Fantasmagoria
Di Antonio Potenza e Cammamoro
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Info su questo ebook
Con uno stile evocativo, Antonio Potenza dipinge un paese che si ostina ad andare avanti a occhi chiusi, mentre solo alcuni vedono in quanti modi l’impossibile pare intaccare la realtà. Cammamoro, con le sue illustrazioni, dipinge alla perfezione questo mondo doppio, subacqueo e terrestre, ma sempre ricco di possibilità e dettagli nascosti.
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Anteprima del libro
Fantasmagoria - Antonio Potenza
© 2022 Antonio Potenza, Cammamoro
Progetto grafico di copertina a cura di Denis Pitter
Logo della collana Cuspidi realizzato da Miriam Tritto
Logo Moscabianca Edizioni realizzato da Veronica Carratello
Editing del racconto a cura di Diletta Crudeli
© 2022 Moscabianca Edizioni
ISBN 978-88-319-8261-0
Prima edizione: dicembre 2022
www.moscabiancaedizioni.it
info@moscabiancaedizioni.it
FantasmagoriaIndice
Fantasmagoria
Biografie
You lead me down to the ocean
Richard Hawley
Stanche cicadidi
Vecchie cicale senza voglia di frinire si alzano in volo dalla corteccia di ulivi morenti, svuotati dalla linfa chiara. Il corpo madreperlato galleggia nell’aria con le zampe robuste piegate in avanti. Bisogna seguirle, dagli angusti filari di olivi nei quali si nascondono, imitarne il movimento insicuro, l’appiattirsi al terreno bruno e frastagliato da cocci biancastri, sorvolare con piccoli balzi la vegetazione disordinata e selvaggia alla base delle radici, rotolare con loro e seguire la luce del sole che poco dopo scoprirà le rovine della stazione ferroviaria. Senza timore sarà necessario fidarsi dei fotoni e lasciarsi guidare attraverso i binari; poi, sulla prima discesa che taglia il paese in due, con estrema cura bisognerà affiancarsi al volo baldanzoso, caracollando sul basolato, giù in fondo, all’estremità opposta della cittadina, fino ai primi granelli di sabbia. Sarà buona creanza inoltre gioire del profumo del mare insieme a questi ventri laminati e gonfi, portati da un paio d’ali di velina, e poi infine scavare nel terreno, di nuovo alla ricerca del buio, per affidare all’oscurità le proprie uova.
Una volta sulla spiaggia sarà facile vedere alle proprie spalle Marina, con le casupole schiacciate l’una sull’altra, dalla tinta immacolata e lucente. Così come sarà facile incontrare Al, seduto sul muretto del litorale a martoriarsi la pelle del pollice con l’unghia dell’indice, mentre fuma sigarette rollate male, consumate in fretta e abbandonate nelle falde della piccola parete che delimita il litorale con l’inizio della battigia.
Osserva, come fa ogni giorno dalla prima fuga di quindici anni prima, la gente del paese allontanarsi dalle proprie case in direzione del mare. La sua presenza, silenziosa e ossequiosa, non disturba la processione. Con gli occhi ben fissi sulla risacca, dopo aver attraversato mezzi nudi il bianco paesotto, sfiorano la spalla di Al, affondano nella rena, poi si lasciano bagnare i primi piedi e nel candore della luna o nell’abbaglio del sole continuano a camminare, finché il fondale sabbioso non scompare sotto di loro e l’Oceano li prende a sé.
Ne ha viste tante di fantasmagorie. Ne ha perse altrettante. Chissà, si chiede ora Al, quante gliene sono sfuggite mentre semplicemente cercava il sonno nel suo letto, mentre mangiava sul minuto tavolo in cucina, di fronte alla finestra.
Ma il saldo è positivo. Si può considerare un buon osservatore. Esperto, sicuramente. La sua è una partecipazione passiva, in attesa che Marina si svuoti e l’Oceano arrivi a chiamare anche lui. Ipotizza che sarà l’ultimo a essere convocato, solo per essersi arrogato una superiore consapevolezza dell’evento.
In ogni caso i giorni da osservatore non sono abbastanza, perché, mentre le cicale scavano le loro fossette nella rena morbida, di fronte ai suoi occhi si concretizza una situazione inedita. Due figure allungate hanno il viso in direzione del mare. Non riesce a riconoscerle, perché, quando riportano il volto una di fronte all’altra, il sole abbaglia le loro connotazioni, che ora ne fuoriescono modificate e distorte. Così Al scende dal muretto e va loro incontro, attraversando la larga lingua di sabbia. A ogni passo aguzza la vista, ora li vede meglio.
Ecco la vera sorpresa. L’ombra a sinistra ha il mento corto e il naso tondo, la fronte sembra alta poiché l’attaccatura dei capelli, corti e nodosi, arriva molto dopo. Sposta lo sguardo sulla seconda figura e si sorprende a osservare le stesse identiche caratteristiche della prima. Allora torna su quella, poi di nuovo sulla seconda. L’occhio mente, si sbaglia. Eppure, i lineamenti non mutano dall’ombra del primo a quella del secondo. Uno allunga un braccio, il destro, che mostra solo al mare. Lo punta verso la figura di sinistra, che esegue lo stesso movimento. Nel centro dell’aria che li divide, Al riconosce adesso le forme appuntite di due grossi coltelli da cucina. Il mare canta con il moto della sua risacca una canzone allegra di pernacchie e palatali.