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I Draghi Lo Fanno Da Nerd
I Draghi Lo Fanno Da Nerd
I Draghi Lo Fanno Da Nerd
E-book268 pagine3 ore

I Draghi Lo Fanno Da Nerd

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Info su questo ebook

Una scrittrice bloccata in cerca di ispirazione e un drago nerd in cerca d’amore.

**Una scrittrice bloccata in cerca di ispirazione** Kaylee Scrivo di uomini cattivi che fanno cose sporche a donne bisognose d’affetto. Meglio, scrivevo. Sono alla scadenza e le parole non vengono fuori. Il mio pozzo creativo non è altro che una pozza di fango. Forse un riflesso della mia altrettanto scialba vita. Ma poi incontro un uomo da urlo con una seria abitudine per i libri alla biblioteca di zona. Improvvisamente, è lui il mio eroe. Sto scrivendo di un magnifico ragazzo occhialuto con addominali da leccare e bicipiti da mordere. Le parole scorrono, ma non è il libro che intendevo scrivere. Non abbastanza manette, troppi denti e artigli… e io non sono del tutto sicura del perché. **Un drago nerd in cerca d’amore** Dex L’ho trovata. La mia unica e vera compagna. E… Lei pensa che io sia un pazzo. “I draghi non sono reali.” Devo soltanto convincere una donna, con un’immaginazione così vasta da creare mondi fittizi per guadagnarsi da vivere, che tutto quello che ha sempre sognato è reale, magia inclusa. Nessun problema. Senza rivelare la mia vera forma. Più complicato. Tenendola al sicuro. Maledizione. **Nota dell’autrice: questo libro parla di una scrittrice pratica, sicura che i sogni e la magia siano cose per bambini, e che “vissero felici e contenti” esista soltanto nella finzione. Ma parla anche di un cazzuto drago nerd pronto per l’amore… finché non incontra la donna dei suoi sogni e si rende conto che la vita con lui è piena di inevitabili pericoli.**
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita17 ago 2022
ISBN9788835442271
I Draghi Lo Fanno Da Nerd

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    Anteprima del libro

    I Draghi Lo Fanno Da Nerd - Gemma Cates

    1

    KAYLEE

    Il tipo era di nuovo qui.

    Quello stupendo, tutto muscoli e occhiali.

    Era difficile non notarlo, visto che la maggior parte dei maschi nella mia biblioteca di zona era composta da adolescenti oppure ottuagenari… ma anch’io lo cercavo.

    Avevo cominciato ad andare in biblioteca ogni mattina per scrivere, anziché la solita volta o due alla settimana. Beh, per scrivere e con la speranza di poter dare una sbirciata a lui e ai suoi graziosi muscoli.

    Non che fossi una stalker svitata o altro. Non lo seguivo fuori dalla biblioteca per vedere quale tipo di auto guidasse. Né cercavo di scoprire quali libri leggesse. Sarebbe stato qualcosa di inquietante.

    No, guardavo… semplicemente.

    Mandai giù un sospiro malinconico. Era delizioso. Motivatamente delizioso, stimolante, da far venire l’acquolina in bocca.

    Una lampadina sfarfallò.

    Il mio ultimo libro era in stallo, avevo la sensazione di arrancare attraverso una palude appiccicosa di parole inutili. Il cursore lampeggiante mi provocava con il suo continuo ammiccare, come se con ogni flash mi stesse punzecchiando. Fai pena. Fai pena. Fai pena.

    Una parola di avvertimento per la mia me futura: scuotere il computer non serve. E bere litri di caffè avrebbe potuto essere una scelta ancora peggiore. In effetti, tutta quella caffeina mi faceva scattare a tempo con gli aggressivi punzecchiamenti del cursore.

    Avevo una scadenza, ma non mi stava venendo nessuna parola. La bozza zoppicava. Il mio eroe non era affatto divertente. Quel che era peggio, nemmeno io volevo farmi il mio personaggio. Se io stessa non volevo essere ammanettata, sculacciata e scopata dal tipo, perché prendermi la briga di scrivere di lui? Perché se non lo volevo io, nessuno che avesse letto il dannato libro lo avrebbe voluto.

    Diversamente dal mio figo della biblioteca.

    Chi non avrebbe voluto leggere di lui?

    E fu in quel momento che non una lampadina, ma un’illuminazione da stadio si accese nella mia testa.

    Il mio figo nerd era un uomo nato per essere l’eroe di una storia d’amore.

    Avrei potuto fare in modo che accadesse.

    L’eroe del mio libro si trasformò. Diventò un fantastico occhialuto con muscoli assurdamente favolosi, e le parole cominciarono a scorrere.

    2

    DEX

    La mia stalker sexy era di nuovo in biblioteca.

    L’ho notata la settimana scorsa e ne sono rimasto intrigato. Era un adorabile mucchio di contraddizioni. Sexy da morire, ma avvolta in un cardigan beige troppo grande che avevo visto indossato dalla mia vicina di casa ottantaduenne l’altro giorno.

    Era interessata – mi scopava con gli occhi ogni volta che non pensava stessi guardando nella sua direzione – tuttavia non aveva mai stabilito un contatto visivo.

    Ed era assolutamente ignara del fatto che io la stessi tenendo d’occhio.

    Lei mi occhieggiava come se volesse attirarmi verso la sezione viaggi e succhiarmi l’uccello fino a buttar fuori il mio carico. Come era possibile che non lo notassi?

    Ma io stavo al gioco. Lasciavo che mantenesse l’illusione di non tenermi d’occhio, ovviamente.

    Principalmente perché l’alternativa non era grandiosa. Lei sembrava abbastanza timida, con quella faccenda di non stabilire un contatto visivo, da rimettere in ordine, sparire e non tornare se si fosse resa conto di essere stata scoperta.

    Così la guardavo guardarmi, e la guardavo digitare freneticamente sul suo portatile. Non ero sicuro del perché fosse in biblioteca ogni mattina, perché di certo non era qui per i libri.

    Diversamente da me. Lanciai un’occhiata alla pila che avevo fatto sopra il mio tavolo da lettura preferito. Avevo una ricerca da fare. Una specie. Non avrei trovato le risposte a un problema magico in una biblioteca degli umani, ma speravo in qualche indizio che mi indicasse la direzione verso cui avrei dovuto guardare.

    Il mio amico Bain pensava che avessi perso la testa. Lui era pronto per sbattere alcune teste insieme, in zona, e ottenere alcune risposte, ma io non ero così sicuro che fosse la strada più produttiva. Tanto per cominciare, nessuno di noi sapeva da dove iniziare. Non è che avessi fatto incazzare una strega che poi mi aveva lanciato una maledizione.

    Per quanto ne sapevo, mi ero ritrovato intorno tre streghe di recente. Aiden, la strega di ghiaccio amica di Bain, che non avrebbe nemmeno pensato di infastidire uno di noi.

    Poi c’era stata la Van Helsing che era in grado di lanciare fuoco. Mai avrei fatto incazzare Morgan Van Helsing, e qualora lo avessi fatto, lei me lo avrebbe detto in faccia e poi avrebbe provato a darmi fuoco. Fine della storia. Lei era così, diretta.

    Per quanto riguarda la terza, penso che lei non sapesse nemmeno di essere una strega. La cosa era un po’ strana. Il flirt dell’ex della donna di Bain era una strega. Le poche volte che mi ero imbattuto in lei, da Derek, il mio iniziale sospetto aveva avuto conferma: strega. Inconsapevole, probabilmente un incidente in attesa di succedere, ma sicuramente una strega.

    Aiden era amica di Bain, e nessuna di quelle signore aveva motivo per avercela con me, e non c’erano altre fottute streghe. Specialmente non il genere di motivo da tenere confinato il mio drago, impedendomi di mutare.

    Sentivo salire il ruggito del drago arrabbiato dentro di me. Non proprio. Però una specie. La calma interiore su cui lavoravo era sicuramente messa alla prova. Ero un drago mutaforma che non poteva mutare. Non era l’ideale, ma niente per cui valesse la pena andare in panico – o così stavo dicendo al ragazzone che costituiva la mia metà animale. Ed era anche vero, finché non dovessi lottare, avere bisogno del mio fuoco o di guarire.

    Se fosse durato più di qualche settimana, allora sarei stato pronto a rompere il cazzo a certe persone in cerca di risposte. Ero sempre un tizio grosso che sapeva come combattere. Così com’era, era un inconveniente. Non è che svolazzassi in giro sotto forma di drago occultato ogni notte.

    Alla fine sarebbe stato un problema, perché dovevo mutare regolarmente. Distendere le ali, lasciare libera la focosa, cazzuta bestia che avevo dentro. Cavolo, già mi mancava, e non era passata nemmeno una settimana.

    Ecco il motivo delle mie gite mattutine in biblioteca. Ero qui per trovare risposte, non per indagare sulla mia stalker sexy.

    Okay, va bene. Ero qui per entrambi i motivi. Potevo essere multitask. Ero bravo in quello.

    Sbirciai da sopra il libro sui miti moderni e stregoneria che stavo leggendo.

    I capelli della mia stalker sembravano lunghi, ma stavo solo tirando a indovinare. Erano raccolti all’insù in un disordinato mulinello di ciocche color cioccolato con tracce di miele che spuntavano fuori. Lei era un sexy, adorabile casino.

    Cambiò posizione sulla sedia, era il suo segnale. Stava per sbirciare nella mia direzione. Io spinsi i miei occhiali nuovi in alto sul ponte del naso, chinai la testa e feci finta di essere preso dal testo. Di nascosto, la guardai da sopra gli occhiali. Con il mento abbassato, riuscivo appena a vederla.

    Fortunatamente, la mia visione a distanza era intatta. Soltanto la visione da vicino era stata colpita dalla maledizione.

    Ero dell’opinione che la mia situazione, sia il problema di mutare sia gli altri effetti che stavo sperimentando, fosse temporanea. Non era proprio possibile che avessi fatto arrabbiare così tanto una strega al punto di confinare il mio drago per un periodo significativo. Non senza che me ne rendessi conto.

    Se era temporaneo, era un bene. Potevo essere paziente. Però…

    Gli altri sintomi che mi affliggevano erano un problema. Quelli non li avevo condivisi con Bain né con Archer. Quei due potevano anche essere i miei migliori amici, ma avrebbero potuto incazzarsi o rimproverarmi, a seconda dell’umore, e io non volevo avere a che fare né con l’uno né con l’altro.

    I draghi hanno una vista eccezionale, anche in forma umana, ma ultimamente… La luce non era mai forte abbastanza per leggere i caratteri piccoli su qualunque cosa. Inoltre, da quando qualsiasi cosa era in caratteri piccoli?

    Era cominciata quel giorno in cui avevo dovuto accendere tutte le luci in cucina perché riuscivo a malapena a vedere la ricetta per la torta che stavo preparando. Non giudicate. Non c’è nulla di più rilassante per me che preparare qualcosa al forno, specialmente dopo un duro allenamento.

    Ma poi ero passato dai caratteri piccoli in cucina ad ingrandire la dimensione dei font sul computer a circa il doppio. Era ridicolo negare la realtà, così avevo ceduto e mi ero procurato degli occhiali da lettura.

    Un drago con gli occhiali da lettura.

    Ribadisco, secondo l’umore, i ragazzi sarebbero morti dal ridere oppure avrebbero pensato che stesse arrivando la fine del mondo.

    Non che alla mia stalker sexy la cosa sembrasse importare. Lei mi stava di nuovo sbirciando come se fossi una prelibatezza che le sarebbe piaciuto leccare, succhiare e…

    Cazzo. Non mi ci voleva un’erezione in biblioteca. C’erano dei bambini. Mi avrebbero etichettato come un pervertito, sarei stato cacciato e poi non sarei più riuscito a vedere la mia ragazza stalker.

    Ritornai al libro sui miti e le leggende moderni. Ma non riuscivo a leggere le parole.

    La mia vista era peggiorata all’improvviso. No, smisi di leggere perché ero troppo preso dall’essere su di giri. Solo perché ero vecchio come il mondo, avevo vissuto più guerre di quante potessi contarne e combattuto in molte di esse, ciò non significava che non potessi avere un’eccitazione-da-dodicenne-su-di-giri come un qualunque dodicenne.

    Mi conoscevo. Ecco perché meditavo, mi allenavo regolarmente e facevo altre stronzate per far fronte al problema. Perché a volte il mio cervello poteva essere il mio nemico.

    Per lo più, cercavo di non pensare troppo alla mia situazione. Concentrati su una soluzione. Fai qualche ricerca. Scopri cos’è successo. Sistemalo.

    Un piano di azione che mi permettesse di mantenere la calma.

    In genere, il mio consiglio al mio dodicenne interiore era di non sclerare. Perché se lo avessi fatto, la cosa successiva che sapevo, avrei ceduto ai consigli di violenza di Bain e Archer, e io non sono un tipo così. Non più.

    Cercavo di essere tutto Zen e stronzate varie in questi giorni.

    Ma… Gli occhiali non erano l’unico problema. Quasi sicuramente stavo perdendo la visione da vicino perché i miei occhi stavano invecchiando. I miei occhi non avrebbero dovuto invecchiare così in fretta. Almeno, non era così quando non ero maledetto da qualche strega sconosciuta con qualche lamentela sconosciuta.

    Avevo scoperto anche qualche capello grigio e qualche ruga intorno agli occhi che prima non c’era. Avrei dovuto comprare della crema per occhi.

    Se fossi stato vanitoso, ma non lo ero.

    Okay, vabbè. Avevo comprato la crema per gli occhi.

    Quello aveva fatto ridere i ragazzi a crepapelle, fino a quando non si erano resi conto di cosa significava. Io stavo invecchiando rapidamente secondo gli standard dei draghi, il che significava anche che la mia capacità di guarire me stesso era stata danneggiata o bloccata insieme al mio drago.

    Questa faccenda della non-guarigione e dell’invecchiamento non era uno scherzo. Avevo persino pensato di saltare una delle mie corse con Chelsea questa settimana, perché ero ancora dolorante per l’allenamento del giorno prima. Ma poi i suoi dolci occhi marroni mi avevano persuaso diversamente. Inoltre, lei si sarebbe mangiata metà della mia casa se non avesse fatto esercizi a sufficienza. I Malinois non sono esattamente dei pelandroni.

    Ma il punto era che io ero dolorante. Avevo messo un’attenzione extra nel relax e nello stretching, e continuavo ad essere notevolmente dolorante. Non era normale. Affatto.

    E legata a tutto quello c’era la ragione per il mio sclerare: Chelsea. L’unica, vera preoccupazione per questa maledizione era che avrebbe avuto un effetto negativo sul mio cane. I miei cani vivevano vite lunghe. Magicamente lunghe. Non era qualcosa che facessi apertamente. Non ero una strega lancia-incantesimi. Potevo lanciare fuoco magico, prendere a calci in culo qualche creatura e generalmente tenere testa in un combattimento, sia in forma di drago sia in forma umana. Sebbene non rientrasse tra le mie abilità magiche influenzare la longevità di un altro essere, i miei animali vivevano a lungo.

    Un po’ della mia magia si era trasferita per via del contatto ravvicinato? Può darsi.

    Questo effetto curioso non era limitato ai cani. Una volta avevo avuto un cavallo che era vissuto sessantatré anni ed era morto soltanto perché uno stronzo lo aveva colpito con una freccia. (Quel tizio non era vissuto molto di più del mio cavallo.) Ma questa magia che facevo, infondere la longevità nei miei animali, non era qualcosa che volevo rischiare di perdere.

    E quel pensiero stava cercando di premere il mio pulsante del panico: e se la mia temporaneamente diminuita capacità significava che ero l’unico ad invecchiare?

    Finora, Chelsea non aveva mostrato alcun segno di età canina avanzata. Io ero l’unico dei due ad essere ingrigito da un giorno all’altro. Ma se avessi visto qualche indicazione che lei lo fosse, mi sarei incazzato di brutto.

    E se Chels avesse avuto la vita accorciata a causa di una strega col rancore, ci sarebbe stato sangue.

    La ragazza stalker smise di digitare. Non lo avevo notato. Ero impegnato a considerare lo sventramento di una strega senza volto, ma lei digitava come una giornalista che avesse una scadenza ravvicinata oppure come una studentessa del college che avesse assunto dosi elevate di caffeina e che avesse aspettato fino all’ultimo secondo per finire il tema – e poi si era semplicemente fermata.

    Era difficile non notare la cessazione di tutto quel movimento.

    E forse era meglio così. Non volevo più essere quel tipo che sventrava. Quasi più. A meno che qualcuno non rompesse i coglioni al mio cane.

    3

    KAYLEE

    Stavo dando al mio nerd sexy più dell’occasionale occhiata furtiva. Altrimenti non lo avrei mai notato, ma lui era seduto al suo tavolo da lettura preferito in preda a un mini-collasso.

    Capivo i segnali.

    Da bambina ero una timida introversa, cresciuta da un padre single che pensava che socializzare fosse un modo di comportarsi sano, normale. Per mio padre il comportamento normale era tutto. Mi ero ritrovata in più situazioni che mi avevano stressata quasi oltre la mia capacità di reagire, più di quanto mi piaccia ricordare.

    Quindi, sì, riconobbi i segnali.

    Sembrava che fosse pronto ad esplodere dalla sua pelle. Irrequieto, la mascella tesa, una luce frenetica negli occhi.

    Fu la mia preoccupazione per il suo benessere che mi portò al crollo. Guardai e lasciai che lo sguardo indugiasse. E poi accadde.

    Mi vide.

    Merda.

    Mi scoprì a fissarlo. Non che, probabilmente, fosse una novità per lui. Con un corpo così? Un sorriso così? (Sì, ora mi stava sorridendo, e io non riuscivo a distogliere lo sguardo.) Sicuramente, quel tipo era abituato ad essere fissato.

    Probabilmente era stato un atleta. Ne aveva l’aspetto. Football? Non era poi così muscoloso, ma d’altronde non tutti i giocatori di football sembravano in grado di mangiare una piccola mucca e fare le estensioni su panca con una più grande. Ciononostante… Forse pallacanestro o hockey? Avrei detto un portiere, finché non perse la calma. Aveva un’apertura alare enorme, spalle davvero belle.

    Oh, mio Dio, perché non riuscivo a guardare da un’altra parte?

    Si stava alzando.

    Merda. Merda, merda, merda. Stava venendo in questa direzione.

    Potevo sentire la mia faccia che bruciava.

    Potevo scrivere di qualunque incontro carino. Davvero, tutti. Avevo scritto più di trenta storie d’amore – meglio, Kitty Sweet lo aveva fatto. Ma poiché Kitty ero io, stessa differenza.

    Ma scrivere di un incontro carino era completamente diverso da viverlo.

    Maledizione, stavo sudando.

    Non che fossi vergine. Mi piaceva il sesso. Il sesso è una cosa buona.

    E quello era il pensiero che avevo in testa mentre il tipo nerd sexy arrivava fermandosi davanti a me: il sesso è una cosa buona.

    Tese la mano. Sono Dex.

    Cavolo. La mia mano si fece strada nella sua con esitazione. Di sicuro non le avevo dato io il permesso. E questo Dex cosa stava pensando? Avevamo stabilito un contatto visivo per, forse, zero virgola tre secondi e quello gli dava il permesso di presentarsi?

    Ci fu un lampo di sorpresa sulla sua faccia prima che lasciasse andare la mia appendice scostumata. Cattiva mano, cattiva. Probabilmente era rimasto disgustato dall’umidità. Stupidi nervi.

    Se questo fosse stato un incontro carino di uno dei miei libri, allora l’eroe sarebbe stato preso totalmente dall’eroina. Avrebbe pensato a scoparla contro il muro del bagno. O magari nel ripostiglio. No, avrebbe pensato a sbatterla sul sedile posteriore della sua sexmobile. No, no… un ufficio vuoto, dopo aver spazzato via pile di libri e scartoffie dalla scrivania. L’avrebbe scopata da dietro, sculacciandola.

    Lo schiarirsi della gola della mia musa fece intrusione tra le mie fantasie sconce. Maleducato. Non poteva aspettare qualche secondo? Avrei potuto far venire una ragazza (immaginaria) in meno di trenta secondi.

    Ma poi mi resi conto che avevo permesso a me stessa di farmi trascinare nella fantasia – come succede quando si è scrittori; completamente normale; niente di strano da vedere qui – e non mi ero presentata.

    Sono Kitty, um, Kaylee. Inghiottii il gemito tormentato che mi stava salendo alle labbra. Voglio dire, sono Kaylee. Ciao.

    La mia incapacità di reggere una normale conversazione con un ragazzo sexy non era che un motivo per cui la mia vita falliva nell’impresa di essere all’altezza delle vite immaginarie delle mie eroine. Per quanto Dex fosse effettivamente un eroe da storia d’amore, come dimostrato dalla sua presenza nel mio lavoro in corso nel ruolo di Drake, io non ero un’eroina.

    Ero semplicemente la me goffa, stramba, tranquilla.

    Ciao, Kitty-Kaylee. Nooo. Meritavo totalmente quello, ma no. Lui ignorava la mia angoscia o, essendo un ragazzo, non l’aveva nemmeno notata, e continuò. A quanto pare veniamo in biblioteca più o meno alla stessa ora, così ho pensato di presentarmi.

    Sorrisi, ma era un sorriso strano. Un po’ stirato e privo di qualsivoglia vera gioia o felicità. Sospettai che sembrasse un po’ una smorfia. Ma o quello o dire qualcosa, in realtà, e parlare sembrava imprudente al momento. In pratica, mi ero aperta con un estraneo. Non molte persone sapevano che ero Kitty Sweet.

    Prima tutta quella segretezza sul mio nome d’arte, e poi con un sorriso e una stretta di mano avevo quasi vuotato il sacco sul mio pseudonimo a un completo sconosciuto. Non era mai successo prima.

    Ma d’altronde, quand’era

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