Nessuno sa perchè fosse in stazione
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Il 2 agosto 1980 alle ore 10.25 una bomba esplose alla Stazione Centrale di Bologna, causando 85 vittime: erano donne uomini bimbi vecchi italiani stranieri; persone che quel giorno in stazione partivano, aspettavano, tornavano. Per sei di loro però, come riporta l’articolo di Repubblica del primo agosto 2016 a firma Caterina Giusberti, “Nessuno sa perché fosse in stazione”. Sei persone che quel giorno morirono in un luogo e in un tempo in cui, secondo la convinzione di tutti, non avrebbero dovuto essere. Questo lavoro, di pura fantasia e liberamente ispirato a quei nomi, racconta le vite possibili, le motivazioni probabili, le supposizioni che danno, per un breve attimo, spessore e colore a chi a quella domanda non potrà più rispondere. Sette racconti brevi, che hanno nella stazione l'epilogo o il punto di partenza, transitorio o definitivo. Sei sono le storie senza un perché citate nell'articolo. La settima è completamente altra, inventata, diversa e opposta. È la storia di chi invece in stazione doveva proprio esserci. Potrebbe essere la storia di chiunque, perfino la mia. O la tua. Perché tutti sappiamo dire dove eravamo e cosa stavamo facendo il 2 agosto 1980: una cosa che ci capiterà nuovamente solo con l’11 settembre 2001.
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Anteprima del libro
Nessuno sa perchè fosse in stazione - Chimena Palmieri
edizioni
Copyright
© Copyright Argot edizioni
© Copyright Andrea Giannasi editore
Lucca, giugno 2020
1° edizione
Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633).
ISBN 9788832281477
Queste storie sono dedicate a sei persone decedute il 2 agosto del 1980 alla stazione di Bologna. A loro affinché nessuno dimentichi.
Le narrazioni sono frutto di fantasia e immaginazione, liberamente tratte dall’articolo uscito su Repubblica Bologna di Caterina Giusberti, grazie agli studi di Cinzia Venturoli.
Le intestazioni con i riferimenti dei deceduti sono dunque dediche, mentre il racconto nasce da uno spunto narrativo che non ha nulla di biografico.
Prefazione di Pino Scaccia
"Nessun colpevole può essere assolto
dal tribunale della sua coscienza".
L’unica cosa certa è l’ora, le 10.25, perché sull’orologio fuori la stazione il tempo si è fermato quando è esplosa la bomba. Per il resto, sulla strage di Bologna è stato detto tutto e il contrario di tutto. Da qualche parte ho anche letto che forse si è trattato di un errore, o meglio di un incidente, e che la valigia con i ventitrè chili di esplosivo (tritolo mischiato con glicerina) è saltata in aria per sbaglio, destinata ad altri luoghi. Sicuramente una stupidaggine, ma se è vero che l’ultima sentenza è arrivata quest’anno, nel 2020, a quarant’anni dalla tragedia, significa che le indagini sono state articolate e complesse.
Certo, c’entrano i servizi segreti (c’entrano sempre), la P2, i Nar ma sugli autori materiali ci sono anche dubbi (non hanno mai confessato) e sui mandanti solo ipotesi. Si è anche detto che Bologna doveva cancellare Ustica ma sarebbe molto strano visto che ormai non era più la stagione della tensione. Dunque, la deliziosa e passionale città emiliana conserverà per sempre i misteri della sua più grande ferita. Ottantacinque morti (76 italiani), 200 feriti cantati in almeno diciotto brani, compresi poeti come Dalla, Guccini, Bertoli e chissà quante opere letterarie.
In questo festival dei dubbi, arriva Chimena Palmieri, una signora marchigiana che ho conosciuto all’alba del web quando era ancora una ragazza piena di sogni, e che ha preso una strada originale con l’impeto del noir. Quando cade un aereo in genere si va alla ricerca dei miracolati, sapete quelli che in extremis per qualche ragione si sono salvati. Lei invece fa una ricerca opposta: insegue chi quel giorno era in stazione. Una strada surreale, come se non c’entrasse semplicemente il destino. Ma che suscita appunto riflessioni sulla vita e sulla morte, ripensando a quante volte ci siamo messi a girovagare per una stazione, che resta una delle partenze del desiderio. Oppure da semplici pendolari. E può capitare che mentre stai lì, sonnecchiando, scoppia una valigia, messa sopra un tavolino per fare più male.
Nessuno potrà mai immaginare perché eri lì.
Pino Scaccia
Da dove viene
La strage di Bologna del 2 agosto 1980 è stata per me, e come credo - banalmente data l’ovvietà di un evento di tale portata nella vita privata e pubblica di cittadini e istituzioni - per tantissimi altri, uno di quegli eventi di cui si ricorda un prima
e un dopo
. Tutti ricordiamo cosa stessimo facendo il 2 agosto 1980: di saper rispondere tanto facilmente quanto immediatamente a una domanda del genere ci succederà nuovamente solo riguardo l’11 settembre 2001.
Avevo 17 anni, e sarei partita il giorno dopo per le vacanze in Puglia, allora abitavo ancora a Numana (Ancona). Sarei partita in auto, e la mia destinazione era il sud Italia, non il nord: Bologna quindi geograficamente era lontanissima, così come il percorso di vita che avrei dovuto fare in seguito.
Eppure allora fu uno choc terribile, come se fosse successo lì vicino, a me. Ero poco più di una ragazzina, ma compresi perfettamente la portata dell’accaduto. Rimandammo la partenza, tanto eravamo increduli e spaventati.
Nel corso degli anni, la strage di Bologna, così io l’ho sempre chiamata, è rimasta in me sensazione sempre viva e presente, non solo memoria statica. Del resto, la stazione ferroviaria, l’aeroporto, il porto, e in ultimo gli autogrill sono tutti non-luoghi legati alla vita, alle decisioni che prendiamo, alle sliding doors che simboleggiano e che la vita si diverte spesso a metterci davanti.
In e da questi luoghi si parte e si ritorna, ci si perde e ci si ritrova, si mangia e si dorme e si bivacca, per ferie, vacanze, lavoro, manifestazioni. Di giorno e di notte, nei giorni feriali come in quelli festivi, 24 ore su 24. Si ha la perenne sensazione di poter fregare
il tempo: la stessa percezione che ben conosce il popolo della notte
.
In questi non-luoghi si può raggiungere il posto o la persona amata, scappare da qualcosa, incontrare qualcuno, perfino, come è successo a Bologna il 2 agosto, incontrare la morte, o scamparla di un soffio.
Tra tutti, soprattutto la stazione ferroviaria per me è il non- luogo più vicino all’immaginario mio e collettivo, se non altro per la fruizione di massa che lo contraddistingue, per il fatto che il treno è il mezzo di trasporto più familiare