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Gli Agnelli: Segreti, misteri e retrsoscena della dinastia che ha dominato la storia del Novecento italiano
Gli Agnelli: Segreti, misteri e retrsoscena della dinastia che ha dominato la storia del Novecento italiano
Gli Agnelli: Segreti, misteri e retrsoscena della dinastia che ha dominato la storia del Novecento italiano
E-book191 pagine2 ore

Gli Agnelli: Segreti, misteri e retrsoscena della dinastia che ha dominato la storia del Novecento italiano

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Info su questo ebook

Quando il conte Emanuele Cacherano di Bricherasio, insieme con altri eminenti piemontesi, tra cui Giovanni Agnelli da Villar Perosa, decise di far nascere la FIAT, mai avrebbe immaginato che avrebbe dato il "la" alla nascita di una dinastia che per oltre 100 anni avrebbe regnato sui destini industriali dell'Italia. Si parla della famiglia Agnelli, che riuscì a conquistare la proprietà della FIAT e a divenire la numero uno del capitalismo italiano. Una famiglia al centro di intrighi, misteri e morti sospette. Quella di Edoardo Agnelli, padre dell'Avvocato, decapitato dall'elica di un aereo o quella misteriosa di Giorgio Agnelli, fratello dell'Avvocato, caduto dalla tromba delle scale di una clinica svizzera, una morte che ricorda quella del nipote Edoardo, precipitato da un viadotto. Rapporti familiari avvelenati e compromessi da eredità controverse, come quella dell'Avvocato e, ora, della moglie Marella. E che dire della vita sopra le righe di Lapo Elkann? Quale è oggi il futuro della azienda e, soprattutto, chi sono i veri proprietari della FIAT?" I dubbi sulla morte di Edoardo, la vita sopra le righe di Lapo, la controversa eredità dell'Avvocato e ora della moglie Marella. La storia della dinastia Agnelli, una famiglia al centro di misteri e sfortunate morti premature.
LinguaItaliano
EditoreDiarkos
Data di uscita30 mag 2019
ISBN9788832176285
Gli Agnelli: Segreti, misteri e retrsoscena della dinastia che ha dominato la storia del Novecento italiano

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    Anteprima del libro

    Gli Agnelli - Antonio Parisi

    Avvertenza

    Per una migliore comprensione di questo lavoro ci si è avvalsi di un ampio apparato di note che assume, in alcuni casi, un’estensione inusuale, sia per ricchezza di informazioni, sia per l’intrinseco valore documentale che rappresenta.

    In qualche caso, le annotazioni superano per importanza il contenuto testuale del libro. Questo significa anche che ogni singolo concetto, vicenda storica o fatto di cronaca narrato è esplicato, approfondito e supportato da documenti. In parte, proprio nelle note, un testimone di eccezione, Marco Bava, che di Edoardo Agnelli fu confidente per molti anni, ci racconta particolari e fatti inediti su questa vicenda: tutti i documenti in suo possesso relativi ad Edoardo sono stati messi a disposizione dell’Archivio di Stato. Bava in realtà, ben informato dei fatti amministrativi della Fiat, è risultato prezioso per penetrare il mistero della proprietà dell’impero degli Agnelli e dei loro eredi.

    Una storia complessa quella della famiglia Agnelli. La loro vicenda potrebbe costituire la fonte di una sceneggiatura per una telenovela. Loro, gli Agnelli, sono stati toccati da tragedie pesanti sul piano familiare, ma hanno usufruito di importanti colpi di fortuna sul piano imprenditoriale che li hanno salvati dalla débâcle e dal disonore. Molti colpi di fortuna sono stati favoriti dalla abilità di fedeli dirigenti di azienda, figure che sono comparse al momento giusto e che hanno impedito che la nave della Fiat naufragasse miseramente così come invece è accaduto ad altre aziende capitaliste italiane. In alcuni casi a suggerire i nomi giusti agli Agnelli sono stati alcuni numi tutelari che ne hanno protetto il cammino. È stato così per Cesare Romiti, consigliato, anzi imposto, da Enrico Cuccia, l’inarrivabile patron di Mediobanca e grande arbitro dei destini dei patrimoni delle famiglie imprenditoriali d’Italia. Agli Agnelli il merito di aver ben saputo convivere con questi personaggi dal potere immenso. Si pensi poi a Valletta, che salvò la Fiat negli anni terribili susseguenti alla caduta del Fascismo. Per ultimo tra questi uomini non si può dimenticare Sergio Marchionne, l’abruzzese naturalizzato canadese che entrò in Fiat quando l’azienda perdeva due milioni di euro al giorno, risanandola e facendola divenire un gioiello a livello planetario. Strana figura Marchionne. Riservato sino ad ammantare la sua vita, in un certo senso, di nebbie. Nebbie che hanno circondato anche la sua morte.

    L’ultimo atto si è avuto il 23 febbraio del 2019, quando a Torino si è spenta Marella Agnelli Caracciolo di Castagneto, vedova di Gianni Agnelli. Con lei scompare la regina della dinastia imprenditoriale che nel dopoguerra regnò incontrastata sull’industria italiana. Si trattò di potere economico, ma Marella e suo marito Gianni, detto l’Avvocato, incarnarono veramente una coppia regale. Infatti nell’immaginario collettivo italiano i due coniugi presero, in un certo senso, il posto lasciato dai membri della ex Casa reale, costretti dalle norme transitorie della Costituzione a vivere in esilio dal 1946 sino al 2002.

    Quando morì l’Avvocato nel 2003, si scatenò una guerra successoria che vide affrontarsi su posizioni contrapposte la figlia di Marella e di Gianni, Margherita Agnelli, contro la sua stessa madre e contro gli avvocati dell’Avvocato. Ora dopo la morte di Marella potrebbe esserci il bis. Marella avrebbe lasciato un patrimonio di 15 miliardi di euro, di cui una parte in lingotti d’oro, e ad affrontarsi per prendersi l’eredità potrebbero essere questa volta Margherita contro suo figlio John Elkann.

    Antonio Parisi

    Edoardo Agnelli: la strana morte del figliuol scomodo

    Una mattina su un viadotto autostradale

    Erano da poco passate le dieci del mattino del 15 novembre del 2000. Carlo Franchini, cinquantuno anni, da ventidue dipendente della società che gestisce l’autostrada Torino-Savona, stava percorrendo con l’auto di servizio le corsie che portano verso la Liguria. Giunto all’altezza di Boschetti, piccola frazione del comune di Fossano in provincia di Cuneo, imboccato il viadotto intitolato al generale dei carabinieri Franco Romano che scavalca il torrente Stura per una lunghezza di 2750 metri, si accorge che in corrispondenza del pilone 35 una Croma metallizzata era parcheggiata sulla corsia di emergenza, accostata al parapetto del ponte e con la freccia destra lampeggiante.

    Del guidatore non v’era traccia. E Franchini ebbe un presentimento: forse qualcuno aveva abbandonato la vettura per farla finita, buttandosi di sotto. Non sarebbe stata la prima volta, visto che quel viadotto, il più alto dell’autostrada, era già stato teatro di altri suicidi.

    L’uomo però non si fermò. Proseguì per 2 chilometri, sino al distributore di benzina della Q8 situato poco dopo il ponte. Voleva accertarsi che il proprietario della Croma, magari con la vettura in panne, non se ne fosse andato a piedi alla stazione di servizio per chiedere aiuto.

    Non era così.

    Allora tornò indietro. Parcheggiò. Si avvicinò alla Croma. Si affacciò al parapetto e guardò giù, ai piedi del pilone. Ottanta metri sotto, vicino al greto del torrente, si intravedeva un corpo che giaceva a terra. Avvisò subito la sala radio. Poco dopo, quando già la polizia era giunta sul posto per i rilievi, seppe dai suoi colleghi che il cadavere apparteneva a Edoardo Agnelli, figlio di Gianni, l’Avvocato per antonomasia, che molti consideravano l’uomo più potente d’Italia.

    In breve tempo i media si impadronirono della notizia. E alle 13.24 l’agenzia di stampa Ansa confermò:

    Edoardo Agnelli, 46 anni, figlio del senatore a vita Giovanni Agnelli, è stato ritrovato oggi cadavere sul greto del torrente Stura lungo l’autostrada Torino-Savona.

    La morte di Edoardo, erede di uno degli imperi industriali più importanti al mondo, suscitò emozione non solo a Torino, dove la famiglia Agnelli piemontese doc aveva da oltre un secolo il centro delle proprie attività e ricchezze, ma in tutta Italia.

    D’altra parte le vicende degli Agnelli hanno colpito, almeno dalla fine della guerra, l’immaginario collettivo. Forse perché, nel bene o nel male, sono stati considerati e identificati, a Torino e in gran parte del paese, come una sorta di surrogato borghese della Casa reale, anch’essa piemontese, caduta a seguito del chiacchierato referendum istituzionale del 2 giugno 1946.

    Fin da subito, si cominciò a parlare di suicidio. E questo nonostante il procuratore di Mondovì, Riccardo Bausone, 65 anni, dichiarasse al «Corriere della Sera»¹ di non avere le prove inoppugnabili per affermare che si trattasse di suicidio.

    Anzi. Bausone dichiarava all’inviato del quotidiano di via Solferino² che, oltre al suicidio, si stavano valutando altri scenari: per esempio, malore o omicidio.

    Qualcosa però successe in quei frangenti. Perché, abbandonate, o meglio dimenticate, le ipotesi alternative, gli investigatori chiusero presto il caso come suicidio. Probabilmente qualcosa o qualcuno, con le sue osservazioni tranquillizzanti, era riuscito a convincere magistrato e medico legale che tutto fosse chiaro e che non c’erano aspetti controversi da approfondire: dunque perché perdere tempo con un’autopsia completa del corpo di Edoardo? Di certo, magistrato e medico legale decisero che bastava solo un esame sommario del cadavere. Perché fu ciò che di fatto avvenne.

    La salma finì in una bara di alluminio e fu portata dalla ditta di pompe funebri L’angelo all’obitorio del cimitero di Fossano. Alle 15.15 fu esaminata dal dottor Marco Ellena, che procedette a una breve ricognizione del corpo. Ci impiegò un’ora e un quarto per completare sia gli adempimenti medici sia quelli amministrativi (compilazione del verbale ecc.). Subito dopo la salma fu riconsegnata alla famiglia Agnelli.

    L’Ansa, in un lancio delle 17.39, raccolse le dichiarazioni del procuratore di Mondovì Riccardo Bausone. Questi, però, affermò che un’autopsia c’era stata, che era terminata poco prima delle 17 e che si era svolta con particolare celerità perché l’Avvocato aveva fretta di riavere il corpo di Edoardo. All’esame necroscopico, aggiunse l’agenzia, erano presenti il questore di Torino Nicola Cavaliere e quello di Cuneo Isidoro Adornato.³

    Il motivo per cui Bausone non specificò che fu, invece, effettuato solo un esame sommario è una delle tante stranezze che hanno accompagnato la morte di Edoardo. Sull’argomento tornerò più nel dettaglio. Ma qui non si può non raccontare un aspetto per alcuni versi inquietante della vicenda. Siccome per anni all’opinione pubblica è stato ripetuto che un esame autoptico completo c’era effettivamente stato, non appena il collega giornalista Giuseppe Puppo nel suo Ottanta metri di mistero⁴ evidenziò – ben nove anni dopo la tragedia – che invece ci fu solo un esame sommario del cadavere, mi parve giusto ricordare il particolare nell’ambito di due articoli dedicati alla strana fine del figlio dell’Avvocato, pubblicati dal settimanale «Visto»,⁵ che ottennero notevoli riscontri ed ebbero grande risalto mediatico. Ebbene, in concomitanza con l’uscita del secondo articolo di «Visto», qualcuno tentò di bloccarne i possibili effetti dirompenti sull’opinione pubblica con una sopraffina e arrogante opera di disinformazione. Infatti, mentre su internet si scatenavano le testate giornalistiche online diffondendo la notizia della mancata autopsia, ecco apparire, affidata all’agenzia di stampa Adnkronos di proprietà di Pippo Marra e allora diretta da Andrea Pucci, una dura nota di una non meglio precisata fonte investigativa piemontese. Quest’ultima smentiva «Visto» e testualmente affermava:

    In relazione alle anticipazioni del settimanale «Visto», da fonti giudiziarie piemontesi viene ricordato che sul corpo di Edoardo Agnelli fu effettuata, alla presenza del procuratore della Repubblica di Cuneo, una attenta autopsia da parte di un medico legale alla presenza anche della polizia giudiziaria e della polizia scientifica. Inoltre, vennero effettuati tutti i prelievi tossicologici il cui esito venne riferito all’autorità giudiziaria che, a conclusione di tutti gli esami, restituì la salma di Edoardo Agnelli solo nella tarda serata dello stesso giorno, il 15 novembre 2000, in cui avvenne la disgrazia.

    Dunque, si ricorreva alla sottile menzogna, per depotenziare una notizia che da sola, in casi analoghi, avrebbe potuto far riaprire le indagini.

    A comprovare la stupefacente mancata autopsia, c’è una montagna di prove testimoniali e documentali. Eppure, lì per lì, la disinformatia messa in atto dalle criptiche e generiche fonti giudiziarie mise in imbarazzo sia la redazione di «Visto» sia il sottoscritto. Si rischiava di apparire superficiali e di aver diffuso come vera, senza le opportune verifiche, un’informazione che ora la smentita fatta giungere all’Adnkronos faceva sembrare falsa.

    Evidentemente, ancora a nove anni dalla morte di Edoardo, qualcuno aveva interesse a intorbidire le acque. Chi aveva operato la disinformazione non si era fatto scrupolo di mentire spudoratamente sull’autopsia, affermando falsamente che era stata regolarmente eseguita. Nello stesso tempo si era raggiunto l’obiettivo di gettare dubbi sulla credibilità professionale di Puppo e mia, che invece affermavamo non esserci stato un esame autoptico completo ed esaustivo. Desta stupore che il procuratore Bausone, in occasione del lancio dell’Adnkronos del 19 febbraio 2009, non abbia smentito le fonti giudiziarie che parlavano di «un’attenta autopsia» eseguita alla sua presenza, completa degli esami tossicologici, pur sapendo che quanto affermato da quelle fonti era falso.

    La questione dell’autopsia si ripropose nel 2010, il 16 settembre, quando Giovanni Minoli annunciò che nella puntata di La storia siamo noi, in onda il successivo 23 settembre, avrebbe parlato della morte di Edoardo. Nell’occasione le anonime fonti, divenute da giudiziarie a investigative, ritornarono alla carica per riaffermare che l’autopsia c’era stata e per smentire Minoli, che correttamente raccontava di come si fosse trattato solo di un esame sommario. Alle 15.15 l’Ansa, dando credito alle fonti, affermava che l’autopsia era stata completa e che era durata ben tre ore. Ancora una volta Bausone non smentisce le sedicenti fonti investigative dell’agenzia.

    Alle 18.11, mentre Minoli rimaneva fermo sulle sue posizioni, l’Ansa, con un nuovo lancio, ribadiva che l’autopsia era durata tre ore e dava spazio al direttore di Rai Educational che sosteneva la meticolosità della propria ricostruzione.

    Finalmente, alle 20.06, dieci anni dopo la morte

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