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Abbi fede, sii grato, sarai miracolato
Abbi fede, sii grato, sarai miracolato
Abbi fede, sii grato, sarai miracolato
E-book120 pagine1 ora

Abbi fede, sii grato, sarai miracolato

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Info su questo ebook

Quando poi trova, se anche lieve, una disponibilità ad abbattere quelle mura, è allora che Dio sa quali attrezzi scegliere per iniziare i lavori e dar vita a un'opera nuova. Lui sa come rivelarsi, perché conosce il nostro cuore e sa come fare breccia.

Nadia è nella clinica e il primario parla chiaro: non potrà mai avere figli, è inutile che si faccia illusioni. Era andata lì per trovare una cura alla cistite cronica e ha scoperto invece di essere infertile. Per lei e suo marito la vita inizia ad apparire fredda e più vuota, mentre le speranze si affievoliscono giorno dopo giorno e la disperazione diventa il ritmo dell'esistenza. E nel mezzo di quella tragedia, mentre tutto sembra sgretolarsi, Nadia capisce qualcosa che fino ad allora non le era stato chiaro. È solo se si mostra disponibile a Dio e apre il suo cuore, allora questi potrà guidarla e manifestare la propria potenza dentro di lei. Seguendo le Sue parole, Nadia potrà imparare ad amarsi, a scardinare le vecchie credenze, a mettere da parte la paura e ad abbracciare la fede. Perché in preda alla tragedia, può ancora cambiare la sua stessa esistenza e lasciare che il più grande dei miracoli accada proprio a lei.
LinguaItaliano
Data di uscita4 ott 2022
ISBN9791220398381
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    Anteprima del libro

    Abbi fede, sii grato, sarai miracolato - Nadia Belmonte

    Capitolo 1

    Non ti ho forse comandato: ’Sii forte e coraggioso?’ Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada. (Giosuè 1,9)

    Novembre, 2002

    «Mi dispiace signora, gli esami parlano chiaro: da qui a vent’anni lei non potrà mai e poi mai avere

    un figlio! L’unica speranza è in qualche cura, ma non voglio e non posso illuderla.»

    Così, direttamente, il primario mi comunicava gli esiti degli esami fatti qualche mese prima. Non capivo, io ero entrata in clinica per trovare una cura alla mia cistite cronica, invece ero stata sottoposta a una serie di esami che testimoniavano la mia infertilità. Ero sbalordita. Mi dovetti sedere, mentre continuavo a stringere la mano di mio marito, diventato bianco come il latte. Era un fulmine a ciel sereno, mai e poi mai ci aspettavamo una notizia del genere. Il problema non era più la cistite, ma era di natura ben più grave. Mentre il primario mi consigliava di ripetere delle analisi il mese successivo, io non capivo più nulla. Nella mia testa: il vuoto. Da quel momento, non ricordo come sono uscita dall’ospedale, ricordo solo quei lunghi corridoi freddi, immensi, mi sembrava di essere precipitata in un labirinto. Mentre il tragitto di quattro ore in macchina fino a casa l’ho completamente rimosso. Mi viene in mente solo una cosa, che non riuscii a guardare mio marito negli occhi e dirgli anche una sola parola fino al giorno dopo. Nel vuoto che avevo ancora in testa, rimbombava come un eco la voce del primario: Mai, mai e poi mai.

    Ero convinta che da un momento all’altro mi sarei svegliata e tutto sarebbe ritornato come prima! Ma quando mi svegliai, il mattino seguente, gli esami erano sul mio comodino. Quindi era tutto vero! Grazie a Dio, però, la voce mi ritornò e con molta determinazione, quella stessa mattina dissi a mio marito che non avrei fatto nessunissima cura per avere un figlio, poiché, anche se molto giovane, avevo le idee ben chiare. Ero contraria all’uso della medicina per trattare un problema così intimo.

    Vedevo la gravidanza, di per sé, un dono dal cielo, non un problema clinico da curare. Santo cielo!

    Ma vieni con me, facciamo un salto nel passato, per capire meglio come tutto ebbe inizio.

    Avevo solo diciassette anni quando conobbi il ragazzo destinato a diventare mio marito, si può dire

    che siamo cresciuti e maturati insieme. L’amore che ci legò sin da subito fu molto profondo, come se le nostre anime non aspettassero altro che incontrarsi. Fin da subito iniziammo a sognare il nostro futuro insieme, anche se avevamo aspirazioni professionali un po’ diverse! Quando ormai mi stavo specializzando come tecnico di modello in una delle scuole di moda più prestigiose a livello mondiale, la vita mi mise davanti a un bivio: dovevo scegliere tra la carriera nella capitale della moda e il matrimonio, già progettato da tempo e vivere con l’uomo che amavo, e che amo, in un paese del sud. Mio marito, all’epoca, anche se aveva appoggiato ogni mia scelta professionale, non si sentiva di formare e crescere la nostra futura famiglia in una metropoli come Milano. Avevo solo ventidue anni! La scelta non era facile, visto che inseguivo il sogno di sfondare nella moda da quando giocavo con le Barbie. Nonostante avessi investito anni e anni a studiare di giorno e cucire di notte per apprendere l’arte di quel mestiere, per me allora così affascinante, sentivo a qualche livello (lontano) che quella strada non avrebbe soddisfatto la mia anima, non sentivo pace nel cuore nell’immaginarmi impegnata in una tale carriera, che da lì a poco stava per spiccare il volo. Non lo capivo ancora coscientemente, ma il piano di Dio era ben altro per me. Sentivo forte, però, che c’era altro terreno da esplorare per trovare la felicità, quella felicità alla quale ambisce l’intera umanità.

    Come tante giovani donne, desideravo coronare un sogno d’amore, vestito di bianco dinanzi

    all’altare. Ecco, così non ci misi molto a capire quello che anelava la mia anima: il focolare domestico mi attendeva. Anche se molto giovani, ci sentivamo pronti da ogni punto di vista per assumerci la grande responsabilità che rappresenta il matrimonio. Con grande entusiasmo e amore avevamo pianificato tutto, o quasi, dal numero dei bambini che volevamo, al modo in cui crescerli ed educarli, dal modo di gestire le nostre finanze per acquistare una casa più grande con un ampio giardino, dove i nostri figli sarebbero cresciuti sani all’aria aperta, al luogo dove portarli in vacanza! Praticamente il nostro progetto era pronto e con il matrimonio pensavamo di farcelo approvare e benedire da Dio, affinché si potesse dare inizio ai lavori. Pianificare il tutto mi faceva sentire padrona della mia vita, ma nello stesso tempo sentivo sempre ansia, del tipo e se non fosse la cosa giusta? Ovviamente cercavo immediatamente di scacciare questi dubbi. Ero molto giovane, anche nella fede, non conoscevo molto bene le armi del diavolo, il nemico della nostra anima, il creatore del dubbio. Ma nonostante tutto ero determinata a fare la cosa giusta, ossia coronare il mio sogno d’amore. Il giorno del mio matrimonio è stato un giorno davvero felice, tanta era la gioia e la sicurezza che sentivo di fare la cosa giusta, e se anche avevo rinunciato alla mia carriera, ero convinta, però, che dopo essermi sposata avrei realizzato anche i miei sogni professionali.

    Ne ero certa! Avevo il mio piano! Ma una cosa non l’avevo ancora considerata: era veramente questo il piano di Dio per me? I progetti, i miei desideri, erano in linea con il Suo piano, visto che pregavo quotidianamente: Venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà!? Volevo a ogni costo coronare ogni mio sogno con la benedizione di Dio, senza fermarmi mai a riflettere e interrogarmi un attimino se quella era veramente la volontà di Dio o se stavo inseguendo delle mere fantasie, delle illusioni. La chiarezza e la capacità di discernere, all’epoca, non erano molto presenti nella mia attività mentale quotidiana. Progredivo un po’ a tastoni, un po’ per tradizione, ma poco per rivelazione, così spesso finivo per fare un passo in avanti e due indietro, accrescendo e arricchendo solo il mio ego, a danno del mio spirito, seriamente e sinceramente impegnato alla ricerca di Dio, della verità. Avevo una grande fame spirituale, ma puntualmente, quando pensavo e credevo di fare la scelta giusta, dopo un po’, appena dopo la digestione, mi saliva sullo stomaco di nuovo un’angoscia indescrivibile, un senso di inadeguatezza e di vuoto che niente e nessuno riusciva a placare.

    Per ricominciare nuovamente a cercare e supplicare. Oggi finalmente ne capisco il perché. Nonostante fossi cristiana, non avevo conoscenza alcuna della Parola di Dio e questo mi portava a vivere sballottata come una nave tra le onde del mare. Accanto al mio uomo mi sentivo invincibile, comunque, pronta a scalare le vette più alte. Decisi che doveva essere così. Cosa poteva abbatterci?

    Noi avevamo i nostri piani. Ora, riflettendoci, credo che gli idoli non siano solo le statue di legno, di bronzo, d’oro che si adorano, ma tutto ciò che nel nostro cuore prende il posto di Dio è un idolo. Come i soldi, il cibo, il lavoro, i nostri piani e progetti. Può tutto ciò darti felicità vera e duratura? No.

    È un no schietto, tratto dal mio semplice vissuto. L’idolatria è l’inseguire le illusioni, che non potranno mai darti felicità. Intendo quella felicità vera e quella pace stabile che mantengono il cuore tranquillo anche in mezzo alle intemperie della quotidianità. Avevo una forte convinzione, da sempre, che la nostra unione, il nostro matrimonio avrebbe portato una grande benedizione all’umanità, non riesco a spiegarlo tuttora chiaramente il perché di questa convinzione, ma lo sentivo. Anche se la nostra realtà circostante di tutto poteva parlare, ma non di prosperità e benedizione. Immaginavo anche che, con il matrimonio, sarebbero nate un sacco di piccole incomprensioni che avremmo affrontato insieme rimanendo uniti. Certo non immaginavo però che dei problemi di natura ben più seri, rispetto a quelli che avrei potuto mai pianificare, si sarebbero verificati da lì a un mese. Eccoci così, dopo appena un mese di matrimonio, sprovvisti della giusta attrezzatura, a iniziare la scalata verso una montagna, il cui nome e la cui altezza ci erano sconosciuti, che non riuscivamo a localizzare tra i nostri viaggi

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