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8 poteri di una madre straordinariamente normale
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E-book249 pagine3 ore

8 poteri di una madre straordinariamente normale

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Info su questo ebook

Come ci si può prendere cura degli altri se non si ha piena cura di sé stessi? Soprattutto, perché mai smettere di avere cura di sé?

8 POTERI DI UNA MADRE STRAORDINARIAMENTE NORMALE si rivolge alle donne, madri, che si trovano in quella fase della vita in cui sembra non abbiano più il diritto di pensare a loro stesse né, tanto meno, il tempo per farlo. A loro, propone alcune semplici strategie per domare lo stress, riconnettersi con la propria interiorità, proseguire nel proprio sviluppo individuale e ritrovare la gioia di un'intima realizzazione e di un ottimo, potenziante, rapporto con i figli.

Grazie ai semplici metodi proposti, la lettrice, senza sentirsi obbligata a omologarsi ad assurdi standard di perfezione, può diventare la persona che ha sempre desiderato essere, consolidare il rispetto per sé stessa e, al contempo, padroneggiare con saggezza i poteri di madre.

Il libro si struttura in due parti: la prima è dedicata alla donna e al risveglio della sua piena personalità mentre la seconda è rivolta all'analisi dei poteri che questa ha sulla vita dei figli. Si tratta di quei poteri che, se usati consapevolmente, possono favorire in loro lo sviluppo di una personalità resiliente, autodeterminata e fiduciosa. Ma laddove gestiti con disattenzione possono, invece, provocare subdoli malesseri che nidificano nell'infanzia, amareggiano l'adolescenza e perseguitano la vita adulta.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2022
ISBN9791221421040
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    Anteprima del libro

    8 poteri di una madre straordinariamente normale - Susanna Tosi

    PARTE PRIMA:

    IL TUO POTERE PERSONALE

    Abbi cura di te.

    Profondamente.

    Spingiti oltre ogni resistenza

    A Divenire

    Poco per volta, passo dopo passo,

    La persona che saresti orgogliosa di essere.

    Ognuno è importante in questo universo.

    LA MIA INTENZIONE

    In questo momento storico, un genitore che cerca supporto e suggerimenti per svolgere al meglio il proprio compito ha molte risorse a disposizione. Si trovano migliaia di libri per bambini e per genitori scritti da psicologi, pedagoghi, educatori e persone qualificate che espongono vari metodi per comprendere i bisogni dei figli e allevarli al meglio, con consigli per farli dormire e far sì che mangino sano, con indicazioni su come togliere il pannolino, come gestire i conflitti o come superare, noi e loro, le crisi adolescenziali.

    Testi specifici e settoriali, diffusi da qualche decennio, che hanno permesso di fare un passo avanti fondamentale e doveroso nel rispetto dei diritti dei minori, non solo consigliando al meglio i genitori circa l’atteggiamento da adottare nel relazionarsi con i propri figli ma richiamando l’attenzione della società intera sulla necessità di considerare i giovanissimi come un patrimonio comune dell’umanità, da rispettare e tutelare. Sappiamo tutti che non è così che i bambini sono stati visti in passato. Nei confronti di questi autori nutro profonda gratitudine per essersi adoperati, nei vari ambiti, a sensibilizzare la società nei confronti dei bambini e dei giovani.

    In questo panorama di abbondanza di informazioni e consigli specifici, vedo un pericolo latente per l’evoluzione della specie umana ossia il rifugiarsi, per paura di sbagliare, nell’uniformità, nell’appiattimento e nella standardizzazione dei comportamenti. Come se ci fosse una soluzione standardizzata per ogni problema, come se ci fosse una risposta per ogni domanda, come se ci fosse un solo modo per essere genitori e un solo modo per essere bambini o ragazzi.

    Sappiamo però che il futuro di ogni universo e di ogni specie è nel rispetto delle diversità e dell’unicità di ogni elemento, perché fondamentali per la conservazione e l’evoluzione.

    Da un punto di vista della gestione famigliare, ho avuto la personale sensazione che molti libri dedicati all’educazione dei bambini riservino un’attenzione marginale allo stato psicologico ed emozionale dei genitori, le cui ricadute sulle interazioni con i figli, a mio parere, sono importantissime.

    Convinta di ciò, in 8 poteri di una madre straordinariamente normale non propongo modelli standardizzati né istruzioni universalmente valide perché non voglio che si perda quella diversità che rende unica ogni donna e che è di vitale importanza preservare. Piuttosto, il libro nasce con l’intenzione di aumentare la consapevolezza femminile verso quegli 8 poteri che ognuna di noi già esercita, con padronanza o in modo casuale, nella propria vita.

    Nessuna donna ha bisogno di un libretto di istruzioni ma solo di maturare una consapevolezza che la aiuti a esercitare questi 8 poteri con la massima coerenza rispetto alle proprie intenzioni.

    In effetti, il saper fissare un’intenzione e perseguirla con coerenza è il 9° potere che, dopo aver letto questo libro, vorrete sviluppare.

    Può essere il caso a determinare una certa situazione, ma è il nostro atteggiamento che ne determina le conseguenze.

    I PILASTRI

    I pilastri su cui poggia questo libro sono due:

    Pilastro 1: essere madre non significa essere perfetta o infallibile.

    Oggi, mentre ci affatichiamo per aiutare i nostri figli (di qualsiasi età) a sviluppare le competenze per una vita felice e realizzata, difficilmente, se siamo oneste, possiamo affermare di aver completamente realizzato noi stesse e aver incorporato il nostro personale ideale.

    Il muro da abbattere, quello che crea la principale difficoltà nel rapporto tra genitori e figli, è la credenza che diventare genitori sia un punto di arrivo. Un traguardo tagliato, un podio dal quale, ormai completi e competenti, si può istruire e formare un altro essere umano, magari a nostra immagine e somiglianza o sfruttarlo inconsciamente per la realizzazione di noi stessi.

    Appesantite da questa percezione, le madri si affaticano, aggravano la propria esistenza, danneggiando sé stesse e i figli, ingessandosi in un pesante ruolo di coordinamento e comando che non ammette errori o fallimenti né da parte dei figli né da parte di sé stesse. Incatenandosi a questa posizione si privano del diritto di sbagliare, di provare strade diverse o di perdonarsi per i propri errori.

    È inevitabile che chi sceglie questa immagine viva la maternità in modo confuso, doloroso e stancante.

    La credenza di dover essere l’adulto infallibile fa sì che ogni sbaglio dei figli, ogni capriccio, ogni resistenza e ogni fuori programma (e ce ne sono un’infinità) siano un affronto, una sconfitta delle proprie capacità genitoriali che alimenta reazioni nervose, tensione, delusioni e un continuo mettersi in discussione e alzare l’asticella per ottenere quel rispetto e quei risultati che non sono stati ancora raggiunti. Un pellegrinaggio infernale che prosegue con queste caratteristiche durante la loro crescita e corrode il legame che la natura ha magicamente creato tra ogni madre e ogni figlio fin dal primo istante del concepimento.

    Nel versante opposto vediamo chi si pone con un atteggiamento di resa incondizionata; chi non sa distinguere tra amore e gestione; chi è insicura di sé tanto da cercare di conquistare l’amore dei propri figli cedendo ad ogni richiesta; chi li mette su un piedistallo e lascia che dettino i ritmi e gli obiettivi della quotidianità; chi ha perso sé stessa, rimanendo intrappolata in qualche esperienza dolorosa accaduta durante il viaggio verso l’età adulta e non riesce a uscire da quella bolla in cui ogni conflitto risveglia la bambina spaventata.

    In entrambi i casi, la rinuncia della madre a vivere pienamente la vita e a esprimere in modo equilibrato sé stessa ha delle ripercussioni sui figli.

    Sarebbe tutto molto più semplice e fluido se fossimo coscienti del fatto che, indipendentemente dalla nostra età, istruzione e status sociale, non abbiamo ancora (perché si tratta di una conoscenza che richiede tutta una vita) una piena consapevolezza di noi stesse, delle nostre capacità, delle credenze limitanti, dei pregiudizi e delle paure che ci vincolano. Spesso non abbiamo nemmeno una totale padronanza della nostra emotività e siamo prive di alcune competenze sociali e psicologiche che sarebbero necessarie per vivere in modo sereno e realizzato la nostra vita e per affrontare con resilienza i numerosi ostacoli che questa ci presenta.

    Eppure, anche questo quadro, che così descritto sembra lasciare poche speranze, costituisce una meravigliosa opportunità: quella di poter ancora imparare.

    Trovo questa conclusione entusiasmante, mi fa sentire viva e curiosa di come posso evolvermi e cosa posso ancora realizzare.

    Quando si pensa di non aver più niente da apprendere

    si inizia, interiormente, a morire.

    Quando si capisce di non essere perfette e compiute, è necessario fare una scelta disciplinata: interpretare gli errori come esperienze piuttosto che condanne, usare le proprie ferite come breccia attraverso la quale fertilizzare noi stesse con nuove capacità ed emozioni positive, saldare le fratture con l’oro dell’amor proprio e aprirsi a godere di nuove gioie rispetto alle quali si era, prima, cieche.

    Il nostro compito genitoriale diventa più sereno e leggero quando interiorizziamo il fatto che anche noi, come i nostri figli, stiamo ancora crescendo e abbiamo la possibilità di continuare ad apprendere, ad ampliare la nostra conoscenza, a espandere i nostri confini e a migliorare i rapporti con le persone a noi care.

    Curare la nostra evoluzione costante, piuttosto che essere un atto di egoismo, genera effetti positivi e si rivela essere la ricetta per crescere felicemente insieme, madri e figli.

    Aprendoci ad apprezzare questo continuo divenire di noi stesse con serenità e un pizzico di umiltà scopriremo che diventare madri è solo un’altra fase nel nostro processo di apprendimento, una fase molto efficace, in realtà, perché l’amore per i figli è un potentissimo stimolo a dare il meglio.

    Pilastro 2: ogni persona raggiunge il proprio equilibrio e solo connettendosi alla propria natura autentica e intelligente.

    Quali appigli ha, una donna, per rimanere presente a sé stessa nel turbinio di una maternità nella quale vorrebbe dare quel meglio di sé che spesso sente di non aver raggiunto nemmeno come persona?

    È necessario e irrinunciabile, perché indispensabile per essere una buona madre, che ogni donna, ora più che mai, proprio quando crede di non avere più margini per farlo, pensi a sé stessa come persona, presti attenzione alle proprie emozioni, dedichi del tempo (non ne occorre molto né serve uno spazio particolare) a coltivare il silenzio e a percepire una connessione reale con la propria anima per continuare a crescere, evolversi e realizzarsi.

    Non esistono alternative valide al diventare la persona che nell’intimo si desidera essere e far sì che sia quella persona, consapevole e serena, a prendere le redini e gestire i poteri della maternità, indipendentemente dall’età dei figli con i quali interagire.

    Alcune madri si sentono impreparate e inadeguate e non riescono a racimolare l’energia mentale per accogliere la propria unicità, ammorbidendone i punti duri e valorizzandone gli aspetti migliori. A quel punto la cosa più ovvia da fare è seguire l’esempio dei propri genitori (buono o cattivo che fosse) oppure farsi condizionare dalle pratiche più diffuse nel proprio ambiente e dai consigli altrui. In molti casi, i genitori e gli amici hanno molto da insegnare e possono offrire degli esempi di grande umanità, ma non è detto che siamo pronte per integrare in noi ciò che ci piace di loro. Abbiamo capacità e limiti differenti e la nostra indole, in ultimo, prevarrà facendoci desistere dall’imitare gli altri e lasciandoci più confuse e insoddisfatte di prima perché avremo fallito dove altri persistono. Sapremo padroneggiare la nostra indole e farne il nostro punto di forza solo quando avremo il coraggio di conoscere e accettare intimamente noi stesse, spogliandoci di tutte le etichette di cui ci hanno e ci siamo ricoperte. Allora scopriremo cosa, nell’agire o nelle parole degli altri, ci risuona dentro e può essere integrato nella visione della persona che aspiriamo a essere perché in armonia con le nostre intenzioni e con i nostri obiettivi.

    Per progredire nel fare di noi stesse un capolavoro di unicità, dobbiamo imparare a fissare l’attenzione non su ciò che non siamo e non sappiamo fare, bensì sulle nostre capacità, sulle nostre caratteristiche peculiari e sulla nostra disponibilità a essere migliori secondo i canoni che noi stesse riteniamo importanti, indifferenti al fatto che possono non esserlo per gli altri attorno a noi.

    Per questo, l’unico modello che ti propongo di seguire è quello rappresentato dalla persona che TU sogni di essere, quella che ha le qualità che TU vorresti avere, perché la madre che vorresti essere altro non è che uno dei ruoli che la donna che desideri diventare riveste nella propria vita.

    Migliorare il rapporto con te stessa e prenderti cura dei tuoi sogni coinciderà, presto, con il diventare una madre migliore, perché sarai più soddisfatta di te come persona, saprai intessere un migliore rapporto con i tuoi figli, offrire un esempio di adulto sereno, coerente, equilibrato e autorevole e saprai trasmettere loro delle fondamentali competenze che saranno necessarie per la vita.

    Come si può fare? Per diventare la persona che aspiri ad essere e avanzare nella realizzazione del tuo ideale dovrai semplicemente autocondizionarti e autosuggestionarti, al punto di esprimere qualità che ancora non hai la certezza di avere.

    Ragiona, parla, muoviti, agisci come la persona

    che vorresti diventare.

    IL GIOCO DI RUOLO

    Al giorno d’oggi abbiamo tutti una comprensione più o meno chiara del conscio - quella parte della mente che riceve informazioni dai 5 sensi, prendendo nota di ciò che ci serve per agire e lasciando da parte tutto ciò che non ci occorre - e del subconscio, la parte che assimila tutto senza filtrare, giudicare e soprattutto, senza mai dimenticare.

    Il subconscio influenza silenziosamente atteggiamenti e azioni consce con idee e impressioni che dopo anni pensiamo di aver dimenticato ma che in realtà determinano la visione che abbiamo di noi stessi e della realtà. Se pure siamo in grado di renderci conto dei danni che il nostro subconscio può generare, difficilmente siamo in grado di controllarlo e cambiare.

    Tuttavia, esiste una tecnica molto conosciuta in psicologia e che ha dimostrato grande efficacia nel condizionare il subconscio e, grazie ad essa, è possibile indurre convinzioni, atteggiamenti e azioni che siano di maggiore aiuto allo sviluppo dell’individuo: si tratta dell’autosuggestione.

    Il gioco di ruolo che propongo si basa su questa tecnica e consiste nel pensare a una persona che vorresti essere, immaginarne le qualità, percepirne emotivamente le sensazioni e decidere volontariamente di parlare e agire come tale persona. Significa impegnarsi a seguire un copione determinato da te stessa abbandonando poco per volta il copione scritto dal tuo subconscio.

    Il subconscio non riconoscerà la distinzione tra gioco e realtà e verrà via via condizionato, dalla ripetizione dei pensieri e delle parole che sceglierai di formulare e pronunciare, a credere che tu abbia effettivamente le qualità della persona che stai impersonando. Lo sforzo iniziale verrà gradualmente sostituito da una naturalezza che viene favorita dal fatto che le nuove modalità e i nuovi atteggiamenti sostituiranno quelli precedenti.

    È provato che arriverete a credere a tutto ciò che ripetete a voi stessi, indipendentemente dal fatto

    che quell’affermazione sia vera o falsa.

    Napoleon Hill

    Disciplinandoti a richiamare a te questo modello, parlando e agendo come tale persona, vivrai esperienze diverse da quelle che sei abituata a vivere e questo accadrà invariabilmente, perché se tu cambi le tue azioni e reazioni, conseguentemente cambiano anche le reazioni altrui e quindi i contesti nei quali ti troverai a vivere. Il subconscio registrerà questa nuova realtà e formerà nuove convinzioni che saranno in linea con quelle che tu hai scelto consapevolmente di incarnare.

    In buona sostanza cambierà la tua vita o almeno quella parte della tua vita che al momento non ti rende felice.

    Ci sono tre elementi dei giochi di ruolo che possiamo sfruttare nella vita come scorciatoia per giungere ai nostri obiettivi in modo più lineare, senza inciampare nell’insicurezza, nell’emotività o nella pigrizia, quegli spauracchi che possono far naufragare anche il migliore dei propositi.

    Il primo elemento utile è il fatto di poter scegliere quale personaggio interpretare, ma non dovrai sceglierlo tra un set predefinito, potrai crearlo tu, senza limiti né regole. Il personaggio che interpreti è la persona che ameresti essere nella vita reale, quindi, la puoi immaginare come desideri, con le caratteristiche che più ambiresti avere. Puoi scegliere di interpretare una donna libera, fiera, determinata, autorevole e giusta oppure curiosa, creativa, accogliente, serena e gioiosa, elegante o sportiva, riservata o estroversa. Oppure puoi decidere che la persona che interpreti abbia tutte queste caratteristiche e che sappia come metterle a frutto a seconda delle circostanze.

    L’altro elemento facilitatore è una regola non scritta ma ovvia: non c’è nulla di personale nelle interazioni tra i giocatori. In un gioco di ruolo, ognuno fa la sua parte agendo in modo congruente con i propri obiettivi e nessuno si sente offeso, ferito o arrabbiato dal modo in cui l’altro gioca. Nel gioco non c’è nulla da perdere, finita la partita si passa ad altro. Grazie al gioco di ruolo hai l’opportunità di svincolarti dai piccoli drammi quotidiani della vita, ogni situazione è una partita con un proprio equilibrio di forze, terminata la quale dovrai imparare a passare ad altro senza rimuginare. Non c’è nulla da perdere nel lasciar andare e non ostinarsi a tenere il punto, nell’accettare le piccole sconfitte con pragmatismo e resilienza, nel perseguire un proprio ideale e lasciare che anche gli altri facciano lo stesso.

    Adottare questa piccolo stratagemma ti dà una diversa prospettiva dalla quale puoi osservare il comportamento altrui senza sentirti chiamata in causa, e comprendi che il modo in cui le persone parlano e agiscono non ha nulla a che fare con te ma dipende esclusivamente dal modo in cui interpretano la vita e dalle capacità e dalle scelte che pensano di avere. Capire questo ti aiuta a rimanere padrona di te stessa piuttosto che sprecare energie nel sentirti offesa, sfidata, sottovalutata, non rispettata e reagire di conseguenza.

    Personalmente, quando sento che una situazione rischia di innescare in me qualche reazione eccessiva, trovo estremamente utile fare un consapevolmente uso del gioco di ruolo: ricordo a me stessa che ognuno sta interpretando una parte legata al personaggio che sceglie di essere nella commedia/tragedia della vita, quindi, piuttosto che prenderla sul personale, mi calo nella persona che io desidero essere e gestisco la questione come lo farebbe lei. Chiamo in campo la sua razionalità e la sua creatività, mi lego alla visione che voglio realizzare e, se anche non esco vincente dal confronto

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