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Persuasione
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E-book283 pagine3 ore

Persuasione

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Considerato un romanzo “atipico” nella produzione letteraria di Jane Austen (Inghilterra, 1775/1817), Persuasione è il romanzo della maturità di Jane, dove i toni spumeggianti ed ironici che la caratterizzano lasciano il posto ad una narrazione dai toni più malinconici e introspettivi. Unica concessione all’ironia austeniana, il personaggio del padre della protagonista, un baronetto sciocco e vanesio il cui unico scopo nella vita è quello di apparire sempre giovane e bello.
Persuasione è il racconto di un amore osteggiato e poi ritrovato tra le ansie e le emozioni della protagonista, Anne, la secondogenita del baronetto. È il ritratto della nobiltà di campagna nell’Inghilterra dei primi dell’800, nel periodo definito “Regency”, periodo di passaggio tra l’epoca Georgiana e quella Vittoriana, tra battute di caccia, splendide descrizioni della campagna e dei villaggi inglesi, ma anche dei salotti della nobiltà. Ed è qui che si consuma la persuasione ai danni della giovane protagonista, forse troppo arrendevole alle regole del rango di appartenenza: Anne si lascia persuadere a troncare il fidanzamento col grande amore della sua vita, amore che, dopo otto anni di rimpianti, si riaffaccerà a reclamare quanto gli è stato sottratto.
Pubblicato postumo nel 1818, Persuasione riporta in copertina l’identità della scrittrice, che nei romanzi precedenti è sempre rimasta nascosta dietro una frase del tipo “by a lady”.
 Virginia Woolf dirà di lei: “Jane Austen è padrona di emozioni ben più profonde di quanto appaia in superficie: ci guida a immaginare quello che non dice. In lei vi sono tutte le qualità perenni della letteratura.” (The Common Reader, Hogarth Press, Londra 1925)”.
LinguaItaliano
Data di uscita14 nov 2020
ISBN9788831372183
Autore

Jane Austen

Jane Austen nació en 1775 en Steventon (Hampshire), séptima de los ocho hijos del rector de la parroquia. Educada principalmente por su padre, empezó a escribir de muy joven, para recreo de la familia, y a los veintitrés años envió a los editores el manuscrito de La abadía de Northanger, que fue rechazado. Trece años después, en 1811, conseguiría publicar Juicio y sentimiento, a la que pronto seguirían Orgullo y prejuicio (1813), Mansfield Park (1814) y Emma (1816), que obtuvieron un gran éxito. Después de su muerte, acaecida prematuramente en 1817, y que le impidió concluir su novela SanditonLa abadía de Northanger, Persuasión (1818). Satírica, antirromántica, profunda y tan primorosa como mordaz, la obra de Jane Austen nace toda ella de una inquieta observación de la vida doméstica y de una estética necesidad de orden moral. «La Sabidu-ría –escribió una vez- es mejor que el Ingenio, y a la larga tendrá sin duda la risa de su parte.»

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    Anteprima del libro

    Persuasione - Jane Austen

    1925)".

    CAPITOLO I

    Unico svago di Sir Walter Elliot di Kellinch Hall nel Somersetshire, era quello di leggere sempre e solo lo stesso libro: l’Albo dei Baronetti. Si divertiva così nei suoi momenti d’ozio e quando invece si sentiva afflitto trovava consolazione rifugiandosi tra quelle patenti di nobiltà; il suo spirito si riaccendeva di ammirazione e di rispetto per le antiche e nobili dinastie; quella lettura aveva il potere di trasformare ogni pena quotidiana in un sentimento di compassione oppure di disprezzo quando scorreva la lunghissima lista dei nuovi titoli nobiliari, designati nel secolo precedente; e, sempre su questo libro, laddove ogni altra pagina fosse inefficace, rileggeva la sua storia con un entusiasmo sempre rinnovato. Apriva il suo libro preferito proprio su questa pagina:

    ELLIOT DI KELLYNCH HALL

    Walter Elliot, nato il 1° marzo del 1760; ha sposato in data 15 luglio 1784 Elizabeth, figlia di James Stevenson, Nobiluomo di South Park, nella contea di Gloucester, dalla quale signora (morta nel 1800) ha avuto le figlie: Elizabeth, nata il 1° giugno 1785; Anne, nata il 9 agosto 1787; un figlio nato morto il 5 novembre 1789 e Mary, nata il 20 novembre 1791.

    Iniziava così il paragrafo originale uscito dalle mani del tipografo, ma Sir Walter, per informazione sua e della famiglia, lo aveva ritoccato di suo pugno, aggiungendo, dopo la data di nascita di Mary, queste parole:

    Mary ha sposato, il 16 dicembre 1810, Charles, figlio ed erede di Charles Musgrove, Nobiluomo di Uppercross, contea di Somerset nonché aveva inserito, con grande meticolosità, giorno e mese in cui aveva perso la moglie.

    Il paragrafo proseguiva poi, come di consueto, con la storia e l’ascesa della rispettabile casata degli Elliot: insediata inizialmente nel Cheshire; poi menzionata nell’Annuario della nobiltà del Dugdale, quindi insignita dell’alta rappresentanza della Corona ed esponente del distretto elettorale per tre successive legislature; seguiva l’elenco dei meriti per la lealtà dimostrata durante il regno di Carlo II con il conseguimento del titolo di Baronetto nonché il lungo elenco di matrimoni con le varie Mary ed Elizabeth, elenco che riempiva due pagine in dodicesimo e terminavano con lo stemma e la dicitura:

    Residenza ancestrale: Kellinch Hall, contea di Somerset e terminava con la postilla:

    Presunto erede, William Walter Elliot, Nobiluomo, bisnipote del secondo Sir Walter.

    La vanità era l’essenza del carattere di Sir Walter: vanità nel compiacimento di sé e vanità per il suo rango. In gioventù era stato un bellissimo uomo, ed ora, a cinquantaquattro anni era ancora un uomo molto piacente. Poche donne riuscivano a preoccuparsi del loro aspetto più di quanto se ne preoccupasse lui; e neanche il valletto di un nobile fresco di titolo poteva essere più fiero del suo rango sociale. Considerava le benedizioni della bellezza inferiori soltanto a quelle del titolo di baronetto e quindi, Sir Walter Elliot che possedeva entrambe quelle benedizioni non poteva che essere l’oggetto costante delle proprie manifestazioni di rispetto e di devozione.

    E si poteva anche capire il motivo per cui bellezza e prestigio avessero per lui tanta importanza: grazie ad essi aveva sposato una donna di gran lunga superiore a lui. Lady Elliot era stata una donna eccezionale, giudiziosa e adorabile sulla cui saggezza e condotta non si poteva certo eccepire, se si esclude l’infatuazione giovanile che la fece diventare Lady Elliot. Nei suoi diciassette anni di matrimonio aveva sempre assecondato, moderato e persino nascosto le debolezze e i difetti del marito, promuovendone, anzi la sua onorabilità; e nonostante non fosse la donna più felice al mondo, aveva trovato motivi più che sufficienti nei suoi doveri, negli amici e nelle sue figlie per attaccarsi alla vita e per non abbandonarla con indifferenza nel momento in cui dovette lasciarla. Tre figlie, di cui le due più grandi di sedici e quattordici anni, erano un lascito tremendo per una madre e un’enorme responsabilità considerando che le avrebbe affidate all’autorità e alla guida di un padre vanesio e stupido.

    Fortunatamente, Lady Elliot aveva una carissima amica, una donna saggia e stimata che, grazie al profondo affetto che le legava, si era trasferita vicino alla loro tenuta, nel villaggio di Kellinch; Lady Elliot sperava che le doti di saggezza e di bontà dell’amica, avrebbero perpetuato nel migliore dei modi i buoni principi e l’istruzione che aveva sempre cercato di impartire alle sue figliole.

    Questa cara amica e Sir Elliot non si sposarono mai nonostante tutte le previsioni fatte in proposito nella loro cerchia di amici: Lady Elliot era morta da tredici anni e loro erano sempre buoni vicini e ottimi amici ma vedovo l’uno e vedova l’altra.

    Che Lady Russell, donna matura e di carattere non pensasse a risposarsi, non richiede certo alcuna giustificazione verso l’opinione pubblica, sempre disposta a criticare quando una donna si risposa piuttosto che quando non lo fa; ma la prolungata vedovanza di Sir Walter richiede invece una spiegazione. Si sappia dunque che Sir Walter dopo un paio di rifiuti a seguito di sue irragionevoli profferte matrimoniali, comportandosi da buon padre, aveva deciso di rimanere orgogliosamente da solo per amore delle figliole. Per amore della maggiore, più che altro: per lei avrebbe sinceramente rinunciato a ogni cosa che non gli stesse particolarmente a cuore. E così, a sedici anni, per quanto possibile, Elizabeth aveva preso il posto e il ruolo della madre, ed essendo molto bella e somigliante al padre, esercitava su di lui una grande influenza e i due andavano felicemente d’accordo. Le altre due figlie, invece, erano considerate a malapena. Mary, la più piccina, aveva acquisito un’importanza posticcia convolando a nozze con Charles Musgrove, mentre Anne, nonostante una mente raffinata e un carattere adorabile che avrebbero potuto collocarla molto in alto nella stima delle persone ragionevoli, era considerata meno di zero sia dal padre che dalla sorella maggiore: la sua opinione non aveva alcun valore e le sue necessità non esistevano; era solamente Anne.

    Per Lady Russell, invece Anne era la sua adorata figlioccia, la sua preferita nonché sua cara amica: Lady Russell era affezionata a tutte e tre le figliole ma solo nel volto di Anne vedeva rivivere la madre.

    Fino a qualche anno prima, Anne Elliot era una fanciulla molto carina, la cui freschezza, però, era svanita in fretta; e se anche nel momento di maggior splendore, il padre non aveva mai trovato in lei niente da ammirare (tanto diversi erano i lineamenti delicati e i dolci occhi scuri rispetto a quelli di lui), ora che lei era dimagrita e un po’ sciupata, non c’era proprio niente che potesse attirare l’attenzione del padre. Non che avesse mai riposto molte speranze di leggere un nome accanto a quello di Anne nel suo adorato libro; ma sicuramente, ora ne aveva meno che mai. Le uniche speranze di un matrimonio adeguato al suo rango erano riposte solamente in Elizabeth, dal momento che Mary si era imparentata con una rispettabile e ricca famiglia di proprietari terrieri, a cui aveva conferito ogni prestigio senza però riceverne alcuno in cambio.

    A volte capita che una donna sia più avvenente a ventinove anni che non a diciannove e, generalmente, in assenza di preoccupazioni o malattie, a quest’età difficilmente si è perduto il proprio fascino. E così era per Elizabeth, sempre la stessa affascinante signorina Elliot di tredici anni prima; quindi perdoneremo Sir Walter se dimenticava l’età della sua prediletta o quanto meno lo biasimeremo solo a metà se riteneva che lui ed Elizabeth fossero gli unici ancora avvenenti mentre il bell’aspetto di chi li circondava, peggiorava a vista d’occhio; si rendeva perfettamente conto che nella sua famiglia e tra le sue conoscenze, tutti stessero inesorabilmente invecchiando. Anne deperita, Mary involgarita, ogni viso intorno a lui si era imbruttito; e il rapido aumento delle zampe di gallina sulle tempie di Lady Russell lo angustiava da tempo.

    Elizabeth non era vanitosa quanto lo era il padre. Tredici anni prima aveva preso la conduzione di Kellinch Hall e la portava avanti con una determinazione e una padronanza che la facevano sembrare molto più matura della sua età. Da tredici anni faceva gli onori di casa e stabiliva le regole nella conduzione domestica, aveva la precedenza nel salire sull’elegante tiro a quattro e camminava subito dietro Lady Russell quando entravano o uscivano dai salotti dei dintorni. Per tredici inverni Elizabeth aveva aperto i balli più importanti nel vicinato e tredici primavere erano sbocciate mentre lei e il padre si immergevano nella mondanità londinese. Questi ricordi e la coscienza dei suoi ventinove anni le davano qualche apprensione e qualche rimpianto. Era felice di essere ancora attraente come un tempo ma avvertiva l’avanzare degli anni come un’insidia e avrebbe voluto la certezza che, nell’arco di uno o due anni, sarebbe convolata a nozze con qualche baronetto. Così avrebbe potuto sfogliare nuovamente L’Albo dei Baronetti con la stessa gioia di quando era ragazzina, perché adesso, sicuramente non le piaceva: leggere continuamente la sua data di nascita senza nessun matrimonio accanto, se non quello della sorella più piccola, rendeva quel libro insopportabile; e spesso, quando il padre lo lasciava aperto sul tavolo, lei lo chiudeva infastidita, spingendolo via. Oltretutto quel libro e la storia della sua famiglia le ricordavano continuamente un’amara delusione: quella subita dal presunto erede e nobiluomo il signor William Walter Elliot, i cui diritti di eredità erano generosamente sostenuti dal padre. Fin da ragazzina, sapendo che, in assenza di fratelli maschi, il signor William Elliot avrebbe ereditato il titolo di baronetto, lei aveva desiderato sposarlo e anche Sir Walter aveva sempre caldeggiato quell’idea. Non avevano mai incontrato William quand’era ragazzo, ma subito dopo la scomparsa di Lady Elliot, Sir Walter aveva cercato di farne la conoscenza, e nonostante i suoi tentativi fossero rimasti vani, aveva ritentato più volte, tenendo conto dell’evidente ritrosia del giovane; ma in uno dei loro viaggi a Londra, quando Elizabeth era nel fiore della giovinezza, i l signor William Elliot fu costretto a presentarsi. A quel tempo William era molto giovane ed era impegnato negli studi giuridici; a Elizabeth era piaciuto molto, confermando così tutti i futuri progetti in suo favore. Fu invitato a Kellinch Hall, dove si parlava molto di lui e lo si attese per un anno intero, ma il giovane non si fece vedere. La primavera seguente, lo incontrarono di nuovo a Londra, e di nuovo a Elizabeth piacque molto quindi fu incoraggiato, invitato e atteso, e di nuovo lui non si fece vedere.

    Improvvisa arrivò la notizia che il giovane signor William Elliot si era sposato. Aveva preferito accasarsi con una donna ricca e di nascita decisamente inferiore invece di accettare la strada tracciata per lui come erede della casata degli Elliot.

    Sir Walter si ritenne offeso. Come capostipite del lignaggio, considerava doveroso essere consultato, soprattutto perché si era notevolmente esposto per andare incontro al giovane: sicuramente li avevano visti insieme, una volta al Tattersall e almeno due nell’atrio della camera dei Comuni. Gli fece arrivare le sue rimostranze che però caddero nel vuoto. Il signor William Elliot non aveva nemmeno provato a scusarsi e anzi si dimostrò così noncurante verso le attenzioni della famiglia, quanto Sir Walter lo ritenne immeritevole delle stesse. Questa imbarazzante storia del signor Elliot, nonostante gli anni trascorsi, irritava ancora molto Elizabeth, alla quale il giovane era proprio piaciuto, vieppiù in qualità di erede del padre: il grande orgoglio del casato poteva accettare solo lui come marito della primogenita di Sir Walter Elliot. Non esisteva nessun baronetto, dalla A alla Z che lei avrebbe accettato come suo pari. Eppure, si era comportato in una maniera così esecrabile che sebbene in quell’anno (ed era l’estate del 1814) Elizabeth portasse un nastro nero in segno di lutto per la scomparsa della moglie del signor William, lei non volle più nemmeno sentirne parlare. E anche se la disgrazia di quel primo matrimonio poteva, dopotutto essere dimenticata, non essendoci prole a perpetuarne la vergogna, si dà il caso che il giovanotto in questione – come avevano riferito dei loro amici, si prodigò a sparlare, insultare e disprezzare il nome degli Elliot, offendendo il suo stesso sangue e quei privilegi che lui stesso avrebbe ereditato. Questo era decisamente inammissibile. E questi erano i sentimenti e i pensieri che agitavano e turbavano la monotonia, l’eleganza, la prosperità e la vacuità della vita di Elizabeth Elliot; queste erano le riflessioni che potevano ravvivare una vita trascorsa nella monotonia della campagna, che andavano a riempire i vuoti di chi non ha nessuna occupazione utile o benefica fuori casa e nemmeno impegni o abilità domestiche.

    Ma in quei giorni, a quelle preoccupazioni se ne aggiunsero altre: il padre era angustiato da problemi di soldi. Elizabeth aveva ormai capito che quando Sir Walter riapriva il suo adorato libro delle baronie era per scacciare dalla sua mente il lungo elenco dei conti da saldare ai fornitori oppure dimenticare le sgradite allusioni del suo amministratore, il signor Shepherd. La proprietà di Kellinch era al sicuro ma Sir Walter era convinto che il suo tenore di vita non ne fosse all’altezza. Finché Lady Elliot era rimasta al suo fianco, aveva amministrato il patrimonio con metodo e sobrietà, tanto da consentire al marito di vivere nei limiti delle sue entrate, ma ogni buon senso se ne era andato con lei e da allora Sir Walter non aveva fatto altro che esagerare. Non riusciva proprio a spendere di meno rispetto a quello che Sir Walter Elliot riteneva essere all’altezza del suo prestigioso rango; e quindi, suo malgrado, non solo si stava indebitando terribilmente, ma cominciava a sentirne parlare con tale insistenza che il tentativo di nascondere la cosa alla figlia diventò del tutto inutile.

    La primavera passata mentre erano in gita a Londra le aveva accennato il problema, chiedendole: «Possiamo risparmiare? Secondo te, potremmo fare a meno di qualcosa?» ed Elizabeth, per fare del suo meglio cominciò a pensare, col fervore dall’ansia femminile, a cosa avrebbero potuto rinunciare; alla fine fece queste due proposte: smetterla con l’inutile beneficenza e rinunciare ai mobili nuovi per il salotto. Poi aggiunse la felice idea di non portare nessun regalo ad Anne da Londra, cosa che facevano tutti gli anni. Ma quelle misure, per quanto buone in sé, erano del tutto insufficienti a fronteggiare l’entità dell’enorme debito accumulato da Sir Walter e che lui fu costretto a confessare di lì a breve alla figlia. Lei non trovò nulla di più drastico da proporre al padre e si sentiva, come lui, maltrattata e sfortunata; entrambi erano assolutamente incapaci di far fronte alla situazione senza il timore di compromettere la loro dignità e rinunciare alle comodità sarebbe stato insopportabile.

    C’era solo una piccola parte della proprietà di Kellinch di cui Sir Walter poteva disporre, ma se anche avesse potuto alienare ogni acro, non avrebbe comunque risolto la faccenda: aveva già ipotecato tutto il possibile ma non avrebbe mai acconsentito a vendere. No; non avrebbe mai screditato il suo nome fino a tal punto, avrebbe consegnato la tenuta di Kellinch tutta intera, così come lui l’aveva ricevuta. Chiesero consiglio ai loro amici più cari: il signor Shepherd, che abitava nella città vicina, e Lady Russel. Tanto il padre che la figlia speravano che l’uno o l’altra li avrebbero tolti da quella situazione imbarazzante riducendo sì le spese, ma senza mortificare il loro tenore di vita né il loro orgoglio.

    CAPITOLO II

    A prescindere dalle opinioni e dall’ascendente che il signor Shepherd esercitava su Sir Walter, il gentile e prudente amministratore si guardava bene dal suggerire cose spiacevoli, lasciando ad altri tale compito ingrato. Si astenne quindi dall’ esprimere qualunque suggerimento, consigliando Sir Walter di affidarsi incondizionatamente all’ottimo giudizio di Lady Russell, dalla quale sperava di ascoltare le stesse drastiche misure che lui non avrebbe certo osato proporre. D’altro canto, Lady Russell era intimamente coinvolta dalla faccenda cui dedicò molte attente riflessioni ed essendo lei più ponderata che solerte nei suoi consigli, le fu molto difficile trovare il giusto suggerimento, a causa del contrasto che avvertiva tra due principi fondamentali. Lei era donna di grande integrità morale e con uno zelante senso dell’onore ma avrebbe voluto proteggere Sir Walter e il nome della sua casata avendo idee molto aristocratiche su quanto era loro dovuto. Lady Russell era comprensiva, caritatevole, buona, fedele; dal comportamento irreprensibile e considerata un esempio di buone maniere. Era colta e, in linea di massima, razionale e sensata, ma riguardo al lignaggio aveva non pochi pregiudizi; dava una tale spropositata importanza al rango e al prestigio da diventare cieca di fronte ai difetti di chi possedeva entrambi (rango e prestigio).

    Vedova di un semplice cavaliere, dava al titolo di baronetto ogni onore e merito; e ai suoi occhi, Sir Walter oltre ad essere una vecchia conoscenza, un vicino attento, un buon padrone di casa, il marito della sua carissima amica, il padre di Anne e delle sorelle, Sir Walter meritava, proprio in virtù del suo rango, tutta la sua comprensione e attenzione in quel difficile momento.

    Dovevano risparmiare, senza alcun dubbio. Ma lei desiderava che fosse fatto nella maniera meno dolorosa per lui ed Elizabeth. Preparò quindi un’ipotesi di risparmio, fece calcoli minuziosi e, chiese consiglio ad Anne cosa che nessun altro in famiglia avrebbe mai fatto. Lady Russell, invece, le chiese consiglio e in parte ne fu influenzata nel pianificare le restrizioni che alla fine furono esposte a Sir Walter. Ogni modifica proposta da Anne perseguiva l’onestà a sfavore della reputazione. Chiedeva misure più restrittive, cambiamenti drastici, l’estinzione più veloce dei debiti, un maggior distacco da tutto tranne che da giustizia ed equità.

    «Si potrà risparmiare molto, se riusciamo a convincere tuo padre su tutto questo» disse Lady Russell riguardando le carte. «In sette anni, se rispetterà le condizioni, avrà saldato tutti i suoi debiti. E speriamo di convincere lui ed Elizabeth che Kellinch Hall ha un prestigio a sé stante che non dovrebbe essere nemmeno sfiorato da queste restrizioni e che, agli occhi delle persone giudiziose, la dignità di Sir Walter Elliot non verrà assolutamente sminuita, se si comporterà da uomo d’onore. Cosa mai dovrà fare, poi, che tantissime famiglie più nobili della sua non abbiano già fatto – o dovrebbero fare? Non sarà certo l’unico, né il primo; e spesso è proprio l’illusione di questa unicità a gravare maggiormente sul nostro animo e ad affliggerci maggiormente. Ho molte speranze di riuscire in questa impresa. Dovremo mostrarci molto serie e determinate – in fin dei conti, chi ha fatto dei debiti ha il dovere di saldarli e se i sentimenti di un gentiluomo, nonché capo di un lignaggio, vanno rispettati, bisogna rispettare ancor più una condotta improntata all’onestà.» Anne avrebbe voluto che il padre seguisse questi principi e sperava che anche gli amici lo avrebbero esortato a seguirli. Riteneva imprescindibile soddisfare tutti i creditori, e i risparmi fatti avrebbero consentito di risarcirli tempestivamente: non vedeva maggior dignità all’infuori di questo. Desiderava che questo fosse stabilito e accettato come un dovere. Sapeva che Lady Russell esercitava una grande influenza sulla sua famiglia ma riguardo ai sacrifici che la sua coscienza suggeriva, era consapevole che la difficoltà nel persuadere a grandi rinunce era la stessa rispetto alle piccole rinunce. Conosceva talmente bene il padre ed Elizabeth da sapere che piccoli e grandi sacrifici sarebbero stati egualmente penosi e così era per tutta la lista dei tagli fin troppo modesti proposti da Lady Russell. Poco importa come avrebbero accolto le proposte ben più incisive di Anne, dal momento che neanche quelle più blande di Lady Russell vennero minimamente considerate.

    «Cosa, cosa? Rinunciare a tutte le nostre comodità? Viaggi, Londra, servitù, cavalli, cibi… limitazioni e rinunce dappertutto, senza più nemmeno le comodità di un gentiluomo qualunque! Piuttosto che vivere a queste condizioni disonorevoli, meglio lasciare subito Kellinch Hall.»

    E qui, il signor Shepherd, direttamente coinvolto negli affari di Sir Walter, prese la palla al balzo: era convinto, infatti, che solo cambiando residenza avrebbero ottenuto una drastica riduzione delle spese. Lasciare subito Kellinch Hall: visto che l’idea era partita proprio dal capo famiglia, il signor Shepherd non si fece più scrupoli e confessò di condividere appieno quell’idea.

    Era convinto che in nessun modo Sir Walter avrebbe potuto ridimensionare il suo stile di vita continuando a vivere in una casa che doveva mantenere certe tradizioni di rappresentanza e di antica dignità. In qualsiasi altra casa, invece, Sir Walter sarebbe stato meno vincolato e lo avrebbero ammirato come un esempio di stile qualunque fosse il tenore di vita che avrebbe scelto.

    Sir Walter avrebbe lasciato Kellinch Hall; e dopo alcuni giorni di dubbi e di perplessità, affrontò la grande questione su dove trasferirsi risolvendo così il primo punto di questo epocale cambiamento. C’erano tre proposte sul piatto: Londra, Bath o un’altra sistemazione in campagna. Anne era decisamente per quest’ultima. Una piccola casa nei dintorni, dove avrebbero continuato a frequentare Lady Russell, a visitare spesso Mary e a passeggiare ancora nei dintorni di Kellinch: a questo ambiva Anne con tutte le sue forze. Ma come sempre l’attendeva il solito destino: tutti decidevano all’esatto opposto dei suoi desideri. A lei Bath non piaceva proprio, non la sentiva adatta a lei, e quindi, Bath sarebbe stata la sua residenza.

    Sir Walter, in verità, aveva subito proposto Londra ma il signor Shepherd era stato molto abile a dissuaderlo e a fargli preferire Bath, perché Londra era troppo piena di tentazioni. Bath era un luogo molto più tranquillo per un gentiluomo nelle sue condizioni – avrebbe mantenuto il suo decoro spendendo molto meno che altrove. Ovviamente il signor Shepherd si era affrettato a sottolineare due vantaggi concreti di Bath rispetto a Londra: Bath era molto più vicina a Kellinch, dalla quale distava solo 50 miglia e Lady Russell vi trascorreva gran parte dell’inverno. Con grande gioia di quest’ultima, che fin da subito aveva caldeggiato l’idea di Bath, Sir Walter ed Elizabeth si lasciarono convincere che quel trasferimento non avrebbe in alcun modo danneggiato la loro immagine né i loro piaceri.

    Lady Russell suo malgrado, si era opposta ai desideri espressi dalla sua cara Anne ma aspettarsi che Sir Walter si accontentasse di una piccola casetta nei dintorni della sua amata Kellinch, sarebbe stato davvero troppo. La stessa Anne l’avrebbe vissuta come una mortificazione per non parlare, poi, dei sentimenti di Sir Walter: sarebbe stata un’umiliazione terribile. E riguardo all’avversione che Anne provava per Bath, Lady Russell, la considerava un pregiudizio sbagliato, dettato dal fatto di averci trascorso tre anni di scuola subito dopo la morte della madre e poi per aver passato lì tutto un inverno in un deplorevole stato

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