Il mito di Atanum-L'isola perduta
Di Ermes Altair
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Anteprima del libro
Il mito di Atanum-L'isola perduta - Ermes Altair
CAPITOLO 1
I primi raggi del sole della mattina, cominciarono a filtrare dalla finestra, nella camera da letto di Jago Amis, il suo orologio da polso ticchettava, «tic tac! Tic tac!» Come ogni giorno, appoggiato sul lato destro del comodino, vicino a lui, mentre quest’ultimo, avvolto nelle braccia di Morfeo, dormiva tranquillamente nel silenzio della sua casa. Ma questa mattina era diversa dal solito, aveva un appuntamento importante con i suoi investitori, essendo lui un regista, doveva fare vedere delle prime scene del suo ultimo film. Alle 8:00 precise, suonò la sveglia, «driin! Driin!» Rompendo il silenzio che regnava, nella sua stanza, all’inizio ancora assonato, muovendosi molto lentamente, allungando il suo braccio destro, la spense, ma quando all’improvviso, si ricordò di quello che doveva fare, alzatosi di scatto dal letto, come se fosse spinto da una forza incredibile, iniziò a preparasi in tutta fretta, per evitare di arrivare in ritardo. Venti minuti dopo il suo risveglio, bussò alla sua porta, «toc toc!»
Il suo assistente Milo, aperta, lui gli chiese, «come è possibile che, anche oggi a quest’ora ancora non sei pronto?»
«Lo so! Lo so!» ripeté più di una volta, proseguì «non è colpa mia! Ieri pomeriggio o dovuto fare le audizioni, per l’attrice protagonista, sono passate ore, è si è fatto molto tardi».
«Non potevi scegliere un altro giorno?»
«Non sono stato io ad organizzarlo il giorno prima dell’appuntamento».
«Chi è stato a farlo?»
«L’agenzia a cui avevo affidato il compito di scegliere delle attrici, per farle provare la parte».
«Perché non gli hai chiesto di cambiare giorno?»
«Era troppo tardi!»
«Sei riuscito a trovarla?»
«No! Ma cercherò di farlo il prima possibile».
«Va bene! Però sbrigati nel prepararti, rischi di farli innervosire, se arrivi in ritardo».
«Non ti preoccupare! Sono pronto e possiamo andare».
Usciti dalla casa del poco affidabile regista, salirono in auto, e si avviarono verso gli uffici degli investitori. Arrivati, prima di entrare all’interno della sala cinema, sul volto di Jago, era evidente il suo stato d’animo ansioso, Milo cercando di rassicurarlo dicendogli, «non ti preoccupare, andrà tutto bene!»
Mentre era iniziata la riproduzione di parte del film, seduto su una delle poltrone, sfogando il suo nervosismo, mordendosi il labbro superiore e sbattendo ripetutamente il piede destro per terra, sul suo viso si poteva notare un’espressione tesa e preoccupata nell’aspettare un giudizio positivo da parte loro, per poter continuare le riprese. Riaccese le luci e finita la riproduzione delle scene, cominciarono a discutere al suo interno.
Il regista fu il primo ad iniziare non vedendo delle espressioni convinte sui loro volti, ed affermò, «comprendo la vostra preoccupazione! Anche per i tempi di produzione più lunghi di quelli concordati, ma questa è solo una parte del film, manca ancora la parte più importante, è dovrà essere girata su di un’isola nell’oceano atlantico».
Venne interrotto da uno di loro, con un tono di voce molto alto, «non si era mai detto di fare riprese all’esterno degli studi! Farà alzare i costi di produzione! E sei già in ritardo di diverse settimane». Interrotto da Jago, «capisco le vostre preoccupazioni! Ma il lavoro sta andando molto bene, e appena saranno girate le scene più importanti, il film sarà un successo».
«E meglio per te!» rispose uno degli investitori, con tono minaccioso.
«Se il film non andrà bene, la tua carriera come regista e finita, questo lo capisci!» rispose un altro.
«Dopo aver finito il film, sarete entusiasti del risultato finale e non vi ricorderete nemmeno di questa discussione», rispose il regista.
Dopo aver finito di parlare con i suoi investitori, ed essere uscito dagli uffici, lui insieme al suo assistente, si diressero verso una caffetteria lì vicino, per parlare delle prossime scene da riprendere. Mentre erano seduti all’interno, il suo assistente gli domandò, «perché non mi ha detto niente di quest’isola? È perché ci tiene così tanto a farlo in questo luogo e non in altri luoghi più facili da raggiungere?»
Mentre il cameriere stava versando il caffè caldo, in entrambe le tazze, Jago cominciò il suo racconto:
«Da adolescente sognavo di diventare un regista, ma in famiglia le condizioni economiche non erano delle migliori, questo mi fece ritornare nella dura realtà, vedendo questa situazione, un giorno decisi di arruolarmi nella marina militare, perché mi piaceva molto stare in mare e mi sembrava la scelta più saggia da fare, così avrei potuto mantenermi da solo e stare lontano dalla mia famiglia, di cui non portavo un grande rispetto. Furono per me anni difficili, molto diversi da come me li aspettavo, la maggior parte del tempo durante l’anno la si passava in mare, ed io durante tutto quel periodo cercai di risparmiare tutto quello che potevo, per riuscire un giorno a provare a realizzare il mio sogno. Un giorno di questi oramai stanco di questa vita, risposi male al comandante, quest’ultimo per punizione mi fece passare qualche ora della sera fuori dalla nave, in uno dei periodi più freddi dell’anno. L’unica consolazione, era di non essere da solo, con me c’era un mio collega di nome Ismael Gama, anche lui aveva subito la stessa sorte, e cominciai a parlare con lui, mi confessò di averne abbastanza anche lui di questa vita, e da li a poco avrebbe lasciato, e se ne sarebbe andato. Durante questa notte illuminata solamente dalle stelle, successe qualcosa di particolare, mentre Ismael guardava con il suo binocolo il panorama, iniziò a vedere qualcosa nell’oceano, gli sembrò una piccola scialuppa di salvataggio, cerco di ingrandire l’immagine, riuscì a vedere una persona su di essa, poco dopo io diedi l’allarme per intervenire. Insieme ad altri, si scese in acqua con una barca e cercammo di avvicinarci per salvarlo, una volta arrivati le persone sulla barca erano due, ma per uno dei due non c’era più speranza, l’altro invece anche se messo molto male era ancora in vita. Portato sulla nave, il comandante ci ordinò a noi due di trasportarlo nell’ufficio del dottore per visitarlo, dopo essere arrivati, cominciò a curare le sue ferite, cercai di comunicare con lui, ma era tutto inutile, per quando era debole fisicamente, non riusciva a dire una parola, allora il dottore ci disse di portarlo in una delle stanze libere per farlo riposare, di sorvegliarlo, e se si fosse sentito male di chiamarlo subito. Passarono diversi giorni dal momento del salvataggio, io ed Ismael incuriositi da quest’uomo, chiedendo al comandante, decidemmo di fare il turno di notte per potercene occupare di lui, una di queste notti, mentre a gesti mi chiedeva di aiutarlo a bere, iniziò a parlare, ci disse il suo nome,
«Costantino», era un marinaio che aveva lavorato su una nave mercantile, ci raccontò, mentre era in mezzo all’oceano sulla nave, all’improvviso il cielo cambiò e iniziò una tempesta, mai vista così forte, le onde facevano muovere la nave da una parte all’altra con una forza incredibile, il comandante cercò di organizzare l’equipaggio per resistere alla tempesta, ma ci fu poco da fare, le onde erano troppo forti, e ordinò a tutti di preparare le scialuppe di salvataggio, prima che la nave affondasse. Quando quasi tutto l’equipaggio era su di loro, arrivò un onda enorme, e continuando il suo discorso disse di non aver mai visto una cosa del genere in ventisette anni da marinaio, in quel momento la nave venne colpita e si spezzò in due, e lentamente affondò, pochi di loro riuscirono a resistere all’impatto. Passarono quasi dieci giorni dall’evento, le provviste erano finite e molti di loro erano già morti, la scialuppa su cui c’era lui e un suo collega, arrivò vicino le coste di un’isola, ma non riusciva a spiegarsi da dove fosse apparsa, poco prima di questa scoperta, entrambi stavano dormendo, e intorno a loro non c’era niente, ma era tutto molto strano».
«Cosa c’era di così strano?» chiese il suo assistente Milo, mentre interrompeva il suo racconto con questa sua domanda.
«L’isola era circondata da una nebbia molto spessa e dal suo racconto era permanente, nell’istante essersi avvicinati all’isola il cielo diventò dall’ essere sereno a cupo, come se ci fosse un temporale. Costantino svegliò il suo collega e insieme, iniziarono a remare per raggiungere la terra ferma, erano entrambi molto stanchi e affamati. Appena sbarcati sulla spiaggia, cercarono del cibo da qualche pianta selvatica, e trovarono da bere da una piccola sorgente d’acqua, rimasero qualche giorno sulla spiaggia, erano troppo stanchi per esplorare l’isola e decisero di costruirsi un riparo e accendersi un falò per riscaldarsi e cucinare della selvaggina, aiutandosi con gli oggetti che avevano preso dalla nave prima di affondare. Dopo diversi giorni ed essersi ripresi in parte dalla stanchezza, decisero di esplorare l’isola, si inoltrano in mezzo alla foresta, aiutandosi con un machete per farsi strada all’interno, camminarono per diverse centinaia di metri, fino a quando uno di loro notò qualcosa di particolare, in cima ad una delle montagne, la più alta di tutte, vide un viso scolpito nella roccia, dalle dimensioni incredibili, entrambi si guardarono negli occhi con una espressione di incredulità, su chi avesse potuto costruire qualcosa di così magnifico, all’interno di ogni fessura, degli occhi e della bocca uscivano fiamme provenienti da enormi bracieri, illuminato dal fuoco, quel volto era capace di dare una sensazione di smarrimento e inquietudine a chiunque.
Questa scoperta fece rimanere senza parole entrambi, pensarono che fosse opera di qualche civiltà antica, ma durante il loro breve cammino, non avevano avvistato nessun segno di vita. Decisero di