Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Rasputin
Rasputin
Rasputin
E-book184 pagine2 ore

Rasputin

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Grigori Rasputin è stato uno dei personaggi più enigmatici della storia russa. Consigliere ("spin doctor" diremmo oggi) dello Zar Nicola II, mistico, guaritore, diabolico cospiratore, la figura di Rasputin—la cui vita viene qui ripercorsa dallo scrittore italiano Gian Dàuli—è uno degli elementi chiave per comprendere la Russia zarista e pre-Rivoluzionaria a cavallo tra Otto e Novecento. -
LinguaItaliano
Data di uscita23 feb 2022
ISBN9788728157695
Rasputin

Leggi altro di Gian Dàuli

Correlato a Rasputin

Ebook correlati

Celebrità, ricchi e famosi per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Rasputin

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Rasputin - Gian Dàuli

    Rasputin

    Translated by

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1934, 2022 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728157695

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Preliminari

    Uno dei periodi più interessanti della storia russa, uno dei più tenebrosi della storia europea e quindi — dacchè per l’umanità la vecchia Europa conta, per ora, come nocciolo centrale — del mondo.

    L’uomo, di cui abbiamo preso a raccontare la vita, è di questo periodo una delle figure principali. La predominante, forse, e per la sua influenza e per i caratteri della sua personalità e per l’importanza dell’ambiente nel quale si muoveva. Di lui tutti hanno parlato e ancor oggi parlano, per una ragione o per l’altra, in un’occasione o nell’altra. Ai tempi dell’affaire Dreyfus, un giornale francése scoprì uno spazzaturaio municipale, che non conosceva neppure di nome il relegato dell’Isola del Diavolo e che non aveva la più lontana idea di quel che fosse l’immondo pasticcio massonico-cattolico-militaresco: l’unico uomo in Francia, si disse, che non sapeva chi fosse Dreyfus. Ebbene, trovar oggi in Europa un solo uomo, che non sappia chi sia stato Grigori Rasputin, mi sembra altrettanto difficile e unico.

    Ma, d’altra parte, trovare chi sappia, realmente e secondo verità, chi era e che cosa abbia fatto e che cosa volesse e quale vita abbia vissuta il figlio del vetturale Jefim Andrejevich Rasputin, io lo ritengo egualmente unico.

    Certo, anche per un russo la cosa è difficile. Impossibile o quasi, per chi non abbia vissuto in Russia prima e durante la guerra e soprattutto non abbia avuto conoscenza sicura e profonda dell’ambiente di Corte a Pietroburgo e a Mosca, delle persone che in quell’ambiente si muovevano, vivevano, agivano, soffrivano e godevano attorno alla famiglia reale. Spiegarsi il fenomeno Rasputin senza connetterlo a quell’ambiente e senza appunto una conoscenza profonda di quell’ambiente e delle persone, è impossibile.

    Di Rasputin, se tutti hanno sentito parlare, se molti hanno scritto, biografi più o meno diretti, più o meno disinteressati e attendibili, se moltissimi hanno parlato, narrando di lui fatti veri e fatti inventati, soltanto pochissimi, e molto tempo dopo la di lui morte, hanno detta o raccolta la verità su documenti di prima mano e di sicura attendibilità.

    Inoltre, non si può dimenticare che la figura del monaco errante, improvvisamente apparso alla Corte dello Zar a gettarvi il turbamento e lo sconvolgimento, per poi meglio dominarla, è stata ad arte alterata, facendola apparire quella di un astuto e losco ciarlatano, vero artefice dello sfacelo della Vecchia Russia. Ad arte e per ragioni politiche.

    Attorno a lui si sono narrate fanciullesche leggende e storie paurose e oscene, il suo nome è diventato sinonimo di astuzia diabolica, di incancrenita ignoranza, di lurida bestialità. Ladro, corruttore, iconoclasta, bestemmiatore e profanatore, acceso di libidine, capace d’ogni delitto e misfatto — Rasputin, appunto perchè tale, e in quanto tale, gettava un’ombra mostruosa su tutto il regime russo precedente la rivoluzione e forniva quindi alla rivoluzione stessa un’arma di propaganda di assoluta efficacia.

    Per eccitare le masse all’odio e all’indignazione contro i Romanoff e per indurle più facilmente a squassare, rovesciare, stroncare, frantumare, calpestare l’impalcatura del vecchio impero e a sopprimere gli uomini, che di quell’impalcatura erano stati i costruttori e i conservatori, bruttandone e insudiciandone la memoria per sempre — il ritratto del monaco sporcaccione e crudele serviva ottimamente e fu adoperato.

    La fantasia popolare non chiedeva altro e l’accettò subito. Quel ritratto — costruito con un’immaginazione da romanzo di appendice e con la precisione d’una storia poliziesca e di spionaggio — apparve, allora, autentico e per lungo tempo fu il solo che si conoscesse.

    Secondo esso, Rasputin aveva tutti i caratteri del degenerato sessuale e del delinquente ordinario, oltre a qualche morbosità d’isteria mistica e di follia. Poichè quelle leggende e quelle storie ebbero — per trarre in inganno anche le persone più colte e meno facili alla credulità — ogni apparenza di verità storica e vennero corredate di fatti, di documenti, di date, di testimonianze. E’ bene dire subito che la più gran parte di questi dati storici sono o interamente falsi o artatamente alterati e contorti.

    Ma è altresì bene aggiungere subito che è molto difficile, per non dire impossibile, anche ad uno storico coscienzioso e sagace poter sceverare il vero dal falso in quella vastissima letteratura, in parte malsanamente e bassamente narrativa e in parte, per ragioni politiche, fraudolenta.

    D’altra parte, trovare documenti autentici, testimonianze sicure, è oggi assai difficile.

    Noi ci siamo assunti questo compito, valendoci anche della preziosa opera compiuta da René Fiilöp-Miller, alla quale abbiamo largamente attinto, sempre, però, vagliandola e raffrontandola; perchè abbiamo ritenuto che il periodo storico nel quale visse Grigori Rasputin, appunto perchè sopra ogni altro straordinario ed eccezionale, e la figura storica dello stesso monaco errante meritassero d’essere conosciuti e giudicati anche dalla grande massa del pubblico — quale quella a cui questo libro di divulgazione è destinato — fino ad oggi nutrita di cattivi e assurdi e grotteschi rifacimenti, raffazzonati alla meglio e resi il più possibile allettanti coi caratteri delle storie oscene e dei romanzi misteriosi.

    Grigori Rasputin — il piccolo Grischa della paterna scuderia di Pokrowskoje — non fu certo nè uno stinco di santo, nè un uomo normale e neppure un campione di purità e di moralità. Aveva, però, una sua personalità complessa, senza dubbio interessantissima sotto ogni rapporto. Fu quello che fu: forse recava nel suo corpo mortale — tutt’altro che attraente, d’altronde — un destino più alto e più affilato e tagliente, che non era il suo, ma quello di un intero popolo.

    E poichè, appunto, pensiamo che non si possa comprendere il «fenomeno Rasputin», senza conoscere, se non l’anima, almeno la mentalità e gli usi, i costumi, la storia, le origini di questo popolo — facciamo precedere alla vita di lui, un brevissimo e rapidissimo cenno riassuntivo della storia russa. E crediamo, così, di aggiungere una ragione a questo volume, che, ripetiamo — continuando la serie dei libri storici, iniziata dalla CasaEditrice Aurora con «Le sei mogli di Enrico VIII» — non ha altro scopo, se non quello di offrire al gran pubblico che frequenta i cinematografi e che a ragione trova nella «Settima Arte», come ha chiamato Gabriele d’Annunzio il cinema, il completo appagamento ai propri attuali bisogni di conoscenza e di godimento intellettuale ed estetico, ogni notizia, controllata e vigilata, attorno a quei personaggi storici, che lo schermo — e talvolta necessariamente alterati e resi immaginarii — gli ha fatti conoscere ed amare.

    Naturalmente, nel caso di Grigori Rasputin, non è di amore, che si parla, nè di simpatia; ma di interesse umano e di intelligenza di uno dei più sconvolgenti e impressionanti drammi storici dell’umanità.

    I.

    La Russia dalle origini

    Quando l’Impero Romano, dopo avere atterrito l’universo con la sua potenza colossale, perdè la sua forza e vide irrimediabilmente oscurata la sua gloria; quando l’ora della sua caduta suonò irreparabile, si rovesciarono a torrenti sulle sue provincie le orde dei barbari, usciti come dalla terra, per correre là dove sapevano di trovare tutte le ricchezze e tutti i doni. Si credette, allora, che a condurre quelle orde si fosse levata una invisibile mano. Goti, Vandali, Scandinavi, Bretoni, Germani, Svevi, Alani, Unni, tutti obbedivano ad un medesimo impulso e tutti riconoscevano questa misteriosa influenza alla quale affermavano di non potersi sottrarre. Attila chiama se stesso il «flagello di Dio»; Alarico dichiara, che qualcuno lo spinge a saccheggiare Roma e Genserico proclama di andare a far guerra a coloro contro i quali Dio è in collera.

    Questi barbari appartenevano a tre razze distinte: la razza germanica o teutonica, venuta dalle sponde del Balitco, la razza slava o sarmata, originaria delle regioni tra il Reno e il Don e la razza tartara proveniente dalle contrade vastissime, che si estendono dalla Siberia all’India.

    Appunto da questa ultima razza, molti storici fanno discendere i russi. Altri, invece, pretendono che essi abbiano comune l’origine coi polacchi e li dicono sarmati. A noi — in questo rapido cenno, che non può davvero assumersi di discutere con gli storici circa le origini più o meno oscure di un popolo, ma che ha per unico scopo di farne sommariamente conoscere costumi e vicende ai primordi — la questione non interessa.

    Certo è che i russi - discendessero dal feroce Attila o facessero parte delle tribù slave - abitarono lungamente le sponde del mar Nero. Insensibilmente la fame li cacciò verso il nord e, mettendo in fuga davanti a sè gli slavi di Novogorod e di Kiew, forse loro fratelli, certo loro nemici, raggiunsero il Baltico. Erano tribù erranti e selvagge, senza alcun grado di civiltà, che vivevano di pesca e di caccia. Una volta diventate numerose, queste tribù ebbero bisogno di un capo. Ne avevano già parecchi, naturalmente; ma questi capi, se potevano avere qualche influenza e qualche potere sulla propria tribù, non ne avevano alcuno sulle altre, che pure facevano vita in comune con essa. Il pericolo, come sempre avviene, li indusse a riunirsi. I Varaghi, popolo appartenente alla fiera razza di quegli umono del Nord, che dovevano un giorno portare il terrore ben oltre e lontano dai propri confini, resistevano validamente all’invasione dei russi. Gastomysl, uno dei principali abitanti di Novogorod, consigliò allora ai propri compatrioti, per impedire che si dividessero e che, con la scelta di un capo russo, facessero sorgere rivalità e lotte intestine, di dare il comando delle tribù ad uno straniero. Il consiglio fu accettato e fu nominato capo un varago di nome Rurick, che li condusse alla vittoria, e che, in compenso, ebbe il titolo di Grande Principe, con il consenso di tutte le tribù.

    Oleg, parente di Rurick e tutore del giovane suo figlio Igor, conquistò le vicine provincie del Mar Nero, provincie che erano state la culla di quelle tribù, e portò le armi sino a Costantinpoli, dove regnava l’Imperatore Leone il Filosofo.

    Quando Igor fu in età di assumere il comando, sposò Olga. La Russia deve a questa principessa di essere uscita, in quel tempo, dalla completa barbaria. Olga, convertita al cristianesimo, dotata di molto senno e di grande cuore, rinunciò al culto delle false divinità e si fece battezzare a Costantinopoli. Quindi si diede, con intelligenza e sagacia, al benessere del suo popolo. Sotto il suo governo, i russi cominciarono a praticare il commercio, ch’essi ignoravano completamente; furono aperte strade, costruiti porti e, dettate le prime leggi, furon fatte rispettare.

    A lei successe suo figlio Sowastoslavo, che non volle rinunziare al paganesimo e che regnò lungamente, senza per altro che sotto di lui il popolo progredisse minimamente pel cammino della civiltà.

    Vladimiro, figlio di Sowastoslavo, dopo una giovinezza turbinosa, abbracciò anche lui la dottrina cristiana e, verso l’anno 1000, si fece battezzare. Sposò la principessa Anna di Costantinopoli, figlia dell’Imperatore Niceforo Foca e sorella di Teofania, regina degli Alemanni. Queste due principesse introdussero alla corte dei loro mariti i costumi e l’etichetta bizantina e chiamarono nei loro regni sapienti e studiosi, i quali cercarono diffondere tra quei popoli ancora barbari l’istruzione e l’educazione di Bisanzio e di Atene. Vennero fondate scuole, si diede incremento ai commerci e l’idea, diciamo così, monarchica cominciò ad affermarsi e a prender corpo.

    Col regno di Vladimiro, la Russia abbracciò la religione Greca e la grande «provincia» russa fu aggiunta al Patriarcato di Costantinopoli. L’influenza e l’infiltrazione greca appaiono anche nella lingua russa, che ha gran numero di lettere greche nel suo alfabeto, per quanto, naturalmente, il fondo di essa sia rimasto slavo.

    Jaroslaw, figlio di Vladimiro, pubblicò leggi, alcune delle quali, per altro, assai curiose e significative: strappare un pelo dalla barba di un uomo, a mo’ d’esempio, era un delitto più grande, che tagliargli un dito.

    I russi rimasero tributarii dei Mongoli per molti secoli e fu sotto il regno di Dimitri III, che se ne liberarono. La completa disfatta inflitta da Dimitri sul Don ai Mongoli, li obbligò a ritirarsi. Essi nella fuga avevano saccheggiata e messa in rovina Mosca, ma questa città fu ricostruita e divenne la capitale della Russia.

    Fu nel 1497, sotto Ivan III, che la Russia cominciò ad essere visitata dagli stranieri.

    Ivan III sottrasse definitivamente il suo popolo al giogo dei Mongoli, conquistò il Regno di Kazan, si annesse varie altre provincie e fece fare un gran passo alla civiltà, dando sagge leggi e fondando nuove istituzioni utili. Sposò la bellissima Maria Paleologo, che prese il nome russo di Sofia.

    La corte russa fu allora largamente ospitale coi filosofi e sapienti greci, ed è in questo tempo, che sulle armi dello stemma russo appare l’ «aquila a due teste», aggiunta al preesistente San Giorgio, che uccide il Drago.

    I sovrani russi non avevano ancora il titolo di Granduchi e non regnavano completamente su quelle vaste provincie, sempre sconvolte da sanguinosi conflitti.

    Quando Ivan III salì al potere, due di queste provincie erano particolarmente forti: Novogorod la grande e Pskoff. Ivan ne intraprese la conquista. Pskoff, più debole, aprì le sue porte e si sottomise. Non egualmente facile fu la sottomissione di Novogorod, che aveva per divisa: «Chi osa resistere a Dio e a Novogorod?»

    Ivan dovette assediarla e se ne impadronì nel 1467. La città possedeva ricchezze immense; oro, argento, pietre preziose, stoffe di seta, pelli di inestimabile valore furono il bottino del vincitore, che si servì di trecento carri per trasportarlo a Mosca. La corte russa, che fino allora aveva

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1