Istinto cuore e ragione
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Anteprima del libro
Istinto cuore e ragione - Salvatore Alessi
Salvatore Alessi
Istinto cuore e ragione
Salvatore Alessi
Istinto cuore e ragione
Editrice GDS
Via pozzo 34
20069 Vaprio d’Adda-Mi
Tel 02.90970439
www.gdsedizioni.it
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Collana Legami
Immagine copertina reperita dal sito di pixabay dall’autore.
Ogni riferimento descritto in questo romanzo a cose, luoghi, persone e altro sono da ritenersi del tutto casuale.
CAPITOLO 1
La luce e il buio
La partenza
Un lungo e interminabile fischio, subito seguito da una enorme e violenta esplosione: aveva così inizio una lunga guerra che avrebbe coinvolto i Paesi più potenti del pianeta, proprio nello stesso momento sopra un piccolo molo di un minuscolo paesino stava partendo la nave su cui avrebbe vissuto la sua avventura Giò.
Era stato un addio lungo:
Quanto vorrei che tu non dovessi partire, Giò. Mi piange il cuore a pensare che parti e lascerai me e il nostro bimbo per un anno soli qui. Dodici mesi sono tanti
Giò le disse: Il lavoro mi chiama.
La moglie parlava e lui, assente, la seguiva meccanicamente.
Il bimbo tirandolo dalla giacca cercava un suo bacio. Voleva salutare suo padre prima che partisse per questo lungo e pericoloso viaggio.
Con gli occhi rossi per le lacrime chiese: Papà, quanto tempo rimarrai in mare? Quando tornerai? Già mi manchi…
Giò con un dolce sorriso stampato sulle labbra gli domandò: Ti manco già prima ancora di partire?
e lo abbracciò teneramente.
Alle otto in punto la nave sarebbe sbarcata.
E dalle sei ad ogni quarto d’ora il suo orologio da tasca suonava, come a voler scandire il fluire inesorabile del tempo. E in quelle due ore l’addio fu lungo ma sembrò durare un attimo.
L’ora della partenza era arrivata.
La nave si allontanava dal porto e dalla terra ferma la moglie, che non riusciva a trattenere le lacrime, e il piccolo e assonnato Paco, suo figlio, lo salutavano con amore.
I due si preparavano ad affrontare un anno in assenza del loro amato Giò, in costante attesa di un suo ritorno e con il continuo timore che qualcosa potesse andare storto durante quel lungo viaggio.
Il tempo di sistemare la sua roba nella piccola cabina ed era pronto a mettersi a lavoro.
Prese le sue reti e quando stava per uscire dalla camera si scontrò con un omone grande e grosso che gli disse: Il mio nome è Frank, saremo compagni di cabina
disse l’omaccione.
E lui: Io sono Giò, piacere.
Incalzò Frank: Mi daresti una mano con questi borsoni
indicando due enormi valige che sembravano essere pesantissime.
Aiutò il suo nuovo compagno di viaggio e insieme si avviarono sul ponte con le reti in mano pronti per iniziare il loro duro lavoro.
Il suo nuovo compagno di viaggio era un tipo molto loquace. Appena si conobbero gli raccontò buona parte della storia della sua vita.
Gli raccontò che da bambino sognava di diventare il capitano di una nave come quella, di tutti i suoi viaggi in mare come semplice membro dell’equipaggio. Non era affatto facile fare carriera su quelle navi, che erano dei posti angusti. Ci voleva molta forza di volontà.
Lavorarono tutto il giorno, e cantando resero quel giorno di fatica meno pesante e tutto sommato il mare diede buoni frutti. Quel giorno vi fu buona pesca.
Tutto il giorno lavorando pensò alla moglie e al figlio: alla moglie che al suo risveglio lo attendeva a tavola con una ricca colazione per farlo partire a stomaco pieno, al figlio che non gli mollò un attimo la mano come a voler assaporare quegli istanti prima di quel lungo anno senza suo padre, al dolce saluto che dal porticciolo gli mandò. E ancora il pensiero ritornò alla moglie che pregava per lui con le lacrime agli occhi.
E infatti Vania - così si chiamava la sua amata - pensava che non sarebbe stato facile vivere senza il proprio uomo in casa, senza avere nessuna notizia sulla spedizione e sulla sua salute per i prossimi mesi e che doveva cercare di andare avanti contando sulla famiglia e sull’amicizia.
Era tornata da poco a casa e le parve di udire in lontananza il suono di un pianoforte, lo strumento che Giò amava ascoltare la sera mentre si rilassava steso sul letto.
Sembrava essere una delle quattro stagioni di Vivaldi, precisamente l’Estate, ma era tutt’altro che estate nel cuore di Vania.
Le scese una lacrima e iniziò a pregare in ginocchio per il suo amato: Dio, so di non essere una perfetta cristiana, ma ho bisogno che tu mi stia affianco. Rassicurami. Dammi un segno, dimmi che tornerà...
Rimase qualche secondo in silenzio come in attesa di una risposta.
Essendo opera del tuo Creato, il mare è immensamente meraviglioso ma è anche così pericoloso. Ti prego proteggi la sua imbarcazione da qualsiasi tempesta, e da qualsiasi pericolo su cui si imbatterà la nave del mio amato Giò …
Le lacrime iniziarono a venire giù a fiotti dai suoi occhi.
E singhiozzando continuava a pregare: Non vorrei sembrare egoista, ma sono troppo giovane per rimanere vedova, e per giunta sola con il nostro figlioletto. Tieni il più lontano possibile da questa casa il nero funereo del lutto ...
Riuscì a controllare il pianto.
E con una rinnovata calma disse ad alta voce: Concedimi di poterlo rivedere, di poterlo riabbracciare. Fai in modo che io possa risentire le sue mani delicate sul mio viso, sul mio corpo. Ho tanto bisogno delle sue carezze.
Si risollevò e sembrava essere una persona nuova. Era pronta ad affrontare quei mesi senza di lui, pensando sempre a lui, sentendolo sempre vicino.
Prese il bimbo che si era ormai svegliato del tutto e non vedeva l’ora di andare a spasso e uscì.
Le strade erano affollate, tuttavia la sua amica Martina si faceva notare tra la folla. Era una persona così solare che lasciava il segno in tutti coloro che avevano avuto modo di conoscerla. Vestita in modo molto colorato le andava incontro giù per la strada.
E urlava: Sono così felice di vederti, come stai?
Vania rispose: Beh, potrebbe andare meglio. E’ appena partito Giò, ma devo in qualche modo superare questo periodo senza di lui.
Martina le diceva per rincuorarla: Oh, vedrai che passeranno questi mesi. Non temere per lui, il mare è amico dei pescatori.
E chiacchierando si avviarono a fare la spesa.
Per sollevare un po’ il morale a Vania, Martina tentava in tutti i modi di apparire più simpatica del solito. Infatti disse a Vania con tono scherzoso: Secondo me, Giò si è voluto imbarcare perché ha sentito che la guerra interesserà principalmente l’Europa. Quindi si è messo in salvo su quella nave
.
Vania sorrise gelidamente e si chiedeva tra sé e sé: e se la guerra si espanderà pure nelle acque laddove naviga il mio povero Giò come faranno a salvarsi ai molti bombardamenti nemici?
. Rabbrividì. Era meglio non pensarci.
La guerra ormai si era estesa in tutto il globo.
La Cina avrebbe voluto affermare la propria supremazia sulla parte orientale del pianeta, ma molti Paesi del Medio Oriente si ribellavano contro la violenza bruta delle armate cinesi e anche contro il crudele capitalismo degli Usa e di tutto l’Occidente.
La Russia e la Germania potenzialmente erano tra le nazioni più pericolose per quanto riguarda l’efferatezza delle azioni belliche, ma dapprima furono semplici spettatori del conflitto.
L’Italia invece fu trascinata fin da subito nel pieno della guerra, schierandosi al fianco della potenza Statunitense.
Un mesetto dopo in mare aperto Giò con le sue reti in mano era ormai esperto del mestiere, ma di colpo sul ponte iniziò a sudare e si impadronì di lui una gran paura: come se qualcosa di inevitabile dovesse accadere.
La ciurma continuava a lavorare, tutti i suoi compagni di avventura impegnati com’erano nella loro battuta di pesca non si accorsero neppure che Giò si fosse fermato e non stesse più contribuendo al loro lavoro.
Nessuno sembrava accorgersi del malore improvviso da cui era stato colto Giò. Ma era palese non si trattasse di un male fisico. Sembrava essere una fitta al cuore, una sorta di malattia emozionale. Era la mancanza della sua donna? Era la lontananza dal suo bambino? Era la paura di morire? Qualsiasi cosa fosse, bruciava il cuore.
La sua paura cresceva sempre di più. Una paura irrazionale che gli paralizzava il cervello, gli infiammava il cuore e gli destabilizzava tutto il corpo.
Frank sembrò accorgersi che qualcosa non andasse in Giò, nonostante si conoscessero solo da poco tempo, aveva iniziato a capire gli atteggiamenti del compagno di viaggio. In mare aperto le persone si conoscono meglio.
Giò, tutto bene? Qualcosa non va? Cos’hai?
Niente, Frank. Niente. Forse è la stanchezza.
Vuoi chiedere al capitano se puoi tornare in camera a riposarti un attimo?
No, un momento e passa tutto.
E invece passarono solo cinque minuti e svenne.
Frank rapidamente mollò le reti e trattenne l’amico prima che sbattesse con il capo a terra.
Gettò un urlo verso i suoi compagni, con gli occhi colmi di rabbia: Capitanoooo! Lavoriamo senza sosta da più di dodici ore. Il nostro compagno di viaggio Giò è svenuto. Come può farci lavorare così come animali da soma?!
Forse era per il suo modo di fare ribelle che non gli aveva mai