Nonno per finta
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Anteprima del libro
Nonno per finta - Domenico Carbut
DOMENICO CARBUT
NONNO PER FINTA
Atile Edizioni
ALDO
Bari. Sono le sette del mattino di una giornata di metà settembre, mentre la sigla iniziale del giornale si propaga dalla radiosveglia.
Aldo è già sveglio da una mezz’oretta, si guarda intorno ancora con aria sonnacchiosa, accende il cellulare, si alza e si dirige verso la portafinestra e tira su la tapparella.
La luce del sole, ancora basso all’orizzonte, riflessa dal mare lo abbaglia. Abita in un bilocale al sesto piano di un edificio del centro, in via Melo: una camera da letto, un soggiorno e una piccola cucina. È lo stesso appartamento, dove abitava Alberto, un suo collega più giovane di lui di qualche anno, trasferitosi all’estero per motivi di lavoro. Le case di fronte sono più basse per cui ha un bella vista sul mare. Esce sulla piccola terrazza e respira a pieni polmoni il salmastro spinto da una leggera brezza; l’aria è frizzantina, ma il cielo terso promette una giornata tiepida.
Poi rientra in camera da letto. Anche se single da tempo, ha conservato il letto matrimoniale con due comodini, un cassettone e un armadio: tutti di colore chiaro.
Passa nel soggiorno ancora avvolto nel buio, tira su la tapparella della portafinestra che si affaccia sulla terrazza. Ed ecco che la luce improvvisa rivela un tavolo rotondo con quattro sedie, un divano addossato alla parete nord, una libreria piena zeppa di libri sulla parete opposta, due tastiere sovrapposte complete di mixer e altoparlanti. Quest’ultime retaggio di quando faceva ancora serate di pianobar.
Si sposta in cucina e si prepara una semplice colazione: una tazza di caffellatte e una tazzina di caffè accompagnate da un pezzo di crostata. Mette tutto su un vassoio e ritorna sulla terrazza dalla portafinestra del soggiorno, poi appoggia il suo pasto sul tavolino esterno. Fa colazione lentamente godendosi il suo mare, in quel momento, liscio come una tavola. Dalla sua terrazza può vedere le lampare che rientrano dopo la pesca notturna e i pescivendoli che preparano i loro banchetti " nderr a la lanz" , il tipico mercatino del pesce sistemato sul pontile che collega il lungomare con un ristorante situato su palafitte in mezzo all’acqua.
Finita la colazione rientra, lava le tazze e va in bagno, si posiziona davanti allo specchio e comincia a radersi, guarda l’immagine riflessa e si dice ad alta voce: «Non puoi di certo lamentarti! Hai quasi settant’anni, ma te ne danno dieci di meno. Hai ancora un fisico asciutto; i tuoi capelli alla James Dean, anche se bianchi; il tuo metro e settanta e tutti i denti originali. Non sei iperteso, diabetico o cardiopatico. Cosa vuoi di più dalla vita? È vero, sei single, tuo malgrado, ma non sono le donne che ti mancano. Puoi guardare avanti e scordarti il passato, anche se non è così semplice».
Dopo una doccia veloce torna in camera da letto e si prepara per una passeggiata sul lungomare: dal Teatro Margherita fino ai giardini in fondo. Prima di uscire dà un’occhiata al cellulare: ci sono alcuni messaggi. Il rumore della doccia ha coperto il suono delle notifiche.
Il primo è un messaggio del giorno precedente, probabilmente arrivato quando aveva già spento il telefonino. È di Stefania, la sua amica.
Stefania: Ciao, Aldo. Tutto ok? Fra due settimane al Charlie riprende il karaoke, ci sei anche tu?
Aldo: Ciao, Stefy. Sì, tutto bene. Salvo imprevisti ci sarò di sicuro. A te come gira?
Stefania: Oggi non gira tanto bene, mi sento un po’ giù, ma tiro avanti. Ti devo salutare perché devo accompagnare mia figlia a scuola e poi vado al lavoro. Ciaooo.
Aldo: A presto allora e tirati su. Se hai bisogno chiamami. Ciao.
Il secondo sms è di Bruno, il suo amico di Brescia. Anche questo della sera precedente.
Bruno: Ciao, Aldo. Sei ancora di questo mondo o ti hanno rapito gli alieni? È tanto che non ti fai sentire, appena puoi chiamami che ci facciamo quattro chiacchiere. Ho provato a chiamarti sul fisso, ma non sei mai in casa. Com’è il tempo a Bari? Qui ha cominciato a piovere e la temperatura si è abbassata.
Aldo: Ciao, Bruno. Hai ragione, ma ultimamente sono stato un po’ impegnato. Qui il tempo è ancora abbastanza caldo. Se la memoria a breve non mi tradisce, ti chiamo all’ora di pranzo.
Il terzo messaggio è di una sua ex.
Olga: Brutto figlio di buona mamma, sono quasi due mesi che non ti fai vivo. Ok, sono stata molto dura con te, ma almeno potevi farti sentire.
Aldo: E come avrei potuto? Mi hai mandato a fanculo, mi hai chiamato stronzo e figlio di cooperativa, mi hai bloccato Messenger e WhatsApp, mi hai detto che tra noi è tutto finito… che altro pretendi?
Olga: È vero, l’ultima volta che ci siamo visti ero piuttosto incazzata, ma sai come siamo noi donne… prima scateniamo il finimondo, ma poi ci calmiamo. Potevi mandarmi almeno un sms.
Aldo: Ma se mi hai detto di non scriverti più!
Olga: Tu prendi le donne troppo sul serio, non siamo così nette, ma piene di sfumature. E comunque potevi telefonarmi.
Aldo: Con il rischio che tu mi rifiutassi la chiamata? No, in questi frangenti io mi irrigidisco, prendo tutto alla lettera, ci tengo al rispetto di me stesso. Se una mi dice non farti più vedere né sentire
, io faccio così.
Olga: Ma tu mi hai illusa.
Aldo: Illusa, un corno! Ti avevo detto sin dall’inizio come stavano le cose, ma tu hai voluto iniziare lo stesso una relazione pensando di farmi cambiare idea, invece io sono irremovibile. Non vale più la pena di continuare, chiudiamola qui.
Olga: Sei più stronzo di quel che credevo. Hai ragione, è inutile continuare una storia cominciata male e finita peggio. Vaffanculo!
Aldo: Addio, Olga.
Aldo ha appena finito di litigare con Olga, quando sente il segnale dell’arrivo di un altro messaggio. Guarda sul display e legge il mittente. Si tratta di Alice, anche questa una sua ex, ma al contrario di tutte le altre, la loro breve relazione si è trasformata in una sincera amicizia.
Alice: Ciao, Aldo. Scusa se non mi sono fatta viva per tanto tempo, ma sono stata via. Sono appena tornata. Volevo solo sapere come stai.
Aldo: Ciao, Alice. Io sto bene. Ti va se ti chiamo e chiacchieriamo un po’?
Alice: Va bene, chiamami pure!
Aldo cerca il numero nella rubrica, la chiama e continua la conversazione a voce.
«Ciao, Alice. Come stai? Da quanto tempo che non ti sento! Dove sei stata?»
«Adesso sto bene, sai a cosa mi riferisco. Sono stata quasi un anno da mia sorella che abita a Stoccolma. Ti ricordi che ti ho parlato di lei?»
«Certo che mi ricordo di lei. Come sta? Da quanto sei tornata?»
«Sono tornata pochi giorni fa e ti ho subito pensato. La nostra storia è durata poco, ma è stata intensa. Stare con te è stato bello, mi hai fatto sentire una regina e con me sei stato sempre sincero. Sono stata io a chiuderla, perché non aveva senso continuarla, non poteva andare a buon fine con i nostri caratteri. Ma mi ha fatto capire che anche con il mio ex marito le cose erano arrivate a un punto morto. E così mi sono decisa a chiedere la separazione. Adesso sei l’amico più caro che ho.»
«Vale anche per me. Sei una donna in gamba e ci tengo alla tua amicizia.»
«Guarda che so tutto su tua moglie. Ti chiederai come l’ho saputo: ho le mie fonti. Non ti preoccupare, non diffonderò la cosa, ho capito il perché del tuo modo di fare. Non vorrei che qualcuna delle tue ex si facesse illusioni. Le conosco tutte e tu meriti di meglio.»
«Non sapevo che fossi più informata di un addetto alla questura, ma ho sempre saputo di poter contare sulla tua discrezione. Adesso ti lascio, avrai un sacco di cose da fare. Quando vuoi chiamami, mi fa piacere sentirti. Una sera di queste ti porto a mangiare una pizza.»
«D’accordo, una pizza con te la mangio volentieri. Non ti dispiace se viene anche il mio compagno? Così potrò presentartelo.»
«Perfetto, un giorno di questi mi chiami e ci mettiamo d’accordo. Spero che il tuo nuovo partner sia quello giusto per te. Lo capirò quando lo vedrò.»
«Perché non chiami tu?»
«Preferisco che lo faccia tu, non vorrei crearti problemi.»
«Sempre il solito con le donne. Non preoccuparti, non mi crei problemi, ma ti chiamo io, così sei più tranquillo. Ciao, carissimo. Buona giornata.»
«Ciao, bellissima. A presto.»
Infila il cellulare in tasca e mentre chiude a chiave la porta d’ingresso dice a sé stesso: «Quando torno devo proprio ricordarmi di telefonare a Bruno. Ha ragione lui, è un po’ che non lo sento».
CHIARA E STEFANIA
Contemporaneamente, in un appartamento in corso Italia, per Chiara suona la sveglia. È una ragazzina di quattordici anni che, da buona adolescente, spegne la suoneria, si rigira nel letto e torna a dormire abbracciando uno dei tanti peluche che la circondano. Esattamente quello che somiglia a Winnie the Pooh.
Nella piccola stanzetta, oltre al letto, vi sono un armadio a due ante, un comodino con la sveglia, un abat jour e il cellulare in carica. Alle pareti sono attaccati poster di cantanti in voga tra i giovanissimi.
«Alzati, dormigliona!» le urla sua madre dalla porta della cameretta.
«Uffa, non ho voglia» bofonchia la ragazza. «Lasciami dormire in pace!»
«Macché dormire e dormire! Alzati e preparati che devi andare a scuola.»
«Ho sonno, sono stufa e non ho voglia di andare a scuola.»
«ALZATI E NON FARE STORIE!» Stefania urla più forte.
Spaventata dal tono con cui sono state pronunciate queste ultime parole, Chiara si alza e, camminando come uno zombie, nel suo pigiama con l’immagine di Hello Kitty, si dirige verso il bagno per lavarsi, pensando tra sé: " E che ci vado a fare a scuola… a farmi prendere in giro da quei cretini dei miei compagni? Ce l’hanno con me perché sono un po’ cicciottella, ma che ne sanno loro di come mi sento e perché sono così!"
Abitano in un appartamento in corso Italia, di fronte al magazzino merci della stazione, al quarto piano. Oltre alla cameretta di Chiara, c’è quella della madre, un salotto- soggiorno che fa anche da ingresso, e una cucina abitabile.
Quando Chiara esce dal bagno si siedono al tavolo della cucina.
La madre sta preparando la colazione: tè e biscotti per entrambe. La ragazza nota che la donna procede come un automa, pensando ad altro, dall’aria distratta e con l’atteggiamento di una che sta cominciando a piangere. Mangiano in silenzio. " Ci risiamo è di nuovo in crisi" : pensa Chiara. Dal cellulare della donna proviene il suono di una notifica. La madre si riprende dal suo stato semi-ipnotico, legge il messaggio, risponde accennando un leggero sorriso, depone il telefono e continua la sua colazione.
«Ti ha scritto il tuo boyfriend.»
«Ma, figurati! È solo un caro amico, e poi a te non deve interessare, sono io che devo controllare te, non tu me. Da quando in qua i figli controllano i genitori? Dai, finisci il tuo tè che è tardi.»
«Mamma mia, come te la prendi subito! Non ti si può dire proprio niente.»
Quando terminano, la madre dice alla ragazza: «Sbrigati a vestirti che ti accompagno in auto prima di andare al lavoro».
«Ma se sono pochi isolati, ci metto di meno io ad andare a piedi che tu a fare il giro dei sensi unici, senza contare il traffico che c’è a quest’ora, e pensa che devi anche attraversare la piazza della stazione.»
«Ma così sono sicura che ci vai! Dai sbrigati» ribatte Stefania con un tono che non ammette repliche.
Chiara finisce di prepararsi, prende lo zaino ed esce insieme alla madre bofonchiando tra sé: " Anche questa storia di accompagnarmi in macchina deve finire. Non so come farlo capire alla mamma, senza doverle dire che i miei compagni mi prendono in giro anche per questo. Tutti quelli che abitano vicino al liceo vengono a piedi da soli ". Salgono in macchina, la distanza tra casa e scuola è di alcune centinaia di metri, ma a causa dei sensi unici e del traffico presente nella piazza della stazione ci mettono circa dieci minuti, come aveva previsto Chiara. A piedi, invece, ne avrebbero impiegati cinque.
«Lasciami all’angolo che faccio un pezzo a piedi e tu fai prima ad andare al lavoro.»
«Ma no, ormai siamo quasi arrivate.»
Stefania blocca l’auto vicino all’ingresso dell’istituto, Chiara apre la portiera e si precipita fuori schivando il bacio di saluto che la madre tenta di darle. Fuori ci sono i suoi compagni pronti a canzonarla anche per questo.
Mentre Stefania si allontana, uno dei suoi compagni le dice sghignazzando: «E oggi niente bacetto dalla mamma? Come mai, forse te ne sei dimenticata?»
Chiara non risponde, ma tira dritto verso l’ingresso.
LA PASSEGGIATA DI ALDO
Aldo esce dal portone di casa e si dirige verso corso Vittorio Emanuele, gira a destra, arriva al semaforo dell’incrocio con corso Cavour e si dirige verso il Teatro Margherita, quello costruito su palafitte nel porticciolo dei pescatori. Qui inizia la sua passeggiata mattutina dirigendosi verso sud.
Il mare è calmo, il sole comincia a essere alto in