Delle Eloquenti Distopie
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Fantascienza - racconti (53 pagine) - Tre racconti, tre speculazioni alternative per cercare di intravedere un’altra esistenza, un'altra mentalità.
In questo momento storico sembra di essere caduti in un mondo di eloquenti distopie, dove entità sociopolitiche in cui ci sentiamo intrappolati ed eterodiretti ci stanno portando… dove? L'angoscia della nostra epoca, in fondo, è tutta qui: il sistema economico e sociale in cui siamo calati, ansiogeno di pensieri frenetici e asfissianti affinché il Capitale non venga minacciato nella sua infinita crescita, ci ha guidati in quest’universo dove la distopia, l'utopia malata, ci appare come l’unica realtà vivibile, logica e inevitabile.
Tre autori e i loro magnifici racconti: Irene Drago, Gianfilippo Maria Falsina Lamberti, Lukha B. Kremo; insieme hanno potuto definire il punto d’ingresso di questa speculazione alternative che, è il mio augurio, vorrei riuscisse a farvi intravedere come possibile un’altra esistenza e mentalità, perché il Caos sa rimescolare le carte e riemergere sempre da qualche parte come un fiume carsico, qualsiasi ordine oppressivo s’instauri.
Nato nel 1965 a Roma, Sandro Battisti ha esordito nel 1991 con il racconto Il gioco (Stampa Alternativa). Nel 2004 è stato tra gli iniziatori del movimento connettivista con Giovanni De Matteo e Marco Milani, con i quali ha fondato anche la rivista Next. È presente con i suoi racconti in tutte le antologie connettiviste, fino alla più recente, Nuove eterotopie (Delos Digital, 2017) di cui è anche curatore con Giovanni De Matteo.
Nel 2006 concepisce e sceneggia con Piero Viola il fumetto Florian dell’Impero, disegnato da Fabrizio Ricci (Cagliostro ePress). Ha pubblicato direttamente in ebook i titoli La mappa è una contrazione (Graphe.it, 2011), tradotto anche in inglese, e Ancient Name (La Mela Avvelenata, 2013). Molti dei suoi racconti appartengono al ciclo dell’Impero Connettivo, uno scenario che si è andato via via arricchendo. A questo universo narrativo appartengono i romanzi Ptaxghu6, scritto in collaborazione con Marco Milani (eds, 2010, poi ripubblicato nel 2015 da Kipple Officina Libraria), e Olonomico (CiEsse Edizioni, 2012).
Nel 2014 si è aggiudicato il Premio Urania con il romanzo L’impero restaurato (poi vincitore del Premio Vegetti 2017), ex aequo con Bloodbusters di Francesco Verso, e insieme con questo pubblicato nel volume Il sangue e l’impero (Mondadori, 2015).
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Anteprima del libro
Delle Eloquenti Distopie - Sandro Battisti
Delle Eloquenti Distopie
Sandro Battisti
Pochi appunti su dove siamo e con quale idea sarebbe forse meglio (r)esistere
Quando un gruppo di persone si oppone a una qualunque forma di dominio e inizia a immaginare un mondo diverso, modificando di conseguenza le proprie relazioni con gli altri… beh è questa l’anarchia, comunque vogliate chiamarla".
David Graeber
Leggevo poco tempo fa un interessante articolo su L’Indiscreto
che mi ha aiutato a definire meglio, cioè con un margine di caos cognitivo inferiore rispetto a prima, la questione ideologica delle miniantologie Delle Eloquenti Distopie (D.E.D.), ciclo di narrativa fantastica e politica che comincia con questo volumetto e che vorrei curare nel prossimo futuro, con le giuste cadenze.
Nel fiume delle nozioni sociali, filosofiche e alla fine anche politiche espresse nell’intervista sopra citata a David Graeber ho ravvisato un’attualità sconcertante, soprattutto perché vi ho ritrovato pensieri e comportamenti ricorrenti ancor oggi, come avviene per esempio per la rivendicazione più ricorrente: chiedere più soldi per ottenere più benessere, senza accorgersi che la richiesta non fa altro che fortificare il discriminante sistema economico attuale, in cui ogni decisione è presa per non danneggiare gli equilibri economici, la Finanza, i dettami dottrinali e inumani del Libero Mercato; cito a proposito quest’altro passo di Graeber:
Ricordo che da adolescente rimasi molto colpito quando lessi da qualche parte che in paesi come la Spagna e l’Italia metà dei sindacati all’inizio del XX secolo era composta da anarchici e l’altra da socialisti. E che la grossa differenza tra i due tipi di sindacati era che i socialisti chiedevano più salario e gli anarchici meno ore di lavoro. Una parte diceva: «Vogliamo una società dei consumi per tutti, ma vogliamo una fetta più grossa della torta (e vogliamo gestire noi la cosa)»; l’altra voleva farla finita del tutto con quel sistema. Marx sosteneva che sarebbe stato il settore più «avanzato» del proletariato a fare la rivoluzione; Bakunin invece era convinto che l’avrebbero fatta i contadini, gli artigiani (o quei contadini e artigiani di recente proletarizzazione), ovvero persone che non avevano completamente dimenticato lo spirito della produzione autonoma. Ovviamente aveva ragione Bakunin: le rivoluzioni che hanno vinto sono quelle avvenute in Russia, Spagna e Cina, non in Inghilterra o Germania. (Trovate lo stesso tipo di pensiero oggi in marxisti come Negri, che negli anni Novanta sosteneva che sarebbero stati i maniaci del computer a lanciare la prossima rivolta globale, dato che erano il settore più avanzato del proletariato, per poi dover spiegare perché quella rivolta l’hanno invece fatta i contadini del Chiapas – in effetti con l’aiuto di maniaci del computer, che però erano per lo più anarchici).
Rimango anch’io colpito nel constatare che, ancor oggi, la maggioranza dei lavoratori vuole soltanto guadagnare più soldi, colpevolmente miopi ai catastrofici danni che il Liberismo e la mancanza di regole stanno arrecando all’intero ecosistema mondiale; parliamo di un problema di cultura, in fondo, perché è evidente la capacità delle grandi entità economiche mondiali di creare modelli comportamentali (culturali) che salvaguardano unicamente il sistema sociopoliticoeconomico. A valle di queste dinamiche ci si percepisce emancipati ma, in realtà, si è vittime di un sistema che genera orribili sperequazioni che dovranno essere riformate, ripensate, liberate dal terrificante mondo del Business, dove non solo non si realizza una forma d’indipendenza dalla febbre del guadagno, ma viene anche azzerata l’umanità e la capacità critica di pensare a ordini esistenziali diversi, creando un’alterazione del tessuto cognitivo tale da renderci tutti addormentati e partecipi di una forma di dominio totalitarista, a volte addirittura apparentemente felice. Ed ecco allora perché in questo momento storico sembra di essere caduti in un mondo di eloquenti distopie, dove entità sociopolitiche in cui ci sentiamo intrappolati ed eterodiretti ci stanno portando… dove?
L'angoscia della nostra epoca, in fondo, è tutta qui: il sistema economico e sociale in cui siamo calati, ansiogeno di pensieri frenetici e asfissianti affinché il Capitale non venga minacciato nella sua infinita crescita, ci ha guidati in quest’universo dove la distopia, l'utopia malata, ci appare come l’unica realtà vivibile, logica e inevitabile, rappresentandoci una legge mondiale e capitalistica semplice e talmente ovvia da non poter contemplare altro; se mai dovesse affacciarsi un'alternativa a questo totalizzante sistema affaristico sarebbe inquadrata come il Male, come l'Errore, come un mondo che minaccerebbe le nostre pacifiche, piene e splendide esistenze votate alla perpetuazione nelle nuove generazioni dello stile di vita capitalistico, così da rendere eroi i pochi che accumulano quantità esorbitanti di ricchezze con cui il resto della popolazione mondiale vivrebbe interi cicli biologici. Probabilmente la quantità monetaria teorizzata dal mercato mondiale non esiste nemmeno, è troppo elevata – ne parlava l'indimenticato Sergio Altieri nel primo numero di questa collana, in Death economy – e quindi stiamo parlando del Nulla, eppure questo Nulla è qui tra noi e ci domina.
A causa di tutto ciò, D.E.D. si configura come un esperimento di Letteratura resistente alle distopie reali, un atto necessario affinché