È Natale anche se...: 24 storie per arrivare a Natale
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Anteprima del libro
È Natale anche se... - AA.VV.
E IO, CHE ALBERO SONO?
di Patrizia Palermo
Il parco di una piccola cittadina è un buon posto dove nascere, se sei un albero; e Arturo era proprio soddisfatto del luogo dove il vento aveva trasportato il seme da cui era nato: una collinetta al centro del giardino pubblico, nel cuore di una bella cittadina.
Era cresciuto verde e robusto, ormai era abbastanza grande da non essere confuso con un cespuglio, era indubbiamente un giovane albero, già piuttosto alto per la sua età.
Sì, ma che albero era?
Arturo se lo chiedeva spesso, guardava gli altri alberi del giardino e cercava di capire quale fosse la sua specie.
Dietro di lui sonnecchiava la grande quercia, bella e possente, tutti la amavano perché in estate ci si poteva riposare all’ombra della sua folta chioma, e tanti piccoli animali trovavano rifugio tra i suoi rami e le sue radici.
Arturo pensò che sicuramente lui era una quercia, gonfiò il tronco e allungò i rami, per sembrare più grande.
Le betulle vicino al laghetto risero di lui… «Sciocchino, vorresti somigliare a una quercia?
Ma non vedi come sei magro? E poi hai i rami troppo sottili!»
Arturo non si diede per vinto. Qualche tempo dopo si accorse dell’ulivo al di là del laghetto: era vecchissimo, il suo tronco sembrava d’argento, il tempo e il vento l’avevano piegato e tutti lo amavano perché i bambini potevano arrampicarsi facilmente sui suoi rami.
«Probabilmente sono un ulivo…» si disse Arturo, «Sono ancora giovane e dritto, ma se mi impegno e mi piego un po’ tutti i giorni, presto diventerò bello curvo, proprio come il vecchio ulivo del laghetto!»
Le betulle non tardarono a capire cosa stava cercando di fare l’alberello e come al solito lo presero in giro: «Non sei stanco di fare tutta quella ginnastica?
Rassegnati, non sarai mai come un ulivo, sei flessibile come un giunco!»
L’estate stava per terminare, i bambini che avevano riempito il parco erano tornati a scuola e Arturo si sentiva più triste del solito. «Come sarebbe bello se fossi un melograno: coperto di fiori in primavera, verde d’estate e carico di frutti in autunno, tutti lo amano perché cambia con le stagioni e pur cambiando resta sempre bellissimo!»
Senza troppe speranze cercò di imitarlo, ma nessun fiore rosso riuscì a spuntare in fondo ai suoi rami e dopo qualche tempo riuscì a far nascere solo qualche frutto piccolo e secco che suscitò le risate delle betulle.
L’autunno non tardò ad arrivare, l’ultimo sole colorò le foglie di splendenti toni d’arancione e il vento le portò via.
Arturo guardò lo spettacolo ammutolito; tutti gli alberi si erano spogliati per indossare un manto di neve, tutti tranne lui che, da solo, continuava a restare inutilmente verde.
L’inverno trovò Arturo cupo e solitario in cima alla collina, indifferente al vento e alla brina e anche a quei bambini che, incuranti del freddo, passavano a guardarlo sempre più spesso mentre andavano a scuola. Un giorno, ormai erano le ultime settimane dell’anno, i bambini arrivarono tutti insieme, con i loro maestri. Portavano tutti grosse scatole e facevano un gran baccano.
Arturo si spaventò, anche perché qualcuno sistemò una scala tra i suoi rami. Non sapendo come allontanarli li lasciò fare: sembravano tutti così allegri! Prima lo coprirono di festoni dorati, poi appesero ai suoi rami palline colorate, infine sistemarono, proprio sulla cima, una stella luccicante. Arturo quel giorno si sentì orgoglioso come una quercia, sereno come un ulivo e bello come il più bello dei melograni!
Capì di essere un albero di Natale.
E da quel giorno persino quelle pettegole delle betulle non fiatarono più.
LA SIGNORINA PACE E LA SIGNORA GUERRA
di Viviana Hutter
Un giorno la signorina Irene Pace sentì dire che nel mondo girava una certa signora Marzia Guerra. Era maligna, odiosa, e molto richiesta un po’ ovunque nel mondo per risolvere litigi, dividere luoghi e oggetti tra persone e Paesi e affrontare qualunque situazione. La signorina Pace era molto dispiaciuta perché nessuno chiamava più lei, così decise di mettersi in viaggio per andare a chiarire la cosa proprio con la signora Guerra in persona. Camminò per strade lunghe e deserte, si arrampicò su picchi di montagna, attraversò a nuoto fiumi, mari e laghi, scoprì la bellezza dei tramonti e la magia dell’aurora boreale. Conobbe migliaia di persone, ma la signora Guerra era l’unica che non riusciva a incontrare. Un giorno arrivò in un luogo chiamato Medio Oriente, in mezzo a tre continenti, bagnato dal mare, con deserti, laghi e montagne: un posto incantevole, ma dove tutto era un po’ confuso, non si capiva bene di chi fosse cosa, chi abitasse un luogo oppure un altro, quale lingua si parlasse. Lì vivevano tantissime persone che però credevano, parlavano, vestivano, mangiavano in maniera diversa. La signorina Pace non era poi così convinta di trovarsi in un luogo in cui si sentiva desiderata e proprio per questo le sembrò il posto perfetto in cui trovare la signora Guerra.
Le persone camminavano veloci e la ignoravano. Così iniziò a dire ad alta voce: «Avvicinatevi! Regalo una storia a tutti!»
La gente la guardava con sospetto, le mamme tiravano via i piccoli, ma la signorina Pace non si arrese: stese per terra il suo mantello con i colori dell’arcobaleno e cominciò a canticchiare filastrocche. Qualche bambino si avvicinò e iniziò ad ascoltarla, qualcuno si metteva la manina davanti alla bocca per non far vedere che stava sorridendo, tutti sgranavano gli occhi. Irene Pace continuò finché non sentì uno strano vento soffiare: si avvicinò una donna grossa, dalle spalle larghe, i capelli lunghi e neri legati da una fascia del colore della terra, le maniche della t-shirt arrotolate e le tasche dei pantaloni piene di chissà cosa. Aveva la fronte corrugata e l’espressione del volto chiaramente arrabbiata. Arrabbiatissima. «Chi sarebbe lei?», chiese con un grosso vocione. «Buongiorno, signora. Io sono Irene Pace. E lei?»
«Marzia Guerra, nome di battaglia Ares. Che cosa ci fa lei qui?»
«La signora Marzia Guerra? Finalmente l’ho trovata!», sprizzava gioia da tutti i pori, mentre la signora Guerra la guardava in cagnesco. «L’ho cercata per mari e per monti, ho girato mezzo mondo, anzi tutto il mondo per trovarla! Volevo proporle un accordo, il mondo è diventato troppo