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I delitti del Bianco: Indagine tra Genova e Courmayeur per il commissario Falsopepe
I delitti del Bianco: Indagine tra Genova e Courmayeur per il commissario Falsopepe
I delitti del Bianco: Indagine tra Genova e Courmayeur per il commissario Falsopepe
E-book343 pagine4 ore

I delitti del Bianco: Indagine tra Genova e Courmayeur per il commissario Falsopepe

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Info su questo ebook

Il cadavere della giovane figlia di un politico genovese in grande ascesa, ritrovato vicino alla Dora a Courmayeur, costringe il commissario Falsopepe, appena promosso, a svolgere sotto il Monte Bianco un’indagine parallela a quella ufficiale che rischia di compromettere la delicata stabilità del governo in carica. Un caso tra Genova e la celebre località della Val d’Aosta. Il delitto, politico o passionale, è la fotocopia impressionante di un altro omicidio avvenuto nello stesso luogo nel lontano 1953, il celebre “delitto di Entrèves”, che occupò le prime pagine dei quotidiani per un’intera estate. Allora i grandi inviati costrinsero gli investigatori che avevano preso un incredibile granchio a rivoltare le indagini per arrivare, dopo clamorosi errori e feroci polemiche, alla verità. Falsopepe indaga in incognito, aiutato dal figlio. E da un anziano e acuto professore di storia che mescola i casi criminali con le vacanze in Val Ferret, negli stessi giorni del ‘53, di un grande leader politico: il segretario generale del Pci, Palmiro Togliatti alle prese con la passione per la montagna e la Val d’Aosta e i guai politici dovuti alla crisi di governo che segnò la fine di De Gasperi. Togliatti avrà sicuramente letto allora “L’Unità”, organo dei comunisti, uno dei giornali, insieme a “La Stampa” e a “Stampa Sera”, a seguire con maggiore attenzione e preoccupazione i colpi di scena di un caso clamoroso. A quasi settant’anni di distanza, l’Italia è completamente cambiata, eppure le storie si intrecciano e la politica anche... Mario Paternostro col pretesto di una storia gialla in una Italia politicamente immaginaria ma nemmeno troppo, rilegge un fatto che, nell’agosto del 1953, scosse l’Italia e arrivò con le polemiche a toccare la politica nazionale.

Mario Paternostro è nato a Genova dove si è laureato in Giurisprudenza con una tesi di Diritto Romano. Giornalista professionista e scrittore ha cominciato a “Il Lavoro”, lo storico quotidiano socialista, poi è passato a “Il Giornale” diretto da Indro Montanelli e quindi a “Il Secolo XIX” dove è stato capocronista, inviato politico, responsabile delle pagine culturali, caporedattore centrale e vicedirettore. È stato corrispondente dalla Liguria del “Gazzettino di Venezia” e de “Il Messaggero” di Roma. È stato direttore della tv Primocanale dal 2003 al 2013. Ha scritto I Genovesi, Diario di un cronista di provincia, La fine del maniman, Lezioni di Piano, Viaggiatori mangianti e Valigie al dente per l’editore De Ferrari. Le povere sorelle Gallardo e Bésame mucho per Mondadori. Troppe buone ragioni e Il sangue delle rondini per Il Melangolo. Per Fratelli Frilli Editori ha scritto Il Cardinale deve morire, La spia di Cechov e Le ombre di Genova.
LinguaItaliano
Data di uscita28 giu 2022
ISBN9788869436260
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    I delitti del Bianco - Mario Paternostro

    CAPITOLO I

    Mi preparo per il gran galà

    Entro col casquet come la Carrà

    Questo club sembra il Maracanà

    Pietrifico cachet come Jerry Calà

    Salmo, La festa è finita

    9 agosto 2019

    Il 9 agosto, Genova è mezza vuota. La domenica sera quelli che ancora sono in città hanno queste alternative di svago: gelato a Boccadasse e/o Spianata Castelletto. Concerto al Porto Antico, caos. Appe al Santa Chiara sulla zattera con i piedi a bagno.

    I ricchi, il 9 agosto non sono a Genova, ma si fermano nelle ville alle porte della città: a Levante fino a Recco, a Ponente fino ad Arenzano. Se qualcuno dei ricchi ancora lavora il 9 agosto, domenica sera comincia il rientro in città poco prima di mezzanotte. Ma i ricchi, il 9 agosto in genere sono via. Molti vanno in Val d’Aosta perché a differenza del Trentino, è una valle da genovesi e da torinesi. È riuscita a mantenere una parvenza di sobrietà, nonostante l’assalto dei parvenu. I genovesi e i torinesi sono poco propensi all’espansività. Restia alla conoscenza senza motivi validi. La frase di rito è: Chi sono quelli? Che cosa fa lui? E lei lavora? Ma va’?…

    La Valle d’Aosta dei valdostani è sempre piaciuta ai genovesi. Fisicamente è chiusa come loro, profonda e aspra, lievemente diffidente, ma solida e rocciosa. Una città di mare, ma alpina. O una città alpina con il mare. I genovesi sono un po’ alpini perché dietro alla loro città non ci sono colline, ma montagne anche se arrivano a poche centinaia di metri di altezza. Che vuol dire che se abiti al Righi stai in montagna. Loro le colline di Genova le chiamano monti. E per girare si sale e si scende. Ma sembrano di più le salite che partono dai moli e s’arrampicano lassù sui monti dove ci sono i forti di Napoleone e del maledetto generale Massena. Le discese sono veloci e indifferenti.

    In Val d’Aosta esistono due colonie genovesi: Cogne e Courmayeur. Così le famiglie oligarchiche, armatori e petrolieri, costruttori e solidi bottegai, si sono equamente divisi in queste due riserve. Sono abbastanza vicine, ma non si parlano. Come alcuni genovesi che da decenni s’incontrano tutte le mattine nello stesso posto, caffè, incrocio, attraversamento e non si salutano. E quando uno non si incontra più si pensa che sia morto e basta. Senza lasciargli altre chance di salvezza.

    Tutto questo polpettone perché? Perché il neo primo dirigente della Polizia di Stato, dottor Ferruccio Falsopepe da Ceglie Messapica provincia di Brindisi, da qui a poco avrà bisogno di spiegazioni sul tessuto sociale della Val d’Aosta e in particolare su Courmayeur e schiacciato dalla sua innaturale curiosità storica, chiederà lumi, come ormai fa dal 2001, all’amico professore di liceo in pensione.

    La sera del 9 agosto 2019 a Genova, nella trattoria di Gino in piazza Sarzano a fianco alla chiesa di San Salvatore, davanti a una bella tavola imbandita ci sono insieme al neo primo dirigente la moglie Anna, insegnante di inglese al liceo classico, i figli Salvatore arrivato da Boston dove frequenta un master di Ingegneria navale, Michela all’ultimo anno di Economia con il fidanzato. E ci sono gli amici dei Falsopepe. Quelli che nel 2001 li accolsero, quando il commissario arrivò alla Questura di Genova per dare una mano durante il summit del G8. Finito male, con feroci scontri tra poliziotti e Black Bloc distruttori, ma anche con un mattatoio costruito per l’occasione da alcuni agenti e dirigenti per dare una gran bella lezione ai manifestanti.

    Falsopepe, dopo il G8, aveva anche meditato di lasciare la Polizia. Lui non era un rivoluzionario né comunista né di sinistra. Era un vero uomo d’ordine del Sud. Ma il suo concetto di ordine non prevedeva le botte alle famiglie che sfilavano per le strade di Genova chiedendo pace e difesa dell’ambiente. Il dottor Falsopepe la Polizia l’amava. E gli amori per finire devono essere sempre massacrati dall’uno, dall’altra o da qualcosa. Il massacro a Genova c’era stato, così il commissario aveva vissuto settimane di angoscia, tormentato dal pensiero di non riuscire più a servire quello Stato dove c’era chi picchiava a casaccio.

    L’aiuto della famiglia e di Anna, eccezionale donna della Valle d’Itria, la vicinanza sincera degli amici che li avevano accolti lo convinse a non mollare. Così, lentamente e silenziosamente, cercava di diventare genovese. Piano piano, con garbo e cautela.

    Falsopepe aveva guidato la Omicidi quasi vent’anni. Un record con molti successi e molte delusioni, ma soprattutto tanti scontri con i vertici che non comprendevano il suo originale metodo di indagini: lunghi silenzi e lunghe camminate per la città, dentro e fuori dalle vecchie chiese gonfie di tesori d’arte e a flaneggiare per i caruggi del centro storico a capire la storia della Repubblica.

    ("Ci sono i caruggi anche a Ceglie, ma sono bianchi. Qui invece sono grigi). E a chiedersi perché un poeta aveva scritto questo sonetto:

    "Scorretta Plebe, Nobiltà insolente

    Di trame e furberie ricchi Mercanti

    Meta di ladri e non cercar più avanti

    Usuraij assassini e miscredenti

    Strade anguste cantoni ouzzole ti

    Case al ciel, all’inferno gli abitanti,

    Giovani guasti e donne marcie affatto

    Di Sbirri immensità e Ufficiali tanti

    E di sangue innocente vil mercato

    Cospirazioni di pensieri insani

    Traditori, bugiardi, instabil Stato

    Forman Genova madre a tanti Giani"

    Il vecchio Questore Zanfrondo da Solopaca provincia di Benevento, per esempio, gli rompeva le scatole. Sempre in giro, sempre sotto gli altari… per fortuna che i santi e le madonne a cui rende omaggio l’assistono nelle indagini!

    Zanfrondo lo rimproverava, ma riconosceva il suo talento investigativo. Mentre da due anni aveva a che fare con quel Manrico Zecca, questore sovranista uomo di lago, soprannominato la Carpa per la sua viscidezza, in carriera senza meriti, ma possessore di un’antica tessera del partito che ormai governava, e che anche nelle questure aveva messo le prime solide radici.

    Con lo Zecca proprio non c’è storia. Quello lo minaccia lamentosamente di contribuire al suo trasferimento a Macomer nel profondo della Sardegna. Zecca ha l’incubo di Macomer, mentre Falsopepe non teme questa eventuale destinazione perché in quel posto c’è già stato alcuni mesi a sostituire un collega ferito. Macomer ha il monte Sant’Antonio, i nuraghi, i boschi e la chiesa di San Pantaleo con uno splendido portale a timpano e la vista fino al Campidano. Lui quei tre mesi a Macomer, a seicento metri sul mare c’è stato benissimo e ha anche amoreggiato con una ragazza carina. Una scappatella senza sesso di cui Anna non è stata mai informata.

    Lo Zecca non ha potuto astenersi dall’elogiarlo nell’ultima indagine che grazie a Falsopepe e alla dottoressa Silvia Conti, responsabile della Direzione regionale antimafia, ha portato all’intercettazione del boss ’ndranghetista Leone Lanzese conosciuto come il Granchio, U’Caure. Lanzese è stato ucciso in uno scontro a fuoco nel quale Falsopepe ha riportato serie ferite. Così per lui, con l’uscita dall’ospedale, è arrivata anche la promozione a primo dirigente, destinato alla Direzione centrale anti-crimine di Roma. Voluta espressamente dal ministro dell’Interno, il sovranista veneto Firmian di nome Gaspare che non si è fatto una questione politica nell’elogiarlo a più ripetizioni dopo lo smantellamento definitivo della feroce cosca tarantina.

    Verso la fine di luglio arriva dal Viminale la notizia e la destinazione. Non una Questura, ma un ruolo operativo alla Direzione centrale.

    Sede, Roma. Accettata con la solita disponibilità intelligente anche da Anna.

    Resteremo a Genova dove ormai si è radicata la nostra vita spiega alle amiche e soprattutto alla terribile vedova Bonello, terzo piano interno 6 di piazza Manzoni, appartamento sotto quello dei Falsopepe, controllore attento dei movimenti e delle vicende nel condominio. Archivio ambulante di pettegolezzi da asporto.

    In pochi giorni il primo dirigente ha trovato un appartamentino in affitto alle pendici dell’Aventino, tra gli alberi, via di Porta Lavernale, zona tranquilla, ma davanti ai fermenti culturali del Testaccio. In particolare a un tiro di schioppo dalla storica rosticceria Volpetti dove tutte le volte che era a Roma, il dottor Falsopepe non rinunciava a trascorrere qualche decina di minuti, in ambascia se optare per un tradizionale guanciale da gricia¹ o qualcosa di più complesso.

    Cerca consenso dalla moglie. Siamo a metà strada tra Genova e Ceglie. Cinquecento chilometri per Genova, poco meno per il nostro trullo… voli giornalieri, il treno. Comodissimo, non credi?

    La risposta di Anna è rasserenante.

    Succede che, avuto l’importante incarico romano, sistemato al suo posto genovese il suo fedele vice Pietro Acquafresca, Falsopepe decide di riunire tutti gli amici genovesi e la sua squadra per una cena proprio da Gino, dove la squadra si raduna almeno una volta alla settimana per fare il punto sulle indagini più difficili. Li raggiungono al tavolo: il libraio Alberto Serravalle e il professor Ottobrino Malinconico di cui vi diremo fra breve.

    La squadra c’è tutta. Gneddu arriva con Di Natale, la Cordivioli e il vice Acquafresca. Poco dopo anche Bucinnà.

    Manca solo la dottoressa Conti. Un ritardo di pochi minuti. Appare splendente, ancora più bella da quando ha sposato il libraio e da quel giorno manifesta anche una fase di ammorbidimento di carattere che Gino spiega a suo modo: Trombare fa bene anche allo spirito e alla giustizia.

    Sono arrivati da Parigi anche i coniugi Bellechasse (un po’ come i Pardon amici dei Maigret…). Etienne Bellechasse ha frequentato con Falsopepe i corsi dell’Interpol e ora siede al Quai des Orfèvres proprio alla scrivania dietro la quale è stato per oltre cento romanzi il celebre commissario.

    "Trofie al pesto con patate e fagiolini per tutti? Propone dalla cucina la mamma di Gino.

    Solo la Cordivioli perennemente a dieta opta per un’insalata.

    Falsopepe osserva i suoi ragazzi con l’atteggiamento di un padre. Gran bella squadra si compiace. Speriamo che non me la demoliscano.

    Demoliscano cosa? chiede la Cordivioli. La frase smozzicata del primo dirigente è stata captata. Lui fa un gesto con la mano, come a dire: Lascia perdere.

    Ci pensa Gino a rimettere in ordine le carte sul tavolo.

    "Bianchetta e Barbera, minerale gassata e per cominciare vi dividete una bella fritturina alla genovese con le trippe e il latte dolce?"

    Nessuno fa obiezioni.

    Sorride il festeggiato. La lavagnetta vicina alla porta d’ingresso gli mancherà. Gino ci segna tutte le mattine i piatti del giorno e i consigli delle cuoche, la mamma e la zia. Trofie al pesto, corzetti² al ragù di cabannina³, minestrone freddo e spesso, Pasqualina, uccelletto di vitello, stokke⁴ in umido, brandacujun⁵, grixella⁶ per dessert. In fondo sempre una scritta che apparentemente non ha nulla a che fare con il resto, tipica cucina genovese: pot-au-feu.

    È nient’altro che un ammiccamento gastronomico nei confronti del libraio Serravalle che a pochi metri dall’osteria, in salita della Fava greca, all’ombra dell’immenso bagolaro, guida da anni la storica libreria Maigret, tempio del giallo e delle mirabilia dedicate a Georges Simenon.

    Tutto quello che sa di Parigi permea i muri della libreria, si infila tra gli scaffali di ciliegio profumato, attraversa lo spessore di migliaia di libri, nuovi e vecchi, intonsi e consumati da mani e occhi avidi di emozionarsi sulle parole del commissario, godendo dei suoi ragionamenti e di una logica che ogni tanto si fa abbattere dai sentimenti: la pietà per esempio. L’amore.

    Alberto Serravalle agli occhi dell’oste Gino è uno straordinario intellettuale che dà lustro al rione.

    Il bollito è uno dei piatti amati dal commissario Maigret, che la signora Louise prepara la sera per il marito stanco e affamato. Così Maigret entra nella casa di Avenue Richard Lenoir, apre la porta, e accalappiato dagli aromi delle carni che bollono da ore, si fionda in cucina per il rito dell’innalzamento dei coperchi e del vasto naso abbandonato a sognare ondeggiando sui vapori.

    Gino asseconda il libraio intellettuale trasformando il bollito inpotau-feu, assieme alla genovese testina che diventava una tête de veau da accompagnare con una sauce gribiche⁷. Povero Gino, lui che non è mai stato a Parigi!

    La vita sulla piazza di Sarzano si è addormentata dopo che gli studenti della Facoltà di Architettura sono andati in vacanza e gli Erasmus sono ritornati nelle loro città.

    C’è qualche turista giapponese che risale dall’Acquario e spera di entrare nel Museo della Scultura chiuso di notte.

    "’Sti giappuneisgi du belin! commenta Gino. Mangian pescetti crui e travaggian tutto l’annu. Belinuin…"

    Niente monumento funebre di Margherita di Brabante risponde pedante Falsopepe sfoggiando la sua erudizione storico artistica. Quello sì che era amore… l’imperatore Arrigo, marito innamorato, nel segno di una eterna fedeltà per la moglie morta giovane di peste...

    Basta papà, stasera non rompere con la storia! protesta Michela sbaciucchiando il fidanzato per fare innervosire il gelosissimo padre.

    Falsopepe finisce di sfasciare i pacchi dei regali.

    Un video della squadra con frammenti di immagini di indagini condotte dal commissario nei vent’anni genovesi e un magnifico orologio da polso con incisi sul retro i nomi di tutto il gruppo. Da Serravalle e dalla Conti un bellissimo disegno di Lele Luzzati⁸ con Genova a fare da sfondo. Dal professor Malinconico un’antica guida della città e un manuale sull’arte di candire della fine del Settecento. Dai Bellechasse una confezione di prodotti di Fauchon tempio della gastronomia francese.

    Gli amici conoscono i gusti del poliziotto. Gusti? Manie, ormai soltanto manie. Deviazioni da senescenza come le definiscono i figli. Ma Ferruccio Falsopepe non ha ancora sessant’anni!

    È una di quelle occasioni che sono un misto di gioia per chi è promosso e avanza in carriera e di malinconia per dovere interrompere un tran tran che si dava per scontato fosse destinato all’eternità.

    Macché. Succede sempre qualche cosa che si infila nell’ingranaggio delle abitudini acquisite della vita e lo blocca. Il comodo, l’abituale s’inceppa e l’imprevisto dà fastidio.

    C’è anche il discorso. Ci sono l’applauso e lo champagne francese! fa notare Serravalle, offerto da Gino e dalla sua famiglia, compreso il selvatico padre pescatore.

    C’è, tra il caffè e l’amaro, la telefonata del prefetto Cattaneo.

    Una telefonata destinata a rallentare i programmi studiati nei minimi particolari dell’imminente trasferimento del primo dirigente da Genova a Roma, Aventino. O Testaccio?

    Questa estate del 2019.

    Le chiedo scusa dottor Falsopepe…

    Il prefetto Cattaneo sistemato a Genova ancora dal vecchio governo scaduto, è un uomo dotato di una signorilità innata. Non l’ha mai sentito alzare la voce, né lamentarsi di qualche cosa, né parlare male di un collega. Nemmeno della Carpa, che pure ne avrebbe buoni motivi. Cattaneo, di Nizza Monferrato, adora il conte di Cavour, se ne sente in qualche modo erede non politicamente, ma stilisticamente. Cerca da anni una Contessa di Castiglione che condivida il suo stile anche tra le lenzuola, ma la caccia ha dato finora scarsi risultati.

    So che la sto disturbando in un momento di festa e me ne rammarico, ma c’è un problema.

    Dica eccellenza… Falsopepe si alza dal suo posto e col cellulare all’orecchio si allontana verso l’uscita della trattoria.

    Anna sa che quando suo marito fa così, cioè lascia il gruppo e si apparta col telefonino, tira aria di rogne.

    L’hanno trovata poche ore fa. Era coricata su un prato vicino al fiume… lei conosce Courmayeur, dottore?

    Falsopepe ci era passato quattro volte. Andata e ritorno in auto a Parigi. E due indagini delicate. La caccia a un brigatista ricomparso dopo trent’anni dagli attentati commessi che era stato segnalato al di là del traforo in un paesino svizzero, Vallorcine. E, a Chamonix, il ritrovamento di un vecchio barone della medicina scomparso da Genova frastornato dall’Alzheimer.

    Più o meno eccellenza…

    Seminuda, vestita fino alla vita e sotto niente. Via i calzoni e gli slip. Non sembra ci sia stata violenza ai primi riscontri. Il rossetto sulle labbra era ancora intatto. L’hanno uccisa con dieci coltellate. Un massacro dottore. Il guaio è che si tratta di Egle Presutti…

    Parente del senatore?

    La figlia.

    Oddio…

    C’è il finimondo a Roma e non le racconto che cosa sta succedendo qua.

    Ce ne occupiamo noi?

    No e il guaio numero due è proprio quello. Il caso è in mano ai carabinieri del luogo e stanno facendo casino. Hanno già fermato gli amici della morta e li stanno interrogando in caserma. La notizia si è sparsa e pare che siano già sul posto alcuni inviati e le televisioni. Sono partiti anche da Genova.

    Capisco… ma il ministro?

    Ha chiamato me. Firmian vuole che ce ne occupiamo noi. La ragazza è genovese, ma vagli a spiegare che il delitto non è stato commesso in Liguria. E poi il padre mi fa pena, piange e urla...

    Ma io che cosa posso fare eccellenza? Fra poche settimane sarò a Roma come lei sa…

    Lo so, lo so, ma Presutti è il braccio destro del ministro Firmian… lei sa che Firmian è stato quello che l’ha voluta a Roma. E ora vuole lei. Cioè vuole che lei vada a Courmayeur e controlli, magari facendo la sua indagine parallela… capisce?

    Eccome se Falsopepe ha capito.

    "Almeno per qualche giorno, in assoluto incognito. Si tratta di capire come stanno veramente le cose. Se ci sono situazioni da tenere sotto stretto controllo. Povera ragazza finire così a ventiquattro anni. Povera fija…"

    Cattaneo è un cuore tenero.

    Era sola?

    "Macché. Stava con un gruppo di amici. Lei lavora in una farmacia. Bravissima fija mi dicono, mai problemi. Ragazza d’oro. La madre è morta molti anni fa se lo ricorda?"

    Il problema è il padre… scappa a Falsopepe.

    Cattaneo tace.

    Dico al ministro che ci va lei?

    Gli dica di sì. Parto subito, il tempo di andare a casa e riempire una valigetta…

    Le abbiamo già trovato una camera… non è un granché, ma Courmayeur è piena, non si trova un posto… Pensione Dora nella frazione di Dolonne… conosce? È gestita da una vecchia famiglia di guide…

    No. Il primo dirigente dottor Falsopepe non conosce né la ridente frazione di Dolonne, alle pendici del Monte Chétif, né la Pensione Dora e l’antica famiglia di guide alpine.

    Abbiamo prenotato una camera matrimoniale così almeno potrà portare la sua signora se le fa piacere…

    La sera nella loro casa di piazza Manzoni con vista sul torrente Bisagno, quello che ogni tanto si incazza ed esonda combinando grandi casini, chiede ad Anna se ha voglia di accompagnarlo a Courmayeur.

    Anna sorride. Va’, va’ tranquillo e pensa che quella povera ragazza ha pochi anni meno di nostra figlia.

    CAPITOLO II

    Sono gocce di memoria

    Queste lacrime nuove

    Siamo anime in una storia

    Incancellabile

    Gocce di memoria di Guerra-Todrani, canta Giorgia

    La scaramanzia ha un suo valore e Falsopepe la rispetta. Non una bieca superstizione da occhio al gatto nero o al sale rovesciato, ma qualche cosa di più rituale e antico. Un rito da rispettare quando dà inizio a una nuova indagine è il consulto con i due amici della libreria Maigret: Alberto Serravalle e il professor Ottobrino Malinconico.

    Dunque il giorno dopo i festeggiamenti per la promozione il primo dirigente che per comodità chiameremo d’ora in avanti il commissario, poco dopo le 9 fa suonare il campanellino della porta della libreria.

    Serravalle e il professore lo aspettano chiacchierando su un giallo di Dürrenmatt¹, dove il commissario Matthäi indaga avvolto da un insopportabile Föhn sul caso di Gritli, una bambina uccisa a rasoiate. Il nocciolo del confronto tra i due, che Falsopepe afferra scendendo le scale di legno che dall’ingresso del locale portano allo scrigno dei libri usati, è: quanto il Caso dia la svolta decisiva alle indagini, almeno nella letteratura e i due sembrano d’accordo nel ritenere la letteratura poco aderente alla realtà dei casi giudiziari. Troppa logica. Balle.

    Chi meglio del nostro commissario può spiegarcelo? esordisce il docente in pensione che vive da solo in un enorme appartamento di via di Santa Croce, rifasciato di libri. Dilettandosi ad archiviare centinaia di necrologie, per lo meno quelle che ritiene più stimolanti o per la notorietà del de cuius o per lo stile linguistico o per le umane rivelazioni: spesso, i pianti post mortem aprono squarci sui segreti di tante famiglie genovesi. Amanti clandestine/i, per esempio, figli illegittimi, rapporti omosessuali soffocati per troppi anni sull’altare del buon nome.

    Le necrologie erano servite qualche volta a Falsopepe per disincagliarsi dai grovigli di alcune parentele. Il professor Malinconico ha una lucida memoria che finora l’età, sempre più vicina agli ottanta, non ha ancora scheggiato. Le necro del docente si rafforzano con gli articoli migliori dei quotidiani che da una ventina d’anni archivia il libraio e che chiama Le mie storie private, My private eye.

    Parto per Courmayeur annuncia il commissario leggendo il risvolto di copertina del vecchio romanzo di Dürrenmatt e dando ragione alla faccenda del Caso e dell’imprevisto.

    C’è un pezzo stamattina sulla ‘Gazzetta di Genova’… informa Serravalle aprendo il quotidiano sul tavolo ingombro di tascabili di Simenon.

    Poca roba, probabilmente un’Ansa riscritta… Certo la poverina porta un cognome scomodo…

    O comodo, dipende da che lato lo si guarda.

    Da destra, comodo. Da sinistra meno.

    Un padre di peso.

    Il senatore Presutti? Un padre pesante, ma intelligente.

    Ingombrante precisa pignolo Malinconico che ha una grande voglia di sfoggiare le sue conoscenze. Ma gli altri due fanno finta di non coinvolgerlo, infittendo la loro conversazione per impedirgli di entrarci approfittando di una pausa.

    Una banderuola…

    "L’ho conosciuto uomo di sinistra, poi esponente di Linea Rossa..."

    Così era Presutti quando il dottor Falsopepe nei primi mesi del 2001 atterrava a Genova, dove si respiravano i preparativi del vertice dei Grandi.

    Sinistra storica… passione di famiglia. Padre comunista, figlio pdiino apparentemente fiero delle sue radici.

    Già. Apparentemente, perché da due anni ha fatto la scissione e che scissione…

    Uno scisma! grida con la vocetta strozzata dalla saliva Malinconico.

    "Per poi passare con i filo-sovranisti… saltando via da LR da lui fondata, in nome di che cosa poi?"

    "Dei valori popolari, delle radici, dello spazio vuoto nella sinistra. Se l’era giocata bene allora… Lascio Linea Rossa perché non rappresenta più la sinistra…"

    Così si fa convincere dal neo movimento filo-sovranista…

    Ci sta un anno, si fa eleggere e porta parecchie preferenze, quelle dei suoi amici lavagnesi. Ma il movimento gli sta stretto. Limita troppo le sue ambizioni.

    "E allora? Giravolta numero due. Via con altri quindici seguaci per passare al gruppo Misto e poco dopo fondare Anima Italiana..."

    Un genio perché questo governo nazional-popolare senza i dieci parlamentari scismatici non starebbe in piedi…

    Mi accontento di un ministro e di due sottosegretari… ha dichiarato. Sa e lo sanno tutti che se domani mattina vuol far cadere il governo di Spigola… paffete lo molla e si va subito al voto.

    Bisogna vedere se le urne lo premierebbero.

    "Scherzi Alberto? Ha fatto favori a mezza Italia. Lobbista, ma serio e concreto e persino onesto. Ora, poi, a presiedere la Commissione antimafia è tutto oro! Oro di benemerenze, intendo. È considerato un politico moderno, non hai capito niente, caro mio. Moderno. Che ascolta e capisce e che agisce di conseguenza. Una volta a fare gli interessi dei commercianti con l’abolizione degli scontrini… troppa burocrazia

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