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L'amore amaro
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L'amore amaro
E-book79 pagine1 ora

L'amore amaro

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Info su questo ebook

Una vicenda intensa e delicata che tocca corde molto sensibili della vita di ognuno di noi e che di sicuro saprà emozionare il lettore o ancor di più la lettrice.

Quella che inizia come la storia di una ragazza come tante, che vuole trovare l’amore della propria vita, quello che fa battere il cuore, si rivela ben presto come un racconto in cui, in modo molto più profondo, si parla di questo sentimento in tutte le sue infinite e imprevedibili sfaccettature.

Si può amare veramente, ed essere amati, solo quando si è capaci di entrare in empatia con chi ci circonda.

In un crescendo di emozioni, ben presto chi è debole si rivelerà forte e chi è forte verrà colto nelle sue profonde fragilità in questa vicenda ricca di spunti per far riflettere e in cui non manca nemmeno un mistero e la sua rivelazione.
LinguaItaliano
Data di uscita24 apr 2020
ISBN9788831670050
L'amore amaro

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    L'amore amaro - Cinzia Cilloni

    Cin­zia Cil­lo­ni

    L’AMO­RE AMA­RO

    Ro­man­zo

    You­can­print

    Ti­to­lo | L’amo­re ama­ro

    Au­to­re | Cin­zia Cil­lo­ni

    Co­per­ti­na | Ese­gui­ta da Cin­zia Cil­lo­ni

    ISBN | 978-88-31670-05-0

    Pri­ma edi­zio­ne di­gi­ta­le: 2020

    © Tut­ti i di­rit­ti ri­ser­va­ti all'Au­to­re.

    Que­sta ope­ra è pub­bli­ca­ta di­ret­ta­men­te dall'au­to­re tra­mi­te la piat­ta­for­ma di sel­fpu­bli­shing You­can­print e l'au­to­re de­tie­ne ogni di­rit­to del­la stes­sa in ma­nie­ra esclu­si­va. Nes­su­na par­te di que­sto li­bro può es­se­re per­tan­to ri­pro­dot­ta sen­za il pre­ven­ti­vo as­sen­so dell'au­to­re.

    You­can­print Self-Pu­bli­shing

    Via Mar­co Bia­gi 6, 73100 Lec­ce

    www.you­can­print.it

    in­fo@you­can­print.it

    Qual­sia­si di­stri­bu­zio­ne o frui­zio­ne non au­to­riz­za­ta co­sti­tui­sce vio­la­zio­ne dei di­rit­ti dell’au­to­re e sa­rà san­zio­na­ta ci­vil­men­te e pe­nal­men­te se­con­do quan­to pre­vi­sto dal­la leg­ge 633/1941.

    Io cre­do so­lo in una co­sa: nell’amo­re.

    Ma nell’amo­re che si di­mo­stra.

    Ringraziamenti

    Al com­pa­gno del­la mia vi­ta, che ha sop­por­ta­to e sop­por­ta i miei re­pen­ti­ni cam­bia­men­ti d’umo­re e i miei ca­pric­ci.

    Al­la mia ami­ca Su­sy che mi ha sug­ge­ri­to il ti­to­lo.

    Al­le per­so­ne che mi han­no fe­ri­to, per­ché an­che a lo­ro de­vo que­sto ro­man­zo.

    E al­la vi­ta, che mi ha da­to tan­to.

    Prefazione

    Una vi­cen­da in­ten­sa e de­li­ca­ta che toc­ca cor­de mol­to sen­si­bi­li del­la vi­ta di ognu­no di noi e che di si­cu­ro sa­prà emo­zio­na­re il let­to­re.

    È una vi­ta sot­to­to­no quel­la di Gior­gia. Per pau­ra di ri­ma­ne­re so­la ri­nun­cia al­la ve­ra fe­li­ci­tà, ac­con­ten­tan­do­si di rap­por­ti vuo­ti e squal­li­di che pos­sa­no in qual­che mo­do riem­pi­re il vuo­to pro­fon­do del­la sua ani­ma. Ha sa­pu­to pe­rò ri­ta­gliar­si, gra­zie al­la sua pas­sio­ne per la let­tu­ra, un luo­go si­cu­ro e pri­vo di om­bre do­ve ri­fu­giar­si dal­la sua quo­ti­dia­ni­tà fat­ta so­lo di do­ve­ri e di de­lu­sio­ni. Leg­gen­do, può in­fat­ti vi­ve­re al­tre vi­te, può so­gna­re e ab­ban­do­na­re la sua real­tà gri­gia e im­mer­ger­si nei co­lo­ri di una vi­ta per­fet­ta, ma im­ma­gi­na­ria. Quel­la che ini­zia co­me la sto­ria di una ra­gaz­za co­me tan­te, che vuo­le tro­va­re l’amo­re del­la pro­pria vi­ta, quel­lo che fa bat­te­re il cuo­re, si ri­ve­la ben pre­sto co­me un rac­con­to in cui, in mo­do mol­to più pro­fon­do, si par­la di que­sto sen­ti­men­to in tut­te le sue in­fi­ni­te e im­pre­ve­di­bi­li sfac­cet­ta­tu­re.

    Si può ama­re ve­ra­men­te, ed es­se­re ama­ti, so­lo quan­do si è ca­pa­ci di en­tra­re in em­pa­tia con chi ci cir­con­da. Per qual­cu­no è più fa­ci­le, per chi pen­sa, co­me Gior­gia, di es­se­re tra­spa­ren­te, ed è con­vin­ta che il mon­do pos­sa fa­re a me­no di lei, è più dif­fi­ci­le. Ma in un gior­no ini­zia­to co­me tan­ti, ec­co la svol­ta, un in­con­tro im­por­tan­te che stra­vol­ge­rà la sua vi­ta.

    In un cre­scen­do di emo­zio­ni, ben pre­sto chi è de­bo­le si ri­ve­le­rà for­te e chi è for­te ver­rà col­to nel­le sue pro­fon­de fra­gi­li­tà in que­sta vi­cen­da ric­ca di spun­ti per far ri­flet­te­re e in cui non man­ca nem­me­no un mi­ste­ro e la sua ri­ve­la­zio­ne, fi­no ad ar­ri­va­re a un fi­na­le che ci fa­rà com­pren­de­re che l’uni­ca no­stra sal­vez­za è vi­ve­re ogni gior­no co­me fos­se l’ul­ti­mo, non ri­nun­cian­do mai a es­se­re noi stes­si e non ri­nun­cian­do mai ai no­stri so­gni, per con­qui­sta­re fi­nal­men­te quel pic­co­lo an­go­lo di pa­ra­di­so de­sti­na­to a ognu­no di noi.

    Mi chia­mo Gior­gia, ho tren­ta­cin­que an­ni e so­no una nul­li­tà.

    An­zi, mi cor­reg­go, mi sen­to una nul­li­tà. Ma pen­so che il ter­mi­ne so­no sia ec­ces­si­vo, al­me­no per ora. Di­ce­vo che ho tren­ta­cin­que an­ni por­ta­ti ma­lis­si­mo, in tut­ti i sen­si, sia fi­si­ca­men­te che co­me vi­ta­li­tà. A vol­te mi sen­to co­me una pian­ta se­co­la­re con tan­to pe­so sul­le spal­le.

    Vi­vo, si fa per di­re, al quar­to pia­no di una pa­laz­zi­na di Mi­la­no. Lo smog e la neb­bia dan­no al­le mie gior­na­te un’at­mo­sfe­ra qua­si da in­fer­no dan­te­sco. Esa­ge­ro? Può dar­si. Ma al­le set­te del mat­ti­no, qui a Mi­la­no, sfi­do chiun­que a dar­mi tor­to. Og­gi fi­nal­men­te non la­vo­ro, è sa­ba­to. Mi so­no ap­pe­na sve­glia­ta, cioè al­za­ta. Sto guar­dan­do fuo­ri dal­la fi­ne­stra, al­lo­ra non so­gno, sta pio­ven­do! Che bel­lo al­me­no og­gi non c’è neb­bia. La stra­da di sot­to è mol­to traf­fi­ca­ta, tut­ti pre­si dal­la fre­ne­sia del­lo shop­ping, io mi so­no ras­se­gna­ta da un pez­zo, tan­to non ser­ve a nien­te, le tu­te mi van­no a pen­nel­lo. Se aves­si an­co­ra i sol­di che ho spe­so tra par­ruc­chie­re ed este­ti­ste sa­rei ric­ca. Il ri­sul­ta­to? Ho dei ca­pel­li che sem­bro un gat­to ar­ruf­fa­to e la mia pel­le è sem­pre bian­ca e ca­da­ve­ri­ca. A vol­te si ar­ros­sa all’im­prov­vi­so qua­si co­me una pre­co­ce me­no­pau­sa.

    Sen­to un clac­son. Una bel­la don­na scen­de da una bel­la mac­chi­na, por­ta tac­chi al­ti e cor­re ver­so un ne­go­zio. I suoi ca­pel­li so­no fre­schi di par­ruc­chie­ra, nean­che la piog­gia rie­sce a ro­vi­nar­le la pie­ga, mah… Sen­to sbat­te­re la por­ta dell’in­gres­so, è mia ma­dre che esce a fa­re la spe­sa co­me tut­ti i sa­ba­ti mat­ti­na. Piog­gia o ne­ve lei esce a fa­re la spe­sa, or­mai da tren­ta­cin­que an­ni. Mio pa­dre nel sa­lot­to sta fa­cen­do un so­li­ta­rio. Ri­ma­ne lì per ore da­van­ti a quel­le car­te iner­mi. Io a vol­te lo in­vi­dio, al­me­no lui rie­sce ad estra­niar­si men­tre io sto sem­pre qua ad ar­ro­vel­lar­mi nei miei fo­schi pen­sie­ri, pe­rò a vol­te mi di­co: dai Gior­gia c’è di peg­gio, in fon­do tu hai un la­vo­ro si­cu­ro. A pro­po­si­to di la­vo­ro, io so­gna­vo di fa­re la con­cer­ti­sta, ho sem­pre ama­to la mu­si­ca, so­prat­tut­to il pia­no­for­te ma i miei ge­ni­to­ri non era­no d’ac­cor­do, spe­cial­men­te mio pa­dre, im­pie­ga­to al­le Po­ste per qua­rant’an­ni, ri­te­ne­va che l’im­por­tan­te era ave­re il po­sto si­cu­ro e io ades­so mi ri­tro­vo a fa­re l’im­pie­ga­ta in uno stu­dio di un com­mer­cia­li­sta do­ve di si­cu­ro, ol­tre al po­sto, c’è l’ali­to pe­san­te del mio col­le­ga che quan­do si av­vi­ci­na mi sen­to sve­ni­re, le ur­la del mio ti­to­la­re che a vol­te sem­bra ta­ran­to­la­to e due col­le­ghe una più stron­za dell’al­tra. Bel­le ol­tre

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