato a farlo... comunque, spero sia andato tutto nel migliore dei modi... come è andata? Chi ha versato più lacrime?»

    «Oh, povera signorina Taylor che tristezza!»

    Al che, il signor Knightley disse: «Direi piuttosto poveri signor e signorina Woodhouse, ma francamente non potrei dire povera signorina Taylor! Sapete che ho grande stima di voi e di Emma, ma quando si affronta l’argomento della dipendenza o dell’indipendenza… Beh, comunque sarà più semplice per lei occuparsi di una persona sola invece che due.»

    «Soprattutto quando una di queste persone è bizzarra e capricciosa!» esclamò Emma scherzando.

    «Lo so che state pensando questo e lo avreste sicuramente detto se mio padre non fosse qui presente!»

    «Eh, hai proprio ragione mia cara!» sospirò il signor Woodhouse, «qualche volta ho paura di essere proprio capriccioso e bizzarro!»

    «Ma no papà, caro! Non penserete che mi riferissi a voi o che il signor Knightley potesse alludere a voi. Neanche a pensarci! Oh no! Io parlavo di me! Sapete bene che il signor Knightley si diverte a stuzzicarmi e a prendermi in giro. Siamo abituati a dirci tutto quello che pensiamo.»

    In effetti, il signor Knightley era l’unico a trovare difetti in Emma Woodhouse e l’unico a parlargliene apertamente; e nonostante a lei non facesse affatto piacere, sapeva che il padre avrebbe gradito ancor meno; quindi, si adoperò perché lui non sospettasse che qualcuno poteva giudicarla imperfetta.

    «Emma sa bene che non sono abituato a lusingarla» disse il signor Knightley, «ma non era mia intenzione criticare nessuno. Dicevo solo che la signorina Taylor prima era abituata a servire due persone, mentre ora ne avrà una soltanto, e questo dovrebbe agevolarla.»

    Emma, ansiosa di cambiare argomento, disse: «Dunque signor Knightley se volete particolari della cerimonia, sarò felice di darveli perché ci siamo comportati tutti molto bene: nessun ritardatario e tutti molto eleganti. Non una lacrima e neanche un viso triste, del resto, perché avremmo dovuto? Eravamo tutti consapevoli che tra noi ci sarebbe stato appena mezzo miglio di distanza e che avremmo potuto incontrarci ogni giorno.»

    «La cara Emma riesce a sopportare tutto così bene! Ma vi assicuro, signor Knightley, che soffre molto per la perdita della povera signorina Taylor e ne sentirà molto la mancanza.»

    A quel punto Emma si voltò per non mostrare il viso: non sapeva se ridere o se piangere.

    «Ma certo, è naturale che Emma soffra per la mancanza di una tale compagnia» disse il signor Knightley «Non le saremmo tanto affezionati se non fosse così; ma capisce anche quanto sia vantaggioso un matrimonio per la signorina Taylor; e quanto sia gradevole, alla sua età vivere in casa propria, per non parlare poi della prospettiva di una vita agiata; dovrebbe quindi sentirsi più contenta che triste! Chiunque sia affezionato alla signorina Taylor dovrebbe rallegrarsi per il suo felice matrimonio.»

    «Caro signor Knightley, state dimenticando quello che per me è un motivo di gioia, e per nulla secondario» disse Emma , «il fatto di aver combinato io questo matrimonio! Sapete, ho avuto l’idea ben quattro anni fa; e la sola cosa che in questo momento mi consola è che finalmente si sia realizzato, mostrandomi che l’avevo vista giusta quando tutti dicevano che il signor Weston non si sarebbe più risposato!»

    Il signor Knightley la guardava sconsolato scuotendo la testa e il padre le disse con affetto: «Oh, mia cara, quanto vorrei che tu non combinassi più matrimoni e non prevedessi più il futuro, perché tutto quello che dici, prima o poi si avvera. Ti prego, non combinar più matrimoni!»

    «Oh, papà, quello che posso promettervi è di non combinare il mio di matrimonio, ma gli altri… non riesco proprio ad evitarlo! È il miglior divertimento che io conosca e poi, dopo questo trionfo! Nessuno credeva che il signor Weston si sarebbe più risposato, figuriamoci! Vedovo da così tanti anni, sembrava perfettamente a suo agio senza moglie, alle prese coi suoi affari in città e con gli amici qui; ben voluto ovunque si presentasse e sempre allegro; il signor Weston, era in buona compagnia ogni sera dell’anno. Certo che no! Non si sarebbe mai risposato. Addirittura, c’era chi parlava di una promessa da lui fatta alla moglie sul letto di morte e anche chi diceva che il figlio e lo zio lo avrebbero ostacolato. Io non ho mai dato ascolto a tutte queste sciocchezze. E vi dirò di più! L’idea mi venne nel momento in cui, quattro anni or sono, io e la signorina Taylor incontrammo il signor Weston in Broadway Lane. Stava piovigginando e lui si prodigò con estrema galanteria a cercare per noi due ombrelli, chiedendoli in prestito a Mitchell, il fattore. In quel preciso istante progettai il matrimonio; e visto il successo che ho avuto, caro papà, non potete chiedermi di smetterla!»

    Il signor Knightley disse: «Io proprio non capisco perché parliate di successo. Il successo presuppone uno sforzo, un lavoro. E ammettendo anche che negli ultimi quattro anni vi siate dedicata anima e corpo a quest’idea spendendo così premurosamente il vostro tempo - degna occupazione per la mente di una fanciulla – credo però che combinare un matrimonio, altro non sia che immaginarlo, dicendosi: Uh, che bella idea se il signor Weston e la signorina Taylor si sposassero! e poi seguire ogni tanto col pensiero questa fantasia; se così fosse, perché mai parlate di successo? Quale sarebbe il vostro merito? Di che cosa andate così fiera? Avete indovinato, ecco tutto!»

    «Forse voi, signor Knightley, non avete mai provato il senso di trionfo e di esaltazione che si provano per averci indovinato? Allora vi commisero… vi credevo più arguto… in grado di capire che un’idea azzeccata non è solo frutto della fortuna: un briciolo di talento c’è sempre! E poi credo di avere qualche diritto ad usare quella povera parola successo sulla quale voi avete tanto da ridire. Sì, certo, avete descritto due graziosi profili, ma io credo che ce ne sia un terzo, una dignitosa via di mezzo tra chi non muove un dito e chi invece organizza tutto. Se io, infatti, non avessi caldeggiato le visite del signor Weston, se non avessi dato alcuni piccoli incoraggiamenti né risolto alcuni piccoli contrattempi, probabilmente la cosa si sarebbe conclusa con un nulla di fatto e credo che conosciate abbastanza bene Hartfield da convenirne con me.»

    Al che, il signor Knightley ribatté: «Un uomo spontaneo e risoluto come Weston e una donna ragionevole e senza pose come la signorina Taylor possono egregiamente risolvere da soli le loro questioni. Anzi, è probabile che la vostra intromissione abbia provocato più guai a voi che del bene a loro.»

    A questo punto intervenne il signor Woodhouse il quale, però, aveva capito solo metà del discorso: «Oh! Emma, se può agire per il bene degli altri, non pensa certo al suo tornaconto! Ma ti prego, mia cara, smetti di combinare matrimoni: sono cose stupide che provocano sempre dolorose fratture in famiglia.»

    «Oh, vi prego papà solo un altro, un altro solo per il signor Elton, il povero signor Elton! So che il reverendo vi piace, papà e voglio assolutamente trovargli una moglie. Qui a Highbury purtroppo non vedo nessuna degna di lui ma si è trasferito qui da solo un anno e ha una casa così accogliente che sarebbe un vero peccato rimanesse ancora scapolo; oggi, mentre univa le mani degli sposi, ho letto nei suoi occhi il desiderio che la stessa cerimonia fosse celebrata per lui. Lo stimo molto papà, e non vedo in quale altro modo potrei aiutarlo!»

    «Beh, capisco, mia cara, il signor Elton è davvero un bravo giovanotto e lo stimo anch’io, ma se vuoi far qualcosa per lui, invitalo qualche volta a pranzo. È una bella idea, no? E spero che anche il signor Knightley vorrà unirsi a questa simpatica tavola!»

    «Molto volentieri, signore, quando vorrete!» disse ridendo il signor Knightley, «e sono d’accordo con voi che questa sia un’idea migliore. Invitatelo pure quando volete Emma e servitegli le migliori porzioni di pesce e di pollo, ma lasciate che la moglie se la trovi da solo. Credetemi, Emma: un uomo di ventisette o ventotto anni è perfettamente in grado di cavarsela da solo!»

    CAPITOLO II

    Il signor Weston proveniva da una rispettabile famiglia di Highbury che, nel corso di due o tre generazioni, aveva acquisito terreni e titolo nobiliare. Ancor giovane e ben istruito, avendo ricevuto una piccola rendita, pensò di non seguire le umili carriere dei fratelli, ma di soddisfare la sua mente vivace e la sua natura socievole entrando nella guardia nazionale creata proprio in quegli anni nella contea.

    Il capitano Weston era conosciuto e apprezzato da tutti, e quando, durante la sua carriera militare, incontrò la signorina Churchill, di una famiglia prestigiosa dello Yorkshire e lei si innamorò di lui, nessuno ne fu meravigliato, ad accezione del fratello di lei e della consorte che, superbi ed altezzosi, non conoscendo il signor Weston, si sentivano sminuiti e oltraggiati da quell’unione.

    Comunque, la signorina Churchill essendo maggiorenne e disponendo di una certa fortuna (comunque niente a che vedere col patrimonio di famiglia!) non volle in alcun modo rinunciare alle nozze, celebrate con infinita mortificazione dei Churchill che, con i dovuti modi, poi la ripudiarono.

    Purtroppo, la coppia non era ben assortita e quella non fu un’unione felice; forse la signora Weston avrebbe dovuto gradirla di più considerando che il marito con entusiasmo, dolcezza e generosità le mostrava la sua gratitudine per essersi innamorata di lui; ma nonostante lei avesse un carattere forte non si può dire che fosse dei migliori. Era stata caparbia a non lasciarsi persuadere dal fratello ma non riusciva a liberarsi dalla sua irragionevole rabbia e soffriva molto per la mancanza dei privilegi della famiglia d’origine. Anche se vivevano al di sopra delle loro possibilità, quello era nulla rispetto a Enscombe; non che questo le impedisse di amare il marito, ma avrebbe desiderato essere nello stesso tempo la moglie del signor Weston e la signorina Churchill di Enscombe.

    Nonostante i Churchill lo considerassero fortunato per il matrimonio fatto, in realtà, chi ci rimise di più fu proprio il signor Weston che, tre anni dopo, con la morte della moglie si ritrovò più povero di prima e con un figlio da crescere. Fortunatamente fu sollevato presto dalle spese di mantenimento per il figlio dato che la nascita di quel bambino contribuì ad una sorta di riconciliazione dopo la lunga malattia della madre. Poiché il fratello di lei e la moglie non avevano figli né altri parenti prossimi di cui occuparsi, si offrirono di pagare tutte le spese per il piccolo Frank, dopo la perdita della madre. Si può immaginare che, di fronte a quell’offerta il padre-vedovo avesse qualche scrupolo e qualche riluttanza ad accettare, ma probabilmente intervennero altre considerazioni e il piccolo Frank fu affidato alle cure e al patrimonio dei Churchill mentre a Weston non rimase che pensare alla propria vita e a migliorare la sua situazione.

    A quel punto il signor Weston doveva assolutamente cambiare vita. Infatti, abbandonò la milizia per dedicarsi al commercio e visto che le attività dei fratelli a Londra erano ben avviate, lo aiutarono molto nelle fasi iniziali della sua impresa. Era l’impegno perfetto, che lo teneva occupato quanto lui desiderava e nel tempo libero si recava a Highbury, dove possedeva ancora una piccola casa; e così, tra i suoi affari e la vita di società, trascorse lietamente diciotto o vent’anni. Ormai, aveva accumulato un certo patrimonio e decise di comprare una piccola tenuta che aveva sempre desiderato acquistare nei pressi di Highbury; questo gli avrebbe consentito di sposare una donna senza dote come la signorina Taylor e, nello stesso tempo, di vivere comodamente seguendo la sua indole socievole e cordiale.

    In realtà, era da parecchio tempo che la signorina Taylor era entrata nei suoi progetti di vita, ma visto che non si trattava dell’influsso tirannico della giovinezza, aveva atteso pazientemente di sistemarsi e di acquistare la tenuta di Randalls; così, con caparbietà e tenacia era riuscito a realizzare il suo obiettivo. Si era arricchito, aveva acquistato la tenuta e trovato moglie, dando così una grande svolta alla sua vita che sarebbe stata ora più felice che in qualsiasi altro periodo del passato. Non si poteva certo dire che fosse un uomo infelice; grazie al suo buon carattere, aveva superato bene anche il primo matrimonio ma questa volta avrebbe finalmente goduto della vicinanza di una donna ragionevole e adorabile che gli avrebbe dimostrato quanto sia preferibile scegliere che essere scelti e ispirare gratitudine piuttosto che provarla.

    Adesso era completamente libero nella sua scelta; era l’unico proprietario delle sue fortune anche perché suo figlio, il piccolo Frank, se da bambino era diventato tacitamente erede dello zio, una volta raggiunta la maggiore età e ufficialmente adottato dagli zii, aveva preso anche il nome dei Churchill. A quel punto era davvero improbabile che avrebbe mai chiesto l’aiuto paterno. E fin lì, il signor Weston non aveva dubbi né preoccupazioni. La zia Churchill era una donna capricciosa che comandava il marito a bacchetta; ma lungi dal signor Weston credere che quei capricci avrebbero mai toccato anche il suo amato figliolo che lui incontrava ogni anno a Londra e di cui andava tanto fiero. Le affettuose descrizioni di un figliolo meraviglioso, che il padre riportava a Highbury, fecero sì che anche nel villaggio tutti ne andassero fieri: Frank era considerato come appartenente alla comunità di Highbury e quindi i suoi pregi e la sua vita diventarono argomento di comune interesse. Il signor Frank Churchill era uno dei fiori all’occhiello di Highbury ed erano tutti molto curiosi di incontrarlo, curiosità per nulla ricambiata da Frank che non si era mai fatto vedere da quelle parti. Si era parlato spesso di una sua probabile visita al padre che però non era mai avvenuta.

    Ora, col matrimonio del padre, quale migliore occasione per una rispettosa visita del figlio? Tutti, in paese, davano per scontato che fosse la circostanza più appropriata e conveniente, sia quando la signora Perry sorseggiava il tè presso la signora e la signorina Bates, sia quando queste ultime ricambiavano la loro visita. Era decisamente arrivato il momento perché il signor Frank Churchill facesse la sua comparsa e la speranza si accrebbe quando si venne a sapere della lettera che lui aveva scritto, per l’occasione, alla sua nuova madre. Per qualche tempo, in ogni visita mattutina a Highbury, non mancava un accenno alla bella lettera ricevuta dalla futura signora Weston: «Immagino siate a conoscenza della bella lettera che Frank Churchill ha mandato alla signora Weston. Già! Proprio una bella lettera, me l’ha detto il signor Woodhouse che l’ha vista; sostiene che in vita sua non ne mai letta una più bella.»

    E in effetti, era davvero una bellissima lettera. Naturalmente la signora Weston si era fatta un’idea molto lusinghiera del ragazzo; una simile premura nei suoi confronti era prova che fosse un giovane di buonsenso ed era una gradita aggiunta a tutte quelle attenzioni e felicitazioni che le erano arrivate con il matrimonio. Si sentiva molto fortunata ed era abbastanza matura da capire di esserlo davvero, visto che l’unico dispiacere in quella circostanza era la parziale separazione da amici il cui affetto non era mai mancato e che non volevano separarsi da lei!

    Sapeva che, ogni tanto, avrebbero sofferto per la sua mancanza; e non poteva non dispiacersi pensando a Emma e al fatto che avrebbe sopportato qualche ora di noia senza la sua compagnia; ma Emma non aveva un carattere remissivo e sarebbe stata all’altezza della situazione, più di tante altre ragazze; era equilibrata, dinamica e volitiva e queste sue doti l’avrebbero sicuramente sostenuta e aiutata nel superare felicemente tutte le piccole difficoltà e le rinunce che quella situazione comportava. E poi era un sollievo pensare che Randalls e Hartfield fossero così vicine (una piacevole passeggiata anche per una donna sola) e che il carattere gioviale del signor Weston avrebbe gradito trascorrere insieme alcune sere la settimana. Insomma, queste riflessioni erano per lei, motivo di profonda gratitudine e il suo compiacimento – forse qualcosa di più che un semplice compiacimento – e la sua gioia erano così evidenti che Emma, per quanto conoscesse a fondo il padre, a volte si sorprendeva che lui ancora compiangesse la povera signorina Taylor quando, dopo una visita, la lasciavano a Randalls, in mezzo a tutte le sue comodità o quando, la sera, la vedevano partire in carrozza in compagnia del suo amabile marito. Infatti, il suo allontanamento era ancora e sempre accompagnato da un sospiro del signor Woodhouse che aggiungeva: «Ah! Povera signorina Taylor quanto vorrebbe rimanere!»

    Ovviamente non c’era nessuna possibilità che lei tornasse e neanche che lui smettesse di compiangerla ma, per fortuna, bastarono poche settimane al signor Woodhouse per riprendersi dal dispiacere. Si erano infatti esaurite tutte le congratulazioni dei vicini, esaurite tutte le felicitazioni per un evento così nefasto per lui e la grande torta nuziale, fonte di grande tormento, era stata finalmente mangiata. Il suo stomaco non tollerava cibi troppo succulenti o raffinati e lui mai avrebbe creduto che per gli altri non fosse la stessa cosa. Quello che era dannoso per lui doveva per forza essere dannoso per tutti e quindi aveva cercato in tutti i modi di convincerli a non preparare la torta nuziale e visto che i suoi sforzi furono vani, allora aveva cercato di convincere gli ospiti ad allontanarsi dalla torta. Aveva consultato, per questo, anche il signor Perry, il farmacista di Highbury. Il signor Perry era persona intelligente ed elegante le cui visite frequenti erano una vera e propria consolazione per il signor Woodhouse. Interpellato sulla pericolosità della torta, il farmacista non poté evitare di dire (sembra a malincuore) che effettivamente per molti poteva essere indigesta e che quindi avrebbero dovuto mangiarla con moderazione. Con un’opinione così autorevole a confermare la propria, il signor Woodhouse cercò di dissuadere gli invitati dal mangiare la torta ma nonostante tutti i suoi sforzi la torta continuava a essere mangiata, e non ci fu requie per i suoi fragili nervi finché non sparì del tutto. Correva voce a Highbury che i figli del farmacista erano stati visti con una grossa fetta di torta in mano ma, a una tale diceria, il signor Woodhouse non volle mai credere.

    CAPITOLO III

    Il signor Woodhouse, a modo suo, aveva una natura socievole. Era felicissimo quando gli amici lo andavano a trovare e, vuoi per la lunga permanenza a Hartfield, o per il suo carattere espansivo, vuoi per il patrimonio, la casa e la figliola, disponeva a suo piacimento delle visite di una selezionata cerchia di amici. Al di là di quel ristretto gruppo non aveva molti altri rapporti con le famiglie del luogo; aveva il terrore di far tardi la sera o di ritrovarsi a tavola con troppi commensali e questo gli impediva di allargare il suo cerchio di conoscenze. Ma era fortunato perché a Highbury, inclusa Randalls che faceva parte della stessa parrocchia, ma anche a Donwell Abbey, della parrocchia vicina dove viveva il signor Knightley, c’erano molte persone disposte a fargli compagnia proprio come piaceva a lui. Capitava a volte che, su consiglio di Emma, egli invitasse a pranzo gli amici più intimi ma i ricevimenti che lui preferiva erano quelli serali: a meno che non sopravvenisse un senso di disagio nell’immaginarsi in compagnia, era difficile che Emma non riuscisse ad organizzargli una partita a carte praticamente ogni sera.

    Un’amicizia di lunga data conduceva a Hartfield i signori Weston e il signor Knightley; quanto al signor Elton, il giovane reverendo che viveva suo malgrado da solo, per evitare la grigia solitudine delle sue vuote serate, non correva certo il rischio di perdersi un invito nell’accogliente ed elegante salotto dei Woodhouse con i sorrisi dell’incantevole figliola.

    Oltre a questi, c’era un secondo gruppo di invitati nel quale, tra i più disponibili, c’erano la signorina e la signora Bates e la signora Goddard; queste signore consideravano l’invito a Hartfield quasi un ordine e venivano accompagnate e ricondotte in carrozza talmente spesso che il signor Woodhouse non pensava fosse un fastidio per James o per i cavalli mentre sarebbe stato assai più fastidioso incontrarle solo una volta all’anno!

    La signora Bates, vedova dell’ex vicario di Highbury, era molto anziana e non aveva altri interessi che il tè e il gioco del quadriglio. Di umili condizioni, viveva con la figlia nubile ed era considerata con molto riguardo e con tutto il rispetto che un’innocua ed anziana signora in quelle condizioni poteva ispirare. La figlia godeva di un’insolita popolarità nonostante fosse una donna non più giovane, né attraente, né facoltosa né tantomeno sposata. In realtà era davvero improbabile che la signorina Bates potesse attrarre delle simpatie: non aveva la benché minima dote intellettuale a compensare le sue carenze o a intimidire e obbligare al rispetto, sia pure di facciata, chi non la sopportava. Non aveva mai ostentato né bellezza né intelligenza. La sua giovinezza era trascorsa opaca ed ora dedicava la sua mezza età ad assistere l’anziana madre e cercando di sopravvivere con una misera rendita. E nonostante tutto, era una donna felice, di cui tutti parlavano con simpatia. E questo miracolo era forse dovuto al suo animo allegro e alla sua bontà perché voleva bene a tutti e si interessava alla felicità degli altri riconoscendo le qualità di ognuno; si considerava fortunata nell’avere una madre esemplare, tanti buoni amici e una casa fornita di tutto. La sua semplicità, l’allegria, il suo spirito colmo di gratitudine e appagamento la facevano ben volere da tutti ed erano un tesoro di felicità per lei. Era una grande chiacchierona e raccontava un’infinità di piccole cose e di innocui pettegolezzi ed era dunque una compagnia perfetta per il signor Woodhouse.

    La signora Goddard gestiva una scuola – non un istituto o un collegio femminile di quelli che con descrizioni tanto raffinate quanto astruse dichiarano di fornire un’educazione liberale combinata ad una elegante moralità e a nuove teorie educative e dove pagando rette salatissime le signorine perdono salute e guadagnano vanità – ma un vero e proprio convitto, un onesto convitto all’antica dove una sufficiente quantità di istruzione era venduta ad un prezzo ragionevole e dove si potevano spedire le ragazze, togliendosele di torno, senza il timore che tornassero a casa trasformate in prodigi. Il convitto della signora Goddard godeva di ottima reputazione e a ben vedere, perché oltretutto l’aria di Highbury era considerata molto salubre; la signora Goddard aveva una casa molto grande ed un bellissimo giardino, nutriva le allieve con cibi sani e abbondanti, e le lasciava libere di scorrazzare ovunque nella bella stagione e in inverno ne curava lei stessa i geloni. Non c’era dunque da stupirsi se un corteo di quaranta fanciulle in fila per due, la seguiva dappertutto e anche in chiesa. Era una donna tranquilla, materna, che da ragazza aveva lavorato sodo e ora si concedeva ogni tanto lo svago di una visita per il tè; e avendo un debito di riconoscenza in passato per la generosità del signor Woodhouse, ora lui vantava un diritto speciale nel chiederle di lasciare il suo bel salottino decorato a punto e croce per andare a giocarsi qualche monetina vicino al suo focolare.

    Erano queste le signore che Emma riusciva spesso ad invitare; ed era felice di farlo per amore del padre, anche se questo non poteva certo farle dimenticare la mancanza della signora Weston. Lei era comunque felice di vedere il padre a proprio agio e di riuscire ad organizzare tutto in maniera così impeccabile ma le chiacchiere di quelle tre allegre signore le faceva ricordare che quelle erano le interminabili serate che lei aveva sempre temuto.

    Un mattino, mentre se ne stava seduta con la triste prospettiva di finire in tal modo la giornata, fu recapitato un biglietto della signora Goddard in cui le chiedeva, in maniera molto rispettosa, il permesso di portare con sé quella sera la signorina Smith; richiesta accolta con gioia perché la signorina Smith era una fanciulla di diciassette anni che Emma conosceva bene di vista e che aveva attirato la sua attenzione per via della sua bellezza. Rispose dunque con un invito molto cortese e l’idea della lunga serata non spaventò più la bella padrona di casa.

    Harriet Smith era figlia di genitori ignoti. Parecchi anni prima, qualcuno l’aveva messa nel convitto della signora Goddard e poi, sempre qualcuno, l’aveva promossa da studente ad ospite della signora Goddard come pensionante. Della sua storia non si sapeva altro. Non sembrava avere altre conoscenze oltre quelle di Highbury ed era appena rientrata da un lungo soggiorno in campagna presso alcune signorine sue compagne di scuola.

    Era una gran bella ragazza, una bellezza che colpiva particolarmente Emma. Non troppo alta e paffutella, aveva la carnagione molto chiara e le guance rosee, gli occhi azzurri e i capelli biondi, i lineamenti regolari e un’espressione molto dolce; Emma fu subito conquistata dal suo aspetto e dai suoi modi e ancor prima che la serata finisse, aveva già deciso di volerla frequentare.

    Nulla di particolarmente interessante l’aveva colpita nei discorsi della signorina Smith ma, nell’insieme la trovava molto attraente: non esageratamente timida né troppo taciturna, mai invadente né sfrontata, mostrava la giusta deferenza al luogo oltre ad esprimere la sua gratitudine per l’invito ricevuto ed era evidente la sua ammirazione per l’ambiente di Hartfield, di uno stile così superiore al suo; tutto questo dava l’idea di una ragazza molto giudiziosa che meritava di essere incoraggiata. Non avrebbe dovuto sprecare quei dolci occhi azzurri e quelle grazie naturali nell’ambiente piccolo borghese di Highbury. Le amicizie fatte prima d’allora erano indegne di lei e anche gli amici da cui si era da poco separata, per quanto fossero delle bravissime persone, avrebbero finito col nuocerle. Si trattava della famiglia Martin ed Emma ne conosceva la reputazione essendo fittavoli di una grande fattoria del signor Knightley nella parrocchia di Donwell; sapeva che il signor Knightley li rispettava molto, ma sicuramente erano persone grossolane e volgari, e del tutto inadatte a frequentare una ragazza alla quale bastava un po’ più di istruzione ed eleganza per diventare perfetta. Emma se ne sarebbe presa cura, l’avrebbe migliorata l’avrebbe allontanata dalle cattive amicizie introducendola nella buona società; avrebbe forgiato le sue opinioni e le sue maniere: un lavoro encomiabile e molto stimolante, perfetto per la sua posizione sociale, il suo tempo libero e le sue capacità. Emma era così assorta nella contemplazione di quei dolci occhi azzurri e così occupata a conversare e a fare progetti nella sua mente che la serata volò via in un lampo e la tavola per la cena, degna conclusione di tutti i loro incontri, e che di solito lei aspettava con impazienza, fu apparecchiata prima che lei se ne accorgesse. Con una sollecitudine che andava ben oltre il normale impulso di chi, come lei voleva far le cose nel migliore dei modi compiacendosi di sé e delle proprie idee, Emma fece tutti gli onori di casa, servì e raccomandò il pollo tritato e le ostriche impanate con una solerzia che gli invitati, abituati a non far tardi la sera e attenti all’etichetta, avrebbero sicuramente apprezzato.

    In tali circostanze, il povero signor Woodhouse si trovava in balia di un penoso conflitto. Se da una parte, era felice di vedere la tavola apparecchiata con tanto di tovaglia, proprio come si faceva un tempo, dall’altra, essendo convinto che cenare fosse un’abitudine assolutamente nociva, la tavola imbandita lo affliggeva terribilmente; e mentre il suo carattere ospitale avrebbe offerto di tutto ai suoi ospiti, la sua apprensione per la loro salute gli rendeva penoso vederli mangiare. Tutto quello che, in coscienza si sentiva di consigliare era un’acquosa scodella di pappa d’avena, e mentre le signore facevano piazza pulita dei piatti migliori, si sforzava di dire: «Signora Bates, vi suggerirei di azzardare con una di queste uova. Un uovo appena bollito non è così dannoso. Nessuno riesce a bollire le uova meglio di Serle e non le consiglierei mai un uovo bollito da qualcun altro… non abbiate timore… sono piccole, vedete? Le nostre piccole uova non vi faranno male. Signorina Bates lasciatevi servire da Emma una fettina di torta… una fettina piccola piccola…è una torta di mele, qui da noi non troverete mai delle conserve indigeste. Non vi consiglio invece la crema. Signora Goddard gradireste mezzo bicchiere di vino? Mezzo bicchiere mescolato in un bicchierone d’acqua…non credo che potrebbe farvi male!»

    Mentre il padre parlava, Emma serviva gli ospiti in maniera molto più consistente e quella sera provava un gusto particolare ad accontentarli. La gioia della signorina Smith era proprio quello che si era ripromessa.

    La signorina Woodhouse era una persona talmente in vista a Highbury che l’idea di esserle presentata aveva suscitato nella giovane Harriet tante preoccupazioni quanto piacere, ma l’umile e riconoscente fanciulla rincasò al colmo della gioia conquistata dalla gentilezza con cui la signorina Woodhouse l’aveva accolta e poi… salutandola, le aveva persino stretto la mano!

    CAPITOLO IV

    Harriet Smith diventò ben presto una presenza familiare a Hartfield. Emma, col suo carattere risoluto e tempestivo, non tardò ad invitarla e ad incoraggiarla a tornare spesso, e più cresceva la loro intimità, più aumentava la reciproca soddisfazione. Emma aveva immaginato che Harriet sarebbe stata una perfetta compagna di passeggiate perché da questo punto di vista, la perdita della signora Weston si era fatta davvero sentire. Le passeggiate con il padre purtroppo non superavano mai il vivaio, dove due viottoli erano sufficienti per camminate lunghe o brevi a seconda della stagione; e così, dal matrimonio della signora Weston, Emma aveva fatto pochissimo movimento. Una volta aveva passeggiato fino a Randalls ma non si era divertita; quindi, una persona come Harriet Smith, da chiamare in qualunque momento per una passeggiata, sarebbe stata utilissima. E comunque, più frequentava Harriet e più la stimava e le sue benevole intenzioni nei confronti della ragazza venivano confermate.

    Sicuramente Harriet non brillava per doti intellettuali, ma era comunque dolce, buona e riconoscente; non aveva un briciolo di presunzione e voleva solo essere guidata e consigliata da chiunque lei ritenesse più prestigiosa. Era delizioso vedere con quanta facilità si fosse affezionata a Emma e sebbene non ci si potesse aspettare da lei nessun ragionamento profondo, dimostrava, nell’interessarsi alla buona compagnia e per la capacità di apprezzare ingegno ed eleganza, che non le mancava il buongusto. Quindi Emma si convinse che Harriet Smith era proprio la compagnia di cui aveva bisogno nella sua routine domestica. Del resto, trovare un’amica come la signora Weston era decisamente impossibile, impossibile trovare un’altra come lei e poi, neanche l’avrebbe voluto. Si trattava di tutt’altra cosa, un sentimento del tutto nuovo. Quello che la legava alla signora Weston era costruito sulla stima e la gratitudine mentre avrebbe amato Harriet perché avrebbe potuto aiutarla. In fondo Emma non avrebbe potuto fare niente per aiutare la signora Weston mentre per Harriet Emma avrebbe significato tutto.

    Per cominciare, si dedicò alla ricerca dei suoi genitori perché Harriet non sapeva proprio chi fossero e ogni domanda sull’argomento cadeva nel vuoto. Emma poteva solo immaginare ma non riusciva a credere che se si fosse trovata lei in una situazione del genere, non avrebbe trovato la verità. Purtroppo, Harriet non era molto arguta e si era sempre accontentata di quello che le aveva raccontato la signora Goddard, senza investigare oltre.

    Gli argomenti di Harriet, com’era prevedibile, erano sempre la signora Goddard, le insegnanti, le allieve e tutto ciò che riguardava la scuola e non avrebbe parlato d’altro se non avesse conosciuto anche la famiglia Martin, della fattoria di Abbey Mill. In realtà, i Martin occupavano spesso i suoi pensieri perché aveva trascorso con loro ben due mesi; parlava quindi con molto piacere di quel soggiorno descrivendo tutte le comodità e le bellezze del luogo. Emma si divertiva ad ascoltare la descrizione di un ambiente tanto diverso dal suo

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