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La figlia di Dio
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E-book183 pagine2 ore

La figlia di Dio

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Info su questo ebook

Duemila anni dopo la venuta di Gesù Cristo, la storia si ripete: l’Arcangelo Gabriele torna sulla terra per annunciare la venuta del nuovo Salvatore… O meglio, della Salvatrice, Gilda. 
Quante cose incredibili succederanno alla sua giovane madre, Marianna, e a tutti coloro che entreranno in contatto con lei?


Claudio Lacava nasce a Reggio Calabria, il giorno di Ferragosto del lontano 1960. 
Si laurea con il massimo dei voti e la lode in Discipline della Musica (D.A.M.S.) all’ Università di Bologna e in Canto lirico presso il Conservatorio “A. Boito” di Parma.
Ha insegnato Musica presso una scuola secondaria di primo grado di Reggio Emilia.
Innumerevoli sono le esperienze nel campo della musica e del teatro, con apparizioni in TV locali e nazionali e frequentazioni in radio come DJ. 
Da oltre un decennio è compositore, autore e interprete di musical, che sono regolarmente rappresentati con la compagnia “Muse & musical” in varie parti d’Italia, e svolge attività concertistica con il “Gospel quartet” che si è esibito anche all’estero. 
È alla sua seconda esperienza letteraria (la prima è Memorie di un cane randagio, un’autobiografia romanzata autoprodotta).
LinguaItaliano
Data di uscita4 set 2022
ISBN9788830670358
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    Anteprima del libro

    La figlia di Dio - Claudio Lacava

    cover01.jpg

    Claudio Lacava

    La figlia di Dio

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6291-9

    I edizione settembre 2022

    Finito di stampare nel mese di settembre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    La figlia di Dio

    Scultura in legno realizzata da Arianna Gasperina

    Grafica (copertina) e foto (fronte copertina) di Al Bruni

    Foto di Gabriele Lacava (Forra del lupo; retro copertina)

    Dedicato a tutti gli angeli in terra, alla mia famiglia

    e alle persone che hanno dato

    e continuano a dare un valore alla mia vita…

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    PREFAZIONE DELL’AUTORE

    Arriva un momento nella vita in cui ti senti vecchio e peccatore, per cui provi l’urgente necessità di espiare in qualche modo tante malefatte commesse.

    Questo libro è, per me, una via verso la redenzione e anche il frutto di una serie di riflessioni fatte nel corso della mia esistenza, trasformate in un romanzo o, se preferite, in una specie di fantasioso vangelo moderno.

    Il termine vangelo, come si sa, significa il buon annunzio o, meglio ancora, la buona novella.

    Quante persone ci raccontano, ogni giorno, un mucchio di finte buone novelle? Decisamente tante, troppe, e rischio anch’io di far parte di quella triste categoria.

    Il mio romanzo non ha però questa pretesa; è sicuramente inverosimile, ma parla di noi, dei nostri vizi e delle nostre virtù, di come siamo e di come dovremmo essere. La prima parte è ambientata perlopiù a Reggio Calabria, mia città natale, la seconda a Reggio Emilia, mia città di adozione e ci sono, qui e là, sprazzi di Trentino, cioè di luoghi dove si potrebbe e dove mi piacerebbe vivere se riuscissi nell’ impresa di arrivare a una veneranda età.

    Non aggiungo altro; lascio la parola a un personaggio celeste davvero singolare.

    Buona lettura!

    PROLOGO DI UN ARCANGELO

    Immaginate per un istante di incontrare un uomo sulla trentina, di carnagione olivastra, non molto alto, con capelli neri e occhi scuri che vi guarda fisso negli occhi e vi dice: «Sono Gesù e sono tornato!»

    Come per incanto, i vostri neuroni inizierebbero a muoversi come palline in un flipper, elaborando in pochi secondi una serie sterminata d’ipotesi:

    1.-È un pazzo

    2.-È un terrorista dell’Isis

    3.-Quando cerchi un poliziotto, perché non c’è mai?

    4.-Se fosse davvero Gesù, perché non è alto, biondo e con gli occhi azzurri?

    5.-Perché viene a dirlo a me e non va a esternare in TV, magari a "La vita in diretta"?

    6.-Hanno aperto un locale fichissimo in centro; se mi sbrigo arrivo in tempo per l’inaugurazione!

    E così via, in un crescendo ansioso di congetture degne dei detective protagonisti nei film polizieschi dei quali siete appassionate/i.

    È difficile, anzi per noi impossibile credere a qualcosa che non fa parte della realtà che ci presentano, cioè che vogliono sia abbastanza credibile da essere vista come tale.

    Siamo più propensi ad accettare l’esistenza degli alieni, ma se si presenta un mediorientale che dice di essere Gesù il quale, fra parentesi, non mi risulta essere nato in Svezia, la cosa ci appare irreale.

    Basterebbe semplicemente raccogliere prove e testimonianze per verificare se trattasi di un pazzo, un millantatore o, semplicemente, è davvero Gesù.

    Qui, però, non si parla del Salvatore, ma la sostanza non cambia perché si tratta di sua sorella e…

    ALT! FRENATE I NEURONI!

    Non riprendete a formulare congetture perché ciò non servirebbe a nulla.

    Gesù non aveva una sorella duemila e rotti anni fa, ma questo non significa che non possa averla in un dato momento della storia dell’umanità.

    Mettetevi, dunque, tranquilli, e provate a leggere questo libro, che si basa principalmente sulla testimonianza non mia, ma di una certa Marianna. Inizierà a raccontare la propria storia proprio dal primo capitolo, mentre, la seconda parte del libro sarà opera di Giosuè, un ragazzo dei giorni vostri, deluso dal mondo, apparentemente integrato con i suoi simili non troppo raccomandabili.

    Questo tipo dà l’impressione di essere uno sicuro di sé, che va per la sua strada, ma qualcosa di veramente strano cambierà per sempre il corso della sua vita.

    Intendiamoci, lui non pretende che la sua storia sarà presa per buona, perché non sa se egli stesso debba crederci; personalmente vi chiedo solo di farvi guidare dal ragionevole dubbio che è il vero motore della conoscenza.

    Dimenticavo un particolare insignificante: mi chiamo Gabriele e sono un arcangelo, ma non vado oltre per amore dei vostri neuroni e perché di me si parlerà in questo libro e lo farà proprio Marianna, a cominciare dal primo capitolo…

    1

    MARIANNA

    Mi chiamo Marianna e sono… la moglie di Dio!

    Quando, tempo fa, mi è passata per la mente questa cosa qui, subito mi è venuto da ridere ma poi la testa ha cominciato a farmi male.

    Che cosa vuol dire essere la moglie di uno che non hai mai visto e mai vedrai?

    E poi, ‘sto fatto vorrebbe dire che sono anche la matrigna di Gesù, uno più grande di me di circa duemila anni.

    Gesù, al contrario di mio marito, lo conoscevo bene, era presente in quasi tutte le mie preghiere e, lo confesso, avevo un debole per lui, a tal punto da aver visto tutti i film dove era protagonista.

    Era uno figo, un tipo moderno, nonostante fosse vissuto un’eternità fa, insomma, me gustava mucho.

    Forse dovrei raccontarvi un po’ di me, ma non c’è molto da dire dei miei primi sedici anni; in pratica sono nata a Reggio Calabria nel 1983, in the point of Italy, come ci diceva la prof. di Inglese e la mia era una vita tranquillissima, quasi monotona, stile la protagonista di Albachiara di Vasco Rossi.

    Mi piaceva un ragazzo di nome Giovanni, che frequentava la mia stessa scuola superiore, cioè lo scientifico ma, mentre io facevo la terza, lui era in quarta.

    Per intenderci, mi piaceva una cifra, non come Gesù ovviamente, ma era carino, alto, magro, con i suoi capelli ricci e i suoi occhi scuri, per non parlare del suo sorriso irresistibile.

    Naturalmente cercavo di non fargli notare troppo che m’interessava.

    Lui, invece, era proprio innamorato perso di me.

    Mi diceva che, quando passeggiavo con le amiche, mi notava subito perché sembrava camminassi a un metro da terra e, inoltre, sosteneva che avevo come un raggio di sole che m’illuminava e mi rendeva angelica.

    Ovviamente sapevo che mi diceva tutte queste cavolate per impressionarmi, ma sembrava davvero convinto.

    La cosa del raggio di sole, poi, riguardava per forza i miei capelli rossi, cioè arancioni; ho sempre pensato, fin da piccola, che fosse una sfortuna averli di questo colore ma, a quanto pare, c’era in giro qualche estimatore…

    Beh, il resto del mio corpo non era malaccio perché ero mediamente alta ma proporzionata; l’unica cosa che non mi soddisfaceva per niente, oltre alle efelidi sul viso, era il mio seno; in pratica avevo le tette di una dodicenne senza tette!

    Tornando a Giovanni, purtroppo aveva una zita, insomma una morosa, una fidanzata o chiamatela come vi pare.

    Io non lo sapevo perché lui non aveva occhi che per me.

    Un giorno, lei ci vede passeggiare insieme, si avvicina a Gio e gli dà un bacio appassionato in bocca, cosa che non aveva mai fatto in pubblico prima di quel momento, come per dire: Lui è mio, levati dalle scatole!

    Se mi avessero dato una coltellata in pieno petto, credo che mi avrebbero fatto molto meno male.

    Mi misi a correre come una pazza (immagino la soddisfazione della tipa!) e quando mi fermai, mi accorsi che, sebbene fossi vicino al centro, ero finita in una via buia, mai vista prima.

    Era notevolmente malfamata, con la spazzatura dalla puzza penetrante e nauseabonda che ricopriva gran parte della strada.

    Nonostante fosse giorno, non c’era un’anima viva; si sentivano in lontananza solo le voci di un litigio familiare.

    Realizzai che se fossi capitata lì di sera tardi o di notte, sarei certamente schiattata dalla paura!

    Decisi, dunque, di non rimanere oltre e feci per allontanarmi, ma inciampai su un coso raggomitolato; sembrava anch’esso un sacco della spazzatura, ma si mosse di scatto e per poco non svenni…

    Il coso aveva capelli neri, lunghi e incolti e un’età indecifrabile, ma la cosa che mi colpì di lui fu che era a torso nudo in pieno autunno!

    I nostri sguardi s’incrociarono per un istante e io rimasi come paralizzata, in pratica non sapevo cosa fare.

    «Mi scusi, non volevo» fu l’unica frase che mi uscì dalla bocca.

    «Non ti preoccupare – replicò il coso - è colpa mia».

    Mi accorsi che era scalzo, ma non aveva l’aria del barbone né del mendicante, anche se aveva una lunga barba nera.

    Sembrava gentile.

    «Ti aspettavo, Marianna» disse all’improvviso con studiata calma, e la sua sicurezza ebbe su di me l’effetto di una doccia gelata.

    Come faceva a conoscere il mio nome?

    «Chi sei?» riuscii a dire con un sussurro.

    «Indovina» rispose lui con un sorriso sibillino.

    Visto il mio mutismo dovuto al terrore, lui continuò: «Ti do un aiutino, mi chiamo Gabriele».

    Gabriele?

    Non avevo amici né parenti caduti in disgrazia o di altro tipo e genere che si chiamassero con questo nome.

    Mi feci coraggio e cercai di essere ironica: «Mi dispiace, ma di Gabriele conosco solo l’arcangelo».

    Con uno scatto si alzò in piedi, guardò verso il cielo e urlò: «Fantastico, mio caro Onnipotente, hai

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