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L' Individuo e il divenire del mondo
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L' Individuo e il divenire del mondo
E-book252 pagine3 ore

L' Individuo e il divenire del mondo

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Terza edizione corretta e aumentata
Julius Evola, come si legge nell'ultima pagina del suo libro, concluse Teoria e fenomenologia dell'Individuo assoluto nel 1924: uscirà in due tomi solo tre e sei anni dopo, mentre il giovane pensatore si stava già da tempo occupando di altro.
È il periodo intensissimo dei suoi scritti e delle sue polemiche in ambiente esoterico-occultistico, filosofico-accademico e religioso-protestante. Anche se sono apparsi diversi saggi su questi anni che vanno grosso modo dal 1924 al 1931 (diciamo dalla uscita della versione del Tao tê ching alla conclusione dell'esperienza del Gruppo di Ur), nonché siano state pubblicate alcune sue antologie di scritti dell'epoca, manca ancora uno studio organico specificatamente dedicato a questi tumultuosi cinque-sei anni ricchi di incontri e di scontri, di analisi e di polemiche, di conferme e ripensamenti. Un periodo decisivo per la formazione della "visione del mondo" del giovane pensatore, fra i 26 e i 33 anni.
Adesso si aggiunge questo volume che inserisce un altro titolo nella collana delle sue "Opere". Nelle bibliografie evoliane, a cominciare da quelle compilate dallo stesso interessato, è sempre presente L'individuo e il divenire del mondo, che in realtà vero e proprio "libro" non è, ma una piccola brochure di sole, ancorché densissime, 40 pagine, pubblicato nei primi mesi del 1926 dalla romana Libreria di Scienze e Lettere. Evidentemente, però, considerato di grande importanza dal suo autore. Nell'opuscolo sono riunite, come recita il sottotitolo, "due conferenze" del 1925 per la Lega Teosofica indipendente che, dopo la loro esposizione in pubblico, trovarono posto in versioni un po' diverse fra loro su riviste italiane e straniere: non solo Ignis e Ultra e anni dopo la tedesca Logos, ma anche bilingue (in italiano e in francese) come il cahier 1926-1927 di "900".
In pratica si tratta di una sintesi, adatta per un pubblico più che altro versato per argomenti esoterici e occulti, delle tesi espresse in Teoria e fenomenologia dell'Individuo assoluto (soprattutto del secondo tomo) in termini certamente più semplici e comprensibili di quelli, assai tecnico-accademici, utilizzati per il libro, ma anche dell'approccio, diciamo così "filosofico" alle dottrine tantriche esposto ne L'uomo come potenza pubblicato in quello stesso periodo.
Il pubblico cui si rivolgeva sulle riviste e nelle conferenze era senza dubbio curioso e ricettivo, ma anche polemico e battagliero a difesa delle sue posizioni nei confronti di un eterodosso Evola: il saggio di Luca Siniscalco ricostruisce nei particolari oggi a disposizione l'ambiente in cui il giovane filosofo operò e, per la prima volta, basandosi sulle informazioni pubblicate nei notiziari di Ultra, anche la progressione, l'argomento con vari dettagli e lo svolgersi di queste conferenze. Può un opuscolo di così poche pagine essere tanto importante nel corpus delle opere evoliane che comprendono testi dieci volte e più lunghi? Sì, certamente: e lo dimostra con un ampio e approfondito saggio introduttivo il professor Romano Gasparotti che individua in quelle due conferenze riunite un una sola brochure le idee fondative di quanto Julius Evola avrebbe poi sviluppato altrove: le sue intuizioni, le sue novità, la sua sintesi tra filosofia e dottrine orientali, i gradini su cui si sarebbe mosso per procedere oltre.
In appendice a L'individuo e il divenire del mondo sono riuniti gli articoli a esso collegati e spesso mai ripubblicati in precedenza, apparsi su testate come Ultra, Logos, Atanòr, Ignis e "900".
LinguaItaliano
Data di uscita5 giu 2015
ISBN9788827226162
L' Individuo e il divenire del mondo
Autore

Julius Evola

Il barone Julius Evola (pseudonimo di Giulio Cesare Andrea Evola) (Roma, 19 maggio 1898 – Roma, 11 giugno 1974) è stato un filosofo, pittore e poeta italiano. Fu personalità poliedrica nel panorama culturale italiano del Novecento, in ragione dei suoi molteplici interessi: arte, filosofia, storia, politica, esoterismo, religione, costume, studi sulla razza.

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    L' Individuo e il divenire del mondo - Julius Evola

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    L’INDIVIDUO E IL DIVENIRE DEL MONDO

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    JULIUS EVOLA

    Terza edizione corretta e aumentata

    con gli scritti di Ultra, Logos, Atanòr, Ignis e 900

    Saggio introduttivo di Romano Gasparotti

    Appendice di Luca Siniscalco

    Opere di Julius Evola

    a cura di Gianfranco de Turris

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    Copyright

    L’INDIVIDUO E IL DIVENIRE DEL MONDO

    I ed.: Libreria di Scienze e Lettere, Roma 1926.

    II ed.: Edizioni Arktos, Carmagnola 1976.

    III ed. corretta e aumentata: Edizioni mediterranee, Roma 2015.

    © Copyright 1961-2015 by Edizioni Mediterranee

    In copertina:

    Julius Evola fotografato da Stanislao Nievo (1968).

    Diòniso, incoronato d’edera, siede stringendo con la destra una coppa colma di vino, simbolo dell’estasi dionisiaca. Piatto attico a figure nere del 520-500 a.C., dipinto e firmato dal ceramografo greco Psiax. Proveniente da Vulci, oggi conservato nel British Museum di Londra..

    ISBN 978-88-272-2616-2

    Prima edizioni digitale 2015

    © Copyright 2015 by Edizioni Mediterranee

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

    Nota del Curatore

    image-2.png

    Julius Evola, come si legge nell’ultima pagina del suo libro, concluse Teoria e fenomenologia dell’Individuo assoluto nel 1924: uscirà in due tomi solo tre e sei anno dopo, mentre il giovane pensatore si stava già da tempo occupando d’altro: le dottrine orientali, ad esempio, oppure i vari aspetti dello spiritualismo frequentando diversi, e spesso contrapposti, ambienti romani. In attesa, però, della uscita di quella che considerava l’opera-base del proprio pensiero, il sistema su cui poggiare tutte le sue successive speculazioni, cercava di divulgare tesi che ancora non erano state stampate e quindi precisamente conosciute. Tutto andava bene, dalle riviste alle conferenze, pur se non in ambiti specificatamente filosofici.

    È il periodo intensissimo dei suoi scritti e delle sue polemiche in ambiente esoterico-occultistico, filosofico-accademico e religioso-protestante. Anche se sono apparsi diversi saggi su questi anni che vanno grosso modo dal 1923 al 1930 (diciamo dalla uscita della versione del Tao tê ching alla conclusione della esperienza del Gruppo di Ur), nonché siano state pubblicate alcune sue antologie di scritti dell’epoca, manca ancora uno studio organico specificatamente dedicato a questi tumultuosi sei-sette anni ricchi di incontri e di scontri, di analisi e di polemiche, di conferme e ripensamenti. Un periodo decisivo per la formazione della visione del mondo del giovane pensatore, fra i 26 e i 32 anni.

    Adesso agli scritti e alle introduzioni di Roberto Melchionda, Marco Rossi, Gian Franco Lami, Alessandro Giuli, Giovanni Sessa si aggiunge questo volume che inserisce un altro titolo nella collana delle sue Opere.

    Nelle bibliografie evoliane, a cominciare da quelle compilate dallo stesso interessato, è sempre apparso L’individuo e il divenire del mondo, che in realtà vero e proprio libro non è, ma una piccola brochure di sole, ancorché densissime, 40 pagine pubblicata nei primi mesi del 1926 dalla romana Libreria di Scienze e Lettere. Evidentemente, però, considerata di grande importanza da Evola. Egli stesso scrive nelle poche righe premesse alla brochure che il suo intento è dare nella sintesi più rapida e diretta il punto su cui gravita l’insieme di ciò che io voglio e che si trova nel sistema delle mie tre opere, e cioè i Saggi sull’idealismo magico, Teoria e L’uomo come potenza, quindi da considerarsi collegate fra loro.

    Nell’opuscolo sono riunite, come recita il sottotitolo, due conferenze del 1925 per la Lega Teosofica Indipendente che dopo la loro esposizione in pubblico trovarono posto in versioni un po’ diverse fra loro su riviste italiane e straniere: non solo Ignis e Ultra e anni dopo la tedesca Logos, ma anche bilingue (in italiano e in francese) come il cahier 1926-1927 di 900. In pratica si tratta di una sintesi, adatta per un pubblico più che altro versato per argomenti esoterici e occulti, delle tesi espresse in Teoria e fenomenologia dell’Individuo assoluto (soprattutto del secondo tomo) in termini certamente più semplici e comprensibili di quelli, assai tecnico-accademici, utilizzati per il libro, ma anche dell’approccio, diciamo così filosofico alle dottrine tantriche esposto ne L’uomo come potenza pubblicato in quello stesso periodo. In tal modo Evola si riprometteva (lo dice chiaramente) di render noto il proprio sistema filosofico quando erano appena usciti i Saggi sull’idealismo magico, stava per uscire L’uomo come potenza e in seguito sarebbe stata la volta di Teoria. Il pubblico cui si rivolgeva sulle riviste e nelle conferenze era senza dubbio curioso e ricettivo, ma anche polemico e battagliero a difesa delle sue posizioni nei confronti di un eterodosso Evola: il saggio di Luca Siniscalco ricostruisce nei particolari oggi a disposizione l’ambiente in cui il giovane filosofo operò e, per la prima volta, basandosi sulle informazioni pubblicate nei notiziari di Ultra, anche la progressione, l’argomento con vari dettagli e lo svolgersi di queste conferenze.

    Può un opuscolo di così poche pagine essere tanto oggettivamente importante nel corpus delle opere evoliane che comprendono testi dieci volte e più lunghi? Sì, certamente: e lo dimostra con un ampio e approfondito saggio introduttivo il professor Romano Gasparotti che individua in quelle due conferenze riunite un una sola brochure le idee fondative di quanto Julius Evola avrebbe poi sviluppato altrove: le sue intuizioni, le sue novità, la sua sintesi tra filosofia e dottrine orientali, i gradini su cui si sarebbe mosso per procedere oltre.

    Ma appena 40 pagine non potevano essere sufficienti per un volume della collana dedicata alle Opere di Julius Evola, sicché si è pensato di aggiungere dei testi in assoluto poco o nulla conosciuti che fanno comprendere meglio gli interessi del giovane scrittore in quel periodo, gli intenti che si proponeva collaborando a testate fra loro diverse (occulte, esoteriche, filosofiche), insomma il suo progetto culturale dell’epoca. I testi sono più o meno collegati, per tempi e argomenti, a quelle due conferenze, e hanno anche lo scopo di promuovere i libri che in quegli anni uscivano o stavano uscendo, L’uomo come potenza, Teoria e fenomenologia dell’Individuo assoluto. Le collaborazioni a Ultra (1924-1926), Atanòr (1924) divenuta poi Ignis (1925) fondate e dirette da Arturo Reghini e delle cui redazioni Evola faceva ufficialmente parte, non tutte sono qui riprese: sono stati esclusi i veri e propri lunghi estratti dai libri che il giovane pensatore stava pubblicando e che adesso sono ripresentati dalle Mediterranee in edizione critica (L’uomo come potenza: una serie di articoli identici apparsi sia su Ultra che su Atanòr); oppure testi che sono poi confluiti in Saggi sull’idealismo magico (gli interventi su Gentile e Keyserling, quello su idealismo e occultismo e la polemica con Vezzani), nonché la conferenza che darà il titolo alla sua brochure, tutti pubblicati da Ultra. Non è inserito Dioniso uscito su Ignis e poi esattamente riportato ne L’individuo, mentre vi è Par delà Nietzsche, apparso sul cahier hiver 1926-1927, secondo volume di 900 diretto da Bontempelli e Malaparte, stampato a Roma nel 1927, perché è diverso dal testo di Ignis avendo rispetto a Dioniso, oltre a varie modifiche, anche alcune pagine in più e altre in meno per accentuarne il carattere nietzschiano. È la prima volta che si ripubblica, così come il contributo a Logos (1924), la rivista filosofica diretta da Antonio Aliotta, sino a oggi praticamente sconosciuto. Per amor di completezza sono state inserite anche alcune recensioni coeve di opere evoliane.

    Il testo de L’individuo e il divenire del mondo è stato ripreso dalla edizione originale del 1926, non facile a trovarsi. Esso è presente in sole cinque biblioteche pubbliche italiane, vale a dire: la Biblioteca comunale Benincasa di Ancona, la Biblioteca del Centro studi Romolo Murri di Gualdo (Macerata), la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, la Biblioteca comunale Manfrediana di Faenza (Ravenna), la Biblioteca di Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. In alcune di esse la brochure non era disponibile, o introvabile o in prestito o inviata alla digitalizzazione: alla fine l’unico esemplare che era possibile ottenere in fotocopia è stato, anche grazie all’interessamento del professor Giovanni Casadio, quello presso la Biblioteca comunale di Faenza. Il testo è stato riprodotto tale e quale con pochi interventi sugli accenti, la punteggiatura, i corsivi, gli a capo. Lo stesso vale per gli articoli di seguito riprodotti dove spesso erano presenti parole con accenti tonici oggi non più in uso eccetto rari casi. Sono stati corretti diversi evidenti errori di stampa. Come in tutti gli altri libri di Evola presenti in questa collana, nelle parole sanscrite la ç è diventata sh. Le note del curatore sono indicate (N.d.C), tutte le altre sono dell’autore.

    G.d.T.

    Non posso non ringraziare Alessandro Giuli, Mauro Scacchi, Luca Siniscalco, Giovanni Sessa (cui si devono le schede delle riviste) per l’aiuto dato alla compilazione di questo volume. E Alessandro Grossato per l’immagine di copertina.

    L’Individuo assoluto e la magica potenza dell’immagine

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    di Romano Gasparotti

    1. Premessa

    Parafrasando quanto Evola stesso ebbe modo di dire a proposito di Nietzsche¹, l’esperienza evoliana non è ancora esaurita, in quanto non è nemmeno cominciata. E l’occasione migliore, per far uscire dall’ombra o dal fraintendimento il pensiero di questo autore, può essere data dal ricominciare a leggerlo proprio a partire da questi scritti, che si collocano nel cuore di quello che l’autore stesso definì periodo filosofico(1923-1927), il quale segue il periodo artistico. Dimostrando che, tra i due momenti giovanili, non vi è affatto un salto, né una netta cesura². La continuità è data dal fatto che la filosofia, per Evola, è tale solo quando viene messa all’opera: impresa che la filosofia occidentale, in tutta la sua vicenda medievale e moderna, mai è stata capace di compiere. E ogni autentica opera, attraverso le potenti immagini di senso che essa suscita, agisce come un invito a sperimentare, ognuno a modo proprio, la possibilità di spingerci al di là di quel che siamo stati, che siamo e potremmo essere.

    2. La via dell’idealismo magico

    Per Evola, la questione fondamentale attorno alla quale ruota tutta la filosofia moderna è quella della certezza, vale a dire la necessità di riportare ogni oggettività all’interno del pieno dominio conoscitivo del soggetto. In questa prospettiva, l’idealismo dialettico rappresenta un momento di passaggio imprescindibile, avendo il merito di aver riportato la totalità dell’essente all’interno dell’orizzonte unico dell’Io trascendentale, oltre il quale non c’è nulla. Non si tratta, però, per Evola, della definitiva soluzione del problema. L’Assoluto hegeliano, infatti – l’esito più compiuto di tale percorso – è definito come l’identità dell’identità e della non-identità³, nel senso che opporre ed esser-uno sono contemporaneamente in esso⁴. L’opposizione, quindi, viene sì riportata entro l’orizzonte unico dello Spirito, ma non viene affatto meno come tale, bensì risorge su un diverso piano, all’interno della dimensione intrascendibile del concetto. E, per Hegel, "solo nel concetto la verità trova l’elemento della sua esistenza⁵, per cui lo sforzo della filosofia sta nel prender su di sé la fatica del concetto⁶, riconducendo tutte le determinazioni dell’intero all’elemento speculativo inteso quale ri-flessione ponente, il cui movimento comporta sempre un contraccolpo"⁷ di sé con sé, il quale è lungi dal sospendere il ripresentarsi della differenza logica. Da ciò Evola ricava la propria tesi, secondo la quale la filosofia moderna, anche nella sua versione più compiuta, si colloca tutta all’interno della dimensione logocentrico-speculativa del concetto, esplicandosi come un pensare riflessivo, che sa dire l’identità solo nella differenza. Lo stesso Gentile, nel suo tentativo di oltrepassare questo limite con l’attualismo inteso quale unità di conoscenza e prassi, prende quest’ultima ad oggetto di una teoria, la quale, come tale, non offre questa unità stessa, ma il discorso intorno ad essa (…), un semplice concetto che può venire indifferentemente comunicato e a cui chiunque può anche assentire, senza che ciò in nulla lo porti al di là di quel che egli è⁸. In questa condizione, il soggetto resta incapace di risolvere radicalmente il presupposto di un Altro da sé, che continuamente risorge in ogni atto pensante, conoscente ed esperiente, condannando l’io a un perpetuo inseguire quest’Altro, desiderandolo ad indefinitum. Un Altro che, nel contempo, sul piano onto-teo-logico, è sempre pronto a risorgere anche come trascendenza astratta e intransitabile⁹. Di fronte a questi esiti, il pensiero all’opera di Evola, in generale, si guarda bene dall’opporvisi o dal proporsi come alternativa. Se lo facesse, finirebbe per applicare, confermandone in pieno l’incontrovertibilità, la medesima logica diairetica, oppositiva ed escludente, su cui si fonda il logocentrismo stesso, il quale legifera e domina sulla totalità dell’essente attraverso l’imperium del differenziare opponendo. E tra le principali forme della differenza, che tale logica ha istituito e perpetua, vi è l’alterità di essenza ed esistenza. Come aveva obiettato Kant a proposito della prova ontologica di Anselmo d’Aosta (poi ripresa anche da Cartesio): l’idea di cento talleri e cento talleri reali non sono la stessa cosa. L’esistenza non è contenuta analiticamente nel concetto – il quale funge da principio esplicativo dell’essenza – ma kantianamente s’aggiunge sinteticamente al mio concetto¹⁰. Il che comporta, ne inferisce Evola, che l’essenza, in quanto pensabile/costruibile attraverso i concetti, rientra nei pieni poteri dell’Io penso, mentre l’esistenza è solo oggetto della volontà e quindi semplicemente la patisco¹¹, come un mero esser là. Con la conseguenza che, di fronte al bruto dato¹² dell’esistenza, naufraga ogni reale certezza¹³. L’unica via d’uscita sta, allora, nel considerare l’alterità di essenza ed esistenza, assieme a tutto il sistema delle opposizioni logiche, non come una differenza di natura¹⁴, bensì come una semplice diversità di grado¹⁵. Solo in questo modo, tra la costruzione concettuale di un possibile e la realtà del corrispondente oggetto verrebbe finalmente meno ogni alterità. Perché ora la cosiddetta realtà oggettiva non è che l’affermazione più intensa e completa¹⁶ di quell’unica e medesima potenza, che già agisce, a un grado meno intenso e più elementare, nell’idea semplicemente pensata¹⁷. Tutto verrebbe a giocarsi, insomma, nelle imprevedibili dinamiche della produzione di immagini di senso dotate di maggiore o minore intensità, ma aventi tutte la medesima e unica natura e realtà. Affinché un tale necessario risveglio possa farsi strada, bisogna, però, che la volontà – non più opposta, quale elemento alogos, cioè irrazionale, alla logicità del puro pensare – si realizzi essa stessa come potenza pensante incondizionatamente e infinitamente produttrice di immagini reali. Solo così il mondo, finalmente persuaso, "si farà l’atto stesso dell’individuo"¹⁸.

    3. Il problema di Oriente e Occidente

    L’esserci evoliano, in cui possono maturare i processi legati a tale concreta vita delle immagini, non corrisponde più né all’Io trascendentale, né all’io empirico della filosofia moderna. Bensì agisce come un mobile multiverso¹⁹ di onde di potenza non arrestantesi nell’ambito della mera forma discorsiva (…) ma profondantesi altresì sino al cuore della realtà fisica e degli stessi regni delle entità sovrasensibili, ancor oggi sì poco conosciuti.²⁰ E se Evola chiama quest’esserci col nome di Individuo Assoluto, lo si deve all’incontro fra l’orientale posizione, all’origine, di un assoluto poter fare – fondato sul fatto che tra Dio e l’uomo non vi è né differenza qualitativa, né eterogeneità di natura²¹ – e la nozione greca di individuo. Fu Aristotele, riconosce Evola, colui che, in polemica con Platone, considerò reale non il puro universale, ma l’individuale inteso come l’universale, che si attua individualmente sino a raggiungere il grado supremo dell’atto puro²². Solo che quest’ultimo, per Evola, non va affatto ipostatizzato, identificandolo onto-teo-logicamente a dio quale primo motore immobile ed eterno, bensì affermato nella sua potenza, "mediante l’azione"²³. Da qui l’interesse per i Tantra indiani, il cui ordito – esempio unico, anche in Oriente, di esercizio per nulla ascetico, nonché di sapienza totalmente scevra da ogni negazione e da ogni esclusione – indica una via per l’affermazione di sé, secondo la quale la semplice esposizione di dottrine non ha valore (...), quel che importa è invece il metodo per la realizzazione²⁴. Immersosi nello studio delle antiche sapienze orientali, a prescindere dal fatto di averle o meno comprese a partire da un’ottica occidentale, come gli rimproverò René Guénon²⁵, Evola giunge a offrire l’exemplum di una pratica eto-poietica della libertà positivamente intesa. Per affermare la quale, però, non basta sostenere che l’essere liberi sta nel non essere condizionati da altro, perché, se così fosse, dovremmo concludere che la pianta è l’archetipo di ogni essere libero, giacché essa non ha fuori, ma dentro di sé la sua legge di crescita, legge che, però, (…) essa è incapace di spezzare o trasmutare, di contro cui essa è dunque passiva²⁶. L’autentica libertà si dà nel porre continuamente in opera il pragma della "assoluta agilità o labilità di colui che è tutto solamente in quanto può (…) tutto²⁷. Evola, in questo, concorda con Bergson e con Heidegger nel sostenere che la possibilità viene prima di tutto. Ma essa è intesa da Evola nel modo più radicale ed estremo pensabile, ossia nel senso che ciò che è sempre possibile è l’impossibilità del possibile stesso. Con ciò Evola marca, ancora una volta, la differenza della sua filosofia all’opera rispetto all’attualismo di Gentile. Mentre per quest’ultimo, infatti, ogni manifestazione dell’Io consiste nella sua stessa interiore ed essenziale realizzazione²⁸, sicché noi non conosciamo nessuno spirito che sia al di là delle sue manifestazioni"²⁹, per Evola, invece, l’Individuo accade come libertà³⁰ solo quando diventa se stesso al di là di ciò che egli è, ovvero al di là di tutte le manifestazioni possibili della sua stessa libertà, della quale, alla lettera, egli non ha alcun bisogno. E questo significa trovarsi "in faccia a Dioniso"³¹.

    4. L’iniziazione a Dioniso come conditio sine qua non

    Da La nascita della tragedia dell’incompreso Nietzsche, Evola ricava – nella seconda parte de L’individuo e il divenire del mondo – che Dioniso nomina la potenza nel chaos abissale della sua indeterminata assolutezza, mentre Apollo è il nome della potenza, nella misura in cui essa si esplica, determinatamente e finalisticamente pre-occupata, come volontà-di. Fintantoché perdura quella che Nietzsche definì malattia logico-analitica della cultura occidentale, la quale separa e oppone dionisiaco e apollineo – finendo così per obliare e rimuovere del tutto il dionisiaco, essendo ogni opposizione una differenza tra determinatezze apollinee – il risultato incontrastabile è l’edificazione e la perpetuazione di quella che Evola chiama grande piramide degli idoli³², la quale genera ogni Stato, società, moralità, idealità, teleologia, metafisica, religione. Il risveglio evoliano dell’Individuo riporta Apollo – demiurgo del mondo oggettivo³³ – al suo ruolo di maschera (prosopon)³⁴ della dionisiaca assoluta "voragine di potestas infinita e selvaggia³⁵. Di modo che l’Individuo all’altezza della prova di Dioniso non è identità né con le cose, né con le leggi, né con i valori e nemmeno con sé stesso³⁶. Sino al punto che, come ha interpretato molto bene Massimo Donà, in ogni singolo momento del suo processuale esistere, l’Io deve poter non essere mai stato ciò che è stato, senza che ciò costringa al riconoscimento dell’insormontabile datità del già-stato. E dunque (…), l’Io dovrà poter non

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