La disonestà naturale
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La disonestà naturale - Alberto Treccani Chinelli
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Librinmente
Viale Giacomo Matteotti, 19
00053 Civitavecchia (Roma)
Telefono 0766.23598
Telefax 0766.23598
ISBN-13: 979 – 12 – 5961 – 038 - 6
Stampato in Italia - Prima edizione
http://www.prospettivaeditrice.it
dedica
a chi, con onestà,
pensa di essere onesto.
Epigrafe
Il solo modo di lottare
contro la peste è l’onestà.
(Albert Camus: La peste
)
Introduzione
Una mezza idea di scrivere un trattatello che dimostrasse l’impossibilità di essere pienamente onesti mi nacque in una tiepida sera piovosa di giugno nei pressi di un cassonetto per la raccolta delle immondizie. Dopo aver raccattato, con l’apposito sacchettino, ciò che Poldino aveva lasciato sull’asfalto, nel momento in cui mi accingevo a liberarmene apparve un uomo di bassa statura ma di elevato senso civico e morale. Costui si congratulò e pensò bene di illustrarmi come sarebbe stata più vivibile la cittadina rivierasca nella quale trascorreva le sue vacanze (e io tuttora vivo) se tutti i proprietari del primo animale reso domestico dall’uomo – simbolo della fedeltà e che un tempo veniva sacrificato per poter servire da guida nell’Altro Mondo al padrone defunto – si fossero comportati come noi.
Era il giorno in cui i quotidiani pubblicavano la notizia della nascita di un governo tinto di giallo e di verde. Quell’uomo, che aveva raccolto le deiezioni della sua cagnolina, dopo una breve pausa mi raccontò di essere un artigiano lombardo che pagava le tasse, un cittadino esemplare che non aveva mai avuto alcun tipo di problema con la legge.
Abbozzando un sorrisetto allusivo mi fece notare che il suo sacchettino era giallo-verde e, quando se ne liberò, la sua esposizione si fece ponderata: se tutti, disse, avessero avuto la sua onestà, i carabinieri, le forze di polizia, le porte blindate, le telecamere, i sistemi di allarme, le guardie carcerarie, giurate o del corpo, e chissà quanti altri mestieri e professioni, si sarebbero rivelati inutili.
Infine, dopo avermi garantito che essere onesti è alla portata di tutti, essendo sufficiente seguire gli insegnamenti delle Scritture, se ne andò com’era apparso. Tentai di riassumere la morale scaturita dall’incontro con questo aforisma: Onesto è colui che, in una sera piovosa, raccoglie le deiezioni del proprio cane sapendo di non essere osservato né dagli uomini, né dagli dei.
Mi avviai verso casa ponendomi due domande: la prima riguardava le pesantissime ripercussioni che avrebbero colpito l’economia se l’umanità fosse stata travolta da un’improvvisa pandemia di onestà; con l’altra mi domandavo quale reale possibilità ci fosse di sottrarsi alla disonestà naturale od originaria, non quella disapprovata dalle religioni, dai costumi o condannata dalle leggi, ma quella che si colloca alle origini dell’umanità. Questo secondo argomento mi parve di maggior interesse e meritevole di approfondimento.
L’altra mezza idea, che unendosi alla prima la completò stimolandomi a scrivere ciò che state leggendo, si manifestò 461 giorni dopo l’incontro con l’integerrimo artigiano lombardo, il tempo esatto della durata del 65° esecutivo della nostra Repubblica, nato il primo di giugno del 2018 e basato su un accordo, tutto giallo e verde, denominato Contratto per un Governo del Cambiamento.
Nel corso dell’agosto del 2019, forse per via della calura, le sbavature che da tempo caratterizzavano le due tinte si allargarono a tal punto da divenire vere e proprie macchie o patacche, inducendo all’errore un giovane leader daltonico e lombardo, che stravide un futuro tutto dipinto di verde pratone
.
Il vantaggio di un governo instabile è che non ha il tempo di sconfessarsi diceva il biologo, storico della scienza e pubblicista francese Jean Rostand (1894 – 1959). Ma, com’è noto, esistono le eccezioni e non sempre le cose vanno così.
Ciò che aiutò il formarsi della seconda metà dell’idea, non fu tanto una valutazione politica di quel governo o un giudizio morale legato ai comportamenti di chi lo componeva – pur sapendo che qualcuno era incorso in disavventure giudiziarie – in quanto, come già detto, ciò rientra nell’ambito dell’onestà soggetta alle leggi e ai costumi. E non fu neppure l’aleggiare dell’opinione di Trasimaco (vedi Platone – Repubblica – libro primo), sicuramente condivisa dalla maggioranza degli individui (con o senza idee politiche) che compongono la nazione: questa opinione sostiene quanto segue: Chi guida il gregge (non importa se di ovini o di uomini) più che al bene delle pecore pensa agli affari suoi.
Nulla di tutto ciò mi indusse a iniziare. Mi spinsero ad agire alcune riflessioni riguardanti il giuramento previsto dalla nostra Costituzione. Com’è noto, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono garantire la loro rettitudine pronunciando nelle mani del Presidente della Repubblica
l’ineluttabile frase: Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione.
Rileggendola ebbi chiara la sensazione che quel giuramento si fosse ormai svilito, vuoi per il declinare della magia e del sacro, vuoi per l’illanguidirsi della fede in divinità un tempo molto temute.
Di fronte a un gesto pressocché privo di rischi per il giurante mi chiesi se chi, con serietà ed entusiasmo, lo aveva compiuto nelle mani del Presidente
, avesse idea di cosa intendessero per interesse della Nazione
le forze politiche con le quali si era alleato nel guidare il Paese, ed anche gli stessi compagni di partito o di movimento.
Mi spiego con un esempio: uno dei punti del Contratto per il cambiamento prevedeva l’introduzione di una flat tax per privati ed imprese, in contrasto con l’articolo 53 della Costituzione Italiana che recita: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
La Costituzione non è dunque più in grado di tutelare gli interessi della nazione? o è la flat tax che favorisce una componente di chi in questa nazione vive?
Giungeremo a quella che definisco la disonestà naturale od originaria partendo da molto lontano, con la consapevolezza che non sarà agevole spiegare al lettore onesto perché non gli è possibile esserlo pienamente.
Rapallo, 12 gennaio 2021
Giuramento e menzogna
Un bugiardo è sempre prodigo di giuramenti.
(Pierre Corneille)
L’atto solenne del giuramento non esisterebbe se non esistesse la menzogna. Ugo Boncompagni di Bologna, al secolo Gregorio XIII (1502 – 1585), fu un papa valoroso ed energico, per indole più simile a Maometto che a Gesù.
Eletto il 14 maggio del 1572 ed incline alla mondanità, dimostrò di essere un buon padre di famiglia nominando il figlio naturale Giacomo governatore di Castel Santangelo e gonfaloniere della Chiesa. Non dimenticò i nipoti ai quali conferì la porpora. Svolse un’intensa attività religiosa combattendo, con vigore e fierezza, prima il baianismo – che sosteneva tesi vicine a quelle di Lutero e Calvino – poi imponendo ai cattolici greci una professione di fede ispirata alle definizioni del concilio di Trento nonché il primato apostolico del papa. Gregorio XIII fu anche il promotore della riforma (13 febbraio 1582) del calendario che porta il suo nome.
Nel campo della politica internazionale finanziò, con grande generosità, qualunque impresa favorevole al trionfo della religione cattolica. Riuscì a tessere trame segrete contro l’Inghilterra e fu il principale propulsore della lega contro gli ugonotti e, con apprezzabile coerenza, celebrò La strage di San Bartolomeo
definendola una giornata molto lieta per la cristianità
(fonte Enciclopedia Italiana – vol. XVII pag. 939). Con quella strage, compiuta a Parigi nella notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572 dalla fazione cattolica, vennero massacrate, secondo stime moderne, dalle 10.000 alle 30.000 persone, donne e bambini compresi.
Dobbiamo a quest’uomo energico e valoroso se la cerimonia del giuramento, alla quale ho accennato, si svolge sotto la volta che mostra il Trionfo dell’Italia nel Salone delle Feste, l’ambiente più fastoso e solenne del palazzo del Quirinale. Proprio questo papa infatti, resosi conto che il Vaticano era una zona insalubre e malarica, scelse di far costruire la sua residenza estiva sull’omonimo colle, il più alto di Roma.
I lavori iniziarono nel 1574 sul quarto lato della piazza, quello che offriva un panorama incantevole. Vi lavorarono grandi architetti come Domenico Fontana (1543-1607) che disegnò la facciata principale, Carlo Maderno (1556-1629) che si occupò della grande cappella, e il Bernini (1598-1680) che progettò la stretta ala che s’affaccia su via del Quirinale. Dal 1870 il palazzo è la residenza ufficiale prima di re e poi, a partire dal 1947, dei presidenti della repubblica.
Quasi cinquecento anni di storia vivono tra quelle mura, e pensando a chi in quella splendida magione vi ha abitato, mi convinco che il filosofo Voltaire (1694-778) non esagerasse affermando: La storia non è che un quadro di delitti e di sciagure.
E veniamo alla pratica del giuramento. Ho letto su Corriere Salute
di giovedì 5 marzo 2020 un articolo dal titolo interessante: Prima che sulla Bibbia si giurava sul femore. Nello stesso si dice che Abramo chiese a un suo servo di mettergli la mano sotto l’osso più lungo, come solenne atto di fedeltà.
Quindi prima che sulla Bibbia, nella Bibbia si giurava sul femore, osso più sacro dell’osso sacro, sacralità che poteva spiegarsi per la facilità con la quale, vibrando un colpo ben assestato, lo si spezzava e per la conseguente invalidità che la sua rottura procurava al malcapitato.
Il giuramento era un’invocazione rivolta a divinità chiamate a testimoniare la buona fede e l’onestà del giurante, nonché la veridicità di quanto egli affermava. Solitamente si trattava di numi protettori della famiglia o della città, comprensivi ma spietati coi disonesti. Chi giurava sapeva quale dura punizione attendeva lo spergiuro. Nella Grecia antica ogni cittadino, al momento di entrare a far parte del collegio degli efebi, era tenuto a giurare fedeltà alle leggi dello stato; a Roma il giuramento aveva svariate applicazioni.
Vi sono state religioni contrarie al giuramento. Come esempio indico gli Esseni, comunità religiosa giudaica risalente al II secolo prima di Cristo. Costoro consumavano pasti frugali privi di carne e di vino, non esercitavano il commercio o altre attività a scopo di lucro, non fabbricavano armi né tutto ciò che potesse recare danno. Dopo aver avuto contatti con persone non appartenenti all’ordine, e dopo aver espletato i bisogni corporali, essi effettuavano bagni purificatori.