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Il rimedio. Viaggio nel bosco delle religioni
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E-book168 pagine2 ore

Il rimedio. Viaggio nel bosco delle religioni

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Info su questo ebook

Ormai vecchio, e sempre più vicino alla fine, l’autore decide di iniziare un viaggio nel mondo del sacro, forse con la speranza di ritrovare una fede persa da molti anni. Ha così modo di approfondire la conoscenza delle religioni più seguite (ma anche di molte “minori”), e di vagliare la fondatezza di alcune certezze, quali “Dio è amore”, “Le religioni sono al servizio della pace” e “La preghiera protegge il mondo”. Il saggio si conclude con un sonetto.
LinguaItaliano
Data di uscita8 lug 2022
ISBN9791259610379
Il rimedio. Viaggio nel bosco delle religioni

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    Anteprima del libro

    Il rimedio. Viaggio nel bosco delle religioni - Alberto Treccani Chinelli

    Copyright

    Copyright © 2022 Librinmente

    Design copertina © 2022 Librinmente

    Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per l’utilizzo

    della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono

    essere inviate a:

    Librinmente

    Viale Giacomo Matteotti, 19

    00053 Civitavecchia (Roma)

    Telefono 0766.23598

    Telefax 0766.23598

    ISBN-13: 979 – 12 – 5961 – 037 - 9

    Stampato in Italia - Prima edizione

    http://www.prospettivaeditrice.it

    dedica

    In memoria dell’amico

    Signor Pietro Ferrigno

    (1938 – 2018)

    Epigrafe

    C’è qualcuno che convenendo in queste cose

    oserà ancora negare che tutto è pieno di dei?

    (Platone – Leggi 899B)

    Introduzione

    Per costruire un rapporto col mondo ci affidiamo a chi ci ha preceduti. Riceviamo una fede religiosa e la passiamo alla generazione successiva: le conversioni sono rare.

    Nata con le preghiere che ci insegnava mia madre, la mia fede venne sfiorata dai primi dubbi ai tempi in cui frequentavo un oratorio della periferia milanese. Dopo il catechismo, quattro calci al pallone e il solito western, io e i miei fratelli ritornavamo a casa in compagnia di un coetaneo. Il suo nome era Nazzareno, faceva il chierichetto e preferiva i Vangeli ai fumetti.

    Una domenica, dopo aver raccolto ed esaminato una castagna selvatica, mi confidò di essere un pochino in collera con Gesù, che non aveva resuscitato sua mamma. Don Giovanni gli spiegava che il tram che l’aveva investita era guidato da Satana e lo rincuorava: La tua mamma è in cielo e ti protegge...vai a giocare con gli altri. Ma Nazzareno non era come gli altri.

    La domenica successiva, mentre si percorreva il sottopasso della ferrovia, si fermò e mi chiese: Ma se in cielo si sta bene, perché Gesù ha resuscitato Lazzaro? Qualche tempo dopo, tra una palla di neve e l’altra, mi confidò di essere un pochino in collera col Figlio per aver detto: Il tempo si è compiuto e vicino è il Regno di Dio (Matteo 1,15), senza farsi più vedere. Risposi che poteva essersi sbagliato. Ebbene, dopo oltre mezzo secolo quell’affermazione infantile troverà il sostegno del noto teologo Vito Mancuso (vedi L’anima e il suo destino pag. 290 e segg.). Nazzareno pianse, mi accusò di blasfemia e se ne andò, senza salutarmi.

    Riapparve in primavera. Dopo essersi allacciato un sandalo mi fece sapere di essere un pochino triste perché Gesù aveva rinsecchito un fico, colpevole di non avere frutti (Matteo 21,18-1a.9). Non feci commenti.

    Durante l’estate ci perdemmo di vista, ma la sofferenza di quel coetaneo triste e gentile lasciò in me un dubbio, che scavò nella mia ingenuità. La fine della mia infanzia ebbe inizio, e la mia fede, come la mia giacchetta, si fece più stretta.

    Indossavo la divisa dell’aviere quando un cappellano militare, che amava forse troppo intrattenersi coi giovani di leva, volle riavvicinarmi alla Chiesa invitandomi alla lettura della Bibbia. Ma quelle pagine, grazie alle quali moltitudini di uomini e donne sono riusciti a entrare in relazione con l’Assoluto, ottennero con me l’effetto opposto. Certo, se fossi stato un antico ne sarei rimasto incantato, ma i tempi dell’occhio nudo erano ormai lontani.

    Convinto che fosse preferibile muovere da premesse fondate per affermare una certezza, e che le argomentazioni dei teologi si reggessero su belle parole, la fede mi parve un rimedio utile ad affrontare ciò che non dà scampo, e i dogmi della Chiesa momenti durante i quali la ragione gioca a mosca cieca. Rifiutavo l’idea che un Essere perfettissimo desiderasse amore e adorazione e ne pretendesse l’esclusività:

    Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto dice Matteo (4,10).

    Ero molto giovane, ero ancora immortale, non avvertivo bisogno di salvezza e condividevo quanto scritto da Giacomo Leopardi:

    Gli uomini sono codardi...docili, sempre a sperar bene...a vivere di credenze false, così gagliarde e ferme, come fossero le più vere o le più fondate del mondo. (Dialogo di Tristano e di un amico).

    Leggendo il paragrafo n.114 dei Pensieri di Blaise Pascal (1623 – 1662), dove afferma: Senza Gesù Cristo, il mondo non sussisterebbe, sarebbe di necessità distrutto o sarebbe simile a un inferno e anche il n. 117: Bisogna cominciare col compiangere gli increduli: sono già ben disperati per la loro stessa condizione, mi chiedevo perché quell’uomo geniale escludesse che i miscredenti potessero assaporare serenità e buon umore.

    E se Paolo di Tarso aveva scritto: Evita l’uomo eretico, sapendo che un tale individuo è ormai pervertito e continuerà a peccare condannandosi da sè medesimo (Lettera a Tito 3.10) non mi sentivo offeso, immaginando che il suo livore dipendesse da un fanatismo innato, già virulento prima della conversione, quando gioiva perseguitando i cristiani.

    Chi nella giovinezza ha adottato la dottrina della non esistenza degli dei non è mai rimasto costante in questa convinzione sino alla vecchiaia.

    Così pensava Platone e io, ormai vecchio e preoccupato di non aver ancora avvertito dei segnali che confermino le previsioni del grande ateniese, decido di prendere l’iniziativa, muovendomi incontro al divino.

    Per non sbilanciarmi in scelte azzardate, che potrebbero costarmi assai care per l’eternità, indosso la maschera del politeista radicale, unico rappresentante di un ecumenismo rivolto a tutti gli dei noti, facendo mia l’affermazione del saggista inglese Robert Burton (1577 – 1640): Una religione vale l’altra.

    Il già menzionato Pascal, che sosteneva convenisse scommettere sull’esistenza di Dio, sarebbe d’accordo. Provate a leggere il paragrafo 233 dell’opera già citata e ne apprezzerete la dimostrazione.

    In sintesi il filosofo e matematico francese afferma che:

    a) se Dio esiste e ci ho creduto ho vinto; b) se Dio non esiste e ci ho creduto non ho né vinto né perso; c) se Dio esiste e non ci ho creduto: ho perso; d) Dio non esiste e non ci ho creduto: non ho né vinto né perso.

    La sconfitta dell’ateo è garantita, e sarebbe ancora più dura se Pascal avesse anche tenuto conto (ai punti a - b), dei vantaggi terreni garantiti dalla speranza e dalla fede.

    Il mio politeismo si fonda su questo assioma:

    tutti gli dei esistono

    dimostrabile con due argomentazioni: la prima è che le religioni sono rimedi utili all’uomo e, in questo senso, hanno tutte pari dignità, a prescindere dalla loro durata e diffusione. Esse giovano al vivere quotidiano e rispondono al bisogno di credere. Così sostengono esperti come Robert A. Hinde. Il suo Why Gods Persist (Routleuse – London 1999) ha questo incipit:

    Religions have helped individuals to face injustice, suffering, pain and death.

    Studi recenti lo hanno confermato. Un articolo apparso su Nature Human Behavior, (Gennaio 2017), firmato da Eleonor Power del Santa Fè Institute, afferma che le persone religiose sono più serene di quelle non religiose in quanto, oltre ai rapporti sociali, sviluppano legami col soprannaturale.

    La seconda argomentazione è avvalorata dai filosofi pragmatisti Pierce, James e Dewet, i quali sostengono che una proposizione è vera se a) è utile ai nostri fini e b) se ha successo. Pur sapendo che utilità e successo sono criteri che non garantiscono la verità, li accolgo come sufficienti per affermare che tutte le religioni sono vere e, conseguentemente, che tutte le divinità che ne fanno parte, esistono.

    Solo chi non ha legami con una sola confessione, un ultra politeista disposto ad accogliere in un unico pantheon ogni divinità, può incamminarsi nel Sacro bosco delle religioni senza smarrire l’orientamento. Mi ci inoltrerò come un viaggiatore incantato e ne percorrerò i sentieri in compagnia di due amiche che non frequentavo da tempo: Credulità e Ingenuità. Saranno loro la mia bussola, così avrò modo di capire come nascono le religioni, chi sono i fondatori, quali le loro dottrine.

    Sceso dal grande albero sul quale sono stato issato alla nascita, salirò qua e là su altre piante, con la speranza di esserne catturato. Fino a quando sarò in compagnia di queste due amiche le parole dei profeti, degli evangelisti, dei santi, dei papi, degli angeli e degli arcangeli saranno delle verità che mi riporteranno all’inziale purezza.

    Ho chiesto a Riflessione di non unirsi a noi, e per convincerla ho promesso che al mio ritorno ci rivedremo in riva al mare, dove avremo modo di parlarne.

    Ma, conoscendone la testardaggine e la sua convinzione che il nostro cervello sia una macchina che sforna credenze e superstizioni, e che non ci sarebbe stato alcun processo evolutivo se ogni forma di vita fosse stata creata perfetta da un ipotetico perfettissimo artefice, temo di vederla apparire prima della conclusione del viaggio. Invito il lettore a seguirmi.

    Rapallo, 12 gennaio 2019

    Nel Sacro bosco

    Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

    (Salmi 13,2)

    Il continente asiatico vanta le montagne più alte, le maggiori depressioni e antichissimi centri di civiltà. Quando l’Europa viveva nelle barbarie, l’Asia offriva forme progredite di aggregazione sociale, abbellite dalle arti e animate da elevata spiritualità. I centri di maggiore importanza erano la Bassa Mesopotamia, nell’Asia anteriore; la valle dell’Indo e quella del Gange nella parte centrale, e la Cina. Non dobbiamo dunque sorprenderci se questo continente vanta la paternità di tutte le grandi religioni: confucianesimo, taoismo, induismo, buddhismo, shintoismo, giainismo, zoroastrismo, ebraismo, cristianesimo e islamismo, vi sono nate.

    Quali potrebbero essere le origini dell’atto religioso? Primus in orbe deus fecit timor dice Petronio, cortigiano e scrittore romano (27- 66 d.C.), attribuendo alla paura la nascita degli dei. Prima di lui l’epicureo Lucrezio (96 – 54 a.C.), nel poema De rerum natura, evidenziava l’esistenza di una relazione tra paura e nascita delle divinità, convinto che il superamento dell’ignoranza avrebbe, poco alla volta, liberato l’umanità dagli dei:

    E se la paura stringe i mortali

    è perché vedono in terra e nel cielo

    accadere fenomeni senza poterne

    scoprire le cause; e pensano quindi

    che a produrli intervenga una forza divina.

    Così non è stato, e lo sviluppo della conoscenza scientifica non ha seppellito le religioni. Curiosando nella storia del pensiero filosofico si incontrano teorie che le mie due compagne di viaggio definiscono ridicole e che, a grandi linee, sono classificabili in due categorie: a) la religione come ideologia e b) la religione come dimensione originaria dell’uomo. In esse troviamo: la religione come falsa conoscenza; come sentimento comune di minorità (caratteristico di tutte le culture); come senso di precarietà; come sentimento depressivo al quale si cerca di porre rimedio con le pratiche di culto; come paura della morte; come bisogno di dare ordine al caos; come alienazione inconsapevole e allucinatoria; come mysterium tremendum; come qualcosa di completamente altro; come oppio dei popoli; come senso di indegnità e bisogno di espiazione; come categoria a priori che ha radici nell’anima ed è sottratta al divenire storico; come fatto collettivo utile alla conservazione della società e della vita quotidiana.

    Credulità e Ingenuità mi chiedono di non dar peso alla follia dei filosofi, e di ascoltare la voce della Chiesa che, con chiarezza, spiega origini e finalità dell’atto religioso prodotto dalla fede:

    La fede, dono gratuito di Dio e accessibile a quanti la chiedono umilmente, è la virtù soprannaturale necessaria per essere salvati. Così recita il Catechismo. Pieni di speranza alziamo lo sguardo al cielo, timorosi lo abbassiamo, creando un tramite tra noi e il divino. Ciò riesce meglio nei luoghi sacri, dove cielo e terra si fondono e si manifesta l’umano bisogno di venerare entità superiori, potenze esterne e autorevoli, per le quali nutriamo soggezione, timore, fiducia, speranza.

    Bighellonando qua e là nel Sacro bosco ho notato che le grandi religioni, per lo più immaginate come organismi monolitici immutabili nel tempo, sono in realtà paragonabili ad alberi muniti di rami e ramoscelli.

    Ad esempio: dal tronco della possente pianta che prende il nome da Cristo, si dipartono cinque grossi rami: protestanti, anglicani, cattolici, ortodossi e orientali antichi. Su questi sono cresciuti dei ramoscelli; in tempi più lontani quelli nati dagli orientali antichi: Chiesa armena, Cristiani di Tommaso, Giacobiti, Chiesa copta, Chiesa abissina e Nestoriani, sviluppatisi tra il IV° e il VI° secolo d.C., mentre i ramoscelli più numerosi li offre il ramo dei protestanti, con oltre venti propaggini sorte tra il 1176 e la fine dell’Ottocento: Valdesi, Unità dei Fratelli, Testimoni di Geova, Comunità Neo-Apostolica, Comunità Cattolico-Apostolica, Discepoli di Cristo, Chiese Presbiteriane, Chiese Riformiste, Congregazionalisti, Unitari, Battisti, Avventisti, Comunità dei cristiani, Comunità dei fratelli Moravi, Chiesa luterana, Swedenborghiani, Mennoniti, Esercito della salvezza, Pentecostali, Metodisti, Quaccheri.

    L’alberello piantato dal profeta Maometto nel VII° secolo d.C. è cresciuto a tal punto da contendere al cristianesimo il primato di religione più seguita al mondo. L’islam si è sviluppato producendo diverse scuole

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